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Autore: ShopaHolic    30/09/2014    0 recensioni
Estate 2009. Dopo quattro anni dall’uscita di American Idiot, i Green Day sono tornati con un nuovo album, e il tour è finalmente alle porte. Ma se le cose non andassero esattamente come erano state previste? Se un improvviso imprevisto li costringesse a rimandare la partenza, e la cosa avesse ripercussioni serie sull'animo di Billie Joe Armstrong? E se fosse l'incontro fortuito con una curiosa ragazza dal nome evocativo e dal passato misterioso, totalmente estranea al suo mondo, a portare scompiglio nella vita di tutti?
Dal capitolo 20:
«Mi rendo perfettamente conto che è sbagliato, e che è un errore essere qui adesso. Ed è anche rischioso, considerando l’accanimento mediatico che c’è su di te ultimamente, ma ci sono persone che si sono sacrificate tanto, per me, affinché io fossi felice, e pur sapendo che queste persone non approverebbero mai quello che sto facendo, io sento che è quello che voglio. Io voglio sentirmi viva e felice. E non so per quanto durerà tutto questo, ma io mi sento così, adesso, e se anche dovesse finire tutto nel giro di cinque minuti, io sarò lo stesso contenta di averlo vissuto.»
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Billie J. Armstrong, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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La scelta di Gloria
 
 
Seduta sui gradini del giardino di villa Armstrong, con la schiena poggiata alla porta di casa, Gloria si sorprese a pensare che quella era probabilmente la prima volta che, in vita sua, si era ritrovata a dover fare una scelta. Sapeva che, una volta lasciate alle spalle l’infanzia e l’adolescenza, erano proprio le scelte il vero motore della vita di un uomo. Glielo aveva dimostrato Eva, che a nemmeno vent’anni l’aveva presa e portata via da casa con sé, aveva preso la sofferta decisione di sacrificare parte del suo futuro per assicurarne uno più felice e roseo a lei, e glielo aveva dimostrato anche sua madre, anche se, ancora sconvolta e arrabbiata per tutto quello che finalmente era riuscita a sapere sul suo passato, Gloria ancora non riusciva a comprendere a pieno le motivazioni di un simile atteggiamento, le ragioni che avevano spinto Renée a restare dov’era, a non muovere un passo verso di loro -le sue figlie- per occuparsi di Richard, lui, uomo così inaffidabile e pessimo padre. Poi forse capì che fare una scelta non necessariamente significa fare quella giusta, e per quella che fu forse la decima volta da quando, con passo incerto, era avanzata in quel cortile e si era messa a sedere su quei gradini, circa una mezz’ora prima, Gloria provò l’impulso di alzarsi da lì e andarsene, tornare a casa e far finta di non essersi mai nemmeno avvicinata a quella casa. Sapeva che probabilmente la sua era una scelta sbagliata, e sapeva che altrettanto probabilmente avrebbe avuto conseguenze terribili, che né sua sorella né Josh né nessun altro avrebbero mai approvato quello che stava per fare, ma c’era una forza particolare, dentro di lei e fuori di lei, che l’aveva spinta verso quella casa e che la spingeva a restare su quei gradini, come se si fosse trasformata in ferro e un potentissimo campo magnetico la costringesse a rimanere seduta lì e aspettare, aspettare, aspettare, fino a che Billie Joe Armstrong non fosse tornato dall’aeroporto e l’avesse trovata lì ad attenderlo. C’era solo un altro tipo di forza, che avrebbe potuto farle staccare il sedere dal marmo pregiato di quei gradini e farla orbitare lontano -molto lontano- da lì: era la forza di volontà, ma persino quella, in quella fresca sera di metà luglio, era proiettata verso l’intento che lei stessa si era predisposta, e continuava a spingerla verso il basso, a farla rimanere seduta lì, davanti alla porta d’ingresso.
