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Autore: imperfectjosie    30/09/2014    5 recensioni
« Prendili, sono buoni. Ne ho un sacco a casa! » lo incitò, allungando ulteriormente il braccio nella sua direzione.
Poteva fidarsi? Non ne era certo.
Con cautela, afferrò il pacchettino.

| NaruSasu | - [ The day we met ]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto prima serie
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Fandom: Naruto.
Pairing: NaruSasu - [ The day we met ] | Friendship-centric.
Rating: Verde.
Note: What if?
E se, quel tardo pomeriggio, Naruto fosse tornato sui propri passi raggiungendo il molo, così facendo anche Sasuke?

 


Tu sei uguale a me, stesso handicap sociale.


 

Lo sapeva.
Era riuscito a capirlo nel preciso istante in cui l'azzurro dei suoi occhi, si era posato incerto sulla schiena con il ventaglio bicolore. Calma e riflessiva, intenta a fissare l'orizzonte sconfinato di un mondo che aveva deciso di ripudiarlo.
E Naruto, incredibilmente, non si sentiva più solo.
Quando il piccolo moretto dagli occhi scuri e indecifrabili si era voltato, percependo chiaramente quelle pozze azzurre su di sé, il biondo – con sguardo truce – aveva ficcato le mani in tasca, ignorando bellamente come l'altro avesse ricambiato quel disprezzo e avviandosi a passi strascicati verso casa.
Fece solo poca strada, ma bastò per ricordargli che – e questo non sarebbe potuto cambiare – in quell'appartamento non c'era nessuno ad aspettarlo. Rimuginò solitario, mordendosi un labbro inferiore e fissando il terriccio reso arancione dal tramonto, prima di tornare indietro.
« Ciao. » proferì, sedendosi accanto al bambino dai capelli incredibilmente neri.
Questo, di rimando, non lo degnò neppure della propria attenzione. Sbuffò, spostando la testa di lato con stizza.
Le sopracciglia del biondino si aggrottarono.
« Cosa vuoi? »
Quando la vocina roca e orgogliosa lo raggiunse, abbozzò un piccolo sorriso ignorando il tono scontroso.
Rovistò velocemente nella tasca sinistra dei pantaloncini beige – sgualciti dalla sua scarsa attitudine a fare il bucato – estraendone due lecca-lecca.
Poteva sentire il rumore della stoffa sfregare con impazienza.
Aveva imparato come comportarsi con gli estranei, in un'esistenza fatta di fratelli che ti tradiscono, non era consigliabile prestare attenzione agli sconosciuti. Sulla pelle chiara, ancora i segni del dolore che aveva provato, fidandosi.
Tuttavia il calore accanto al proprio braccio destro, lo incuriosì. Si voltò piano, incontrando un sorriso aperto, sotto al suo naso, lo sventolare insistente di un bastoncino che portava in cima una pallina colorata d'azzurro.
Spostò lo sguardo dal dolce, al viso ancora sorridente dell'assurdo bambino.
« Non mi piacciono le cose dolci. » lo liquidò in fretta, tornando a guardare l'acqua calma che gli scorreva sotto ai piedi.
Non aveva bisogno d'aiuto, lui. Sapeva badare a sé stesso, lo aveva imparato con il tempo e nella maniera più dura possibile. Strinse la stoffa scura della maglietta tra le piccole mani, avvicinando un po' le gambe, giusto per sentirsi al sicuro.
Le persone lo spaventavano.
Il biondo parve sinceramente deluso dalla risposta, ma come era nella sua indole, non si arrese. L'espressione triste, sostituita da un nuovo ritrovato sorriso. Ficcò svelto la mano nell'altra tasca.
Questa volta, sotto lo sguardo incuriosito del moretto, apparve un pacchetto di crackers.
« Prendili, sono buoni. Ne ho un sacco a casa! » lo incitò, allungando ulteriormente il braccio nella sua direzione.
Poteva fidarsi? Non ne era certo.
Con cautela, afferrò il pacchettino.
« Perché ti sei seduto qui? Non mi serve del cibo. » commentò con voce pacata e l'altro si chiese distrattamente se davvero fossero coetanei.
All'apparenza sembrava così, ma non lo aveva mai visto al parco giochi.
« Come ti chiami? » domandò, ignorando apertamente la sua domanda.
Era fastidioso, rumoroso e non stava un attimo fermo. Continuava a muovere i piedi velocemente, creando piccoli cerchi nell'acqua.
Ma il piccolo Uchiha non poteva ignorare l'enorme sensazione di appagante calore che stava provando al braccio.
Sospirò, scartando quel pacchetto e mordendo un pezzo di cracker di riso.
« Sasuke. »
« Io sono Naruto. Non ti ho mai visto giocare con gli altri bambini. » continuò sempre più curioso, sporgendosi per guardargli meglio il viso.
Aveva delle iridi incredibilmente nere, un taglio orientale, pelle bianchissima e capelli scuri come l'inchiostro che l'Hokage utilizzava per i rotoli delle missioni.
La bocca si aprì in una O di sorpresa.
Sasuke, infastidito – e anche un po' imbarazzato per l'inaspettata confidenza - spinse la schiena indietro, storcendo il naso. Quel bambinetto dai capelli improponibili cominciava a dargli sui nervi.
« Che hai da fissare? Non guardarmi, non mi piace! »
« Sei antipatico. » proferì, gonfiando le guance rigate da sei ciuffi un po' anomali, ma quasi simpatici. Gli conferivano un'aria rassicurante.
E questo, Sasuke, non lo avrebbe mai detto ad alta voce.
