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Autore: CBradbury    29/09/2014    2 recensioni
[ Taemin x Kai ]
Dalla storia: "Voleva fumare, una volta nella sua vita, anche se era consapevole delle conseguenze e dei rischi. Eppure, nonostante capisse la gravità di quel gesto, adorava l’immagine che prendevano le labbra delle persone quando una sigaretta si faceva pian piano strada tra esse. Erano stupende, e Jongin amava le cose stupende."
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Kai, Kai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cigarette

 


Noia. Le persone accanto a lui parevano essere assorte nel nulla, come se ogni parola che usciva dalla bocca del professore fosse polvere al vento. Silenzio. Silenzio e ticchettii di penne che scrivevano cose difficili, formule e pensieri che Jongin era certo di non essere in grado di comprendere. Aveva una bassa stima di se stesso, nonostante i genitori fossero molto fieri di lui e lo ritenessero un ottimo alunno. A Jongin la scuola piaceva, sul serio, ma si sentiva troppo perfetto. Perfetto nel vestire, nel parlare, nell’essere. Quella divisa gli stava stretta, ma allo stesso tempo gli calzava così bene, dandogli una parvenza quasi modello. “Jongin-ah, il mio caro figliolo, è il primo della classe!” diceva sua madre a tutti; “Jongin-ah? Oh, lui è molto popolare tra le ragazze!” andava a sbandierare. Sua madre era adorabile, ma tendeva ad essere un po’ eccessiva nei complimenti: Jongin di qua, Jongin di là … avrebbe preferito essere uno qualunque.

Voleva fumare, una volta nella sua vita, anche se era consapevole delle conseguenze e dei rischi. Eppure, nonostante capisse la gravità di quel gesto, adorava l’immagine che prendevano le labbra delle persone quando una sigaretta si faceva pian piano strada tra esse. Erano stupende, e Jongin amava le cose stupende.

Quando la campanella dell’ora di pranzo suonò, Jongin stava finendo di prendere gli ultimi appunti sulla lezione di scienze appena conclusa, maledicendosi mentalmente per aver perso tutto quel tempo pensando ad altre cose. Eppure, una parte di sé non si pentiva di amare certi lati del mondo. Il fumo, le belle labbra, gonfie e rosse come le ciliegie, la birra e i vestiti corti. Avrebbe voluto poter toccare certe cose da vicino, vivere certe cose che però gli venivano negate. “Non ti permettiamo di andare in discoteca perché sappiamo che posto è, Jongin. Non avercela con noi.” Gli dicevano sempre i propri genitori. Jongin in qualche modo capiva, sentiva che era giusto così, che non valeva la pena starci male quando non sapeva neanche com’era. Ma poi non andava bene uscire con Sehun, non andava bene andare a stare nel weekend da Luhan e così via… senza che se ne rendesse conto, il mondo andava avanti senza di lui. I suoi presunti amici potevano vivere un certo tipo di vita, mentre Jongin stava rinchiuso nelle quattro mura di casa sua, al sicuro da tutto, come da niente. Al sicuro da una vita che senza essere vissuta, non sarebbe potuta essere compresa. Infatti Jongin era affascinato da tante cose, ma purtroppo non ne comprendeva il senso.

Mangiare il pranzo da solo poi, era la parte più difficile della giornata. Ancora più difficile dei compiti in classe e del rimanere chiuso in casa tutte le serie. Era difficile, perché la mensa era piena di persone amiche, persone che parlavano di vite che venivano vissute, mentre lui non aveva nulla da dire. Tante belle parole, cortesia, ma niente di cui parlare, niente da condividere. Mangiava sempre piano, Jongin, come se non volesse dare troppo nell’occhio quando nessuno mai lo notava, se non le ragazze in disperata cerca di un fidanzato. Non era un brutto ragazzo, anzi, ma non aveva mai realmente avuto a che fare con nessuna ragazza, quindi gli era molto difficile relazionarsi con loro. Succedeva che una gli si avvicinasse e provasse a parlargli, gli domandasse di uscire, ma tutto quello che gli usciva dalla bocca era un parlottio sconnesso e senza senso. Il più delle volte se ne andavano tutte indignate, pensando che lui facesse il gradasso, quando semplicemente non sapeva come comportarsi. Era dura, ma nessuno lo notava, perché le urla erano dentro, non fuori.

