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Autore: Ortensia_    04/10/2014    4 recensioni
Ogni volta che si lasciava alle spalle casa Aomine avvertiva una vaga e dolce eccitazione riecheggiare nelle viscere, ma una rabbia calda e violenta sferzargli con vigore le meningi, una tristezza infinita pizzicargli gli occhi e togliergli il respiro.
[...] stava di nuovo immaginando un mondo desolato e freddo, e dall'altra parte della strada c'era la sola persona che potesse renderlo felice. Daiki lo stava aspettando, lo incitava a venire avanti e ad accelerare il passo.
[...]
Sembrava quasi che il tempo si fosse fermato, eppure il viso di Ryouta si faceva di giorno in giorno sempre più sciupato e smagrito, era un bocciolo appassito a causa di un'immobilità innaturale e distruttiva, come se una creatura ingorda avesse intaccato le radici della sua anima e le stesse divorando una ad una, allontanandolo sempre di più dalla vita.
[...]
Avrebbero fatto tante cose insieme, gli avrebbe dato le carezze che si era negato per tutto quel tempo, gli avrebbe detto che lo amava e avrebbe fatto in modo che anche Ryouta, fra le sue braccia, trovasse una casa calda e confortevole nella quale passare il resto della propria vita.

[Young and Beautiful - Lana Del Rey]
Genere: Drammatico, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Daiki Aomine, Ryouta Kise
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Will you still love me?






La presa di Daiki sui fianchi caldi di Ryouta si allentò improvvisamente, le dita persero l'aspetto inquietante di artigli e scivolarono stanche e tremanti lungo la pelle bianca dell'altro, le labbra si schiusero in un gemito sommesso.
Daiki boccheggiò e raccolse più aria possibile, come se fosse appena riemerso dall'acqua dopo una lunga apnea, per poi lasciarsi cadere al fianco di Ryouta.
Come di consueto, Daiki si mise in ascolto del respiro affannoso e irregolare dell'altro che, steso al suo fianco, pareva essere riemerso da un'apnea ancor più lunga della sua e sembrava trovare difficile perfino respirare, talmente era esausto.
Ascoltare il respiro irregolare di Ryouta dopo il sesso gli piaceva, anche più di quando osservava il placido e costante alzarsi e abbassarsi del suo torace quando dormivano insieme.
Dopo aver focalizzato per qualche attimo la propria attenzione sul respiro affannoso di Ryouta, Daiki rivolse una rapida occhiata al suo fianco e si soffermò per un istante sul suo volto stropicciato dalla fatica, trafelato dall'eccitazione, sulle labbra arrossate, ancora schiuse per il piacere, e sulla fronte madida di sudore, dove qualche rada ciocca di capelli biondi avevano cominciato ad assumere una tonalità più cupa, quasi tendente al castano. Più il tempo passava, più Daiki si rendeva conto che la giustificazione che aveva imbracciato fin dalla loro prima volta insieme non poteva più reggere: ormai aveva capito che con Ryouta non andava a letto solo per godere del piacere del sesso, ma anche – e soprattutto – perché era innamorato di lui.
Nonostante Daiki avesse ormai capito i propri sentimenti, faceva ancora molta fatica ad accettarli ed esternarli, per cui i loro incontri risultavano il più delle volte semplici scontri passionali, lotte carnali senza un vero e proprio risvolto sentimentale, e Ryouta doveva soffrirne molto. Daiki si era chiesto spesso come si sentisse l'altro nei confronti di quegli incontri fugaci, di tutte quelle attenzioni mancate: non c'era nulla di bello nel vivere in bilico, basare la propria vita su un rapporto che, almeno all'apparenza, era molto superficiale, freddo; Ryouta respirava il dubbio, se ne nutriva continuamente, e pur soffrendo silenziosamente della sua condizione aveva continuato a concederglisi per tutto quel tempo, e questo perché lo amava. Lo amava più di ogni altra cosa al mondo, tanto che spesso capitava che Daiki non si sentisse degno di un sentimento così forte e sincero, che ne fosse spaventato e preferisse mettere le distanze fra lui e l'altro.
Quando Ryouta si mise a sedere e gli dedicò la propria attenzione, lo sguardo di Daiki era già paurosamente lontano, distaccato, freddo, svuotato di tutta la luce che forse aveva solo creduto di vedere, che probabilmente non era mai esistita ed era solo frutto della sua immaginazione.
Ryouta restò in silenzio e si alzò dal letto, raccogliendo con calma i propri vestiti: ormai era abituato a quel rito avvilente che lo faceva sembrare più una puttana che il suo fidanzato.
Dopo aver abbottonato la camicia e indossato calzini e pantaloni, Ryouta afferrò la giacca e si infilò velocemente le scarpe, rivolgendosi all'altro.
«Io vado, Aominecchi.»
Daiki, dal canto suo, inclinò appena il capo, rivolgendogli un'occhiata annoiata, come se la sua quiete fosse appena stata disturbata dal ronzio di una mosca.
Ryouta si chinò per dargli un bacio, ma le labbra dell'altro gli sfuggirono.
Daiki non riusciva ad accettare l'idea di essere innamorato di un ragazzo e di voler passare la sua vita con lui, forse lo odiava per questo e a volte rifiutava perfino i baci, e a Ryouta non rimaneva altro da fare se non ritirarsi, sconfitto e distrutto dall'evidenza: il loro era un rapporto estremamente pericoloso, una passione che presto sarebbe marcita, appassita, e non tanto per la diversità dei loro caratteri o la mancanza di affinità, ma per paura.
Quella di Daiki era paura dei pregiudizi altrui o paura di amare? Ryouta non riusciva a darsi una risposta, ma era certo di una cosa: lui non aveva paura, lui avrebbe continuato ad amarlo anche quando sarebbe arrivato il momento di lasciarsi andare.