Era sbagliato essere lì. Era già stato sbagliato andare a cercare Billie Joe Armstrong un paio di giorni prima -quando in seguito a diverse notti insonni e agitate aveva ceduto all’impulso di uscire di casa e andare da lui a parlagli, e si era trovata faccia a faccia con quella che aveva ipotizzato essere la donna delle pulizie, ed era stata costretta ad inventare una scusa per giustificare la sua presenza lì, come quella di essere una fan alla ricerca del suo idolo. La donna l’aveva osservata con occhio critico prima di crederle, e dopo essersi finta una straniera in viaggio, era riuscita persino a farsi dire quando il leader dei Green Day sarebbe tornato a casa- ed era ancora più sbagliato esservi ritornata quella sera, ma il desiderio di essere lì aveva bruciato dentro di lei sin dal primo istante in cui si era separata da Billie Joe l’ultima volta in cui si erano visti, sin da quando lei era scappata dalle sue braccia e dalle sue labbra e si era confinata nel suo mondo sbattendogli la porta in faccia, e continuava a bruciare ancora mentre era seduta su quei gradini in attesa del suo arrivo. Sapeva che quella era la sera giusta, quella in cui lui sarebbe tornato a casa. La donna con cui aveva parlato le aveva detto che era partito per stare vicino alla famiglia, e con i suoi modi gentili ma persuasivi, Gloria era riuscita a farsi dire dove di preciso fosse stato, e una volta appurato che era nei pressi di Minneapolis, si era congedata da lei ed era corsa di filato a casa. Aveva ricercato su internet i voli da Minneapolis di quel giorno ed era riuscita, così, ad avere un orario approssimativo del suo atterraggio e, conseguentemente, del suo rientro a casa.
Aveva cenato rapidamente e facendosi prestare il motorino da un’amica si era recata a villa Armstrong una buona mezz’ora prima delle dieci. Voleva essere lì in anticipo in modo tale da poter riflettere ancora un po’, da potersi interrogare ancora una volta per avere la certezza che quello che stava facendo corrispondesse veramente alla sua volontà, che tutto quello che sentiva di provare era autentico e non semplicemente frutto della suggestione per ciò che Billie Joe le aveva detto, ma mentre era seduta lì su quei gradini, con una leggerissima brezza che le solleticava le braccia nude puntinandole di brividi, non vedeva l’ora di vedere avanzare verso quel cortile i fanali della sua automobile nera.
Erano passate le dieci da quasi un quarto d’ora, e dentro di sé sperava ardentemente che Billie Joe non si fosse fermato altrove prima di rientrare a casa, magari da uno dei suoi amici o dai suoi stessi compagni di band -Mike e Trè Cool, le sembrava di ricordare che si chiamassero- o addirittura, magari, sarebbe tornato  proprio insieme a loro. A quel pensiero il suo corpo fu scosso da un forte brivido. Il suo cuore accelerò la frequenza dei suoi battiti mentre lei si sforzò di controllare il respiro, con la testa che per un istante cominciò a girarle vorticosamente. Il nervosismo era tangibile. Sarebbe stato un gran bel problema se i suoi amici l’avessero trovata là ad aspettare Billie Joe. Entrambi avrebbero dovuto dare una spiegazione, e non sapeva nemmeno se lui avesse mai fatto parola di lei con gli altri. Quando la sua testa smise di girare, riuscì a trovare lucidità sufficiente per decidere che, nel caso in cui Billie Joe non fosse stato solo, avrebbe potuto far finta, come con la donna delle pulizie, di essere una sua ammiratrice e di volere un suo autografo. Sapeva che probabilmente, tra l’ansia, il nervosismo e il suo essere così dannatamente emotiva, non sarebbe risultata molto convincente agli occhi di nessuno, ma era la sola e unica possibilità che aveva, e doveva rischiare. Si sentiva estremamente nervoda, aveva i brividi, un po’ per l’agitazione e un po’ perché l’aria era decisamente fresca per essere la fine di luglio. Si strinse nelle spalle incrociando le braccia e cercando di riscaldarsi sfregandosi le mani su di esse.
Dalla finestra aperta di una delle ville del vicinato proveniva il suono lieve di un motivetto jazz che le risultò familiare. Impiegò alcuni istanti prima di ricordare dove l’avesse sentita prima, e poi improvvisamente uno sprazzo di luce si presentò nella sua memoria: era una canzone che sua madre canticchiava spesso mentre sistemava la casa, quando lei era ancora una bambina e abitava ancora insieme ai suoi genitori. Ricordò di Renée che mentre spolverava le mensole del soggiorno canticchiava a bocca chiusa quel motivetto lento e malinconico, poi la guardava e le sorrideva.
