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Autore: Lotiel    02/10/2014    3 recensioni
In un mondo che ormai non ha più nulla da offrire, qualcosa cresce nella zona più pericolosa della città. Un Vigilante e una ragazza si aiuteranno a vicenda per trovarla.
La notte rendeva i bassifondi di Gurakar ancora più lugubri. Nella città vecchia era sempre così. Il fetore della spazzatura e dell’aria insalubre, rendeva quel luogo quasi invivibile ed era per questo che lo sorprendeva ancora di più aver visto quella cosa proprio lì.
Come poteva vivere ciò che aveva visto?
Genere: Azione, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era lì. Lo ricordava bene.
Ne sentiva quasi il profumo, tanto da ricordargli qualcosa che aveva visto solo in immagini sporadiche.
L’uomo si era immerso nei bassifondi perché era lì che l’aveva visto durante il suo turno di vigilanza, promettendosi alla fine che sarebbe ritornato. Erano passati ormai dei mesi.
La notte rendeva i bassifondi di Gurakar ancora più lugubri. Nella città vecchia era sempre così. Il fetore della spazzatura e dell’aria insalubre, rendeva quel luogo quasi invivibile ed era per questo che lo sorprendeva ancora di più aver visto quella cosa proprio lì.
Come poteva vivere ciò che aveva visto?
Si guardava intorno con circospezione. Si era mascherato, aveva cercato di somigliare alle persone che vivevano nelle topaie che chiamavano casa. A quelle persone che erano costrette ad andare a lavorare nelle varie fabbriche, così che i potenti avrebbero potuto tenerli sotto il loro giogo, promettendo loro una sola possibilità di salire dall’ascensore e farsi una vita più salubre e più dignitosa.
Una sola possibilità di entrare nelle torri-gioiello.
Strutture che risplendevano azzurrine alle sue spalle e verso cui l’uomo si era voltato per qualche istante. Erano state costruite dopo la guerra che aveva devastato il mondo e pian piano erano cresciute, come dei piccoli frassini, erano diventate gigantesche e dopo tanti anni dominavano la superficie e i sogni di chi non poteva permettersi di viverci.
Con il passare degli anni tutto era diventato insostenibile e i grandi del mondo avevano fatto ricostruire le città dentro queste torri, comunicanti tra loro da ponti in titanio praticamente indistruttibili.
L’aria pulita veniva filtrata dall’alto e, sui tetti delle costruzioni, vi erano dei grandi canalizzatori d’aria che portavano l’ossigeno nei vari piani della torre.
Dal giorno della loro costruzione erano passati ormai cento anni e nessuno più ricordava come fosse la terra prima della guerra. Prima dell’Armageddon.
L’uomo non sapeva e né aveva intenzione di conoscere quella parte di storia dell’umanità. Lui era nato nelle torri dove avevano sviluppato una tecnologia tale da sostituirsi a Dio.
Il nome dell’uomo era Sevin.

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Ne sentiva la presenza costante e ciò che la spaventava era ciò che era successo un po’ di tempo prima con una sua amica. Il cuore le batteva all’impazzata e inoltrarsi in quel luogo non era assolutamente consigliabile per una come lei, un posto dove neanche i Vigilantes osavano entrare.
Kirda aveva chiuso le mani sul cuore e si era stretta le braccia al corpo, ma doveva arrivare a costo di mettere in pericolo la sua vita.
Si era convinta dopo che aveva capito che la notte non poteva dormire se non l’avesse protetto da quel posto e dal marciume. Ma ciò che la terrorizzata era essere catturata per essere venduta come schiava o essere smembrata per il commercio di organi.
Dopo l’Armageddon il mondo era peggiorato e i ricchi si erano rintanati nelle torri-gioiello che mostrava loro una protezione più che funzionale. L’unico modo per entrare era un ascensore super sorvegliato. Quella promessa che avevano fatto, però, non l’avevano mai mantenuta e a nulla era valso il tentativo di ribellione che era stato perpetrato pochi anni prima. I Vigilantes, le guardie delle torri che ogni tanto scendevano per dimostrare loro a chi era affidato il comando, avevano l’ordine di sparare a vista se qualcosa poteva ledere la loro persona o quella dei potenti.
Kirda era spaventata, come tutti gli abitanti di Gurakar, abbassava la testa al passaggio dei Vigilantes e loro si approfittavano di questo stato d’animo, tanto da irretire molte giovani donne e promettergli cose che non erano in loro potere. Lei era figlia di una di queste donne e viveva nella zona più scura della città. La zona denominata la Keep-Out.
Gli occhi di Kirda si erano fissati su un punto non preciso della strada, dove fiumi di vecchi pezzi di metallo arrugginito se ne stavano lì, come guardiani silenti di quel posto. Nella testa della donna viaggiavano parecchi pensieri e ormai, dalla morte della madre, non le era rimasto nulle che non cercarsi un pericolo. Vagava in quel luogo e molte volte si era trovata in situazioni che avrebbe voluto e dovuto evitare, ma neanche dopo quelle esperienze aveva avuto il coraggio di uccidersi.
Si era poggiata ad un muro lercio e cadente. Respirava quasi a fatica quando ripensava al passato, ma erano i pochi momenti che la tenevano ancorata alla vita. Ma quel respiro diventava sempre più pressante ogni giorno  che passava e il corpo pesante e spossato ogni colpo di tosse che faceva.
Non sapeva se fosse malata o cosa, ma quel poco che le restava da vivere voleva passarlo a quel modo. A cercare ciò che restava del suo mondo.

