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Autore: VikiMel    29/09/2014    1 recensioni
«Casa dolce casa!» E prese le chiavi, fece per aprire ma guardando in basso notò un qualcosa che sperava fosse opera della sua immaginazione o almeno, una qualche immagine creata sotto effetto degli alcolici: la sua ombra appariva come insolitamente enorme.
Genere: Azione, Comico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Capitolo 3
Il samurai

 

Era venerdì e il tempo non era dei migliori per svolgere delle indagini sul campo: il vento e la pioggia continuavano ad alternarsi da almeno due ore senza il benché minimo segno di voler cessare.
Ma questo sembrava non aver distolto l’assassino dal compiere il suo quinto massacro con il suo impeccabile "modus operandi" e tutte le sue precauzioni: volto sfregiato, nessun documento, e il corpo nudo, sventrato con un colpo preciso di chissà quale lama sconosciuta.
Solo che a mancare, stavolta, era un orecchio, il destro.
Simon si domandava quale potesse essere la connessione di tutte quelle mancanze, ma non riusciva a darsi una risposta: eppure doveva esserci...
I suoi occhi grigi si concentrarono più e più volte sullo squarcio, sperando che una vocina gli indicasse un qualche indizio.
«Trovato, qualcosa ragazzo?» Fu la voce del maresciallo a riportarlo alla realtà.
«No sfortunatamente non riesco a trovare nessuna connessione tra le parti mancanti maledizione! Sono settimane che mi ci scervello ma niente!»
Il giovanotto batté un pugno in terra per la frustrazione, poteva sentire l’assassino prenderlo in giro per la sua inettitudine, possibile che non lasciasse mai una fottuta pista?
«Calmati ora! Stai facendo la figura dello scemo!» Simon si girò sapendo benissimo a chi apparteneva quella vocina.
«Emh…Rebecca? Perché hai I capelli …verdi? E non ti avevo detto stare a casa?»
«Prima di tutto sono color acqua marina e poi figurati se ti lascio solo per un’indagine così interessante! Mentre venivo qui ho avuto il tempo di leggermi tutti i dettagli e poi, tu non hai né il mio istinto, né il mio spirito d’osservazione! E ora Sempai…se vuoi scusarmi» Rebecca avanzò verso il corpo quando Simon, stizzito, le chiese «E sentiamo cos’avrebbe di diverso il tuo spirito dal mio?»
«Beh vedi, speravo fosse ovvio ma se non lo è puntualizzo! Il mio è femminile, noto leggermente meglio i dettagli che sono considerati da un rude omaccione come te, inezie!» Sbottò lei facendogli l’occhiolino.
Il maresciallo dal canto suo, pensava di averle viste ormai di tutti i colori: dopotutto, con venticinque anni di onorata carriera alle spalle, aveva imparato ad aspettarsi di tutto, ma mai una giovinetta vestita di nero con i capelli color acqua marina.
Nel dubbio preferì chiedere «Simon, figliolo chi è la ragazza? Non ricordo di averla mai vista anche se ha un che di familiare».
Simon fece un respiro profondo e poi cominciò a parlare: «Lei, maresciallo, è Rebecca L’Obour, sorella minore di Clara, mia nuova collega nonché coinquilina: è tornata dal Giappone da poco, gliene volevo parlare prima di presentargliela, ma come ha notato, non me ne ha dato modo, credo che un paio di occhi i più lei che ne dice?»
Il maresciallo era incredulo però sapeva di potersi fidare di Simon: era uno che odiava mentire salvo circostanze speciali, quindi, sorridendo affabilmente, solo come un nonno saprebbe fare disse «La sorella di Clara?! Detective anche lei eh? Trovo un po’… strana la sua copertura da bambola ma non sembra male! Immagino abbia un bel caratterino anche lei perché...no! Vediamo come se la cava! E ragazzo?»
«Si, Signore?»
«Per caso, così per dire, è per colpa sua che hai quell’occhio nero?»
«Si maresciallo, sua altezza non conosce le battute all’italiana e mi ha sferrato un pugno senza pensarci due volte: le ho solo detto che se non voleva le lenzuola nuove avrebbe dormito con me!» «Quello che tu definisci battuta» si intromise Rebecca, «IO la definisco proposta indecente e molto piacere di conoscerla maresciallo! Finalmente la vedo di persona! Clara mi parlava spesso di lei nelle lettere, spero che mi permetterà di collaborare con le indagini, se non disturbo chiaro!»
«Si signorina, i collaboratori e le collaboratrici di Simon, sono anche nostri collaboratori e bentornata in Italia! Ora se permette devo parlare con il medico legale così una volta effettuato il primo rilievo, lo farò parlare con lei così potrà sapere tutto.»
«La ringrazio commissario ma non ce n’è bisogno. Simon per ogni omicidio ha scritto un rapporto molto dettagliato e ha anche incrociato i dati, per quei pochi che ci sono, ma credo di aver trovato anche il nesso delle mancanze!»
«E sarebbe?» Chiesero il maresciallo e il detective all’unisono. «Be', la persona che ha commesso gli omicidi, come già sappiamo, ha un modus operandi molto accurato: evita di lasciare sulla vittima un qualsiasi segno di riconoscimento, dai documenti, ai vestiti: questo perché così anche se avesse perso un capello o una lente a contatto nell’interagire con la vittima, non sarebbe rintracciabile. Ma le mancanze, non sono usuali: un feticista per esempio, prenderebbe la medesima parte di tutte le vittime, un adepto delle messe nere si interesserebbe al sangue o alle interiora e si fermerebbe lì. Io credo che il nostro assassino stia togliendo a tutte le vittime il medesimo segno di riconoscimento che hanno, vale a dire, un tatuaggio. Badate bene! Non quei tatuaggi insulsi che vanno di moda ora come "moustaches", cuoricini, stelline e chincaglierie varie! Mi sto riferendo ad un tatuaggio con un significato vero per le persone che se lo sono fatto!»