Sua madre. Avrebbe voluto parlarle, farle sapere che anche lei era a conoscenza di tutto e che nonostante questo continuava a non capire, a non accettare, che nonostante qualsiasi altra spiegazione, il suo gesto appariva ai suoi occhi come un vero tradimento nei loro confronti. Non ci riusciva, faceva troppo male anche solo il pensiero di risentire quella voce affettuosa, perché qualsiasi cosa fosse successa nel passato, qualsiasi cosa sarebbe potuta succedere nel futuro, sarebbe stata quella, la prima cosa a cui avrebbe pensato di sua madre: la sua gentilezza, il suo calore, il suo affetto verso di lei, quei suoi abbracci e quei suoi sorrisi pieni di amore e allo stesso tempo carichi di tristezza perché non c’era mai, non poteva esserci e tutto quell’affetto che le dimostrava le sembrava non bastare mai, le sembrava non avere alcun valore, dopo tutti quegli anni in cui erano state separate.
Una lacrima sfuggì via dagli occhi di Gloria prima che lei riuscisse a rendersene conto. Non si prese nemmeno la briga di asciugarla, la lasciò stare lì sulla sua guancia fredda. Annusò l’aria asciutta e fresca di quella sera di fine luglio, inspirò profondamente il profumo dei fiori che erano piantati nel giardino degli Armstrong e improvvisamente sentì di non essere più arrabbiata. Chiuse gli occhi e cominciò a dondolare la testa a destra e a sinistra, lentamente, canticchiando a bocca chiusa quel motivetto triste e lento. Il cuore continuava a martellarle furiosamente contro il petto, ma si sentiva bene. Se fosse riuscita a superare per il meglio quella notte veramente troppo insolita -decise tra sé e sé- si sarebbe scusata con sua madre e con Eva, avrebbe detto loro quanto le amasse.
 
Mentre era ancora con gli occhi chiusi, una luce più intensa e potente di quella tenue e giallastra dei lampioni che illuminavano la via le inondò il viso. Gloria riaprì gli occhi e quasi rimase accecata  dai due fanali di automobile che puntavano verso di lei mentre avanzavano all’interno del cortile. Era arrivato il momento. La ragazza avvertì ogni forza scivolare via dal suo corpo mentre dentro di sé pregava con tutto il cuore che da quella macchina uscisse lui e lui soltanto, Billie Joe Armstrong. Furono i dieci secondi più lunghi della sua giovane vita. I fanali si spensero improvvisamente, e subito dopo la porta del guidatore si aprì, rilevando l’espressione stupita del suo proprietario. Gloria non seppe mai dire dov’è che riuscì a recuperare quel briciolo di forza che le consentì di mettersi in piedi -staccando il sedere da quel gradino di marmo dal quale fino a quel momento non c’era stato verso di alzarsi-, fatto sta che lo fece e riuscì a parlare, persino.
«Ciao.»
Billie Joe Armstrong dovette appoggiarsi contro lo sportello della sua macchina per non rischiare di cadere in terra dalla confusione. Se lo stava semplicemente immaginando o c’era veramente Gloria lì, in piedi di fronte alla porta di casa sua? Com’era possibile tutto questo? Non se l’era sognato: era successo davvero, poco più di una decina di giorni prima. Lui da lei. Aveva cercato di baciarla. Lei lo aveva allontanato e lo aveva pregato -anzi, gli aveva ordinato- di sparire per sempre dalla sua vita. E lui lo aveva fatto. Perché diamine, allora, se la stava ritrovando lì, bella come non mai, con un’aria spaurita ma allo stesso tempo determinata, che lo fissava insistentemente in attesa di una sua risposta?
Cosa avrebbe dovuto dirle lui, allora? Avrebbe dovuto mandarla via, trattarla male esattamente come aveva fatto lei con lui quell’ultima volta che si erano visti.