La giornata passò come tutte le altre, tra calcoli e testi, mentre Jongin come sempre ripeteva meccanicamente ogni gesto, in modo impeccabile. Sedersi, prestare attenzione, scrivere, sedersi, prestare attenzione, scrivere … e poi la camminata fino alla fermata dei pullman, quando il sole si nascondeva timidamente dietro gli edifici di Seul e la brezza fresca del pomeriggio tardo si insinuava sotto la giacca. Era uno dei suoi momenti preferiti, la fermata del bus. C’erano solo lui e un altro paio di ragazzi che aspettavano stanchi che arrivassero i bus. Eppure, quella sera, pareva non esserci nessuno a parte un piccolo topolino sul ciglio della strada e il bisbiglio proveniente dai suoi auricolari, probabilmente una delle tante canzoni movimentate che Jongin era solito ascoltare. Jongin amava le cose belle e tra di essere vi era la musica; amava muoversi e lasciar volare la sua mente in un posto lontano, mentre il corpo diventava un tutt’uno con il ritmo delle sue canzoni, che lui adorava definire “le sue migliori amiche”. Per quanto Sehun e Luhan fossero suoi amici, sentiva che più gli veniva privato di uscire con loro dai genitori e più loro perdevano interesse nella sua persona. Erano sempre stati assieme sin dall’infanzia, quando la scuola non era ancora un problema, ma poi la vita era cambiata, i genitori di Sehun non erano così restrittivi e i genitori di Luhan vivevano in Cina, quindi stava dalla zia. Le vite dei suoi amici erano tranquille e lui si rendeva conto che la pressione non fosse qualcosa a loro familiare, quindi non erano neanche in grado di capirlo. Erano delle relazioni a senso unico, quelle di Jongin con i suoi amici. Lui li adorava, ma loro lo trovavano noioso e avevano perso interesse nell’uscire con lui. Semplice. Adolescenti. Loro stavano con le ragazze e Jongin con i libri; loro giocavano ai videogames e Jongin studiava; loro andavano in discoteca e Jongin ballava davanti ad uno specchio, nel suo seminterrato.

Nel momento in cui partì la sua canzone preferita Jongin fece un piccolo balzo, alzò il volume del suo mp3 al massimo e si sedette ad aspettare paziente, mentre la musica si faceva spazio nel suo cuore, calmandolo finalmente al finire di una giornata così stancate. Chiuse gli occhi per poco, lasciandosi cullare da quelle note a lui così conosciute e quando riaprì gli occhi non fu in grado di credere ai suoi occhi.

Di fronte a lui c’era un ragazzo, alla parvenza poco più basso di lui, dai capelli così bianchi da fare quasi impressione, lo smalto nero rovinato sulle sue lunghe unghie e una manciata di trucco nero di troppo attorno agli occhi piccoli. Aveva dei tratti decisamente strani, quasi femminili (troppo femminili) e un sorriso sghembo che gli deformava la forma ovale e aggraziata del viso. Se ne stava lì a fissarlo, come se fosse incantato, e Jongin non sapendo che fare si sfilò piano gli auricolari, esitando non poco prima di chiedergli con voce tremula «Ha-hai bisogno di aiuto?».

Il ragazzo di fronte a lui in risposta chiuse gli occhi, tirando su con il naso e lasciando Jongin di sasso. Quando finalmente il biondo riaprì gli occhi, Jongin ebbe l’occasione di sentire per la prima volta la sua voce. Non poteva credere che una voce così mascolina eppure delicata, potesse uscire dalla bocca di un individuo … del genere.  Era uno dei ragazzi più strambi che avesse mai visto, che senza tutto quel trucco e i vestiti sgualciti sarebbe benissimo potuto essere simile a lui, sia di viso che di corporatura.

«Odori di fumo, amico…» esordì lo strambo, barcollando verso di lui, visibilmente in pessimo stato. «Che ne dici di fumare una cicca assieme?», gli chiese poi. Fu in quel momento che Jongin ci pensò seriamente, per la prima volta. Voleva fumare per davvero, non voleva allontanarlo. Che fosse strano si vedeva, ma era anche palese che non fosse nelle condizioni migliori per giudicarlo. Forse era fatto, o ubriaco, o entrambi. Jongin sapeva che era pericoloso, ma perché dirgli di no? E se poi lo avesse picchiato perché non gli dava la cicca? O perché non gli avrebbe risposto dalla paura di dire qualcosa di sbagliato? Perché non tentare?

«M-mi spiace … non ho sigarette. Io- io ho dei soldi!» disse impacciato, mentre il biondo gli si sedeva accanto, cadendo sulla panchina come un sacco di patate. Era parecchio messo male. Jongin non era mai stato ubriaco, né tantomeno fatto, era terrorizzato che potesse stare male e lui non sapesse che fare.