Simon sembrava come folgorato, effettivamente non ci aveva pensato, la sua teoria non faceva una piega. Le piaceva, lineare, semplice e ben eseguita.
«Ottima pensata! Hai qualche idea anche sull’arma del delitto ?» Lei in risposta sfoggiò un sorrisino trionfante. «Si ce l’ho! Ma ho notato che anche tu hai fatto le tue ricerche Sempai, non sarebbe carino da parte mia rubarti il merito della scoperta!»
«Che vuole dire? Quali ricerche hai fatto?» Chiese il maresciallo quanto mai stupito dall’ingegnoso ragionamento che gli era appena stato esposto. Il detective si grattò dietro l’orecchio destro, quello per il signor Matri voleva dire «NON qui!»
Lui in risposta tirò su col naso e s’incamminarono verso il locale che era stato preparato per il medico legale.
Ugo Tosco, il nostro adorato medico legale, moro con gli occhi di un verde così chiaro da sembrare giallo, era in piedi ormai da più di venti ore consecutive, stanco, e aveva dimenticato le lenti di ricambio.
Dunque, a causa della sua miopia, era costretto a portare degli occhiali spessi come fondi di bottiglia, da lui fortemente odiati poiché a causa loro aveva ricevuto un insopportabile nomignolo usato da tutti i maligni del distretto e, purtroppo, in modo affettivo dal Maresciallo che non esitava a usare.
«Buongiorno Gufetto! Abbiamo ospiti oggi! Simon lo conosci già e la signorina è la sua collega: si chiama Rebecca! Ora fai il bravo ed evita i dettagli schifosi, poi parliamo di quella tua ricerca. Va bene Cole?»
«Buongiorno anche a lei Maresciallo, Simon! Molto piacere Miss Rebecca! Ugo Tosco, medico legale, al suo servizio per qualsiasi cosa! E bel vestito! Tornata ora dal Giappone, ho sentito! Credo che io e lei avremo molto di cui parlare fuori dal lavoro. Signore, Non ci sono dettagli che non conosca già dunque passiamo al sodo: che ricerca ha effettuato il nostro caparbio detective, così interessante da venire qui per riferirlo a me?»
«Riguarda l’arma del delitto, Ugo. Ricordi quando dicevamo che sembrava una cosa come una spada?»
«Si, si ricordo perfettamente: allora che cosa ha usato il nostro Cavaliere Nero? Una daga? Un pugnale? O una spada corta?»
«Intanto non è un cavaliere nero Ugo e premetto che all’inizio è sembrata un’assurdità anche a me, ma poi ho fatto questa ricerca e sono giunto a conclusione che il nostro uomo potrebbe aver a che fare con un Samurai»
Ugo scoppiò a ridere «Un Samurai?! PFFT!! Dai fai il serio Simon con la faccia che ti ritrovi non ti vengono bene le battute!»
«Sono serio. L’assassino ha usato un’arma che i samurai anticamente la usavano per commettere harakiri, suicidio, se non ricordo male si chiamava Shakuhachi? Giusto?» Simon si voltò in cerca della conferma e la trovò.
Rebecca, infatti, stava sorridendo poi si avvicinò a lui e estrasse un piccolo involucro dicendo «Si, Tantei-San! Esattamente! Un’arma della stessa tipologia della mia!».
La spada che Rebecca gli porse era minuta, effettivamente come aveva previsto, era facilissima da nascondere o da far sembrare un ombrello di piccola taglia e non sembrava nemmeno pericolosa. Ma non appena la estrasse dal fodero, il detective si accorse di quanto si stava sbagliando: la lama molto sottile era sicuramente affilatissima, riluceva e sembrava quasi, fosse fatta di cristallo.
Al tatto però se ne scopriva la freddezza tipica dell’acciaio ed era tutt’altro che rassicurante, anzi faceva quasi paura.
«Ma tu non avevi paura delle armi?» Il detective appariva confuso e questo alla detective piaceva molto: era un'altra ottima occasione per indispettirlo!
Sua sorella le aveva raccomandato di farlo, così che si concentrasse meglio sul lavoro!
«No non ho paura di tutte le armi! Ho paura soltanto delle pistole, infatti quella è la mia arma e se vuoi, collega, ti mostro anche la licenza!»
«Ci vuole una licenza per maneggiare questo coso?»
«No! Ci vuole la licenza se te la vuoi portare a giro come arma, se invece è solo da collezione non devi dichiararla, la nascondi dove vuoi e ci sventri la gente!»
«Molto interessante miss, ma devo dissentire: le spade da collezione non sono così affilate come la sua.»
Ugo nonostante la coerenza di tutto il discorso era ancora dubbioso sulla possibile soluzione fornita dall’affascinate “Lolita”.
«Certo che no Ugo-san! Ma se si ha una di queste si possono fare miracoli!» E tirò fuori dalla tasca una pietra nera.
«Questa, signori, è ossidiana! L’ideale per affilare un qualsiasi tipo di strumento da taglio e, come potete vedere, è facile da portare e passare comunque inosservati; è carina anche come cianfrusaglia da arredo!»
«Okay un punto a tuo favore Rebecca, ottima analisi, devo riconoscerlo, e dimmi hai anche qualche altra idea?»
«Al momento no Simon, ma una volta avuti anche i dati del riconoscimento delle vittime credo che potremmo avvicinarci ancora di più al nostro Samurai assassino!»

   
 
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