“Brutta stronza,” avrebbe voluto dirle, “lo vedi che anche tu vieni a cercarmi quando ti fa comodo?”, ma la sua mente era troppo stanca, troppo confusa e allucinata per compiere una frase così elaborata come quella, e tutto quello che si sentì chiederle, e per di più balbettando, fu: «Che cosa ci fai tu qui?»
Lei cacciò fuori un sospiro silenzioso e stringendosi nelle spalle con aria incerta rispose: «Ti stavo aspettando.»
Quella sua semplicità, quella sua onestà era disarmante, ma la rabbia era ancora cocente e pulsante dentro di lui. Gli era risalita al cervello non appena, da lontano, aveva intravisto sui gradini del suo giardino una figura che assomigliava alla sua. Il suo intento di non pensare più a lei era andato a monte in così poco tempo, ma non era stata colpa sua, quella volta. Lui ci aveva provato, aveva fatto il possibile e -diamine- ci era riuscito. In quei giorni che aveva passato con la sua famiglia, mai era passata nella sua mente l’immagine di quella ragazza. Era stato bene davvero, aveva scelto la sua famiglia. E ora eccola di nuovo lì, nella sua vita. Si ripresentava da lui dopo tutti quei giorni e tornava a fare cosa?
«Come sapevi che sarei tornato proprio stasera?»
«Lo sapevo e basta. Ho più risorse di quanto potresti immaginare.» disse lei compiaciuta, con l’ombra di un sorriso sulle labbra.
Quel suo modo di ridere e prenderla così alla leggera lo stava infastidendo. Con forza sbatté lo sportello della sua automobile, richiudendola, e scrutandola con sguardo glaciale ripeté: «Perché sei venuta qui?»
Gloria avvertì chiaramente che Billie Joe Armstrong non aveva la minima intenzione di lasciarla parlare più dello stretto necessario, che non aveva la minima voglia di stare a fare dell’ironia, e poteva capirlo. Ripensando a cos’era successo l’ultima volta che si erano visti, si era resa conto di essere stata estremamente dura con lui, gli aveva urlato contro di andarsene via, e se pure lo aveva fatto in preda all’agitazione, questa non giustificava poi tanto il suo tono, la durezza con la quale lo aveva aggredito. Lo aveva praticamente costretto ad andarsene, e sapeva anche che con molta probabilità era stata lei la causa della sua partenza improvvisa per Minneapolis. Gli aveva detto di confrontarsi con la sua famiglia ed era esattamente ciò che lui aveva fatto, anche se non riuscì a immaginare come fossero andate le cose, né se lui avesse confessato tutto quanto a sua moglie, né come avesse potuto reagire lei di fronte a un discorso simile, né se si fosse accontentato, invece, di stare semplicemente accanto a lei e ai loro figli, dimenticandosi definitivamente di quella storia e riscoprendo il valore immenso che quelle persone avevano per lui. Decise allora che avrebbe messo da parte ogni tentativo di alleggerire la tensione e semplicemente gli parlò a cuore aperto, guardandolo intensamente negli occhi.
«Perché sono stata stupida.»
Lui sollevò il mento senza accennare a muoversi verso di lei ma continuando a fissarla con aria di sfida, quasi a volerla invitare a parlare ancora. Fu lei, allora, ad accennare due passi incerti in sua direzione.
«Ho parlato senza riflettere. Ti ho detto cose molto spiacevoli, mi dispiace.»
Avanzando verso di lui ancora di un altro passo, Gloria si ritrovò  a pochissimo spazio di distanza da lui. Billie Joe Armstrong dovette avvertire questa vicinanza, perché in quel momento distolse lo sguardo per la prima volta, dirigendolo, in basso, di lato. Aveva avvertito la sincerità che stava dietro a quelle parole, e per certi versi la apprezzava davvero, ma non poteva impedirsi di pensare a quanto fosse stata inutile e pessima la sua scelta di tornare da lui per scusarsi dopo tutti quei giorni. Storse le labbra in una smorfia che a Gloria non piacque neanche un po’, e dal naso cacciò un sospiro di rassegnazione prima di rivolgere nuovamente lo sguardo verso di lei.
