Crossover
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Autore: Bookmaker    04/10/2014    3 recensioni
– Lo so, – disse improvvisamente, anticipando una notizia che sapeva gli sarebbe stata riferita di lì a breve. – Il ragazzo laggiù si è svegliato, ed è appena entrato nella fase di sintesi, giusto?
– Il ragazzo? Di che cosa stai parlando?
Si girò con una certa sorpresa scoprendo di non essere solo, nel mare lunare macchiato di un sangue troppo antico per essere ricordato: un altro essere lo stava fissando.
Non era certamente umano: sembrava un gatto col pelo bianchissimo, con grandi ciuffi che sbucavano dalle orecchie e un anello sospeso attorno ad ognuno di essi.
Genere: Drammatico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai
Note: Cross-over, Movieverse, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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I
Prelude in red
 
Aprì gli occhi all’improvviso. Sopra di lui si stagliava l’ampia volta del cielo, un manto nero costellato di miliardi di luci. Sul suo corpo nudo, la fredda sensazione di quell’abominevole letto in cui era stato costretto a dormire per tanto, tantissimo tempo. Si sollevò lentamente in piedi, volgendo uno sguardo alla superficie azzurra della Terra, ed estese la testa come per sgranchirsi le ossa.
– Lo so, – disse improvvisamente, anticipando una notizia che sapeva gli sarebbe stata riferita di lì a breve. – Il ragazzo laggiù si è svegliato, ed è appena entrato nella fase di sintesi, giusto?
– Il ragazzo? Di che cosa stai parlando?
Si girò con una certa sorpresa scoprendo di non essere solo, nel mare lunare macchiato di un sangue troppo antico per essere ricordato: un altro essere lo stava fissando.
Non era certamente umano: sembrava un gatto col pelo bianchissimo, con grandi ciuffi che sbucavano dalle orecchie e un anello sospeso attorno ad ognuno di essi. La sua lunga e soffice coda ondeggiava morbidamente dietro di lui, i suoi piccoli occhi rossi erano puntati sul ragazzo.
– Chi sei?
– In realtà, – obiettò la creatura, – questo dovrei chiedertelo io. Stavo tranquillamente osservando le stelle quando mi sono ritrovato qui.
Il ragazzo trovò che quel piccolo essere fosse abbastanza curioso: non muoveva le labbra né cambiava espressione, ma le sue parole gli giungevano chiaramente.
– Sì, – lo anticipò la creatura, – in effetti io non sto parlando. Sto comunicando telepaticamente con te.
– Telepatia… – mormorò il ragazzo. – Che cosa affascinante. Comunque, neanche io mi sono mai mosso da qui.
– Mmh… che strano. Però, in effetti, – disse l’essere guardandosi intorno, – non credo che tutto questo sia arrivato qui solo ora.
Un’enorme fossa si estendeva a poche centinaia di metri da loro. Gru, impalcature e ponteggi circondavano un gigantesco essere umano, la pelle ricoperta da un tendone bianco cucito in più punti. Il volto del colosso era celato da una grande maschera viola con un simbolo triangolare segnato da sette occhi stilizzati.
– Credo di essere io, l’ultimo arrivato. Tornando alla tua domanda di prima, – riprese la creatura, – io sono Kyuubey, e sono ciò che tu definiresti un alieno.
Il ragazzo fissò quegli occhi, privi di ogni tratto umano ma rossi come i suoi. – Io sono Kaworu, Kaworu Nagisa. Piacere di conoscerti, Kyuubey.
– In realtà, – intervenne l’alieno, – non credo che il nostro incontro sia un evento positivo.
Il ragazzo chiuse gli occhi con un profondo sospiro. – Già, – annuì. – Lo credo anch’io.
Si voltò, rivolgendo lo sguardo in alto, verso il vuoto dietro di lui. – Dico bene?
– Purtroppo, sì.
Un enorme monolite nero si materializzò a mezz’aria, nel punto in cui Kaworu stava guardando. Seguirono altre sei grandi lastre identiche, ognuna con un numero da uno a sette disegnato in rosso, insieme alla dicitura “SOUND ONLY” e ad uno strano simbolo, simile a quello dipinto sulla maschera del gigante. – Era previsto che le pergamene del Mar Morto entrassero nel novero delle leggi, – disse qualcuno, parlando con voce grave attraverso il monolite marchiato col numero uno. Sembrava un uomo molto anziano, e la sua voce era colma di stanchezza. – Tuttavia, è avvenuto qualcosa che ha modificato completamente il copione da noi previsto.
– Qualcosa? – chiese Kaworu. – Intende dire che non sapete di cosa si tratti?
Un lungo silenzio lasciò intendere la risposta.
Kaworu si voltò verso la creatura bianca comparsa poco prima. – Tu ne sai qualcosa, Kyuubey?
