Fanfic su artisti musicali > B2ST/Beast
Segui la storia  |       
Autore: Monijoy1990    04/10/2014    2 recensioni
Questo racconto rappresenta il proseguimento di "Love story". Quindi invito chiunque non lo abbia letto a farlo prima di iniziare.
Roberto è un ragazzo arguto e intelligente con un futuro già scritto a lettere cubitali nel suo destino e un sogno in minuscole chiuso in un cassetto. Avvocato, dottore o ingegnere questo ciò che vorrebbero i suoi genitori per lui. Ma cosa vuole davvero Roberto? Diventare un cantante. Così il Giappone diventerà la sua strada e la Kings Record la sua meta. Durante il suo viaggio verso il successo il destino gli tenderà tante sorprese improvvise. Riuscirà grazie alla sua arguzia e al suo buon cuore a superare le sue insicurezze? Tra triangoli amorosi e amicizie inaspettate, sarà in grado di realizzare il suo sogno? Troverà la sua strada?
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Questa storia è scritta senza scopo di lucro. I miei personaggi sono ispirati a personalità note nella scena Kpop, ma questa storia non ha nulla a che vedere con la loro vita reale. 
Essi compariranno nel mio racconto alla stregua di figuranti, non mostrandosi mai nelle loro vesti più note ne con i loro nomi specifici,  Quindi, prendo in prestito solo i loro volti e le loro relative personalità sottolineando, ancora una volta, che le vicende narrate non sono mai realmente accadute. Le scene  descritte sono frutto della mia completa immaginazione,. Di  conseguenza, non avendo mai vissuto in prima persona i momenti trattati, preciso che non è mia intenzione offendere, ferire o ledere la sensibilità o la dignità di nessuno. Grazie per l' attenzione, e vi auguro una buona lettura! 


HOPE



 

 CAPITOLO I 

UN ULTIMO DESIDERIO

 
ITALIA: 
 
Mancavano dieci minuti alla fine dell'ultima ora di matematica. Roberto, con il gomito destro sul banco, reggeva annoiato a palmo aperto il suo mento sottile, mentre con la mano sinistra giocherellava con una Bic facendola roteare tra le dita. Disinteressato volgeva il suo sguardo oltre la finestra appena socchiusa della classe. L'aria che leggera penetrava da quella impercettibile fessura smuoveva i suoi capelli neri e lucenti;  era fresca e portava con sé il tipico profumo dei primi boccioli primaverili. Ancora pochi mesi e avrebbe concluso il liceo. Ancora pochi strappi di spensierata gioventù e avrebbe detto addio ai suoi sogni adolescenziali. Un rumore improvviso catturò la sua attenzione. Il professor Falco, un uomo burbero, di corporatura robusta, con una notevole stempiatura ai lati della fronte e dei baffetti sottili che seguivano diligenti il labbro superiore, aveva appena scaraventato il proprio libro di testo sul pavimento. Quel giorno la vittima sacrificale della sua noia e della sua frustrazione da ingegnere mancato era Matteo, il classico ragazzino timido e insicuro, nel costante mirino del bulletto di turno.
Oggi ahimè, era finito anche tra le grinfie del diabolico professore di matematica.
«Ragazzo, non prendiamoci in giro, non hai studiato. Se quest'anno non verrai ammesso agli esami di stato, dovrai incolpare  solo il tuo completo disimpegno. Ora torna al tuo posto», gli ordinò perentorio prima di recuperare il libro dal pavimento. Tornatosi a sedere e riposizionate le lenti sottili e rettangolari sul naso tondo al centro del suo viso paffuto, riprese a scorrere la lista dei nomi sul registro di classe. A vederlo al di fuori di quel contesto sarebbe potuto sembrare anche un tipo abbastanza simpatico o perlomeno alcuni dettagli del suo aspetto trasmettevano questa sensazione, ma tutto era al di fuori di quello.
