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Autore: SweetLuna    28/09/2014    18 recensioni
«Signori Lancaster, volete dirglielo voi?» ha detto l'infermiera. Mi stava facendo preoccupare.
«Che cosa? Che cos'è che devo sapere? Mi restano pochi giorni...» Non ho fatto in tempo a finire la frase, la mamma mi ha interrotto.
«Hazel... Rilassati e promettimi che non avrai un infarto quando te lo dirò» ha detto la mamma con una faccia preoccupata.
                                                                  
E' passato un mese dalla morte di Augustus Waters. Un lunghissimo mese in cui Hazel non lo ha mai dimenticato. Le sue giornate trascorrono così, tra i pomeriggi con Isaac al gruppo di sostegno, le telefonate con Kaitlyn e l'ennesima rilettura di Un'imperiale afflizione...
Poi, un giorno, tutto cambia. Gus ha lasciato ad Hazel un ultimo regalo, del tutto inaspettato...

(Ultima revisione errori effettuata: maggio 2020)
DISCLAIMER: La seguente storia non è a scopo di lucro. I personaggi originali di Colpa delle Stelle e il materiale fotografico appartengono ai rispettivi proprietari.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hazel Grace Lancaster, Isaac, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Colpa delle Stelle ~ L'ultimo regalo di Gus

Era passato ormai un mese dalla morte di Augustus. Tutto stava tornando alla solita monotona routine quotidiana: le visite, i pomeriggi con Isaac a giocare ai videogames, le noiosissime prediche di Patrick sulla sua assenza di palle nel Cuore Letterale di Gesù. Ora, nella lista dei morti, dopo Augustus si erano aggiunti altri due nomi: un altro ragazzo morto di leucemia e una ragazza morta per un tumore non so dove. Il Cuore Letterale di Gesù era diventato ancora più deprimente, senza Augustus.
Il mondo andava avanti, ma senza Gus... ed io mi sentivo in dovere di rispettare il suo desiderio di essere ricordato, di non cadere nell'oblio. Mi ero comprata un pacchetto di sigarette, quando ero triste ne tiravo fuori una e pensavo a lui, mettendomela tra i denti. "È una metafora", mi aveva detto quando ci siamo conosciuti.
"Gus, resterai sempre il fumatore-non-fumatore migliore del mondo" dicevo forse più a me stessa che a lui.
Da qualche tempo avevo iniziato a parlare con Gus. Non so se poteva sentirmi, dal suo Posto con la P maiuscola nel quale si trovava adesso, ma io ci parlavo lo stesso. Magari era una cosa stupida, ma mi aiutava.
«Hazel, ha telefonato Isaac. Dice se lo accompagni al gruppo di sostegno, oggi» ha detto la mamma distraendomi dalla milionesima lettura di Un'imperiale afflizione.
«Sì, sì, ci vado mamma.» Mi sono subito rimessa con gli occhi sul libro, non avevo molta voglia di parlare, e leggere quel libro mi aiutava a sentire Gus più vicino... ma comunque non bastava.
A volte mi chiedevo come sarebbe stato il famoso seguito di Un'imperiale afflizione che Augustus voleva scrivere per me. Peter Van Houten ci aveva detto che cosa accadeva a Sisyphus il Criceto, ma non che cosa accadeva alla mamma di Anna e all'Olandese dei Tulipani. Secondo Gus non era un vero e proprio imbroglione, ma neanche straricco, questa era la sua teoria. Magari nel seguito scritto da Gus la mamma di Anna e l'Olandese dei Tulipani avevano un altro figlio, la vita andava avanti e Anna restava sempre nei ricordi di sua madre. Troppo mieloso come seguito?
 
