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Autore: were_all_dead_now    29/09/2014    3 recensioni
Quando vai a scuola, nessuno ti insegna a vivere.
Io avrei saputo risolvere un logaritmo in pochi secondi, ma avevo paura di chiudere gli occhi e restare da solo con me stesso.
[...]
Mi chiamo Frank. Questa è la mia storia.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way, Ray Toro | Coppie: Frank/Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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INTRODUZIONE
Salve salve! Prima long, ma bla bla... Questo capitolo è solo un'introduzione. Non vi è lo sviluppo della trama, in alcun modo. Però conto di pubblicare il primo capitolo (quello vero e proprio) a breve. Per quanto riguarda la trama, appunto, non ho molto da dire. Il genere del racconto in sé, invece, è un pò particolare, molto introspettivo, e lo noterete ampiemente man mano che i capitoli prenderanno forma. 
Le cose importantissime: il titolo della storia l'ho preso da una canzone di Frank, che è indescrivibilmente meravigliosa; il titolo dell'introduzione corrisponde con il titolo della prima canzone del primo album dei My Chemical Romance. E siccome anche loro, scegliendo il titolo, hanno fatto schifo in quanto a fantasia, io ho deciso di accodarmi.
Stronzate a parte... spero che la storia vi piaccia e che questa indroduzione un po' di passaggio non vi dissuada dal continuare a leggere. Ci si rivede. (LeRecensioniSarebberoCarinissimeDaParteVostra).  See ya.    -Claud


ROMANCE. 

And I find it kind of funny, I find it kind of sad. The dreams in which I'm dying are the best I've ever had. (Mad World)



Quando vai a scuola, nessuno ti insegna mai a vivere.

Io avrei saputo risolvere un logaritmo in pochi secondi, ma avevo paura di chiudere gli occhi e restare da solo con me stesso.
La notte stavo a letto con lo sguardo perso nel buio della mia camera e mi chiedevo cosa volesse dire avere diciassette anni, e se io lo stessi effettivamente facendo bene.
Eppure la mia vita non mi è mai sembrata un grande successo.

Sono nato la notte di Halloween di parecchi anni fa e non sono mai stato bravo a football. Il mio iPod passava solo i Misfits, e ancora oggi ricordo quant’è fastidioso l’odore all’interno degli armadietti se ci stai chiuso per ore.
Mamma, ai miei occhi, ha sempre avuto un sorriso bellissimo. Mi scorrono ancora in mente, come le scene di un film, quei lunghissimi secondi in cui la vidi piangere per la prima volta.
Quel giorno tornai a casa in condizioni pessime, perché alcuni ragazzi più grandi mi avevano picchiato più del solito, e quando mamma mi vide, si portò le mani a coprire la bocca spalancata e poi mi corse in contro, gettandosi alle mie ginocchia. Nella mia ingenuità pensai che fosse una scena un po’ buffa. Oggi, con il senno di poi, mi sale una rabbia assurda pensando a come i ragazzi più grandi rubarono a mia madre le prime lacrime che versò in mia presenza.
 
Quella notte, ma anche tutte le successive, furono doppiamente spaventose; perché mentre mia madre cercava di disinfettarmi per bene la ferita sul labbro e mi mostrava imperterrita quel sorriso materno, io per la prima volta non riuscii a crederle.
Quella sera di tanti anni fa, mentre lei mi ripeteva che le cose sarebbero andate bene e che avrei trovato il mio posto nel mondo, io serrai le labbra e mi dissi che una madre non può sempre avere ragione.
Da quel momento in poi nessun sorriso fu rassicurante più di quanto le lacrime non fossero dolorose.
 
Almeno non finché non incontrai Gerard.
Se mi fosse stato chiesto di descriverlo, l’avrei descritto come colui che restituì un valore ai sorrisi malinconici di mia madre. E non è da poco.
Oggi, ovviamente, darei una definizione diversa. Ma ho scoperto che la vita non possono insegnarti a viverla perché le cose raramente rimangono invariate.
Se potessi, tornerei indietro a quelle notti insonni di tanti anni fa e scuoterei un po’ il me adolescente per dirgli che in realtà avere diciassette anni non significa un cazzo, se non quello che tu vuoi che significhi.
 
Io, oggi come oggi, sento di non avere più nulla. Cammino lentamente sull’asfalto bagnato, attorno a me solo la desolazione di un quartiere poco affollato nei minuti immediatamente successivi alla fine di un brutto temporale, e le mie ginocchia sembrano non volermi sorreggere.
Sono le undici di sera, ma per quanto mi riguarda potrebbero essere anche quelle di mattina.
Ho paura di tornare a casa e sapere che non ho la minima idea di ciò che ne sarà di me.
Perché ho perso tutto e mi sento ancora come chi è bravo in matematica ma non a vivere.
 
Non credo che la mia storia sia particolarmente importante, ma per me ha comunque significato tutto. Penso sia giusto così: nel mio piccolo mondo è stata speciale.
Ai miei occhi Gerard è più di ciò che potrà mai essere per altri.
E questa semplice costatazione rende i miei ricordi inestimabili e la mia storia particolarmente importante. Almeno per me.
 
Mi chiamo Frank. Questa è la mia storia.
  
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