Il ragazzo dalla rossastra e riccioluta capigliatura, sconfitto e a capo chino, ritornò al suo posto. Una volta seduto si volse verso l’amico con gli occhi a mandorla che sedeva al suo fianco.  Roberto lo rinfrancò con un’amichevole pacca sulla spalla. Nonostante mancassero solo pochi minuti alla fine delle sei ore di tortura scolastica, il professore non sembrava aver alcuna intenzione di interrompere quel massacro. Roberto odiava quella routine scolastica. Ma più di tutti odiava il professor Falco. Il labbro dell’uomo si sollevò in un sogghigno diabolico, aveva finalmente scelto la sua ultima vittima.  Il suo dito era ancora fermo a metà del foglio.
«Alla lavagna Kitam…»
La campanella venne a interromperlo. Tutti sospirarono sollevati correndo a riporre i propri libri nelle loro cartelle. Dopo aver salutato il professore con fare reverenziale, uscirono di corsa da quella stanza di tortura chiamata 5° B.
 
Roberto era sempre l’ultimo. In verità non aveva molta fretta di tornare a casa. Lì ad attenderlo avrebbe trovato le solite ramanzine di suo padre. Inseriti gli ultimi libri nella  cartella, e posizionata la stessa su una delle due spalle sciattamente, si avviò verso l’uscita. Superati  i primi banchi ormai vuoti, passò accanto alla cattedra dove con premura il docente stava riportando gli ultimi dati relativi alla lezione. Due colpi di tosse ben assestati lo costrinsero ad arrestarsi.
 
«Roberto, oggi ti sei salvato per il rotto della cuffia, ma la prossima volta non mi scappi mica» lo ammonì l'uomo paffuto provocandolo. Nei suoi occhi Roberto lesse chiara e limpida una luce bramosa e carica di astio, tipica di chi ha molti conti in sospeso. Lui d'altro canto era un ragazzo intelligente e sveglio, capace di eccellere in tutti i campi. Era primo in tutte le materie. Spesso i professori si divertivano sfidandolo su argomenti anche fuori programma per verificare il suo livello di conoscenze. Fino a quel giorno nessuno era riuscito a metterlo in difficoltà. Con il passare del tempo si era abituato a quelle provocazioni, tanto da non preoccuparsene più. Il labbro si sollevò di lato in un sorriso arrogante e insolente.
«Lo sa, sono sempre pronto. Non è nella mia natura scappare. Chi non mi sembra pronto a un confronto è lei. Cos'ha? Perché aspetta sempre gli ultimi minuti prima della campanella per pronunciare il mio nome? Non mi dica che ha paura di essere umiliato pubblicamente un seconda volta? O forse la verità è che preferisce accanirsi contro chi non ha armi per difendersi, piuttosto che sfidare chi, come me, ha la capacità di tenerle testa?
L’uomo aggrottò la fronte irritato, sciogliendo il sorriso impavido e prepotente ostentato fino a quel momento. Era passata quasi una settimana da quella congelante umiliazione. Non avrebbe potuto rimuoverla dalla sua mente neanche volendolo. Aveva posto a Roberto un quesito matematico di livello universitario, a cui lui stesso aveva dedicato più di un mese e mezzo di tempo. Era sicuro che dopo quello il ragazzo avrebbe ammesso i suoi limiti, ma contro ogni sua previsione Roberto, sullo scadere dell’ultima ora di lezione, posizionò il foglio con la soluzione sulla cattedra, tornando calmo al suo posto. Il professor Falco in ansia, con il sudore che gli scendeva copioso dalla fronte e con le mani che gli tremavano, recuperò quel foglio ritornatogli, dopo neanche mezz'ora, tra le mani. Con sua meraviglia notò che il risultato non era quello giusto. Vittorioso e gonfio di soddisfazione sorrise, sventolando il foglio per aria.