– In realtà, no, – disse l’essere. Il suo volto inespressivo era in qualche modo inquietante. – Però, la mia presenza in questo luogo potrebbe voler dire che l’evento che vi interessa potrebbe essere partito dal mio mondo di provenienza.
– Un altro mondo? – tuonò il monolite numero quattro. Questo aveva una voce più profonda rispetto al primo, ma forse era solo un effetto dovuto ad una distorsione del suono. – Non sarai per caso un Angelo?
– Come ho già detto al ragazzo qui presente, – spiegò pazientemente Kyuubey, – io sono un alieno, e mi chiamo Kyuubey. Tuttavia, in questo momento non avverto la presenza di altri esseri appartenenti alla mia specie.
– Un messaggero inviato da un altro mondo… – mormorò con preoccupazione la stele col numero cinque. – Che sia un presagio dell’ora promessa?
– Non so di cosa stiate parlando, – sospirò l’alieno scuotendo la testa. Dopodiché si voltò e si allontanò scodinzolando pigramente, rivelando l’ovale violetto sulla sua schiena. – Io intendo solo badare ai miei affari e tornare nel mio mondo il prima possibile.
– Se non intendi ostacolarci, – disse il numero uno, – noi non interverremo contro di te. Tuttavia, – aggiunse con tono serio, – se la tua presenza dovesse rivelarsi d’intralcio per il nostro disegno ultimo, non avremo riguardi.
– Non sono io quello da cui dovete guardarvi, ma quelli che mi hanno seguito.
Kaworu sollevò un sopracciglio, guardando l’alieno con sospetto. – Di chi si tratta?
– Più che di chi, – lo corresse Kyuubey, – sarebbe più corretto parlare di cosa.
– Stai sfidando la nostra pazienza! – esclamò il numero due. – Parla chiaramente.
L’alieno tornò a guardare il gruppo di lastre nere, sospirando con aria condiscendente. – Va bene, va bene. Non serve che vi arrabbiate.
– Da quando sono arrivato qui, come vi ho già detto, – cominciò a dire accovacciandosi in posizione seduta, – non ho più avvertito la presenza dei miei simili. Ho pensato di essere rimasto da solo, e quindi ho cercato altri esseri provenienti dal mio mondo. Quelli che ho trovato… non sono tutti amichevoli. Nello specifico, ho localizzato cinque ragazze e alcune entità note con il nome di Streghe.
– Streghe? – mormorò il numero uno.
– Si tratta di creature dotate di grande potere magico, che dopo la morte sono cadute vittima della loro disperazione e sono diventate inumane. Non risultano visibili, normalmente, in quanto si nascondono nelle profondità di spazi magici chiamati Barriere, ma condizionano le menti degli esseri umani intorno a loro. Nel mondo da cui provengo, le Streghe sono le responsabili di numerosi suicidi e omicidi, e in generale di molti crimini violenti.
L’alieno inclinò leggermente la testa, chiuse gli occhi e cominciò a grattarsi con una delle zampe posteriori. – Davvero non ne avete mai sentito parlare?
– Da noi non esistono cose come la magia, – disse il numero sei. – E non credo che quanto dici sia vero.
– Io, invece, – intervenne l’uomo del primo monolite, – temo che non stia mentendo.
– Ma…
– Kyuubey, – riprese il numero uno. – Hai detto di avere degli interessi anche in questo mondo. Cosa intendevi, dicendo questo?
– Vedete, – spiegò l’alieno roteando il capo, – la mia specie si occupa da tempo immemorabile di fermare le Streghe. Per farlo, noi siamo dotati della capacità di creare delle ragazze magiche. Possiamo cioè conferire poteri magici alle ragazze che sottoscrivono un contratto con noi. Produciamo maghe, insomma, in modo che siano loro stesse ad occuparsi delle Streghe. In cambio, il contratto prevede che noi esaudiamo un desiderio della ragazza che sta accettando di diventare una maga.
Il silenzio calò nuovamente sulla landa lunare. Solo Kaworu lo interruppe. – Hai detto che anche cinque ragazze sono arrivate in questo mondo con te. Si tratta di maghe?
– Per ora solo tre di loro hanno sottoscritto il contratto, – disse Kyuubey. – Si tratta di Mami Tomoe, Kyoko Sakura e Homura Akemi. Le altre due sono riluttanti, ma sono già riuscito ad avvicinarmi a loro. Si chiamano Sayaka Miki e Madoka Kaname. Ormai è solo questione di tempo, prima che accettino la mia offerta.
– Sai dirmi, – continuò il ragazzo, – se loro cinque sono a conoscenza del fatto che questo non è il loro mondo?