Will you still love me when I'm no longer young and beautiful?


Ryouta pensava che quel vuoto fra lui e Daiki non si sarebbe mai colmato, perché dopo tanti anni era evidente che il suo amore non bastasse, che il suo amore non potesse salvare entrambi.
Ogni volta che si lasciava alle spalle casa Aomine avvertiva una vaga e dolce eccitazione riecheggiare nelle viscere, ma una rabbia calda e violenta sferzargli con vigore le meningi, una tristezza infinita pizzicargli gli occhi e togliergli il respiro.
Ryouta non riusciva più a sopportare l'idea di non essere altro che uno sfogo sessuale, un rimpiazzo in attesa dell'arrivo di una bella donna, eppure era perfettamente consapevole che non avrebbe mai potuto fare a meno di accontentare i desideri di Daiki, perché così facendo soddisfaceva anche i propri; gli piaceva illudersi che oltre al sesso ci fosse qualcosa di più solido, che negli occhi di Daiki si riflettesse altro oltre il suo corpo e che le sue carezze non reclamassero solo il possesso, ma cercassero di trasmettergli un sincero affetto.
Ecco, dopotutto Ryouta non chiedeva molto: si sarebbe accontentato anche di una carezza, purché fosse sincera, purché Daiki gli facesse capire, una volta per tutte, cosa avesse intenzione di fare e cosa provasse per lui.
Alcune volte, Ryouta aveva la sensazione che al mondo ci fossero soltanto loro due e che, quindi, dovessero dipendere l'uno dall'altro. Immaginando un mondo desolato e freddo, lui cercava protezione fra le braccia dell'altro e sperava che Daiki lo accettasse, desiderasse la sua vicinanza e il suo calore esattamente quanto lui.
Ryouta cercava di essere forte, ma viveva nella costante paura di perderlo e, a dire il vero, aveva da qualche tempo l'impressione che il loro rapporto fosse ormai prossimo alla rottura, ad una collisione in seguito alla quale non ci sarebbero stati superstiti.
Aveva paura di perderlo, aveva paura che Daiki non respingesse più solo i suoi baci, ma anche la sua stessa persona: pensare che forse un giorno non avrebbero neppure più osato sfiorarsi lo avviliva, lo faceva sentire terribilmente pesante ma, allo stesso tempo, vuoto, e lo costringeva a tenere gli occhi fissi sull'asfalto scuro.
Ryouta camminò a capo chino per qualche metro, poi si insinuò fra i passanti e li sorpassò senza rendersi veramente conto di ciò che stava facendo: stava di nuovo immaginando un mondo desolato e freddo, e dall'altra parte della strada c'era la sola persona che potesse renderlo felice. Daiki lo stava aspettando, lo incitava a venire avanti e ad accelerare il passo.
Un'auto sgommò rapida lungo la strada, l'asfalto stridette sotto le ruote e quel mondo, quel volto dall'altra parte della strada, si cancellarono per sempre dagli occhi di Ryouta.


Will you still love me when I got nothing but my aching soul?