«Come immaginavo non sei ancora pronto per cose di questo tipo. Io stesso ho impiegato un mese e mezzo per risolverlo e tu pensavi davvero di trovare la soluzione esatta solo in 30 minuti?» lo sbeffeggiò eccitato al pensiero di aver messo in difficoltà il giovane Kitamura.
«Credo non abbia notato l’altra faccia del foglio professore» lo corresse il ragazzo sollevando un sopracciglio scettico. L’uomo paffuto si ricompose immediatamente e, rigirato il foglio tra le sue mani tozze, sgranò gli occhi dallo stupore. Non solo la soluzione sul retro era quella esatta, ma anche la traccia del problema era stata riscritta nel modo giusto. Senza accorgersene aveva trascritto un dato errato. Roberto non solo aveva trovato la soluzione, ma era riuscito anche a capire che qualcosa nella traccia non funzionava.  Era stato corretto e umiliato da uno studente appena diciannovenne.
No, non avrebbe potuto rimuovere quella macchia sul suo orgoglio neanche dopo cent’anni.
 
Dopo quel giorno il carattere dell'indispettito professore era nettamente peggiorato. Aveva iniziato a sfogare la sua rabbia repressa sul resto della classe. Per risanare il suo orgoglio ferito da quell'umiliazione si sfogava su chi, come Matteo, non aveva la possibilità di difendersi. 
«Non ti conviene provocarmi ragazzino» completò l’uomo dietro la scrivania calando le lenti rettangoli dagli occhi e chiudendo il registro di classe.
«E lei dovrebbe smetterla di prendersela con i suoi studenti. Adesso se non le dispiace devo andare.»
«Roberto, la professoressa Fanelli mi ha chiesto di passarti questi libri, credo siano per il test di accesso a medicina…» concluse  risentito porgendoglieli con noncuranza. Il ragazzo li recuperò dalle mani del docente.
«Grazie» concluse grave prima di volagli le spalle.
«Dovresti provare con ingegneria, anche se non sono convinto ne saresti all’altezza…» proseguì l’uomo altero.
«Vedremo…» concluse uscendo finalmente dall’aula.
“Sono così stanco. Perché tutti pretendono di decidere per me il mio futuro? Per la Fanelli sarei un bravo medico, per il prof di italiano potrei diventare un ottimo giornalista e adesso ci si mette anche questo pazzo patentato a dirmi che potrei essere  un mediocre ingegnere. Nessuno che mi incoraggi a fare quello che desidero veramente…” pensava muovendosi per i corridoi. Un suono catturò la sua attenzione. Proveniva dall’aula di musica. La porta era aperta. Si affacciò appena, tanto quanto bastava per scoprire chi stesse suonando. Era la professoressa Sforza di musica una donna elegante dai modi raffinati e gentili. Stava accordando gli strumenti musicali. Non che fosse una materia vera e propria nel liceo. Era lì per un laboratorio di musico-terapia. Era l’unica persona che gli ispirasse simpatia in quel liceo fatto di docenti frustrati.
«Roberto sei tu?» chiese voltandosi verso la porta.
«Mi scusi non volevo interromperla», la donna con i capelli grigi cortissimi e il naso con una punta leggermente cascante gli fece segno di entrare.
«Sai che non mi disturbi mai, averti qui è sempre un piacere. Stavo giusto sistemando gli strumenti per la seduta di domani. Spero ci sarai anche tu.» I suoi occhi celesti caddero sui libri che Roberto stringeva tra le braccia.
«Ma cosa dico, sicuramente avrai cose più importanti a cui pensare…» si corresse posizionando la chitarra sul suo apposito sostegno.
«Posso farle una domanda?» le chiese Roberto sedendosi su uno sgabello a meno di un metro dalla donna.
«Certo» lo incoraggiò lei.
«Quando ha capito che la sua strada era quella della musica?», la donna gli sorrise comprensiva.