Mamma aveva capito che di parlare proprio non mi andava; nel pomeriggio avevo preso Philip, il mio fedele carrellino con il condensatore di ossigeno, ed ero andata da sola in macchina al Cuore Letterale di Gesù.
«Isaac, sono qui.» La mamma di Isaac mi ha sorriso, mentre prendevo suo figlio a braccetto e mi dirigevo con lui verso l'ascensore del Cuore Letterale.
«Sei silenziosa oggi, Hazel Grace» ha detto Isaac.
Hazel Grace. Nessuno mi chiamava più Hazel Grace, da quando Augustus era morto. Augustus era l'unico a chiamarmi così.
«Scusami, Hazel» ha detto Isaac con una voce colpevole, notando la mia non-risposta.
«Va tutto bene Isaac. Scusami tu, è solo che... Be', sai...» ho detto.
«Domani sarà passato un mese esatto da quando Gus se n'è andato» ha risposto Isaac. Già, proprio così. Un mese senza Gus, un mese che è stato il più lungo della mia vita. I polmoni non hanno fatto cazzate, eppure mi sentivo vuota, mi sentivo come quando a tredici anni mi trovavo in terapia intensiva.
Isaac ha provato a distrarmi, mentre Patrick faceva uno dei suoi noiosi discorsi sull’amore di Gesù e bla bla bla…
«Ci sono ragazze nuove? Ragazze con le tette grandi?» mi ha domandato Isaac sottovoce.
«Sì, Isaac. Una bionda. Ma credo sia lesbica, mi sta fissando da un po’. È noioso fare da presta-occhi in certe situazioni.» Avevamo riso entrambi, e Patrick ci aveva lanciato un'occhiataccia.
«Hazel e Isaac, un po' di rispetto per il vostro compagno Joseph.» Joseph mi ha guardato come a dirmi “non preoccuparti”, tutti sapevano che ero la “ragazza vedova” di Augustus Waters e che ero sempre incazzata con tutti da quando lui era morto. Mi ero innervosita, e avevo risposto male a quello scemo di Patrick, tutto impegnato a raccontare quanto è noiosamente bella la sua vita e a pregare Nostro Signore.
«Non mi interessa, Patrick!... Domani sarà passato un mese dalla morte di Augustus e non me ne frega un cazzo delle tue prediche, perché non mi faranno stare meglio!» Le lacrime mi erano scese gonfiandomi gli occhi, e mi ero alzata dalla sedia. Isaac mi aveva preso per mano, e lo avevo portato con me.
«Scusaci, Patrick» ha detto. Ci siamo diretti nuovamente verso l'ascensore del Cuore Letterale di Gesù, e ho abbracciato Isaac.
«Hazel... Gus non vorrebbe vederti così. Non che io invece ti possa vedere, ma mi hai bagnato tutta la maglietta!» Isaac era riuscito a strapparmi un sorriso, e quando siamo finalmente usciti dal Cuore Letterale avevo visto la mamma. Lei era appoggiata alla portiera con l’iPad in mano, tutta concentrata sui suoi studi che da un po’ di tempo a questa parte non erano più un mistero.
«Ciao Isaac... Ci sentiamo» ho detto.
«Chiamami se hai bisogno di parlare, okay?»
«Okay.» Okay era la parola speciale mia e di Gus, non doveva essere dimenticata.
La mamma aveva salutato la madre di Isaac con un cenno della mano, poi mi aveva baciato sulla guancia. Mentre aprivo lo sportello tenevo lo sguardo basso, forse avevo ancora gli occhi rossi e non volevo che mamma mi vedesse così. Tutto a un tratto ho cominciato a respirare a fatica, sempre di più, di più, di più... Mi sono accasciata a terra, e poi non lo so che cosa è successo...
 
«Hazel, Hazel!» ha detto la mamma, tutta agitata.
E poi il buio.
 
