Libri > Colpa delle stelle
Ricorda la storia  |      
Autore: Aine Walsh    29/09/2014    3 recensioni
«Deduco che tu non abbia organizzato nessun prefunerale, giusto?» le domandò con finto disinteresse, soffocando una risata divertita.
«Non tutti amano autocelebrasi.» rispose semplicemente lei scrollando le spalle.
_
[641 parole]
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Augustus 'Gus' Waters, Hazel Grace Lancaster, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Questioni di tempo
 
Era una giornata afosa, bollente, una di quelle giornate in cui i raggi del sole sono così infuocati da bruciare le foglie sugli alberi, rendendole simili a niente più che strati di carta velina increspati. La luce intensa del primo pomeriggio avvolgeva ogni cosa in una calorosa stretta, si rifletteva sulle montature degli occhiali portati dai più degli spettatori creando scintillii e bagliori bianchi e dorati.
Un odore forte riempiva l’aria facendo girare la testa; il profumo dei fiori nello spazio tutt’intorno era talmente pregnante da dare quasi l’impressione di poter essere toccato con mano.
C’erano parecchie file di sedie perfettamente parallele che, viste dall’alto, disegnavano un susseguirsi di linee che tagliavano il prato in righe lunghe e strette.
Tutto era coperto e rivestito di nero, fatta eccezione del prato verde brillante, del cielo terso e incredibilmente – anche assurdamente, forse – azzurro e dei pochi fiori posti sopra la bara: un unico mazzo di tulipani arancioni punteggiava di colore il legno marrone scuro.
Hazel stava seduta a terra a gambe incrociate, con la testa poggiata contro il ginocchio di suo padre – che continuava a sussultare scosso dai singhiozzi – e la mano saldamente stretta intorno a quella di sua madre, mentre ne scrutava l’espressione avvilita e quasi assente stampata sul viso.
Niente più tubicini o cannule, Philip o BiPAP, non c’era neppure l’ombra di quello stupido carrellino verde. Hazel respirava senza fatica e i suoi polmoni avevano smesso di fare schifo.
Qualcuno parlava, ma la ragazza non stava prestando troppa attenzione: i funerali, aveva deciso tempo addietro, erano per i vivi. Il suono di quella voce giungeva alle sue orecchie come ovattato mentre la ragazza continuava a guardarsi intorno: c’era gente i cui volti non erano più un mistero, gente che non vedeva da anni e gente che dubitava persino di aver conosciuto. Seminascosti in un angolino, Isaac cingeva con un braccio le spalle di Kaitlyn. Dietro di loro, il Dottor Maria sussurrava qualcosa con le labbra appena dischiuse, forse una preghiera.
Hazel si voltò e fu per caso che lo vide.
Non zoppicava più: l’andatura era regolare, il passo deciso e sicuro intanto che avanzava. Dal taschino anteriore della giacca che indossava faceva capolino un pacchetto di sigarette. Alzò una mano in un gesto di saluto e accennò un sorriso.
La ragazza tornò ad osservare i suoi genitori, le loro mani unite, quasi aggrappate l’una all’altra, con le fedi che luccicavano ben in vista: non avrebbe mai potuto evitare che la granata, scoppiando, li risparmiasse, ma sapeva che con estrema lentezza il dolore sarebbe andato a scemare pur senza svanire completamente. Era solo questione di tempo. Per tutti e tre era sempre stata solo questione di tempo. Hazel si alzò, posò un bacio sulla fronte di sua madre prima e di suo padre dopo e andò incontro alla figura che la aspettava di fianco al leggio, dove il prete continuava a predicare la sconfinata bontà e misericordia di Dio nei confronti di tutti i suoi figli.
Augustus Waters era dannatamente bello, ancora più di quanto Hazel ricordasse; il viso era di nuovo pieno, colorito, le spalle larghe erano capaci di reggere il peso del mondo intero e dava l’idea di non essersi mai preso neppure un comunissimo e banalissimo raffreddore.
«Deduco che tu non abbia organizzato nessun prefunerale, giusto?» le domandò con finto disinteresse, soffocando una risata divertita.
«Non tutti amano autocelebrasi.» rispose semplicemente lei scrollando le spalle.
Augustus sorrise di quel suo sorriso sbilenco, chinando leggermente il capo per guardarla meglio. Le afferrò delicatamente una mano e fece intrecciare le loro dita.
«Ce ne hai messo di tempo, Hazel Grace.» sussurrò.
Hazel annullò quella piccola distanza che li separava e si alzò in punta di piedi per essere quasi all’altezza del suo ragazzo, senza smettere di sorridere ampiamente.
«Non lo sai che alle ragazze piace farsi aspettare, Gus?».

 
Me and my broken heart...

Lo sapevo che prima o poi sarei finita per scrivere in questo fandom già.
È da un mese e mezzo che mi porto dentro una tristezza assurda (mannaggia a te, John Green!), anche se, come si suol dire, "I regret nothing".
Sulla storia non ho assolutamente niente da dire, è stata scritta e pensata in un'ora e so che non è niente di speciale. Probabilmente ne sarà stata pubblicata una simile o addirittura uguale (e in questo caso chiedo scusa agli autori), ma non ho letto tutte le fic che sono state pubblicate in questa categoria e quindi non saprei proprio.
Spero che nessuno di voi mi critichi sulla base di questioni di tipo spirituale-divino-celestiale-ecc, perché 1) ho cercato di rendere la storia il più semplice possibile, e 2) posso diventare peggio di Van Houten. *sghignazza*
Okay, cavolate a parte, vi ringrazio per aver aperto la pagina e dato un'occhiata: se volete, potete trovarmi anche qui e qui (è il gruppo che gestisco con una mia carissima amica) :D
Alla prossima,

A.
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Colpa delle stelle / Vai alla pagina dell'autore: Aine Walsh