«Va bene.» rispose semplicemente, spiccio, con tono neutro, quasi come avesse fretta di liberarsi di lei e tornare a vivere la sua vita. «Accetto le tue scuse.» Dopodiché le passò accanto e fece per dirigersi verso la porta, congedandola con un addio sbrigativo mentre già faceva per tirar fuori le chiavi di casa dalla tasca dei jeans.
Il cuore di Gloria prese a batterle in petto con così tanta forza che per un istante ebbe la  mente completamente annebbiata, le orecchie le fischiavano e sentì di essere sul punto di svenire da un momento all’altro. Non poteva andare a finire così. Facendo appello a tutte le sue forze si costrinse a respirare a pieni polmoni e a mantenere un briciolo di controllo di sé. Come una furia si precipitò verso di lui in preda alla disperazione.
«Aspetta!» quasi gridò afferrandolo per un braccio e costringendolo a voltarsi verso di lei.
Billie Joe Armtrong si ritrovò il suo viso a pochissimi centimetri da quello di lei.
«Non volevo solamente chiederti scusa.» continuò tutto d’un fiato, come se si fosse fermata solo allora dopo una corsa estenuante.
Lui non riuscì a parlare, ogni parola che aveva intenzione di dire gli moriva in gola prima ancora che lui avesse il tempo di dischiudere le labbra, così si limitò a osservarla, inviandole con gli occhi un tacito invito ad andare avanti. Lo sguardo di lei si era addolcito, il ghiaccio che aveva intravisto nei suoi occhi il giorno in cui era andato a parlarle si era liquefatto del tutto.
«Volevo dirti che ho cambiato idea.»
Il frontman dei Green Day aggrottò la fronte, ancora incerto su dove volesse arrivare. Lei chiuse gli occhi per una manciata di secondi, sospirando lentamente. Billie Joe riusciva a sentire distintamente il calore del suo respiro solleticargli la guancia, ma decise di aspettare in silenzio che fosse lei a parlare ancora.
«O meglio, non ho cambiato idea.» ammise Gloria riaprendo gli occhi, parlando con voce soffice e in tono basso, talmente basso che se solo fossero stati più distanti di pochi centimetri, lui non sarebbe riuscito a sentirla. «Mi sono semplicemente accorta che avevi ragione. Su tutto quanto.»
Si accorse solo in quel momento di avere ancora una mano stretta intorno al suo braccio, e mentre fece per allentare la presa sentì invece la mano di lui afferrarla saldamente per trattenerla lì dov’era. Il suo sguardo era ancora sospettoso ma aveva una scintilla al suo interno.
«Che significa questo?»
Gloria aprì la bocca per replicare ma per diversi istanti rimase in silenzio, indugiando quasi come fosse indecisa su cosa rispondere, poi lentamente avvicinò il viso a quello di Billie e con le labbra sfiorò le sue in un bacio soffice per poi staccarsi immediatamente.
«Significa che hai tutte le ragioni di questo mondo per mandarmi a cagare, ma se tu vuoi ancora, io voglio provarci.»
Billie Joe Armstrong corrugò la fronte, spalancando gli occhi. Lo aveva detto davvero? Dopo essere stata così severa e dura con lui tanto da averlo praticamente costretto a farsi da parte e spinto a fuggire da casa per trovare conforto dalla sua famiglia, ora lei era lì e davvero gli stava dicendo di aver cambiato idea, di aver deciso di stare insieme?
La ragazza non riusciva a sopportare il suo silenzio. I suoi nervi erano tesi come corde di violino. Mai era successo prima di allora, in vita sua, che si fosse messa così tanto in gioco. E mai e poi mai avrebbe pensato che lo avrebbe fatto per un uomo come lui, un uomo di vent’anni più grande di lei, sposato, con due figli e un conto in banca pieno di zeri, famoso in tutto il mondo e lontano anni luce dalla vita di una ragazza semplice e, tutto sommato, banale come lei.
«C’è sintonia tra noi.» Si costrinse a parlare non senza difficoltà. «C’è… attrazione, credo. Non so bene come definire questa cosa che abbiamo, perché è la prima volta che mi trovo in una situazione del genere…» ammise. «Non è semplice neanche per me.»
Lui rilassò la fronte e la ascoltò attentamente, questa volta con meno sospetto.