«Beh, non c’è stato un momento, semplicemente l’ho sempre saputo…»
Con una mano Roberto prese a scompigliarsi i capelli neri esasperato, «io non so cosa fare… vorrei davvero capire quale strada è la più giusta per me…»
«Essere bravi in tutto immagino non aiuti molto… » costatò la donna strizzandogli l'occhio complice.
«Sa, in realtà c’è una strada che seguirei più di molte altre, ma quella è l’unica che nessuno mi incoraggerebbe a perseguire. Mi vorrebbero dottore, medico e perché no anche avvocato ma non…» si interruppe distogliendo lo sguardo angosciato.
«Roberto nessuno ha il diritto di scegliere per te… al contrario tu hai il dovere di impedire che altri scelgano della tua vita» lo consolò poggiando rassicurante le sue mani fini e sottili sulle spalle di lui.
«Anche se il mio sogno è cantare?» le chiese con occhi disperati.
«Anche se il tuo sogno fosse battere il record di numero di salti fatti in un minuto, nessuno dovrebbe mai impedirti di inseguirlo. Nella vita non si dovrebbe mai lasciare nulla d’intentato alle spalle.»
«Non è così semplice…» la donna senza aggiungere altro andò alla sua borsa. Vi trafugò dentro un bel po’ prima di uscirvi un piccolo sacchettino in velluto blu.
Ritornò al suo posto di fronte a Roberto.
«Ho notato che la  professoressa Fanelli ti ha dato i libri per il test di medicina… Io ahimè, non ho testi da darti. Ne voglio importi una direzione, quello che sento di darti è più che altro una bussola che ti aiuterà se ti sentirai perso e smarrito. La strada più giusta da seguire dovrai scegliertela da solo» gli porse il sacchettino.
Roberto lo aprì. All’interno c’era un plettro blu con una scritta dorata: Hope.
«Hope?»
«Significa speranza. Un giorno, una persona mi regalò quell’oggetto sostenendo che mi avrebbe fatto da lanterna nei momenti di smarrimento. Roberto, infondo è tutto lì…»
«Cosa è tutto lì?» chiese scettico il ragazzo con gli occhi sottili, e le labbra rosse e carnose, rigirandosi curioso l’oggetto tra le dita.
«è tutto lì quello che ci serve per realizzare i nostri sogni. Se non demordi e mantieni costante la speranza nulla può diventare impossibile»
«Lei è davvero un diamante grezzo in questa scuola fatta solo di fondi di bottiglia senza valore. In molti mi avrebbero detto che non ho speranze e che il mio sogno è infantile, ribadendomi ancora una volta che con le mie potenzialità potrei fare ben altro. Invece lei non  ha giudicato il mio sogno neanche per un momento. Me lo faccia dire, è sprecata in questa scuola.»
«E tu saresti sprecato come avvocato…» gli sorrise la donna.
«Roberto?» una voce sottile e dolce come il miele lo richiamò dall’uscio della porta.
Lui si voltò verso di essa. Una ragazza alta e slanciata, con dei lunghi e lisci capelli color grano che le incorniciavano un viso tondo e pieno di lentiggini, lo fissava con due occhi verdi vivaci e brillanti.
«Oddio Marika,» sobbalzò come se si fosse appena ricordato qualcosa che non avrebbe mai dovuto dimenticare. «Mi scusi professoressa, devo proprio andare adesso».
«Va pure, spero di vederti domani». Roberto acconsentì sorridente prima di aggiustarsi lo zaino sulla spalla e correre verso l’amica salutando la professoressa con una mano «a domani Prof e grazie ancora».
La donna vide i due ragazzi allontanarsi insieme.
Sospirò prima di ritornare ad accordare gli strumenti nell’aula.
“Eichi, mi ucciderà.” pensò mentre sfiorava la cassa armonica della sua chitarra. Erano stati colleghi al conservatorio per quasi sei anni, lei lo conosceva molto bene. Vedeva molto di lui nel figlio.  “Come può essere così ceco da non accorgersi che tutto quello che vuole Roberto è una sua parola d’incoraggiamento?”