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Sevin si era soffermato davanti a un palazzo fatiscente. Non ricordava bene ma lì aveva effettuato un arresto. Sì, gli sembrava proprio quello.
L’uomo era stato giustiziato lì, proprio in quel momento. Loro non erano solo i servitori della legge, ma anche i fautori delle sentenze.
Gurakar aveva questa particolarità.
In quel giorno non era venuto né per arresti e né per sentenze, era solo venuto per vederlo di nuovo; per imprimere nella sua mente la sua immagine, prima che la vita l’abbandonasse.
Aveva solo girato l’angolo e sentì un sibilo dietro la schiena, tanto da costringerlo ad acquattarsi contro il muro interno di una casa semi distrutta. Sentì una stretta allo stomaco e ciò che successe fu talmente improvviso che, andando avanti nel tempo, non riuscì nemmeno a ricordare.
Dal nascondiglio riuscì a scorgere  un gruppo di persone che, senza ombra di dubbio, apparteneva a qualche banda in cerca di organi bionici e umani da rivendere al mercato nero. Purtroppo, nella Keep-Out, non c’era il tempo chiedere perdono o semplicemente uno “Scusatemi, non tornerò mai più”. In quel posto bisognava solo reagire e Sevin sapeva che sarebbe stata la sola cosa che avrebbe potuto fare.

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Kirda rimase acquattata contro il muro. Nel momento di muoversi sentì delle voci  e notò poco dopo quel gruppo di uomini. Lei era fuori dall’ordine del coprifuoco e non c’era giustizia in quella parte di città. Dunque rimase lì, stretta con le braccia al petto e con il cuore in gola. Li aveva sentiti passare e infine soffermarsi poco lontani da lei.
-Allora, Fos, vogliamo muoverci o no?
L’omone pieno di tatuaggi, dal viso pieno di cicatrici e dall’occhio guercio si era voltato verso l’uomo che aveva parlato e alla fine gli era bastata un’occhiata con l’occhio buono per far tacere il suo interlocutore. Fos era il classico tipo con il quale era meglio non scherzare. Era il completo figlio di puttana che era meglio non incontrare per strada e in quell’ambiente era conosciuto con il Massacratore. Dopo aver derubato le vittime di ciò che non gli sarebbe servito più dopo la morte si divertiva con i corpi come se fossero bambole di pezza.
La mano di metallo si muoveva come una morsa e quando se l’era fatta fare era stata ritenuta una delle migliori della tecnologia delle torri-gioiello. Le varie terminazioni nervose, le vene e i muscoli erano collegati a quel metallo come se fosse il semplice prolungamento dell’arto. La mano in carne se l’era fatta staccare per assaggiare quella tecnologia rubata da un carico destinato alle torri-gioiello.
L’omaccione aveva digrignato i denti e aveva sorriso appena.
-Aspettate!
Non era stato Fos a parlare, ma qualcuno vicino a loro. Un uomo alto e smunto che aveva la facoltà di sentire l’odore degli esseri umani. A tutti poteva sembrare che non servisse a niente nella compagnia, ma solitamente era lui che trovava le vittime dei loro traffici.
-Sento un odore diverso dal nostro.
Lo aveva detto annusando appena l’aria. Questa facoltà era dovuta al naso costruito con una nanotecnologia di qualche anno prima. Se l’aveva fatta impiantare per cause di forza maggiore. Con la sua debolezza di un corpo un po’ deforme (a causa degli arti troppo lunghi) aveva trovato il modo per non essere ucciso da quelli più forti e giù grossi di lui.
Fos gli aveva riconosciuto un potenziale.
Hirz, così si chiamava, aveva individuato la preda e dunque indicò semplicemente con il dito tremante un luogo verso alcune macerie, mentre sopra le loro teste, a molti metri di distanza, viaggiavano le macchine volanti dei Vigilantes.
Due uomini si diressero verso il luogo indicato da Hirz e tirarono da dietro il muro una donna tremante. Era Kirda che non era riuscita a scappare dal suo nascondiglio perché aveva paura di fare troppo rumore e la sua ultima speranza era non la sentissero se fosse rimasta nascosta.
-Ma guarda chi abbiamo qua.
Fos l’aveva guardata, mentre Kirda cercava di liberarsi divincolandosi come poteva, ma la presa era troppo stretta e gli uomini troppo forti. Almeno per una come lei.
Di una cosa Kirda era certa. Questa volta non l’avrebbe scampata.