Si ricompose in fretta, addentando un altro pezzo del cracker. Avevano uno strano sapore, ma non erano male. Certo, con qualche pomodoro di contorno, magari...
« E tu sei noioso... dobe. » ribattè serafico, chiudendo gli occhi compiaciuto.
Una piccola vena apparve sulla tempia di Naruto, che di tutta risposta ringhiò in direzione di quel bambino insopportabile, spostando la testa di lato con stizza.
« Comunque preferisco stare solo. »
Quelle parole lo lasciarono interdetto.
« Nessuno vuole stare solo. » replicò con voce malinconica.
Il tono con cui lo disse, attirò l'attenzione di Sasuke. Lo guardava in silenzio, con la coda dell'occhio. C'era un mondo di solitudine in quello sguardo.
Era un po' come guardarsi in uno specchio.
« Tu sei solo? » domandò a bruciapelo.
Una piccola parte di lui, aveva paura della risposta. Sentiva il cuore battergli nel petto, amplificato dal corpo caldo di un'altra persona, che per lungo tempo non aveva avuto accanto.
Non c'era più Itachi, né i suoi genitori. Non c'era più nessuno. Eppure, quello strano bambino biondo continuava a stargli vicino.
« Sì, a volte fa male. » rispose, ancorandosi alla maglia che nascondeva il cuore. Tirò forte, serrando la mascella.
Un gesto familiare a Sasuke.
Abbassò lo sguardo scuro sui propri piedi, facendosi trasportare dal modo in cui l'altro li stava agitando. Perciò cominciò ad imitarlo, provando sincero piacere nel venticello che gli solleticava i polpacci.
Era strano, quel bambino sapeva insegnargli cose nuove, senza neppure spiegarle a voce.
« Però possiamo essere soli insieme. »
Sasuke sgranò gli occhi, voltandosi di scatto. Di nuovo quel sorriso caldo e rassicurante. Gli occhi azzurri erano aperti, abbastanza da riuscire a leggerci dentro.
Poteva già dire quanto fosse diverso da lui, ma impercettibilmente, il famoso bambino senza più famiglia né clan, si ritrovò a piegare le labbra in un breve sorriso.
« Hai dei capelli davvero strani. »
Quel commento genuino – quanto mai fuori luogo – gli fece andare di traverso l'ultimo pezzo del cracker.
Tossì violentemente, sotto la risata sguaiata dell'altro, che divertito lo additava con scherno. Sasuke ringhiò, spintonandolo fino a farlo rotolare di qualche passo più lontano.
« Ma senti chi parla! » sbraitò, piccato.
In quel momento, si rese conto che non parlava così a lungo con qualcuno da tempo. Sbattè le palpebre più volte, tornando a guardarsi i piedi. Si sentiva strano, quasi timoroso. E se l'altro avesse saputo la sua storia? Lo avrebbe deriso, magari emarginato.
Aveva paura.
Quel cambio d'umore non passò inosservato alle piccole pozze azzurre di Naruto, che curioso come solo un bambino poteva essere, si era avvicinato carponi.
« Sasuke? » lo chiamò.
Voleva chiedergli cosa avesse, ma nel nome che era riuscito a proferire, c'era già una buona dose d'inquietudine.
« Non dovresti stare qui con me. »
« Perchè no? » chiese incuriosito.
« Mio fratello è un assassino, ha tradito il Villaggio. »
Non sapeva spiegarsi il motivo che lo aveva spinto a confessargli quella verità. Ma tremò vistosamente, preannunciando già il posto vuoto accanto al suo e due gambe veloci che ritornavano sulla strada.
Però Naruto era ancora lì.
Il calore c'era ancora. Perciò Sasuke si girò appena, meravigliato da quella scoperta. Guardava gli occhi azzurri, seri e pensierosi, posati su di lui. E se ne stupì.
« Non scappi? »
Come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
« E' per questo che sei solo? » domandò l'altro, rimettendosi seduto e incrociando le gambe per poi stendere le braccia nel mezzo.
Sasuke non rispose, ma abbassò lo sguardo sul molo.
« E' una cosa stupida. A me non importa! » proferì, sempre con il sorriso sulle labbra.
Avrebbe pianto. Se non fosse stato troppo orgoglioso, giurando a se stesso – in un passato non troppo lontano – di non farlo mai più.
C'era tuttavia un sottile velo d'acqua ad appannargli le iridi scure.
Tornò su quel molo, quando la voce pacata dell'altro lo riscosse. Ci lesse una piccola - ma incisiva - sfumatura di delusione e tristezza. Almeno, agli occhi di qualcun altro. No, lui sentiva cucito addosso ogni singolo significato nascosto. La dolorosa consapevolezza di essere soli al mondo.
Era straziante.
« Io non so perché la gente provi disgusto per me, ma tu mi stai parlando senza insultarmi, non sembri spaventato... e io sono felice! » continuò, fissandosi i piedi.
Teneva le spalle curve e il sorriso aveva cambiato tonalità, mutando lentamente in una piega più amara, quasi colpevole.
No, Sasuke non lo sapeva.
Ma decise che, se dei suoi demoni a Naruto non importava, allora neppure a lui sarebbe importato di quelli che albergavano nel cuore del biondo.
« Ti piacciono i pomodori? » domandò, cambiando volontariamente discorso.
Naruto, di tutta risposta, storse il naso arricciando le labbra in una smorfia colma di disgusto.
« A me piace il ramen. » rispose, con voce petulante.
Un bambino decisamente assurdo.
« Allora comprane un po' per domani. »
Il moro non era sicuro che una persona potesse illuminarsi tanto.

 


FINE.

 
  
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