Da quando Ryouta era entrato in coma, a Daiki sembrava di non avere più una casa, un futuro: passava tutto il tempo accanto ad un corpo immobile e si era allontanato dal resto del mondo, perfino dal basket.
Sembrava quasi che il tempo si fosse fermato, eppure il viso di Ryouta si faceva di giorno in giorno sempre più sciupato e smagrito, era un bocciolo appassito a causa di un'immobilità innaturale e distruttiva, come se una creatura ingorda avesse intaccato le radici della sua anima e le stesse divorando una ad una, allontanandolo sempre di più dalla vita.
I medici gli avevano detto che superate le otto settimane di coma Ryouta sarebbe entrato in stato vegetativo, dal quale pochi riuscivano ad uscire e dal quale ancora meno si riprendevano con successo: erano già passate sei settimane, e la mano dell'altro, nella sua, sembrava divenire sempre più piccola e fredda, una foglia rinsecchita, pronta a sbriciolarsi da un momento all'altro.
A Daiki sembrava quasi di aver perso anche la facoltà di intendere e di volere, di pensare: l'unica sensazione che percepiva, forte e chiara, struggente e schiacciante, era la paura di perderlo per sempre, di non potersi più specchiare nel mare d'oro dei suoi occhi, inspirare il suo profumo delicato, sentire la sua voce vivace e vagamente nasale, carezzare la sua pelle delicata, baciarlo e lasciarsi baciare.
Ryouta non poteva dormire per sempre: lui gli doveva un bacio, quel bacio che gli aveva negato lo stesso giorno in cui era stato investito e che da sei settimane gli pesava sulla coscienza, lo soffocava e gli avvelenava il sangue.
La stretta di Daiki si fece improvvisamente più salda, poi la allentò e lasciò a malincuore la mano di Ryouta.
«Io ti aspetto, Kise.» sussurrò con la voce arrochita dal silenzio prolungato nel quale aveva contemplato l'altro e si chinò per sfiorargli la guancia con le labbra tremanti: voleva disperatamente che il tempo cominciasse a scorrere all'indietro, voleva che Ryouta tornasse da lui.


He's my sun, he makes me shine like diamonds.


Daiki indugiò di fronte alla porta socchiusa e camminò avanti e indietro per qualche istante, con il viso raccolto fra le mani e il respiro irregolare, ancora incredulo di aver ricevuto una notizia simile: Ryouta si era svegliato, lo aspettava in quella stanza fredda nella quale lui lo aveva atteso per ben sette settimane, tenendogli la mano in silenzio.
Ryouta era tornato da lui e finalmente avrebbe potuto dargli quel bacio, riascoltare la sua voce e specchiarsi nei suoi occhi, bearsi della loro luce vivida e calda, tremendamente confortevole e familiare.
Daiki sfiorò la porta con i polpastrelli delle dita e quasi ne accarezzò la superficie, sospingendola in avanti per varcare la soglia e insinuarsi nella stanza.
Una volta entrato, Daiki si sentì paralizzare dal sorriso che Ryouta gli rivolse: nonostante fosse debole, era luminoso e pieno di gratitudine, uno di quelli che normalmente lo avrebbe messo in imbarazzo e lo avrebbe fatto borbottare indispettito.
Ryouta, dal canto suo, rilassò immediatamente il busto contro il cuscino e abbassò leggermente le palpebre, come se avesse voluto ridurre la propria vista alla sola figura di Daiki.
«Sei qui ...» la voce di Ryouta risuonò flebile, ma intrisa di una felicità sincera che incitò l'altro ad avvicinarsi.
Ryouta lo guardò avvicinarsi e prima di parlare attese che gli fosse accanto.
«Non avrei mai voluto che ... mi vedessi in questo stato.» il sorriso di Ryouta si tramutò in una smorfia amareggiata, gli occhi fuggirono lontani.
Daiki si sedette accanto al letto e, senza mai smettere di guardarlo, gli strinse la mano fra le proprie dita, beandosi di un calore ancora debole, ma paurosamente piacevole.
«Sei ...» Daiki borbottò, arricciando il naso a causa del fastidioso pizzicore che gli attanagliava le guance «sei bellissimo–»
Gli occhi di Ryouta parvero illuminarsi e tornarono a specchiarsi in quelli di Daiki, osservando con attenzione le sfumature che facevano apparire le sue iridi come cerchi di mare in tempesta.
«Ti sono mancato?»
Daiki restò in silenzio e gli carezzò il dorso della mano con il pollice, rivolgendo il proprio sguardo alle loro dita intrecciate: la risposta era ovvia, non c'era bisogno di chiederlo.
Ryouta comprese il suo silenzio e sorrise intenerito, rafforzando l'intreccio delle loro dita.
«Sono felice di poterti vedere di nuovo.»
Daiki sentì il respiro mancare e si sforzò di rispondere, nonostante avvertisse un pizzicore distinto minacciare i suoi occhi e la sua gola.
«Anche io.» ma la voce tremò e Ryouta fu immediatamente pronto ad accoglierlo fra le sue braccia.
«Anche io ...» Daiki singhiozzò contro la sua spalla e lo strinse a sé, in un primo momento cercando di trattenere le lacrime e poi lasciandole libere di scivolare via, custodite dalle carezze docili e protettive di Ryouta: non si era mai sentito così vulnerabile come in quel momento.


