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Autore: hp_in_my_heart    03/10/2014    2 recensioni
Buonsalve! Ennesima storia per un contest. Cosa succede se un ragazzino sogna di finire in uno strano mondo parallelo? Bè, leggete e scopritelo!
[Questa storia partecipa al "Immagina una storia contest" indetto da SignoraKing sul forum di EFP]
Genere: Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Anche stavolta non so cosa dire, quindi spero che vi piaccia e vi lascio direttamente alla storia.


Lo strano flirt di Aaron Cohen.

 

 


I raggi del sole si rifletterono sui capelli biondi del ragazzo, facendoli sembrare quasi dorati; pur tuttavia, non si svegliò. Ci volle che la piccola creatura attirata dalla sua presenza lo scuotesse per fargli emettere un flebile grugnito. Di certo non poteva definirsi cosciente, ma almeno si stava riprendendo.
La creatura che l'aveva scosso era una fatina, un'adorabile ragazza bionda con delle ali brillanti e uno strano animale bianco simile a un gatto con delle corna da lumaca come animale da compagnia. Aaron non ne era ancora al corrente, ma lo sarebbe stato molto presto.
Dopo un battito di ciglia, il ragazzo si mise a sedere, stropicciandosi gli occhi, come se si stesse svegliando da un sogno. Sobbalzò quando vide la fata accanto a lui, chinata su di lui, vicino, troppo vicino. La cosa che si notava subito era la sua bellezza disarmante, con quei lunghi capelli biondi e gli occhi grandi, azzurri, contornati da lunghe ciglia. La seconda cosa, ma non meno importante, che si notava di lei erano le ali. Brillanti, brillanti, brillanti, assurdamente brillanti, di una sfumatura di blu che era quasi certo di non aver mai visto prima.
Erano strane, parecchio strane, quelle ali, e in qualche modo spaventose, ma allo stesso tempo attiravano lo sguardo come una calamita. Ecco, quelle ali erano l'esatta descrizione di 'sublime', così come gliel'avevano appena insegnata a scuola: qualcosa che ti affascina, ma che è, o viene percepito, come pericoloso. In effetti, non erano proprio pericolose, quelle ali, ma non le avrebbe toccate a meno che non fosse stato strettamente necessario.
Erano passati solo due minuti, quando scosse la testa per svegliarsi del tutto e rivolse la parola alla creatura.
“Chi sei?”
“Io sono la fata guardiana di questo luogo, il mio nome è segreto e non può essere pronunciato. Tu chi sei? Come sei arrivato fin qui?” Ah, com'è carino! Non me li immaginavo così simili a noi, gli uomini! Si trovò a pensare, suo malgrado, la fata, dopo aver visto gli occhi blu e i capelli biondi di Aaron.
“Io sono un uomo, il mio nome è Aaron Cohen. Non ne ho idea, mi sono svegliato e mi sono ritrovato qui.”
“Capisco, è ben strano, però. Qui di solito non viene mai nessuno. Sì, parlo la tua lingua,” disse la creatura, prevedendo correttamente la domanda del giovane Aaron. “Non chiedermi come, non lo so neanch'io. L'importante è che ci capiamo, no?”
“Sì, certo. Arghhh! Che cos'è quello?”  Strillò il ragazzo.
La dolce fatina sospirò. Perfetto, il suo nuovo amico che le piaceva aveva visto il suo animale da compagnia. “Quello, Aaron, è un lumagatto. Corna da lumaca e corpo di gatto.”
“Mi stai prendendo in giro, vero? E a cosa servirebbe un luma...  un lumagatto in un posto disabitato come questo? E poi, è strano anche come gatto.”
“A dire il vero questo posto non è disabitato. Ci abito io. E lui è il mio spirito guida, una sorta di animale da compagnia e coscienza allo stesso tempo. Cosa facciamo adesso? Non so come funziona tra voi... Uomini?” La fatina esitò. Però non poté fare a meno di  pensare, ancora una volta, che il ragazzo era carino.