 
 
I ragazzi erano finalmente fuori dalle mura scolastiche.
«Quante volte devo ripetertelo che mi dispiace?» tentò esasperato Roberto.
«fino a quando la mia rabbia non sarà nutrita e saziata come si deve presumo» concluse Marika incrociando le braccia all’altezza dello stomaco.
«Ho capito. Mi perdoni se ti faccio un regalo speciale oggi?»
Le orecchie piccole della ragazza si fecero attente e curiose.
«Di che regalo si tratta?» gli chiese con un viso interessato anche se ancora largamente offeso.
«prendi questo e andiamo», le porse un casco blu notte.
«sappi che dovrai stupirmi davvero. È la seconda volta che mi fai aspettare fuori dalla tua classe per più di mezz’ora come una scema…» ribadì posizionando il casco sulla testa e prendendo posto sulla moto blu di Roberto. Night dopo anni non aveva ancora perso il suo splendore e la sua affidabilità. Era stato il regalo di suo padre per i  diciotto anni del figlio.
«Vedrai, questa volta ti stupirò davvero» concluse prima di mettere in moto e partire in accelerata, sfrecciando tra i ragazzi ancora  all’uscita in attesa dei  mezzi pubblici.  
Marika e Roberto erano amici sin da quando erano piccoli. Nella scuola erano i ragazzi più popolari. Roberto lo era sia per il suo bell'aspetto sia per la sua intelligenza fuori dal normale, Marika invece oltre che per la sua indiscussa bellezza, era nota come la figlia di una delle più note stiliste del paese. Nonostante questo, i due conducevano la loro vita modestamente, cercando di passere il più  inosservato possibile. Entrambi erano considerati le prede più succulente di tutto l’istituto. Marika riceveva ogni giorno dalle dieci alle quindici dichiarazioni d’amore, mentre Roberto era costretto ad aspettare che la maggior parte delle ragazzine prendessero i propri mezzo di trasporto per uscire senza rischiare un assalto di massa. 
Erano finalmente arrivati. Il grande centro commerciale si ergeva maestoso e scintillante davanti ai loro occhi.
«cosa facciamo qui?» le chiese Marika preoccupata, assalita dal terrore di incontrare i suoi genitori. Si era inventata una scusa per non tornare a casa per pranzo. Quel giorno era speciale. Avrebbe dichiarato i suoi veri sentimenti a Roberto.
«Devo recuperare una cosa dai miei nonni e dopo avrai il tuo regalo» detto questo prese l’amica per mano trascinandola all’interno del magazzino di famiglia.
Superate le scale mobili, rintracciarono il negozio che gli interessava.
Alla cassa una ragazza dagli occhi verdi e i capelli corti a caschetto aveva appena finito di servire due ragazzi.
«Grazie di aver scelto Acustica ½ . Per qualsiasi problema tornate pure da noi» disse sorridendo ai due ragazzi che ricambiarono la cortesia congedandosi da lei con in mano due belle chitarre elettriche. I due passarono accanto a Roberto e Marika che erano appena giunti di fronte il negozio.
«Certo che ci torno, ma l’hai vista che sventola. Le asiatiche sono ragazze facili. Vedrai che la prossima volta la convinco ad uscire e me la faccio». Roberto non riuscì a contenersi. Prese quello dei due che aveva appena rivolto quelle parole offensive nei confronti di sua sorella e lo sollevò prendendolo dal collo della maglietta.
«Non osare avvicinarti a questo negozio una seconda volta. Non abbiamo bisogno dei soldi di gente squallida e ignorante come te. Mi hai sentito?»
«Ehi, cinesino cosa cazzo ti prende? Vedi di farti un giro mi hai capito?»
«Non sono cinese…» completò grave prima di mollare un cazzotto dritto nello stomaco del ragazzo.