Mi sono risvegliata all'ospedale, mamma mi teneva la mano e papà era lì accanto a lei con un braccio poggiato sulle spalle della mamma, e gli occhi lucidi. Papà era sempre il solito piagnone.
«Mamma, papà... Che è successo?» ho domandato ai miei genitori.
«Hazel...» Mamma si è scambiata uno sguardo preoccupato con papà.
«I polmoni che fanno schifo, sempre la stessa storia» ho detto.
Poi è arrivata l'infermiera, e mi ha sorriso. "Che cazzo ridi?", avrei voluto dirle. Dopo la morte di Augustus ero diventata davvero acida, ce l’avevo con il mondo intero. Ma cosa poteva saperne una stupida infermiera che sorride come un’idiota di fronte a un’adolescente malata di cancro?
«Hazel non si è trattato dei tuoi polmoni, sei soltanto svenuta» ha detto la stupida infermiera.
“Sai che novità, può succedere quando si ha un cancro terminale”, ha detto la vocina sarcastica dentro di me.
«Signori Lancaster, volete dirglielo voi?» ha detto l'infermiera. Mi stava facendo preoccupare.
«Che cosa? Che cos'è che devo sapere? Mi restano pochi giorni...» Non ho fatto in tempo a finire la frase, la mamma mi ha interrotto.
«Hazel... Rilassati e promettimi che non avrai un infarto quando te lo dirò» ha detto la mamma con una faccia preoccupata.
«Okay mamma, non sono più una bambina» ho detto. Perché tutta questa suspence?
«… Sei incinta, Hazel. Sei al terzo mese di gravidanza» ha detto tutto d’un fiato.  
Oh mio Dio, che cosa?! Il mio ciclo è sempre stato un completo disastro, e sinceramente non ho mai fatto caso ai ritardi. Per colpa dei medicinali, il ciclo a volte saltava anche per tre o quattro mesi. Se non fosse che prima del mio viaggio ad Amsterdam ero ancora vergine. Ero.
«Io sono cosa?... È uno scherzo? Ditelo se è uno scherzo, perché non è divertente...»
Avevo fatto sesso soltanto una volta, e lo avevo fatto con Gus. A quanto pare la bassa probabilità di restare incinta nonostante il preservativo ha avuto la meglio.
Se fossi una ragazza come Kaitlyn, senza il cancro e tutte le seccature che questo comporta, avrei pensato che era davvero una situazione di merda, perché avevo soltanto sedici anni. Ma non riuscivo ad essere triste, o incazzata. No, io non ci riuscivo, perché questo bambino è stato l'ultimo regalo che Augustus, pur senza volerlo, ha voluto farmi.
"Ti amo tanto, Augustus Waters" ho detto mentalmente. Io lo volevo, anche più dell’ossigeno. Volevo questo bambino.
Il dottor Maria ci ha raggiunti e ha mandato via l'infermiera-Barbie con il sorriso idiota, e poi ha detto: «Hazel, ora io non so che cosa tu voglia fare, prenditi il tempo che ti serve. Capisco che nella tua situazione è davvero difficile, anche perché un’operazione è sempre un grande stress per un fisico già provato come il tuo. Sia che tu decida di abortire o che tu decida di partorire. Senza contare che sei minorenne Hazel, quindi prendi questa decisione con i tuoi genitori. Nel caso in cui tu decida di tenere il bambino, c'è un altro problema. Non sappiamo quali potrebbero essere gli effetti del Phalanxifor in gravidanza. Se deciderai di tenere il bambino, dovrai interromperne l'assunzione».
Oh mio Dio, certo che lo volevo tenere, al diavolo quei merdosi discorsi sull’aborto.
«Io lo voglio, il bambino. Farò... tutto ciò che è necessario, per il suo bene. E per quanto riguarda l'ossigeno, invece?» ho chiesto.
«Nessun problema» ha detto. «Hazel, non voglio essere pessimista o chissà cosa, ma c'è un'elevata probabilità che tu non possa portare avanti la gravidanza.»
«Non mi interessa. Io farò tutto il possibile... Questo bambino è tutto ciò che mi resta di Augustus, e non mi interessa se ho scoperto di aspettarlo soltanto... Quanto, pochi minuti fa? Fosse l'ultima cosa che faccio, questo bambino deve nascere.» Ho guardato i miei genitori, non hanno neanche provato a parlarmi del piano B.
 
Il giorno dopo era passato un mese esatto dalla morte di Augustus. La sera prima di andarlo a trovare al cimitero, gli avevo scritto una specie di lettera, ma più che altro era un discorso. Perché non volevo dimenticarmi niente, quindi lo avevo scritto. Avevo tirato fuori dal cassetto la lettera che lui scrisse per me a Van Houten. Il mio elogio funebre. "È l'ultima cosa che mi ha lasciato", pensavo. Poi avevo riletto alcune pagine di Un'imperiale afflizione e mi ero addormentata con la BiPAP, e il solito rumore che somigliava tanto al respiro di un drago. Dall'ospedale mi avevano detto che potevo subito tornare a casa, a patto che non mi stancassi.
 
Siamo andati al cimitero con la famiglia di Augustus, comprese le sorelle Julie e Martha e i loro rumorosi bambini poco interessati al giovane zio morto.
Di comune accordo con i miei ho deciso di non dire niente della mia gravidanza ai genitori di Gus, almeno fino a quando non mi fossi sentita pronta. Se fosse andato storto qualcosa, li avrei fatti stare ancora peggio. Mamma e papà sono stati davvero comprensivi con me, non me lo sarei aspettato. Di certo se fossi stata una normalissima adolescente mi avrebbero preso a sprangate e mi avrebbero cacciato fuori di casa.
 
