“Elrond”,
disse Thranduil
fermandosi e mettendo le sue mani sulle spalle dell’amico.
“Quello che ti sto
per mostrare è un segreto che solo io e Legolas conosciamo,
confido che tu
sappia mantenere un segreto quando è di grande
importanza”.
“Assolutamente”,
rispose
Elrond.
E
così i due elfi
attraversarono il passaggio segreto che li portò
direttamente all’esterno della
fortezza.
CAP 17
Bolin aveva
seguito Rhiaian appena lo aveva visto scappare dalla Sala del Trono e
poiché,
chiaramente, Rhiaian non conosceva la fortezza il suo era un procedere
fortuito
in un labirinto. Più volte era ritornato sui suoi passi, mai
accorgendosi di
essere seguito.
Avanzò
fino
a che non sentì qualcuno parlare minacciosamente, allora
rapidamente entrò
nella prima stanza che trovò aperta. Bolin lo vide entrare,
ma restò
tranquillo, non era intimorito dalla voce, sapeva che apparteneva a
Glorfindel.
Si
fermò su
due piedi e si rese conto di non saper gestire la situazione. Cosa
doveva fare?
Doveva entrare spalancando la porta, intimando Rhiaian
di arrendersi? E se quello lo avesse
colpito con qualche arma? Lui non era un grande combattente. Era
più un …
insomma … una persona che rifletteva prima di agire, come
dire … no… non un
vigliacco … un …
“Bolin”,
si
sentì chiamare il nano.
“Glorfindel!
Rhiaian è entrato in quella stanza”.
“E tu
hai
aspettato rinforzi qua fuori?”, chiese l’elfo
biondo spingendo in avanti
Celeborn.
“Eh…
già”,
rispose con un filo di voce, quasi vergognandosi il nano.
“Ottimo.
Saresti un grande stratega”, si complimentò
Glorfindel dandogli una pacca sulle
spalle.
Bolin
sorrise entusiasta.
Celeborn
invece era furioso. Tutto era andato storto e adesso avrebbe dovuto
rinunciare
per sempre a Boscoverde. “Bene, è proprio
là che dobbiamo entrare. Quella è la
mia stanza”.
“Allora
facci strada!”, lo spronò Glorfindel per niente
contento del tono di voce di
Celeborn.
Il signore
del Lothlòrien aprì la porta, ma non
c’era nessuno, tutto era come l’aveva
lasciato, a parte il copriletto che era un po’ rialzato.
Entrò nella stanza con
dietro di lui, Glorfindel e infine Bolin. Subito dopo Bolin si
sentì spingere
in avanti e cadde a terra aggrappandosi a Glorfindel che fini in
ginocchio.
Rhiaian era
sbucato da dietro la porta spingendo l’altro nano per poi
correre via!
Glorfindel gli gridò immediatamente: “Inseguilo,
Bolin”, e mentre questo
prendeva alla lettera l’ordine dell’elfo biondo,
Glorfindel sentì di una
puntura nel collo e in breve tutto divenne nero.
Celeborn era
stato rapido nei movimenti, da sopra il comodino aveva preso una
freccia
imbevuta del potente sonnifero di cui si era servito Nedhian
all’arrivo di
Mithrandir e Legolas, e l’aveva conficcata nel collo di
Glorfindel, facendolo
crollare all’istante.
Poi, avendo
paura di incontrare qualcuno all’interno della fortezza, era
uscito dalla
finestra per finire nei cortili interni e poi rientrare dentro,
raggiungere il
passaggio segreto costruito da Galion, che poi era quello che usava
sempre, e
uscire all’esterno.
Il futuro lo
aspettava, e questo futuro si chiamava “Legolas”.
Fu allora
che arrivarono Thranduil e Elrond, e dopo aver sistemato Glorfindel
uscirono
dalla fortezza tramite il passaggio segreto della camera personale del
Re.
E fuori,
all’aperto, tutti lottarono contro la pioggia che veniva
giù talmente forte che
sembrava volesse ripulire il mondo di tutti i mali che lo avevano
afflitto.
Arrivato
alle prigioni Celeborn vide l’ingresso ostruito ed
esultò di gioia! Era
crollato tutto e probabilmente Legolas era già morto,
dell’anziano mortale non
gli interessava minimamente, però non voleva correre il
rischio che aveva corso
con Thranduil.