“Non so. Potresti... per esempio... portarmi a casa tua?” Chiese Aaron, con una punta di malizia nella voce. Le ali brillanti della creatura continuavano ad affascinarlo e non riusciva  a togliere gli occhi di dosso alla fata che aveva davanti. Si sentiva accaldato.
“Non l'hai vista? Io abito in quella grande testa di roccia, laggiù.” La fata indicò la direzione con il braccio teso.
Il ragazzo alzò la testa, stupito. Aveva ovviamente notato il prato verdeggiante su cui era seduto, così come le alte rocce che delimitavano quella sorta di valle. Ma la grossa testa di pietra poggiata su un lato che la fatina gli stava indicando era completamente sfuggita alla sua attenzione.
“Com'è buffa! E' una testa dell'Isola di Pasqua, per caso?”
“L'Isola di Pasqua? E che cos'è?”
“Non importa, lascia stare. E' un posto famoso nella mia... dimensione.”
I due si guardarono in silenzio per un po', poi fu Aaron a rompere il silenzio.
“Ebbene, che facciamo, allora?” Disse il ragazzo, ancora indeciso se stesse sognando o fosse tutto vero. Gli pareva impossibile aver avuto un colpo di fortuna così grosso, stare da solo in un posto da favola come quello con una fata dall'eterea, brillante bellezza.
La fatina sembrò un momento disorientata, poi scosse la testa e disse: “Non so, ci facciamo un giro?”, tendendo la mano al ragazzo per farlo alzare.
Aaron annuì e tentò di alzarsi, prendendo tra le sue la mano della fata. Una specie di scossa elettrica si propagò in tutta la sua schiena, fino a... No, non doveva pensarci, sarebbe stato un crimine sporcare un essere puro come sembrava quella fatina.
Sembrava, appunto. La fata parve percepire il suo imbarazzo e decise di darsi una mossa. Invece di farlo alzare, gli posò una mano sul petto e spinse finchè  lui non si sdraiò sul prato. Allora si accoccolò addosso a lui e parlarono per quelle che ad entrambi parvero ore, prima che un gesto avventato del ragazzo, che aveva avvicinato troppo le labbra a quelle della fata, facesse scattare una serie infinita di baci. Baci sulle labbra, naturalmente, ed era anche troppo per uno sfigatello come lui, che al college non veniva calcolato da nessuno.
Ebbene, questo non sembrò essere sufficiente per lei. La fata si avvicinò ancora di più a lui, passandogli una mano sul petto, e iniziò a slacciargli la camicia che aveva addosso. Il ragazzo la guardò con gli occhi sbarrati, ma la fata sorrise, per cui si lanciò in una timida carezza sul suo viso.
Lei stavolta rise apertamente, forse a causa della timidezza del ragazzo, e riprese nel compito di slacciargli la camicia. Non ci mise troppo e gliela tolse quasi subito. Quello che vide le piacque, per cui si mise a baciargli il petto. Una volta, due, tre, mentre il povero ragazzo quasi tremava e cominciava a sentirsi eccitato. E dire che tutto era iniziato perchè si sentiva in qualche modo affascinato dalle ali brillanti della creatura...
Improvvisamente, una voce che ripeteva il suo nome cominciò a riempire l'aria, quasi ammorbandola con la sua fastidiosa presenza.
Il ragazzo, infastidito dall'interruzione, si girò dalla parte. Aprì gli occhi che non si ricordava di aver chiuso e si trovò nel suo letto, sudato e scocciato. Sua madre incombeva su di lui preoccupata, forse perchè temeva che il sudore e le gote rosse fossero sintomo di influenza. Non poteva mica raccontarle la verità! No, mamma, non sono ammalato. E' che ho sognato di stare in un posto magico con una fata e stavamo quasi per... Certo, come no! Sua madre l'avrebbe preso per matto, o per pervertito. Sospirò, girandosi di nuovo tra le coperte, prendendosi un altro minuto di riposo nel letto prima di alzarsi. Nulla da fare. Quella sarebbe stata un'altra inutile giornata nella sua schifosa vita, senza nessuna fatina vogliosa.

  
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