Guardavo la tomba di Augustus Waters, quella foto dalla quale sembrava fissarmi come aveva fatto la prima volta al gruppo di sostegno.
«Augustus - ho detto. - Ho scritto questa lettera per te», e mi sono messa a leggere la lettera/discorso davanti alla lapide.
«Gus, mi manchi tantissimo. Anche ad Isaac manchi, giocare a The Price of Dawn senza di te non è la stessa cosa. Non ti abbiamo dimenticato, nessuno di noi lo ha fatto. E voglio ringraziarti per avermi regalato il nostro piccolo infinito. Ma soprattutto, Gus, voglio ringraziarti per avermi lasciato una parte di te. Ti ricordi quel giorno ad Amsterdam? È stata la nostra prima e ultima volta, perché dopo mi hai rivelato che il cancro era tornato, e tu stavi troppo male anche solo per stare in piedi. Se puoi sentirmi, e sono sicura che riesci a farlo, voglio che tu sappia che non dimenticherò mai quel momento, e che mi hai fatto sentire davvero amata…
Aspetto un bambino, Gus. Il nostro bambino. Farò qualsiasi cosa affinché tutto vada bene. E spero che questo bambino sia uguale a te, che abbia i tuoi stessi occhi e il tuo sorriso sbilenco e sexy che mi ha fatto impazzire. Un giorno ci incontreremo di nuovo, ma non è ancora il momento. Prima devo fare una cosa molto, molto importante. Se sarà un maschio lo chiamerò Augustus, come te. Se sarà una femmina la voglio chiamare Anna, come la Anna di Un'imperiale afflizione. Però la nostra Anna sarà forte, non le accadrà niente di male, te lo prometto. Lo sai che rileggo sempre Un'imperiale afflizione, a proposito? Mamma dice che sono diventata ossessiva, che ogni tanto dovrei leggere qualcos'altro. Mi ha scritto anche Peter Van Houten, per sapere come sto. Credo che sia diventato meno stronzo. Anche Lidewij mi scrive spesso.»
Mamma mi ha chiamata, dicendomi che era ora di andare. Piangevo sempre, quando venivo qui al cimitero. Forse perché quella tomba mi faceva pensare all'Augustus immobile e freddo, il giorno della camera ardente. Con il vestito che aveva messo all'Oranjee, i capelli con la riga da un lato e gli occhi chiusi, i suoi occhi azzurri non li avrei più rivisti se non in fotografia.
«Ti amo, okay?» ho detto alla foto sulla lapide di Augustus.
"Okay" mi era sembrato di risentire, ma forse era stata solo un'illusione della mia mente. O forse, come aveva detto al suo pre-funerale, Augustus era tornato come fantasma, e non poteva farsi vedere!

 
                                                         