Doveva
essere assolutamente sicuro che Legolas fosse passato nelle Sale di
Mandos.
Perciò, euforico e preso da quella forza che ci da la
disperazione e talvolta
la gioia, spostò il tronco che ostruiva
l’ingresso, e riuscì a passare.
Grande fu il
suo stupore nel vedere le celle quasi vuote. Solo il corpo senza vita
di
Pelhiat era presente, e Celeborn capì che ancora una volta
era stato fregato.
L’elfling era vivo.
Intanto a
metà strada Elrond e Thranduil furono costretti a separarsi.
Un urlo si era
diffuso in tutta la foresta superando la voce della pioggia, ed essi
trovarono
Bolin spaventato e tremante mentre Rhiaian giaceva a terra morto,
infilzato
dalla spada che era stata di Oropher e che lui aveva rubato da sotto il
letto
della camera di Celeborn.
Elrond
rimase ad assistere Bolin e Thranduil proseguì alle
prigioni. Una serie
infinita di fulmini illuminò la foresta a giorno e
fortissimi tuoni facevano
tremare gli alberi e sbriciolare lentamente i muri delle prigioni.
Quando
Thranduil arrivò all’ingresso vide che qualcuno
aveva spostato un grosso tronco
ed entrando si accorse di quanto fosse scivoloso il terreno e
pericolante la
struttura delle prigioni. Pregò i Valar di non farlo cadere
perché era davvero
molto stanco e sebbene fosse arrivato fin lì non era sicuro
di riuscire ad
andare molto oltre.
Poi mentre
proseguiva a passi lenti si trovò di fronte suo cugino e si
accorse di essere
capace di detestare qualcuno. “Dov’è
Legolas? Dove lo tieni? In quale cella?”,
gli urlò.
Celeborn
sorrise, non aveva la minima idea di dove fosse andato
l’elfling, ma di questo
Thranduil non ne era a conoscenza e perciò mise in atto la
sua ultima
cattiveria. “Si trova due celle più avanti, ma
è morto! Sei arrivato troppo
tardi”.
Thranduil si
sentì mancare, non poteva essere, non di nuovo, non era
pronto ad affrontare
anche questo. Le gambe cominciarono a tremargli. “Stai
mentendo!”.
“No,
è la
verità, caro cugino!”.
La terra
tremò violentemente ai loro piedi. Thranduil stava per
cadere ma riuscì a
mantenere l’equilibrio con un colpo di reni che
servì a bilanciare la sua
schiena e sostenere le gambe, ma che costò parecchio ai suoi
muscoli. Ansimò,
era troppo. Seppellire suo padre lo aveva messo in conto, Wisterian era
stato
un colpo al cuore, ma Legolas … era semplicemente devastante.
“Non
sei mai
riuscito a salvare nessuno di coloro che hai amato, e tuo figlio non ha
fatto
eccezione!”.
“Maledetto!”,
urlò Thranduil lanciandosi contro Celeborn.
Questo non
dovette far altro che spostarsi per
far
cadere Thranduil a faccia in giù. Il Re di Boscoverde
cercò di sollevarsi con
le sue poche forze, ma Celeborn gli tenne la testa premuta contro il
fango
impedendogli di respirare.
“Quello
che
non hanno fatto i cuscini giorni fa, lo farà bene il
fango”, disse cercando di
soffocarlo. Poi i muri cominciarono a crollare. Thranduil non li vide
sbriciolarsi, si dimenava nel tentativo di mettersi in ginocchio, ma la
presa
di Celeborn era troppo forte. Non riusciva proprio a liberarsi e poi
Celeborn
lo lasciò andare all’improvviso.
Probabilmente ha
avuto un
ripensamento, pensò
Thranduil, in fondo non era un bel modo di agire per un elfo. Ma le sue
congetture erano sbagliate e difatti Celeborn lo aveva lasciato andare
quando
si era reso conto che i rami di un grosso albero stavano crollando su
quella
parte delle prigioni.
Celeborn
fece giusto in tempo a spostarsi che i rami coprirono Thranduil. Ce
l’aveva
fatta! Infine Celeborn corse lungo il corridoio che portava
all’uscita, mentre
all’esterno altri rami si abbattevano contro la prigione
distruggendone la
struttura poco alla volta.