– Non è così semplice, – disse l’alieno scuotendo la testa. – Il passaggio a questo mondo è avvenuto mentre dormivano, perciò i loro ricordi sono stati riscritti in modo da inserirsi in questo contesto. Nonostante questo, però, le maghe potrebbero avvertire una anomalia nel mondo intorno a loro, una specie di eco del nostro mondo d’origine. Anche se…
Kyuubey ebbe un attimo di esitazione, forse un po’ troppo teatrale. – No, – sospirò alla fine. – No, niente.
– Cosa stavi dicendo? – lo incitò il numero tre. – Coraggio, parla!
– Non era nulla di importante, – disse Kyuubey con indifferenza. – È solo che non sono mai riuscito a leggere nella mente di Homura. È come se non mi volesse lasciare entrare nei suoi pensieri.
– Queste “maghe”… – chiese il numero sette, – sono pericolose?
– Dipende da voi. Se saprete ottenere la loro fiducia, non avranno interesse nel farvi del male. Per il resto, anche le loro personalità avranno una certa rilevanza. Mami dovrebbe dimostrarsi piuttosto ben disposta a collaborare, mentre Kyoko sarà più difficile da convincere. Per quanto riguarda Homura… come vi ho già detto, quella ragazza è un mistero persino per me. D’altronde, non sono sicuro di essere stato io a darle i poteri.
Il monolite numero uno riprese a parlare con voce decisa. – Se ti chiedessimo di aiutarci, – chiese, – tu saresti disposto a farlo?
– Penso di sì, – rispose Kyuubey grattandosi un orecchio. – Tuttavia, i miei poteri non sono di natura offensiva. Posso creare delle combattenti, ma non so combattere per conto mio.
– La tua conoscenza sarà sufficiente, per il momento. Se veramente le Streghe sono esseri temibili come dici, dovremo in primo luogo capire come affrontarle.
– In questo caso, non temete, – disse la creatura voltandosi di spalle e riprendendo a camminare. – Vi fornirò tutto l’aiuto che vi servirà.
Kyuubey corse via, sparendo rapidamente dal campo visivo di Kaworu. Il ragazzo si passò una mano fra i capelli argentei, la pelle chiara illuminata dalla luce delle stelle e dalla debole albedo lunare. – E adesso? – chiese rivolto ai monoliti disposti in cerchio intorno a lui. – Cosa facciamo?
– Il progetto per il perfezionamento dell’uomo non può subire ulteriori ritardi, – mormorò la prima stele. – Procederemo come stabilito, e daremo a Ikari la stessa disposizione. Nel frattempo, raccoglieremo informazioni su di lui e su ciò che ha detto.
– Quindi la Nerv saprà dell’accaduto?
– Sì. Non mi fido di Kyuubey, chiunque egli sia e qualunque sia la sua natura. Voglio che anche la Nerv sia pronta a intervenire contro di lui.
– Anche a me ha dato la stessa impressione, – rifletté Kaworu spostando lo sguardo sulla Terra. – Credo che ci stia nascondendo qualcosa.
– Non ti crucciare troppo su questo, e procedi con la tua preparazione. Se tutto andrà come previsto, non sarà necessario scoprirlo.
Le lastre nere scomparvero nel nulla, inghiottite dai proiettori che le avevano generate. Kaworu rimase da solo, e si incamminò verso l’enorme essere disteso davanti a lui. – Questa volta le cose sembrano andare diversamente, Shinji Ikari, – commentò con un sorriso. – Cominciavo giusto ad annoiarmi.
***
Homura si alzò a fatica dal cornicione sul quale era atterrata. Una fitta pioggia rossastra stava cadendo ormai da diversi minuti, mentre l’enorme creatura scintillante e di forma irregolare che aveva strillato poco prima si era schiantata pesantemente fra gli altissimi palazzi di quella città a lei sconosciuta, sotto un vasto arcobaleno.
Quelle gocce dense e pregne di uno strano odore parevano provenire proprio da quell’essere simile ad un artefatto di vetro azzurro, che ancora stillava quel liquido dai suoi numerosi aculei cristalliformi. In un primo momento Homura aveva pensato che fosse sangue, ma il suo odore era diverso, più sgradevole per certi versi: sembrava il distillato di una persona, come se un essere vivente fosse confluito in quelle gocce con la sua stessa anima.
In lontananza, un’intera collina era stata sventrata e ridotta ad un cratere fumante, e ai suoi piedi la ragazza scorse due giganteschi esseri meccanici che si muovevano confusamente.
– Ce l’ho fatta, – ansimò trionfante. – Questa volta… questa volta…
– Questa volta, cosa?
Una voce troppo familiare per non risultarle odiosa le fece accapponare la pelle. La ragazza si voltò di scattò, estraendo una pistola automatica dal piccolo scudo fissato al suo braccio sinistro. Mirò nel punto in cui sapeva si sarebbe trovato il suo bersaglio e fece fuoco. Il corpo decapitato di Kyuubey rotolò ai suoi piedi dalla piccola antenna parabolica accanto a lei.