*****


I mesi passavano. Il bambino nella mia pancia cresceva, ed io stavo sempre peggio. Non riuscivo a mangiare, mi veniva spesso da vomitare. Io piegata sulla tavoletta del cesso e mamma che mi teneva i capelli. I viavai da casa all'ospedale e viceversa. Un vero schifo, se vogliamo farla breve.
Ma il mio bambino era sorprendentemente in salute, al contrario di me. Era una femmina, lo avevamo scoperto da poco. I genitori di Augustus venivano spesso a casa dei miei, quando gli avevo detto di essere incinta avevano fatto i salti di gioia. Stavo prendendo un farmaco sostitutivo del Phalanxifor che mi ha dato il dottor Maria. Stavo meglio, ma comunque di merda perché mi mancava Augustus. Una donna incinta dovrebbe avere l’uomo che ama accanto a sé, non dentro a una cazzo di bara.
Un pomeriggio era venuta Kaitlyn a casa, visto che nelle mie condizioni non potevo uscire se non per andare in ospedale. Avevamo visto Breaking Dawn Parte 1, il penultimo film della Saga di Twilight. Mi sentivo tanto come Bella, anche lei incinta e ridotta piuttosto male, anche peggio di me. Anche Isaac veniva spesso a farmi visita, nel frattempo al gruppo di sostegno nel Cuore Letterale di Gesù aveva conosciuto una ragazza, cieca da un occhio. Finalmente aveva dimenticato Monica, e la famosa notte dei trofei distrutti (quando fece in mille pezzi tutti i trofei del basket di Augustus) era ormai un ricordo lontano.
«Hazel, sta per iniziare America's Next Top Model» ha detto la mamma raggiungendomi in camera mia. Avevo preso Philip e ci eravamo sedute sul divano, il talent show era appena iniziato. In quella puntata c'era una ragazza odiosa che somigliava ad una bambola gonfiabile porno, Tiffany. Per fortuna l'hanno eliminata subito, odio le bambole gonfiabili.
«Via quella bambola rifatta!» ha detto mamma. Nel frattempo ero impegnata più a guardarmi la pancia di sei mesi e mezzo, che a seguire il programma.
«Mamma, scusa se non te ne ho mai voluto parlare» ho detto all’improvviso.
«Di cosa, tesoro?» A volte mamma faceva la gnorri, ma sapeva benissimo a cosa mi riferivo.
«Di quando sono rimasta incinta» ho detto.
«Adesso... ti senti pronta per parlarne, Hazel?» Anche la mamma, a dirla tutta, sembrava piuttosto imbarazzata. Le altre volte avevo cercato di sviare il discorso dicendole che Amsterdam era una città molto “sesso, droga e rock ‘n roll”, e che Gus ed io eravamo caduti nella trappola. Poi mi mettevo a ridere, e la mamma abbandonava il discorso.
«Sì, basta che non dici niente a papà, è… imbarazzante» ho detto dopo qualche secondo di silenzio.
«Okay.» Mamma ha annuito.
«È successo il giorno in cui siamo andati da Van Houten. Dopo che siamo andati a visitare la casa di Anne Frank con Lidewij. Lì io e Gus ci siamo baciati, ma non te lo abbiamo raccontato. E poi siamo tornati in albergo, nella stanza di Gus...» Mi vergognavo troppo per proseguire a raccontare.
«Siamo stati attenti, se è ciò che vuoi sapere, ma non è servito. E sono contenta così.»
La mamma mi ha abbracciato, io ho stoppato l'episodio di ANTM e mi sono messa a piangere. Ricordare quei momenti con Gus mi faceva male, ancora come il primo giorno. Peter Van Houten mi aveva detto che il tempo aiutava a sopportare il dolore, ma non a dimenticare. Lui si era buttato sull'alcol dopo la morte della figlia, ed era diventato una persona burbera e scostante.
Però una cosa è cambiata rispetto a qualche mese fa. All'inizio non sentivo più la presenza di Augustus, come se fosse scomparso nel nulla. Adesso, a distanza di mesi, quando gli parlavo era come se avvertissi la sua presenza intorno a me. E questo non accadeva sempre, soltanto a volte. Un episodio in particolare mi era rimasto impresso. Avevo detto, a voce alta, nella mia stanza: «Augustus tu puoi sentirmi, lo so». In quel preciso momento una penna era caduta senza motivo dalla mia scrivania. La finestra era chiusa, era stato Gus a farla cadere. Magari era vero, o forse stavo solo impazzendo... Secondo me era vero.
 
 
Una notte come tante del mio ottavo mese di gravidanza, mi ero sentita male. Che schifo, avevo il letto tutto bagnato come se mi fossi pisciata addosso. Mi si erano rotte le acque, in anticipo.
Merda merda merda, che si fa in questi casi?
«Mammaaaa» ho gridato. Lei è corsa subito in camera mia con papà, e mi hanno vista in condizioni pietose. Mi sono staccata dalla BiPAP e ho preso Philip, anzi l'ha preso papà. Respiravo male, malissimo...
 
 
«Hazel, andrà tutto bene» ha detto la mamma quando mi hanno portato in sala operatoria per farmi il taglio cesareo. Ho chiuso gli occhi, piano piano, per l'anestesia.
«I farmaci hanno accelerato il parto, il bambino è prematuro» è stato tutto ciò che ho sentito dire dai dottori, prima di non sentire più niente...
 