Lo stesso, dopo il colpo, si strinse sul pavimento dolorante mentre l’altro, adagiata la chitarra  appena acquistata sul pavimento, caricò contro Roberto un cazzotto che si bloccò a mezz’aria. Clara con un tempismo impeccabile, corse immediatamente intromettendosi tra i due.
«Ti prego fermati! Mi dispiace per quello che è successo al tuo amico. Deve esserci stato un malinteso» lo implorò supplichevole nascondendo dietro il suo corpo piccolo e minuto quello più alto e virtuoso di suo fratello in una mossa difensiva disperata.
«Vi prego accettate le mie più sentite scuse. Mio fratello deve aver frainteso. Prendete pure queste custodie. Sono un omaggio.» disse porgendole a quello dei due ancora in piedi. Dopo aver fissato indignato, per un tempo indefinito, i due ragazzi ancora indeciso sul da farsi, aiutò l’amico a sollevarsi.
«Andiamo» completò alla fine prendendo la sua chitarra dal pavimento. Recuperate le custodie in malo modo dalle mani della ragazza si allontanarono senza aggiungere altro. Una volta che i due furono lontani Clara non si risparmiò.
«Ma sei un cretino o cosa?» rimproverò suo fratello mollandogli uno scappellotto dietro la nuca e tornando verso il negozio.
Roberto e Marika la seguivano.
«Guarda che l’ho fatto per difenderti, quei due avevano appena detto che tu…» provò a giustificarsi una volta ritornati dentro il negozio.
«Non importa cosa hanno detto. Sono nostri clienti e tu non dovevi assolutamente agire in quel modo. Lo sai che gli affari qui vanno male e tu che fai? Ti metti addirittura a picchiare gli unici clienti ancora fedeli che abbiamo?»
«quelli non sono fedeli al negozio… sono fedeli ad altro…»
«Non importa quale sia l’oggetto della loro fedeltà, ciò che conta è che ritornino da noi…»
«Ma è mai possibile che voi due litighiate sempre?» uscì dal retrobottega Salvatore.
«Nonno aspetta, ti do una mano» si propose Clara correndo in suo soccorso.
«Grazie» l’uomo lasciò tra le mani della nipote una pila di spartiti nuovi di zecca.
«Tu piuttosto» disse a suo fratello «invece di scatenare delle risse inutili dovresti impegnarti nello studio. Anche tu nonno, mi avevi promesso che saresti rimasto fermo e buono. Sai che non devi affaticarti. Cosa devo fare con voi due?» sospirò prima di tornare al bancone.
«Lo sai che non riesco proprio a star fermo…» completò rammaricato Salvatore, ammiccando subito dopo al secondo dei suoi pronipoti divertito. Roberto gli sorrise complice.
«Piuttosto Roby, cosa sei venuto a fare qui?» chiese la ragazza con gli occhi sottili color smeraldo a suo fratello. Roberto stava per rispondere, ma suo nonno lo anticipò.
«Clara ti dispiacerebbe andare a comprarmi quelle caramelle che mi fanno tanto bene alla gola?» tossì cercando di convincerla di essere afflitto da un mal di gola in realtà inesistente. Clara squadrò entrambi con occhi sottili come fessure. Sapeva che stavano tramando qualcosa. Rassegnata prese i soldi dalla cassa e uscì.
«Dov’è nonno?» chiese Roberto a suo nonno avvicinandosi con fare circospetto.
«È arrivata proprio stamattina. L’ho nascosta nel retrobottega proprio pochi minuti fa, và pure a prenderla è in una custodia blu. Non puoi sbagliare»
«Grazie nonno» Roberto si allontanò sotto lo sguardo vigile dell’anziana figura barbuta ferma sull’uscio. Doveva controllare che sua pronipote non arrivasse proprio nel momento sbagliato.