– Dovresti smettere di essere così ostile nei miei confronti, – la rimproverò l’alieno spuntando da un angolo. La sua voce era come al solito inespressiva e inutilmente cordiale. – Non voglio mica farti del male.
– Vattene, – intimò Homura, ma Kyuubey la ignorò e le andò vicino per sbranare il suo corpo ormai inservibile. – Sei disgustoso.
– Anche voi riciclate i rifiuti, no? – chiese Kyuubey, alzando gli occhi dal suo macabro pasto e prendendo a fissarla. – È la stessa cosa.
– No che non lo è. Tu mangi cadaveri.
– Magari dal vostro punto di vista è così, ma sai bene che io non sono come voi. I vostri metodi di giudizio non si applicano su di me.
Homura strinse i denti. Quell’essere la raccapricciava, ma adesso era troppo stanca per combatterlo. Sarebbe stata tutta fatica sprecata.
– Comunque, mi fa piacere che tu e le altre siate qui con me, – proseguì Kyuubey una volta che ebbe finito di mangiare. – Avrei trovato ugualmente delle maghe di riserva, ma mi sarebbe servito del tempo. Invece, dato che voi siete qui, sarà di certo più facile trovare altre candidate. Inoltre, è un bene che almeno tu sia cosciente del fatto che questo non è il nostro mondo.
Homura pensò che forse la storia della mancanza di emozioni era solo una menzogna detta dall’alieno per logorare la sua mente. Ogni frase di Kyuubey, infatti, le sembrava crudele e inopportuna. Per il momento, decise di ignorare le sue parole. – A me basta che Madoka Kaname non diventi una maga, – mormorò scostandosi i capelli dalle spalle con un gesto elegante. – Per il resto, sono disposta a rimanere con te a combattere Streghe anche per il resto dell’eternità, specie se questo significa tenerti lontano da lei.
– Ma come? Non lo sai?
Le pupille di Homura si dilatarono, e il suo corpo fu scosso da un tremito.
– Madoka Kaname, – continuò Kyuubey, gli occhi risplendenti di rosso come la pioggia che cadeva incessante, – è qui insieme a noi.
L’alieno si voltò e saltò agilmente da una sporgenza del palazzo all’altra. – Credo che andrò in cerca di Mami, adesso. Voglio accertarmi che lei sia ancora in grado di aiutarmi. Perché non provi a fare lo stesso con Kyoko? Potrebbe esserti utile, lavorare in squadra con lei.
– Sparisci!
L’urlo rabbioso di Homura si propagò ovunque lungo le strade deserte e gli edifici evacuati, ma Kyuubey era già sparito. La ragazza si accasciò a terra in ginocchio, distrutta dalla fatica di quel viaggio maledettamente lungo e dalla tensione causatale da quello sgradito incontro. “Tutto questo… tutto questo per niente…”
La pioggia cominciò a indebolirsi, per poi cessare del tutto dopo qualche minuto. “No…” pensò Homura digrignando i denti e alzandosi in piedi. “Questo mondo è diverso. Posso ancora salvare Madoka, e lo farò.”
La ragazza si accovacciò, spiccando un altissimo salto e raggiungendo il palazzo accanto al suo con un leggero scalpiccio dovuto ai tacchi neri. In pochi balzi raggiunse il grande oggetto blu che troneggiava nel mezzo della città. Ne esaminò attentamente la superficie, passandovi una mano sopra e osservando le grandi macchie rosse visibili in trasparenza attraverso il cristallo che lo componeva. Un’enorme energia proveniva da quella massa rossa, anche se si stava disperdendo rapidamente, e tutto il volume di quell’essere irradiava un potere spaventoso.
Homura si sistemò nuovamente i capelli, cercando con lo sguardo i due giganti che aveva visto prima. Erano molto lontani, ma si poteva vedere chiaramente che uno dei due si era inginocchiato accanto all’altro, che invece era caduto al suolo.
“A qualunque costo.”
***
L’angolo dell’autore:
Eccomi di nuovo qui! Sono tornato sul luogo del delitto per un progetto un po’ più impegnativo, che potrebbe richiedere parecchio tempo per essere concluso. Inoltre, non ho idea di quanti capitoli riuscirò a scrivere, né con che cadenza; vi prego quindi di avere fiducia in me: vi aspettano sviluppi inaspettati, colpi di scena, tanta drammaticità e combattimenti epici ed emozionanti (o almeno, così si spera)!
Perciò non perdiamoci in chiacchiere ed espandiamo gli A.T. Field, perché la storia è appena cominciata!
 
Bookmaker
   
 
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