 
«Hazel Grace» ... Mi sono girata, e l'ho visto.
«Gus, sei tu?! Proprio tu?» Gli ho gettato le braccia al collo, e l'ho baciato. Non avevo né i tubicini nel naso, né Philip. Gus invece teneva in mano la sua inseparabile sigaretta, e portava i bermuda. Aveva tutte e due le gambe! 
«Dove siamo? Perché?» ho domandato confusa. Il paesaggio intorno a noi era quello di Amsterdam, con i canali e la gente che andava in bicicletta.
«Oh mio Dio, spostati!» Una bicicletta è passata... attraverso Gus. Stavo sognando, questo era chiaro. Potevo correre, e respirare bene e abbracciare Gus, e farlo di nuovo all'infinito.
Avrei voluto dirgli tante di quelle cose, ma mi bastava guardarlo.
«Sicura di voler restare, Hazel Grace?» ha detto.
«Sì, sì, voglio restare con te... Okay?»
Gus non ha risposto.
«Chiudi gli occhi, e guarda» mi ha detto. Ho chiuso gli occhi, e ho visto me stessa. Me stessa su un letto d'ospedale, con i dottori che cercavano di rianimarmi, il macchinario che segnava la lenta discesa del mio cuore verso il baratro. Il dottor Maria chinata su di me col defibrillatore in mano.
«Forza Hazel, devi farcela per la tua bambina» ha detto.
E a quel punto ho ricordato. La mia bambina, la figlia di Gus. Anna Lancaster-Waters.
«Augustus, io... Devo andare.»
Gus mi ha preso la mano e mi ha detto: «Prenditi cura di nostra figlia. Chiamala Anna Grace, perché voglio che abbia anche qualcosa di te, e le ragazze con due nomi sono più sexy. Attraverso di lei mi hai dato l'infinito, ed era ciò che ho sempre desiderato, Hazel Grace».
Allora lui sapeva, sapeva tutto! Lui mi sentiva! 
«Questo è solo un arrivederci, Hazel Grace. Avrei voluto passare con te molto più tempo, avrei voluto scriverti quel dannato seguito di Un'afflizione imperiale...»
«Un'imperiale afflizione» l'ho corretto io.
«Dovrai fare a meno del tuo ragazzo super sexy per un po', Hazel Grace. Ma sappi che ogni volta che mi parlerai io ti ascolterò... Prova a ricordare, quando tornerai in te» ha detto.
«Perché devo provare a ricordare?»
«Perché quasi sicuramente non ricorderai nulla... Ma ti amo, non ho smesso di esistere e mi dispiace se hai pensato il contrario.» Ho baciato Augustus, piano piano e poi profondamente, esattamente come mi ero innamorata di lui.
«Me ne ricorderò, Augustus. Okay?»
«Okay» ha risposto...
 

... E poi ho aperto gli occhi. Ho visto mamma e papà che piangevano, e il dottor Maria accanto a me.
«Hazel è una guerriera» ha detto papà, come al solito stava piangendo.
«Che cosa... Cosa è successo, mamma?» ho domandato. Non ricordavo niente, più o meno.
«Hai rischiato di andartene, Hazel» ha detto con voce spezzata la mamma.
Poi ho ricordato tutto, o quasi.
«La bambina, dov'è?» ho chiesto.
«È nell'incubatrice, tesoro. È prematura, è nata con mezzo mese di anticipo.» Mamma ha chiesto all'infermiera di portarmi la bambina, e l'infermiera ha confermato che poteva stare solo per poco tempo fuori dall'incubatrice.
 
Qualche minuto dopo mi hanno portato la bambina. Piccolissima, sembrava così fragile da essere fatta di vetro. Aveva la pelle chiara e gli occhi azzurri, i capelli dello stesso colore di quelli di Augustus.
«Somiglia a Gus» ho detto.
«Come la chiamiamo?» ha chiesto l'infermiera. Sul braccialetto minuscolo che portava al polso c'era scritto soltanto "Lancaster", il mio cognome.
«Anna» ho detto. Ma poi ho avuto come una specie di illuminazione.
«No aspetti... Anna Grace.» Per qualche assurdo motivo mi sono ricordata che la bambina che prima era nella mia pancia - mia figlia, dirlo mi faceva ancora uno strano effetto - doveva chiamarsi Anna Grace.
«Il cognome è Lancaster, giusto?» ha domandato poi l'infermiera. In quel momento sono entrati nella stanza i genitori di Augustus.
«Ehi» ho detto.
«Lancaster-Waters. Doppio cognome» ha detto la mamma di Gus.
«Nostro figlio sarebbe stato il padre della bambina» ha detto Mark Waters.
Poi mi sono ricordata di quando ero stata davvero male, sul punto di morire, e mamma aveva detto che quando sarei morta non sarebbe più stata una mamma. E allora ho detto: «Augustus È il papà di Anna». Mamma mi ha guardato.
«Hai ragione, Hazel.»
Poi i genitori di Gus mi hanno abbracciato, e hanno detto che la mia Anna era davvero bellissima. I medici hanno detto che stava bene, ma non avrei potuto portarla subito a casa perché era troppo piccola. Un chilo e seicento grammi, questo era il peso di Anna Grace al momento della nascita. Tutti erano venuti a vederla... Kaitlyn, Isaac. Be' a lui l'ho descritta, gli ho detto che somigliava a Gus.
 