Salvatore era l’unico vero sostenitore del talento musicale di Roberto. Credeva molto nel potenziale del pronipote. Nonostante gli avvertimenti di tutti, continuava a sostenere le sue capacità. Anche se per molti rappresentavano solo un perditempo  lui era convinto che le sue doti fossero tutto tranne che un inutile passatempo. Roberto avrebbe fatto grandi cose con il suo talento. Di questo era più che sicuro. Il resto della famiglia era all'oscuro del loro accordo. Di nascosto gli aveva impartito sin da piccolo quelle lezioni di chitarra che ahimè non aveva potuto dare a Eichi. Aveva avuto la sua rivincita se non come nonno perlomeno come bisnonno se non altro. Ancora non riusciva a capire perché Eichi non incoraggiasse Roberto. Proprio lui si era rifiutato di insegnargli a suonare scegliendo per lui la strada dello studio. Con le sue capacità in molti avevano già scelto per lui la strada migliore e più sicura, capace di garantirgli un futuro stabile e sicuro. Medico, avvocato, ingegnere e giornalista per loro avrebbe potuto fare di tutto ma non di certo quello che amava al di sopra di ogni altra cosa, e solo perché farlo avrebbe significato sprecare la sua intelligenza. Che sciocchezza.
Così in incognito sosteneva  quella passione che altri  al contrario avevano provato a reprime in tutti i modi. Per questo il loro rapporto era carico e ricco di complicità.
Dopo una decina di minuti Roberto emerse dal retrobottega con una custodia blu tra le mani.
«Ora ti conviene scappare prima che la veda tua sorella…» lo incitò l’uomo con una barba candida e morbida come un batuffolo di ovatta.
«Grazie ancora nonno».
«Andate, su» lo incitò con una certa fretta. I ragazzi lo salutarono frettolosamente prima di uscire tenendosi per mano imboccando rapidi le scale mobili.
«Nonno, lo hai fatto di nuovo…» lo rimproverò Clara arrivandogli alle spalle improvvisamente.
«Clara non dire nulla ai tuoi. Se lo sapessero sicuramente gliela sequestrerebbero»
«Siete proprio due testoni voi due» sospirò porgendo la scatola delle caramelle al miele a suo nonno.
Clara era un anno più grande di suo fratello e appena finita la scuola aveva scelto di lavorare al negozio dei nonni rinunciando al suo sogno di diventare una scrittrice. Non aveva rimpianti, alla fine aiutare Salvatore al negozio non le dispiaceva, stare con il suo bisnonno era la parte più piacevole nel suo lavoro. Dopo la morte della bisnonna avevano passato un brutto periodo. Forse anche per questo aveva deciso di andare lì. Per non farlo sentire solo.
Lavorando al negozio era giunta a conoscenza delle lezioni segrete che lui impartiva da anni a Roberto. Seppure in quei momenti fosse felice di vedere il sorriso emergere sul volto anziano e stanco del suo bisnonno, dall’altro non voleva che suo fratello si facesse cullare da un sogno inconcreto come quello di diventare un cantante. Non poteva lasciare che sprecasse le sue capacità per inseguire una meta irraggiungibile come quella. Aveva un’intelligenza straordinaria e con quella avrebbe potuto fare di tutto e invece continuava a insistere con il voler diventare un cantante.  Non poteva lasciare che anche lui finisse a fare un lavoro poco gratificante come lei. Era fermamente convinta che suo fratello potesse ambire a qualcosa di più. Per questo non poteva assolutamente sostenerlo come faceva Salvatore.
«Clara promettimi una cosa» le chiese lo stesso avvicinandosi al bancone dove diligentemente la ragazza riordinava gli spartiti.
«dimmi nonno» lo spronò lei trafugando tra i fogli carichi di note e pentagrammi.
«promettimi che sosterrai in ogni momento tuo fratello, qualsiasi cosa sceglierà di fare nella vita», Clara si interruppe con i fogli tra le mani ancora sospese a mezz’aria.
«Nonno non puoi chiedermi questo. Sai come la penso. Dovreste guardare in faccia la realtà. Che futuro avrebbe come cantante?»