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Sevin era rimasto a guardare la scena e per quanto cercava di non voler essere l’eroe di turno, non ne riuscì a fare a meno, anche perché quella ragazza la conosceva ed era l’unica che sapeva il punto esatto per poter recuperare ciò che stava cercando.
Sevin prese un profondo respiro e restò per qualche altro attimo nascosto, anche perché l’uomo dal naso bionico aveva cominciato ad annusare nuovamente l’aria. Avere quel potere doveva essere molto appagante, ma anche quello che avevano impiantato a lui in quanto Vigilante, serviva a qualcosa.
Sevin si alzò in piedi e iniziò a dirigersi verso il gruppo di uomini che avevano preso la ragazza e il braccio destro, dove tutta la sua forza era concentrata, iniziò ad illuminarsi di una tenue luce azzurrina, lasciando che tutte le nervature meccaniche venissero messe in risalto dal liquido che refluiva all’interno di queste. Le dita del mano scricchiolarono per qualche istante. Quando lo usava si sentiva come se una parte della sua umanità gli scivolasse fuori e lo rendeva più simile ai robot che lavoravano nelle torri-gioiello.
-Quel braccio farebbe proprio al caso mio.
Il flusso dei pensieri fu interrotto dalla voce gutturale di Fos che aveva immediatamente adocchiato quell’arto meraviglioso.
-Ma non è quello che usano i Vigilantes?
La voce di un altro uomo interruppe il discorso e tutti si voltarono verso Sevin che non poté fare a meno di sorridere appena a quella presa di coscienza improvvisa. Quell’arto veniva impiantato durante l’addestramento a Vigilante senza però eliminare l’arto originale. Era una delle poche tecnologie che quelli di superficie non erano riusciti a scoprire.
Sevin rimase coperto dal mantello lercio che si era portato dietro, non scoprendo mai il capo e non facendosi guardare in volto.
Non aveva parlato e non aveva detto nulla, ma nei suoi occhi si leggeva la rabbia che aveva represso fino a quel momento. Il suo corpo e il suo stesso spirito esigevano carne e sangue, esigevano sentenze.
In quel momento non ci fu più nulla da dire perché tutto fu buio.