«Ho le mie sigarette, idiota! Fumiamo assieme e basta, no?!» strepitò  tutto d’un colpo il biondo di fianco a lui, cogliendolo di sorpresa. Ecco, che gli avrebbe detto? Che non sapeva fumare? Che non aveva neanche mai preso una cicca in mano? Cosa aveva da perdere alla fine? Era un perfetto sconosciuto, non lo avrebbe mai più rivisto.

«I-io non fumo…» iniziò timidamente, per poi pentirsi di aver mentito «In realtà- in realtà non ho mai fumato in vita mia.» Come si sarebbe aspettato, l’altro scoppiò in una fragorosa risata, forse più dovuta all’alcool che aveva in corpo. Era brutta, la sua risata. Era in contrasto con le linee così morbide del suo viso, che erano degne di un modello o un cantante famoso, non certo di un ragazzino delle periferie di Seul. Eppure, eccolo lì, che rideva di lui perché non aveva mai fumato, grattandosi rudemente una coscia, avvolta stretta in un paio di jeans di pelle nera. C’era qualcosa di così sbagliato nel suo modo di essere, quando nell’aspetto era così bello, così perfetto. Aveva quelle labbra che Jongin aveva sempre sognato, quelle rosse e perfette da baciare. Jongin non sapeva baciare, né tantomeno aveva mai avuto pensieri su delle labbra di un uomo. Eppure, nessuno sapeva i suoi pensieri, nessuno sapeva quanto adorasse le cose belle … nessuno sapeva che il ragazzo di fronte a lui gli piaceva così tanto, nonostante fosse così rovinato nell’aspetto e probabilmente, anche nell’anima.

«Allora? Pensi di startene lì a pensare come tutti i frocetti che vanno alla tua scuola?! Pensare, pensare, pensare! Accendiamoci una sigaretta e fumiamo, cristo, speravo fossi più interessante.» si confessò il biondo, estraendo fuori dalla tasca dei pantaloni un pacchetto di sigarette quasi alla fine. Con eleganza prese l’accentino e ne accese due, una per se stesso e una per Jongin, che aveva iniziato a tremare piano, ma sperava vivamente che l’altro non lo notasse, perché per una volta si stava sentendo in un modo strano, diverso, e voleva davvero fare qualcosa.

«Hey tu- prendila in mano e poi dimmi come ti chiami.» gli ordinò il ragazzo, guardandolo troppo intensamente negli occhi, cogliendolo alla sprovvista. Erano neri, profondi, così diversi. Afferrò la cicca timidamente, tenendola tra le mani quasi con il timore che potesse scottarlo, ma sapendo benissimo che non sarebbe successo. Poi, con tutta la forza che riuscì a racimolare, gli disse il suo nome.
«Mi chiamo K-Kim Jongin e … tu?»

«Ohhh, proprio come nei bigliettini delle elementari, eh! Okay okay … sei carino, lo ammetto!»

Jongin si sentiva preso in giro per l’ennesima volta nella sua vita, perché persino una persona che non lo conosceva minimamente lo considerava un bambino. Non lo era. Era molto più di quella facciata insicura e titubante; era molto più che la sua divisa scolastica e il taglio di capelli regolare. Era molto più che semplicemente Kim Jongin.

«Chiamami Kai, okay?» gli disse poi, dal nulla, trovando chissà dove tutta quella sicurezza.

«Kai?! Okay- Kai. Sì. Mi piace il nome Kai, è quasi … sexy.» constatò prima di fare il primo tiro. E in quel momento, la parola Kai gli sembrò così sensata, così piena e bella, tra le labbra di quel perfetto sconosciuto. Non gli aveva neanche detto il suo nome, ma forse non serviva, forse era superfluo dal momento che il fumo stava uscendo dalle sue labbra, danzante ed incerto, andandosi a confondere con la nebbia della sera. La voce del biondo poi, se possibile, uscì ancora più bella da quelle due enormi labbra, che parevano soffici come nuvole.

«Taemin…»

«Tae-min?»

«Mi chiamo così, coglione. Tae-min. Due sillabe, sei lettere e tanti fottuti problemi. Dovrei farmi chiamare “Danger” o qualcosa del genere, sarebbe figo.»

«T-Taemin è più bello … t-ti, sai, ti dona.»

