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Autore: SophieJ    04/10/2014    0 recensioni
Avevo sentito tre esplosioni e avevo percepito qualcosa di liquido scorrermi sul viso.
Non mi ero azzardata ad aprire gli occhi, finché non avevo sentito una mano tiepida sulla spalla.
Allora avevo guardato su e i miei occhi si erano persi in quel grigio magnetico.
“Tutto bene?” mi aveva chiesto.
Io avevo solo annuito, incapace di proferire parola, e mi ero tirata su i piedi.
“Non ho potuto fare molto per la tua bambola, mi dispiace.”
Mi aveva teso Brigitte e io l’avevo afferrata con forza, stringendomela al petto.
“Perché? Tu non hai fatto nulla. E’ tutta colpa di quei brutti bambini di prima.-“
Lui aveva sorriso.
E solo allora avevo visto.
Sul prato c’erano in tre punti differenti, tre pozze vermiglie dai contorni indefiniti e un sacco di sangue spruzzato sulle giostre, sul prato e su tutto ciò che si trovava nel raggio di tre metri.
Lo avevo guardato con timore e mi ero ritratta, mettendo un po’ di distanza tra noi.
“Non aver paura. Non ti voglio fare del male… non te ne farei mai.”
E io gli avevo creduto.
Genere: Avventura, Comico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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"Ferma la macchina!!" Dissi, battendo la mano sul volante della vettura, avendo avvistato un chiosco dei gelati.

"Oh cielo," Dale esclamò, facendo una piccola deviazione “chiedere, magari? Invece di battere una mano sul volante, mentre io sto cercando di guidare. Oh no, questo non è possibile, il giorno in cui farai qualcosa di vagamente normale, gli asini voleranno.”

"Forse," replicai “E magari sarà pure il giorno in cui non rischierai di schiantarti contro un palo della luce!”

Punti totali, Dale:0 io:1

No tranquilli, non sto tenendo il conto.

Ci lanciammo occhiate astiose, poi lui si mise a ridere. Che ti ridi?

"Ah, comunque polla… Perché mi sto fermando?"

"Gelato". Gli dissi semplicemente, indicando il chiosco che aveva appena aperto. Gli era stato dato il nome molto fantasioso di' The Ice Cream Store '. 

Il luogo era piuttosto lugubre, semi fatiscente, con un bancone pressoché vuoto e offuscato da anni di cricca e polvere; aveva delle insegne rosicchiate dalla ruggine e dei vasetti contenenti strane diavolerie esposti al pubblico.

Non c’era anima viva a servire, ma Gwyneth sapeva che alla sera era un posto parecchio trafficato. Vi era sempre un via vai di gente facoltosa e non, che si fermava per prendere del take away e poi ripartiva a tutto gas.

Forse lì si svolgono loschi affari…

“Fammi capire, tu mi hai quasi fatto fare un incidente perché volevi del gelato?" domandò con incredulità, i suoi occhi velati da una luce sinistra.

"Oh, per favore," dissi, le mani giunte in segno di preghiera “me lo devi! Ti ho insegnato a pulire gli orinatoi!”

Dale ci pensò su, lanciandomi occhiate incuriosite, poi annuì.

 

Parcheggiò nello spiazzo di fronte al chiosco e mi permise di trascinarlo fin sotto al bancone, da dove avremmo poi ordinato.

“Strano… Non c’è né la lista dei gelati né il listino prezzi.”

“Forse dovreste guardare meglio…” una voce sinistra, proveniente dal retro giunse alle nostre orecchie facendoci accapponare la pelle.

“Salve… Ehm… Dove di preciso?”

Le tende grezze e sciupate che separavano il retrobottega dal negozio si aprirono dolcemente e ne venne fuori un giovane uomo sulla trentina, lunghi capelli neri e gli occhi… pure.

Indossava abiti di pelle nera e un soprabito anch’esso nero, ma di velluto.

I suoi occhi erano ostili, cattivi ed erano piantati su di me. Mi misi una mano sul petto, cercando di placare il doloroso senso di pericolo che mi faceva battere forte il cuore.

Lui dovette aver fiutato la mia paura, perché sorrise, rivelando dei denti affilati e bianchissimi, come quelli di uno squalo.

“Avete del gelato?” chiesi nuovamente con voce malferma, lanciando occhiate preoccupate in direzione di Dale.

Il losco figuro spostò il suo sguardo da me a lui e vidi un tocco di panico, misto a profondo terrore sbiancargli il viso.

L’uomo si volse verso di me e mi trattò con estremo riguardo, la nota ostile e sprezzante che lo aveva caratterizzato pochi secondi prima ora era scomparsa.

Mi volsi a guardare Dale che mi sorrise amichevole, ma non appena i suoi occhi grigi si posarono sull’uomo dietro al bancone, scorsi un che di cattivo in essi; era lo sguardo di un predatore che pregustava un lauto pasto.

“Ecco qui la lista, mademoiselle.” mi disse untuoso il gelataio, ricevendo un’altra occhiata famelica da parte di Dale.

Non capii quali fossero le dinamiche del loro rapporto, ma era certo che Dale dominava il loro silenzioso quanto mortale gioco di sguardi.

Presi la lista e mi accorsi subito che era sudicia e unta.