Will you still love me when I'm no longer beautiful?


La corda bianca vibrò e ondeggiò, la palla a spicchi rimbalzò debolmente e riacquistò immediatamente vigore al tocco energico di Daiki: il tempo aveva ricominciato a scorrere e lui aveva ripreso in mano il proprio futuro, aveva trovato casa fra le braccia di Ryouta e ormai considerava quel luogo molto più importante del resto del mondo.
Finalmente sapeva con chi voleva passare il resto della vita: l'opinione delle persone non lo spaventava più, non pensava ad altro che a lui e a Ryouta felici, lontano da tutto e tutti, chiusi nel loro piccolo mondo.
Presto sarebbe tornato a casa, presto avrebbero ripreso a giocare a basket insieme come si erano promessi.
Avrebbero fatto tante cose insieme, gli avrebbe dato le carezze che si era negato per tutto quel tempo, gli avrebbe detto che lo amava e avrebbe fatto in modo che anche Ryouta, fra le sue braccia, trovasse una casa calda e confortevole nella quale passare il resto della propria vita.
Daiki palleggiò ancora una volta e poi arrestò il rimbalzo della palla per tenerla in una mano, mentre l'altra sprofondò nella tasca dei pantaloni, in cerca del cellulare.
Il numero sul display era sconosciuto, ma Daiki rispose ugualmente.
«Lei è Aomine Daiki?»
Daiki esitò per qualche istante e boccheggiò contro il cellulare, la presa delle dita si fece più salda, ma tremante.
«Sì.»
«Sono il Dottor Hayase.»
Daiki trattenne il fiato e rimase in silenzio per qualche istante.
«Cosa ...? Perché mi chiama?»
«Mi dispiace ...»
Daiki si preparò ad un'apnea eterna, che lo avrebbe trascinato nelle profondità marine fino ad affogarlo.
«Il suo amico è tornato in coma.»
Daiki sentì la palla scivolargli di mano e si trattenne dall'urlare la propria rabbia contro il cellulare – soprattutto perché Ryouta non era suo amico –.
«È irreversibile.»
E da quel momento in poi, da quelle poche parole, niente ebbe più importanza.
Gli ultimi suoni che Daiki udì con chiarezza furono il tonfo sordo della palla ai suoi piedi, il suo singulto di dolore soffocato e l'eco della voce dolce di Ryouta nei propri ricordi.


Will you still love me?


Il tempo si era fermato di nuovo e Daiki era rimasto solo sulla terra, con le dita intrecciate a quelle fredde e immobili di Ryouta: se fosse stato necessario, lo avrebbe aspettato per tutta la vita.


I know you will.






L'angolino invisibile dell'autrice:

Ogni tanto mi viene voglia di far piangere i lettori e quindi scrivo queste cose per farmi odiare anche più del normale.
L'obbiettivo è far piangere, ma non mi sono soffermata così tanto sui loro pensieri e quindi credo che il risultato sarà diverso (poi, ovviamente, la cosa varierà da lettore a lettore).
Comunque è colpa di Lana Del Rey, mica mia. (?)
Spero, al di là del dramma e dello scherzetto finale, che vi sia piaciuta! >~<
Bene, ora torno a scrivere cose più allegre (ma quando? Ma dove?), alla prossima!


Siccome mi è stata lasciata una recensione dove mi è stato fatto notare che esisteva un'altra AoKise con lo stesso titolo, ho parlato con l'autrice della shot in questione per chiederle se per lei fosse un problema o meno.
L'autrice mi ha detto chiaramente che non è un problema e, personalmente, ritengo che una shot non possa essere considerata un plagio solo perché ho trattato della stessa coppia di un'autrice utilizzando /per un assurdo caso fortuito/ lo stesso titolo. Il plagio è quando vengono copiati i contenuti, alcune frasi e citazioni, paragrafi o comunque idee, e la mia shot e la sua sono molto diverse.
Comunque sia, giusto per non creare altri problemi e per evitare di essere accusata di plagio, eccovi il link della shot omonima: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2812868&i=1
   
 
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