«Oh, ma guarda, questo hyung si è innamorato di me! O sei grande quanto me? Uhm, non saprei dirlo, ma sei decisamente scopabile per l’età che hai.» Jongin a quell’affermazione sussultò appena, un po’ di cenere andò a posarsi sui pantaloni della divisa. La sigaretta era ormai spenta.
«Dannazione!» gli sfuggì, senza neanche pensarci. Non aveva mai imprecato in vita sua, almeno, non che si ricordasse. Forse era stata la situazione, quel ragazzo strambo (Taemin, Taemin) a farglielo fare, ma si sentì  così strano.

«Quindi la fatina qui presente sa anche parlare sporco, uh? Dimmi, hai mai fatto qualcosa oltre studiare, studiare, studiare, fino a fotterti il cervello?!» gli domandò Taemin sfacciatamente, spaventandolo un po’. Alzava troppo in fretta la voce, parlava tanto e dava voce ad ogni suo pensiero. Era quel tipo di persona che Jongin non comprendeva e che era desideroso di studiare, capire.

«Io-»

«Tu. Tu sei interessante, ma sei una fottuta checca.»

Jongin veniva colpito ancora e ancora, sorpreso da ogni parola che usciva dalla bocca del biondo e avrebbe sul serio voluto capirlo, ma quando diede un’occhiata al suo orologio da polso, si sorprese di quanto tardi potesse essere. Si scompose, alzandosi di scatto e per un attimo vide gli occhi di Taemin prendere vita, per poi ritornare all’espressione vacua di pochi secondi prima.

«D-devo andare. Mi dispiace.» disse Jongin mentre si sistemava in fretta la giacca, ma aspettava (e sperava) una risposta dell’altro, qualunque cosa, standosene sul posto a torturarsi l’orlo della camicia. Taemin scivolò sul posto a sedere e si mise in una posizione all’occhio di Jongin molto strana e innaturale. Che stesse più male di quanto desse a vedere?

«Sicuro di stare bene? Vuoi che chiami la tua famiglia?» domandò incerto sul da farsi, per poi ricevere una brutta risposta. Non doveva esserne così sorpreso.

«Ti paio una femminuccia, coglione?! Vai a casa a cucinare con la mamma, và. Non sei così interessante. Sei così fottutamente bello, ma ce ne sono ovunque, di belli.»

Lo liquidò così, per poi alzarsi da quella posizione improbabile e scomparire nella prima via che vide, lasciando Jongin sorpreso e confuso allo stesso tempo, incerto sul da farsi. La sigaretta spenta da svariati minuti era incastrata tra l’indice e il medio e con tristezza, pensò che sarebbe probabilmente stata l’ultima della sua vita. Non l’aveva neanche sfiorata di striscio con le labbra e la delusione si fece sentire. La cicca dell’altro era invece posata sulla panchina della fermata, quasi conclusa ma, con sorpresa di Jongin, era ancora accesa. Fece un passo, due, e poi tre. Si chinò sulla panchina e l’afferrò con cautela, con mano tremula. “Un tiro e via, nessun rimpianto.” si ripetè nella mente, sperando che servisse a qualcosa. In qualche modo, trovò la forza. Si portò la sigaretta alle labbra e in fretta, inspirò del fumo, per poi cacciarlo quasi subito fuori dalla propria gola e infine dalla bocca. Niente nuvole che si andavano a confondere con la nebbia, solo tosse e acidità e una forte voglia di vomitare. Lanciò la cicca a terra e vergognandosi un po’ di se stesso, si voltò svelto per tornare a casa, sperando di arrivare in tempo, visto che di autobus non ce ne sarebbero stati prima di un’ora. 





 


Fanwriter's corner!

CBradbury's back! Back back back! /grilli che ballano la macarena
Oltre ad essere un nuovo fandom per me, quello degli SHINEXO (ma sì, facciamo un bel mix), è da una vita che non pubblico nulla su questo sito e oggi mi è proprio tornata la voglia! 
Non sono mai contenta (o quasi) dei miei lavori, infatti non sono per niente sicura di questa oneshot, vista la trama vaghissima. O inesistente. Vorrei poter dire che è uno sviluppo di un prompt, ma farebbe comunque schifo come sviluppo, quindi no, non è neanche quello. Mi sentivo di scrivere un po' di badboy!Taemin e nerd!Jongin, se lo vogliamo chiamare nerd. Io ci tengo tanto al mio piccino che non ha amici ;^; /hugga forte un Jongin così OOC da far male
Smetto di divagare (AS ALWAYS) e ringrazio chiunque leggerà e recensirà questa fic! Alla prossima ^^




 
  
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