«Ti prego Clara, quando non ci sarò più Roberto non avrà più nessuno che lo sosterrà e allora so che crollerà…»
«tanto meglio allora. Sarà la volta buona che si renderà conto che è quasi un uomo e che dovrebbe iniziare a prendere più seriamente il proprio futuro.»
«Clara ti prego non dire così. Dov’è finita quella ragazzina che si perdeva nei racconti fantastici che scriveva? Dov’è finita quella bambina che credeva nel lieto fine e nei sogni? Lascia che tuo fratello scriva da solo la sua storia, che scelga egli stesso il proprio finale.»
Salvatore sapeva proprio dove colpirla per farle più male. Clara abbassò lo sguardo sconfitta.
«Così non vale nonno…»
«Lo so che nel profondo hai dovuto rinunciare ai tuoi sogni per colpa di un povero vecchio come me…»
«ma…»
«non cercare di proteggermi con scuse inutili so che è cosi. Non posso permettere che anche tuo fratello paghi un prezzo così alto» la interruppe bruscamente.
Una lacrima si staccò lenta dal viso di Clara cadendo sullo spartito ancora fermo sul bancone.
«Nonno… io… », l’uomo le accarezzò dolcemente la testa stringendola poi tra le sue braccia deboli.
«Povera la mia bambina, ti sto chiedendo così tanto, lo so. È proprio vero che con la vecchiaia si diventa più egoisti.» le carezzò comprensivo la schiena.
«Cosa vuoi che faccia?» completò ormai senza più speranza di sfuggire da quella supplica disperata.
«Aiutami a salvare almeno tuo fratello… Fallo come l’ultimo desiderio di un uomo ormai giunto al traguardo della sua vita»,
«Nonno non dire così, hai ancora del tempo…»
«Clara, non ho paura della morte. Se mi prometti che starai accanto a tuo fratello e che lo sosterrai sempre allora sarò più sollevato quando la morte mi accoglierà tra le sue braccia».
«Se è solo questo quello che mi chiedi allora lo farò, puoi contare sui di me» lo rassicurò asciugandosi le lacrime prima di allontanarsi da lui. Salvatore la squadrò fiero e orgoglioso. Una lacrima stava per scendere anche dai suoi occhi ma la trattenne rivolgendo la sua attenzione altrove.
«Ma tu guarda che ora si è fatta. Se i miei occhi non mi tradiscono sono quasi le due e mezza.» Clara diede un’occhiata anche lei all’orologio vicino la cassa.
«Corri a casa. Tuo padre sarà già arrivato da un pezzo».
«Ma devo chiudere ancora la cassa e sistemare gli spartiti.»
«Non preoccuparti per quello, ci penserò io. È il minimo che posso fare» la rassicurò amorevolmente.
«Sicuro di farcela da solo?»
«Certo, devo solo girare una chiave. Cosa vuoi che ci sia di complicato?»
«Va bene. Tornerò tra due ore. Ci vediamo più tardi nonno.»
«Certo, adesso và…» la incitò sventolando la mano nell’aria. Lei gli sorrise e dopo averlo abbracciato un'altra volta, prese la sua borsa e corse verso le scale mobili.
 
Salvatore vide sua nipote allontanarsi di gran fretta. Era davvero fiero di lei. Chiuse la cassa come faceva ormai da quasi cinquant’anni e dopo uscì fuori chiudendo la porta del negozio. La sua mano tremante si mosse lentamente verso la serratura, era ormai livida e piena di rughe.  Una fitta al torace seguita da un mancamento d’aria improvviso e tutto divenne buio all'istante. Salvatore cadde al suolo con le chiavi ancora strette nella mano destra. Il tempo era stato propizio e la morte generosa. Entrambi gli avevano concesso un ultimo e prezioso desiderio.  




 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > B2ST/Beast / Vai alla pagina dell'autore: Monijoy1990