 
Alcune settimane dopo ho potuto finalmente portarla a casa. Io avevo ricominciato ad assumere il Phalanxifor, avevo sempre il mio fedele Philip a presso per ricordarmi che i miei polmoni non avrebbero mai funzionato bene. La notte dormivo con il drago (la BiPAP) e mamma e papà si svegliavano al posto mio per dare il latte in polvere alla bambina. Non potevo allattarla, per colpa degli schifosi farmaci che prendevo. Erano felici, e lo ero anch’io, perché quando sarebbe giunto il mio momento avrei lasciato loro una parte me, la più importante che potessi dargli.
Oggi è venuto Isaac, per giocare al videogioco preferito di Gus. A un certo punto abbiamo messo in pausa, la mamma mi ha portato Anna e me la sono stretta forte al petto. Faceva degli strani versi, e mi sorrideva.
«Quando diventi grande giochi con me e la mamma, vero Anna?» ha domandato Isaac mentre la bambina giocava con le sue dita. Gli occhiali scuri di Isaac erano puntati da tutt'altra parte.
«Anna farà grandi cose, diventerà una scienziata - ho detto. - E inventerà gli occhi bionici per farti tornare a vedere.» Isaac ha riso.
«Quelli per vedere sotto le magliette delle ragazze?» ha chiesto Isaac.
«Mmm fammi pensare... No, Isaac!» Poi ho guardato la foto mia e di Augustus, una di quelle scattate ad Amsterdam. Ero sicura di averlo visto, forse in sogno... E qualcosa mi diceva che lui poteva sentirmi, quando gli parlavo. Ora lo sapevo con certezza, anche se non conoscevo il motivo.
"Augustus, nostra figlia è bellissima, ed è sana. Gli parlerò di te, di quanto eri straordinario. Le racconterò che suo padre era un tipo ironico e davvero fico. Non verrai dimenticato, Gus. Te lo prometto".
 
Grazie, Hazel Grace. Ti amo, ha risposto Gus.





#Nota dell'autrice
Ciao a tutti! Ho scritto questa one shot esattamente un giorno dopo aver finito il libro.
Proprio come Hazel e Gus si sono chiesti cosa accade dopo la fine di Un'imperiale afflizione, io mi sono chiesta che cosa accade dopo Colpa delle Stelle... (Non me ne voglia John Green, ma sentivo che mancava ancora qualcosa!)
Ho voluto regalare ad Hazel qualcosa che le facesse ricordare Gus ogni giorno, così ho immaginato che durante il loro viaggio ad Amsterdam avessero concepito una bambina.
L'unico modo per far "tornare" Gus è stato il momento in cui Hazel, durante il parto, rischia di non farcela. Spero di non essere andata troppo sul fantasy, ma a me piace immaginare che Augustus continui davvero ad essere lì accanto a lei. Dopo il suo risveglio Hazel non ricorda nulla o quasi, ma ha la certezza che Gus può sentirla. Per il nome della bambina, visto che Hazel è un'adolescente, ho immaginato che avrebbe potuto scegliere il nome della protagonista del suo romanzo preferito.
Per quanto riguarda lo stile di scrittura ho cercato di rispettare lo stile usato da John Green nel libro, ma ho voluto mostrare una Hazel più arrabbiata rispetto a come l'abbiamo lasciata, perché credo che dopo il dolore subentri la rabbia. Ma poi, quando scopre di essere incinta, si accende di nuovo la speranza.

Spero che questa storia vi sia piaciuta, e che le darete un posticino nelle vostre storie preferite/ricordate. RECENSITE, per me è importantissimo ricevere una vostra opinione perché questa storia l'ho scritta davvero con il cuore.
Un bacio
Greta
  
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