I gusti che si potevano scegliere spaziavano da cervello di mucca alle more, intestini di capra in salsa di pomodoro…

Ma dico io: stavano scherzando? Come si poteva servire roba simile alla gente? Guadai Dale che non sembrava affatto schifato, anzi.

Quando i nostri occhi si incontrarono, fui certa di vederci una certa voracità, mista ad una luce strana e inquietante. Era eccitato, ma non seppi dirmi il perché.

Riposi la lista e feci per andarmene, ma la voce melliflua del venditore mi trattenne.

“Abbiamo gusti un po’ più… esotici, se non ha gradito quelli elencati.”

“E quali sarebbero? Animelle umane? Un cuore ancora pulsante? Polmone sanguinolento?”

Il venditore mi lanciò un’occhiata eloquente, senza confermare né smentire nulla.

Improvvisamente mi sentii a disagio. Che cos’era esattamente quel posto? Un ritrovo per cannibali?

“Dale, andiamo!” e mi avviai verso la macchina.

Lui mi raggiunse quasi subito, mangiando con gusto una pallina di gelato scarlatta.

“Che roba è?”

Lui guardò il gelato e poi mi guardò, soppesando la mia domanda.

“Non credo che tu voglia saperlo…” nei suoi occhi c’era un’implicita supplica a non domandare altro.

“Vorrei un gelato, se possibile. Uno vero, però, non quelle stramberie di prima!”

Salimmo in macchina e partimmo alla volta di una gelateria giapponese, che a suo dire faceva ottimi gelati.

I gusti spaziavano tra alghe, soia, fiore di ciliegio, sesamo, balena…

Balena? Mi chiesi se fosse ancora legale la caccia alle balene. Ma poi ripensandoci, mi dissi che c’erano tante cose proibite che la gente faceva lo stesso. 

Alla fine scelsi 'fiore di ciliegio' perché tra tutti i gusti era quello che mi suonava meglio. Anche perché gli unici altri ‘normali’ erano liquore e vino rosso.

E dubito che mia madre avrebbe gradito che arrivassi a casa ubriaca a causa di un gelato.

A quanto pare i genitori di Dale, invece, pensavano che fosse perfettamente normale ubriacarsi con il gelato, visto che lui ordinò una pallina di 'vino rosso'.

“Pago io”. Mi disse e io inarcai un sopracciglio.

“Sono perfettamente in grado di pagarmi il gelato, Armstrong.” Lo informai e uscii il portafoglio dalla borsetta con un lieve cipiglio sul volto. 

Pagare per me? Non credo proprio. Io non sono una pezzente, tante grazie.

“No,” disse afferrandomi il polso “pago io”.

“Perché ?!” Chiesi con rabbia: credeva forse che non avessi i soldi? 

“Perché se non lo faccio”, incominciò “Ti sembrerò uno stronzo.”

“Oh, per l'amor del cielo,” sbottai “sei un ragazzo così… testardo.”

“E tu sei una fastidiosa femminista!” mi rispose “Fammi pagare dannazione.”

Bah! E io sarei una femminista?! Sbuffai, per nulla contenta e posai dieci dollari sul bancone.

“Pago io per entrambi. Un cono con fiore di ciliegio e una cialda al vino rosso, per favore.”

Apparentemente, la gelataia doveva aver osservato la nostra discussione, perché prese i miei soldi, ci diede i gelati e poi corse a nascondersi sul retro, evitando lo sguardo omicida che Dale le rivolse. 

La gelataia è un’idola, pensai. Potere alle donne!

Tornò fuori per darmi il resto.

"Kisaku." ci disse con un cenno del capo e un sorriso "Arigatou gozaimashita. Grazie."

Fece un piccolo inchino e poi ritornò sul retro .

Dale era visibilmente incollerito. Era rosso come un pomodoro e la sua espressione non aveva nulla di amichevole.

“T… Tu… Tu!” farfugliò, puntandomi il dito contro, con uno sguardo rabbioso. 

Gli feci un sorrisetto vittorioso: povero! Dovevo averlo colpito pesantemente nel suo incommensurabile ego. Tanto meglio per me.

Dale: 0 Io: 2

“Tu puoi camminare fino a casa.” Si avviò furioso verso l’R8, poi, aperta la portiera, si volse verso di me.

Santo cielo, quanto è infantile!

“E se vieni rapita, torturata o chissà cos’altro, peggio per te! Sarei tentato di buttarti nel bagagliaio della mia macchina, ma non sarebbe una buona idea… O perlomeno è ciò di cui sto tentando di convincermi. ” Salì sulla macchina e partì a tutto gas, senza degnarmi di uno sguardo.

Stupido proprietario di R8 irascibile, testardo e arrogante!

Dale: 1 Io: 2

E ora come ci arrivo fino a casa?

 

Donnina nell’ampolla:

Buondì! Eccomi qui con il terzo capitolo! hahaha! Spero sia stato di vostro gradimento! Oggi Dale era piuttosto lunatico! xD Comunque, intanto ringrazio chiunque abbia letto, recensito o semplicemente speso 5 minuti del suo tempo ( forse anche meno xD) a leggere questa mia nuova impresa: STIMA PROFONDA! Sopratutto a Furga1 e a Vik1 per le loro opinioni circa questa storia : Grazie di cuore <3  Alla prossima, Jollies! Un bacione! SMACK!

Sophie J

 
   
 
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