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Kirda, dopo l’attacco, era rimasta chinata a terra e gli occhi castani avevano cominciato a lacrimare dalla troppa polvere sollevata dall’uomo durante il combattimento. Non era riuscita a vederlo e questo la spaventava molto di più. Non aveva il coraggio di vedere ciò che aveva fatto agli uomini che aveva attaccato. Sapeva come operavano i Vigilantes e sapeva anche come si doveva fare in questi casi. Fuggire.
Si alzò e cercò di premere sul piede che faceva da leva per darle uno scatto maggiore. Non ce ne fu il tempo, perché si sentì strattonare da un braccio e, dall’annebbiamento della polvere sollevata, si avvicinarono due occhi azzurri tutt’altro che malvagi.
-Stai bene?
Lei non aveva parlato ed era rimasta con gli occhi sgranati e le mani aperte come a proteggersi. Ne aveva paura, come li temevano tutti gli abitanti dei bassifondi. Erano bestie senza un briciolo di umanità.
-Non dirmi che stai dietro alle credenze sui Vigilantes?
Kirda continuava a non rispondere ma comprendeva che non farlo lo avrebbe fatto arrabbiare ancora di più e dunque gli fece un breve cenno di assenso con la testa.
Sevin sorrise appena, beffardo e le lascio andare il braccio. Era pieno di sangue e olio e questo poteva significare solo una cosa. Di quegli uomini non se ne era salvato neanche uno.
-Se fosse come credi tu, al momento non staresti qui a guardarmi come se fossi un mostro.
Kirda si rimise in piedi e mosse qualche passo indietro. Aveva paura e glielo si poteva leggere sul volto senza che parlasse. Lui, però, in quei passi che faceva a ritroso la seguì;  più lei arretrava, più lui avanzava.
Era alto, molto alto! Molto più di lei, e si vedeva che il suo corpo era stato sottoposto ad una miriade di allenamenti a differenza del suo, smagrito e debole. Risultava evidente che lui non proveniva dal suo mondo.
-Bene, ricominciamo daccapo.
E detto questo Sevin andò a massaggiarsi la testa, portando indietro i capelli neri. Nel contempo porse la mano libera  verso di lei.
- Sono Sevin!
L’uomo sapeva che era sbagliato, sapeva che doveva evitare qualsiasi contatto con quella gente; non capiva perché interiormente sentisse il dovere di far in modo che lei si fidasse di lui. Non conosceva ancora molti degli aspetti che i bassifondi di Gurakar potevano nascondere, tra le smisurate insidie e le ben più pericolose bande dei cacciatori di corpi.
Kirda in un primo momento cercò di evitare il suo sguardo e i suoi modi di fare. I suoi capelli castani erano ormai usciti fuori dal fazzoletto che aveva avvolto intono alla testa e le ricadevano sulle spalle. A differenza di quanto si poteva pensare dei bassifondi, le persone non erano sporche e luride come le vie in cui vivevano ma semplicemente erano nati in un mondo sfortunato.
La ragazza aveva sollevato lo sguardo e lo aveva guardato negli occhi e quegli occhi erano di una persona assolutamente sincera, anche se le credenze l’avevano sempre tenuta lontana dai sentimenti del proprio cuore.
-Sono Kirda!
Gli strinse la mano e decise di seguirlo anche perché al momento sembrava l’unica colonna a cui potesse poggiarsi e l’unico in grado di proteggerla. Lei doveva raggiungere quel luogo o tutto sarebbe stato perduto. Come riuscire a convincerlo a lasciarla andare?
-Vorrei mi portassi nel tuo posto segreto.
Sevin lo disse con una tale naturalezza che Kirda sentì il proprio cuore perdere un battito e dunque si chiese come fosse possibile che lui sapesse di quel posto, come sapesse che lei aveva un posto segreto.
Lui le sorrideva e lei, con riluttanza, si fidò delle sue parole. Non poteva scappare al momento, le sue gambe non glielo avrebbero permesso.

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Raggiunsero il posto segreto dopo molto cammino. Non essendoci alcun mezzo di trasporto nei bassifondi, molti si dovevano arrangiare con le proprie gambe. Si trovava all’estremo nord della città e visto che era proprio la Keep-Out a difenderlo, difficilmente sarebbe stato possibile trovarlo senza una guida. Kirda ci era arrivata per puro caso e Sevin l’aveva vista tra le macerie durante una pattuglia con altri Vigilantes.
Appena arrivati il cuore dell’uomo si riempi di nuove speranze. Gli occhi si spalancarono alla vista e rimase con la bocca aperta per qualche istante.
Un giardino. Piccolo, molto piccolo.  Tanto da non prendere neanche lo spazio di un’auto, ma lui ne rimase affascinato allo stesso modo. Non c’erano molti fiori ma quelli che c’erano li riconobbe immediatamente. Tante margherite, cresciute lì, nel lerciume e nella spazzatura. In quella zona dall’aria irrespirabile.
Si voltò per qualche istante verso Kirda.
-Cos’è questo?
Lei rimase per qualche istante interdetta e poi, rilassando le spalle gli rispose.
-Questo è ciò che rimane del nostro mondo.

 

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Angolo dell'Autrice

Non mi spenderò in troppe parole, anche perchè l'ho scritta di botto e ho avuto anche poco tempo per correggerlo. Non ho mai scritto nulla del genere, quindi accetterò tutte le critiche che vorrete farmi. Sinceramente ci tenevo a questo contest e quindi, anche con il problema del trasferimento e del trasloco, ho voluto scriverlo. Spero che vi piaccia e che mi facciate sapere il vostro parere. Sappiate che ogni parere mi aiuterebbe a migliorare.
Partecipante al contest indetto dalla pagina facebook "Io scrivo su EFP"----> "Quello che non faresti mai:Reverse-contest" .


   
 
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