«Mi rendo perfettamente conto che è sbagliato, e che è un errore essere qui adesso. Ed è anche rischioso, considerando l’accanimento mediatico che c’è su di te ultimamente, ma ci sono persone che si sono sacrificate tanto, per me, affinchè io fossi felice, e pur sapendo che queste persone non approverebbero mai quello che sto facendo, io sento che è quello che voglio. Io voglio sentirmi viva e felice. E non so per quanto durerà tutto questo, ma io mi sento così, adesso, e se anche dovesse finire tutto nel giro di cinque minuti, io sarò lo stesso contenta di averlo vissuto.»
Billie Joe Armstrong accennò, per la prima volta da quando era sceso dall’auto, un piccolo sorriso. Era così grande la forza di ciò che aveva appena detto Gloria, era così traboccante di vita che non potè fare a meno di sentirsi vivo, di riflesso, anche lui. Era una promessa, quella ragazza. Aveva il fuoco dentro di sé, quel fuoco che forse solo le persone della sua età possono avere, quello di chi ha ancora davanti tutto il proprio futuro e naviga il fiume della propria esistenza a vele spiegate, consapevole di essere così forte da poter sbaragliare ogni ostacolo, di poter avere il mondo intero stretto nelle proprie mani.
Ma è davvero così sbagliato -si domandò- sentirsi così vivi anche a quarant’anni? Pensare di poter cambiare ancora le regole del gioco? Sì, lo era. La responsabilità delle sue azioni –concluse- non sarebbe ricaduta su di lui solo, ma anche su tutte quelle persone, e non erano poche, strettamente collegate a lui. La sua famiglia, innanzi tutto. I suoi amici, gli altri membri dei Green Day. Persino i fans sarebbero stati delusi da lui.
Ma perché avrebbe dovuto sottrarsi a tutta quell’energia? Ora che ne era entrato in contatto, e l’aveva vista, l’aveva provata lui stesso, sopra e sotto la pelle, come poteva lasciarla andare via in quel modo, senza poi pentirsene per il resto della sua vita?
Dopo tanto silenzio, Billie Joe riuscì finalmente a parlare.
«Quello che dici è molto bello. Davvero, Gloria, hai una forza d’animo immensa.» Tutta la vita che lei aveva da offrirgli era invitante come la mela che, ai primordi dell’umanità, Eva colse dall’albero. «Ammetto di sentirmi molto in colpa per la mia famiglia.»
Gloria abbassò lo sguardo torturandosi con i denti l’interno di una guancia. Poteva capire le sue remore. Né lui né tanto meno lei venivano da situazioni familiari semplici e serene, e per chi vive un’infanzia difficile viene spontaneo cercare di difendere in ogni modo la propria famiglia, di evitare ai propri figli di soffrire così tanto.
«Lo so. Davvero, posso immaginarlo. Anche se ti conosco così poco, sono sicura che sei un  buon marito e un buon padre, non il tipo di persona che abbandonerebbe la famiglia senza tanti problemi.»
Lui annuì.
«Il punto è... che non devi.» gli rivelò con tutta la sincerità possibile. «Io non voglio niente da te, non ti chiedo niente, davvero. È la tua famiglia, e io non  voglio -e non devo- avanzare pretese di nessun tipo. Sul serio. E non voglio neanche influire sulla vostra serenità. Starò lontana da loro, e anche dai tuoi amici. Nessuno saprà mai di me. Io terrò la bocca chiusa: non sei un trofeo che devo ostentare in giro. E soprattutto, io non ho bisogno di te. Sono qui perché, semplicemente, lo voglio. Non c’è niente di folle o angosciante. Può essere una cosa solamente nostra. E possiamo metterci un punto ogni volta che vogliamo, se ci accorgiamo che la cosa inizia a starci stretta. Non voglio scombinarti la vita. E se tu non sei convinto, io posso levarmi dai piedi e sparire per sempre in questo preciso istante.»
Gloria pronunciò queste parole a cuore aperto, ben consapevole del fatto che le sarebbe dispiaciuto molto se lui avesse deciso di troncare definitivamente i rapporti con lei, ma certa che sarebbe stata disposta ad accettare e rispettare la sua scelta, qualsiasi essa fosse stata.
«Quindi la tua proposta è quella di prendere solo e soltanto il meglio che l’uno ha da offrire all’altro e mollare la presa non appena ciò dovesse diventare incompatibile con le nostre vite di sempre?»
«Sì, qualcosa del genere.» rispose lei con convinzione.
Billie Joe riflettè per qualche istante. Se pensava alla sua famiglia, l’idea di intraprendere quella strana relazione alle loro spalle gli appariva la cosa più sbagliata e insensata del mondo. Se però pensava all’abbattimento di cui era stato vittima in quegli ultimi mesi, e al fatto che quella ragazza fosse stata l’unica che era stata in grado di tenerlo in piedi e farlo sentire vivo, e che in quel preciso istante gli stesse offrendo se stessa e il fuoco che animava la sua stessa vita, l’idea di quella relazione non gli appariva sbagliata nemmeno un po’.
Scosse la testa lentamente, puntando lo sguardo verso il basso, il labbro inferiore stretto tra i denti.
Gloria non si era mai sentita così in bilico e così tanto vulnerabile come allora. In quel preciso istante, si rese conto, Billie Joe Armstrong stava facendo la sua scelta. Era sacro, quel momento, aveva una potenza quasi religiosa. Dalla decisione che aveva preso lei, e da quella che stava per prendere lui, sarebbe dipeso tutto quanto. Se ne sarebbe ricordata diversi anni dopo, e più di una volta, anche, quando la vita le sarebbe sembrata estremamente dura e ingiusta con lei, e lei avrebbe pensato che quella non era altro che la giusta punizione per aver dato inizio, a causa della sua scelta sbagliata, a quel precipitare degli eventi che da un momento all’altro, inesorabilmente, li aveva travolti tutti quanti, nessuno escluso.
Dopo diversi istanti che a Gloria parvero durare un’eternità, Billie Joe Armstrong cacciò fuori un sospiro come rassegnato, l’angolo della bocca sollevato in una smorfia simile a un sorriso. Prese il viso della ragazza tra le mani e si avvicinò a lei fino a che le loro fronti si toccarono, le punte dei loro nasi appoggiate l’una contro l’altra.
«Brucerò all’inferno per questa decisione.»
«Io non lo so se ci sarà un inferno, dopo.» annunciò lei con semplicità, stringendosi nelle spalle. «Per ora so che c’è questo…» disse indicando con il braccio ciò che li circondava «ed è questo, che voglio vivere.»
E così Billie Joe le sfiorò le labbra con le sue, fino a che il contatto non si fece più profondo. C’era energia, in quel bacio, una strana forza che attraverso le loro mani, attraverso le loro bocche e i loro respiri, passava da Gloria a Billie Joe e poi di nuovo a Gloria, fino a che si staccarono, ubriachi ognuno della vita dell’altro.
«Promettimelo.» disse poi Billie Joe con un filo di voce, quasi una minaccia.
«Cosa?»
«Che ci godremo davvero solo e soltanto il meglio.»
«Te lo prometto. Solo io, te e tutto ciò che di bello potrà esserci tra noi.»
«E il divieto assoluto di parlare del futuro.» concluse lui, risoluto.
«E il divieto assoluto di parlare del futuro.» confermò lei annuendo.
 
[Continua]
 

 

Sarò breve. Volevo solo scusarmi con chi seguiva questa storia (sempre ammesso che sia rimasto qualcuno, ormai sono totalmente disorientata nel fandom, vuoi per i nickname che cambiano, vuoi per il fatto che si è davvero riempito come un panzerotto) per la mia lentezza veramente scandalosa. Più di una volta ho avuto il serio impulso di mollare la presa e dichiarare questa storia incompiuta. Poi, a sorpresa, dopo oltre sei mesi di pura aridità, oggi mi si è riacceso un barlume di ispirazione. E l’ho colto al volo. E rieccomi qui. Vorrei promettere che da ora in avanti sarò più rapida ma non sono sicura di esserne in grado. Per il momento ringrazio chi legge o leggerà, e come sempre spero che mi facciate sapere cosa ne pensate, nel bene e nel male.
A presto (spero).
   
 
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