Celeborn
vide la fiocca luce dell’uscita e
avanzò correndo, facendo il più in fretta che
poteva. Aveva corso a cavallo per
raggiungere con Gil-galad la vecchia fortezza di Dol-guldur; era andato
di
fretta anche verso la fortezza del Re di Boscoverde, e correva ora.
Tutto gli
tornava alla mente mentre raggiungeva l’uscita.
Ma gli elfi
non sono gli unici su Arda ad avere memoria, e quando finalmente giunse
all’uscio, tra le saette, gli alberi e la pioggia che creava
un muro d’acqua
impenetrabile allo sguardo, avanzò Luth che sollevando le
zampe anteriori nitrì
di rabbia al ricordo delle sofferenze inflitte da Celeborn al suo
padrone, di
Legolas e Wisterian, e impedì
l’avanzata
dell’elfo, sul quale si abbatté un grosso tronco
che lo schiacciò uccidendolo
sul colpo.
Lùth
guardò
il signore del Lothlòrien ancora una volta, aveva gli occhi
aperti e lo sguardo
fisso nel vuoto, la bocca spalancata dalla quale scendeva del sangue.
Luth non
era un cavallo malvagio, però pensò che Celeborn
era morto troppo in fretta.
Troppo grande era stata la pietà dei Valar nei suoi
confronti dopo tutto il
male di cui era stato causa.
Così
finiva
la vita di un elfo che aveva desiderato tanto senza amare mai niente e
nessuno
se non il proprio desiderio, schiacciato da un albero, sprofondato nel
fango.
Lùth
sentì
qualcuno chiamare aiuto. Era una voce bella da sentire, era la voce del
suo
padrone. Il cavallo percorse esteriormente le prigioni fino a che non
raggiunse
la parete sgretolata sulla quale i rami della pianta cadendo avevano
protetto
Thranduil. Mai, ma la foresta avrebbe danneggiato il suo re.
Thranduil
era vivo, con l’aiuto del suo fedele amico riuscì a uscire da quella
difficile situazione. Il
cavallo senza che niente gli fosse chiesto si chinò e
permise al suo padrone di
salire. Thranduil si lasciò andare sul cavallo e a fatica
gli ordinò: “Portami
da Legolas, Lùth. Ti prego, fai in fretta”.
Mentre
Lùth
andava al trotto verso il rifugio improvvisato da Gil-galad, la pioggia
smise
di cadere e il cielo sopra Boscoverde tornò limpido.
Gil-galad aveva condotto
il principe di Boscoverde e Mithrandir nel suo nascondoglio, dove aveva
trascorso i giorni della sua guarigione. Si trattava di una grotta, non
troppo
grande ma comoda.
Arrivati,
Lùth si fermò e cominciò a brucare un
po’ d’erba. Thranduil scese dal cavallo e
subito sentì qualcuno che lo sosteneva. Era un anziano, un
uomo o forse
l’Istari che stava con Legolas, non lo sapeva ma in questo
momento l’unica cosa
importante era Legolas.
“Dov’è
mio
figlio?”.
Mithrandir
sospirò e chiamò Gil-galad. “Questo
è il nuovo Re di Boscoverde?”.
“Esatto,
è
lui”, gli rispose il signore di Imladris, “Vieni
Thranduil”, lo invitò
Gil-galad.
Thranduil si
accorse di non riuscire a camminare. “Io, credo di aver
bisogno di…”.
“Non
si
preoccupi, non sono così vecchio come potrebbe
sembrare”, poi ripensandoci
specificò: “Voglio dire, sono molto più
vecchio, ma sono in forze”.
Gil-galad
gli sorrise di comprensione. Assieme portarono Thranduil dentro la
grotta.
Legolas era seduto a gambe incrociate e teneva stretta a sé
la madre.
Prima che il
Thranduil lo vedesse Mithrandir gli disse: “Suo figlio ha
bisogno di lei, e ne
avrà bisogno per molto tempo”.
Thranduil
non riusciva a capire cosa intendesse dire l’anziano.
“Certo, e io ci sarò
sempre”.
“Tuttavia
arriverà qualcuno che avrà bisogno di lui,
qualcuno che potrà guarirlo”.
Era una
frase che avrebbe avuto bisogno di molte spiegazioni, ma Thranduil ne
voleva
solo una.
“Guarirlo?
Perché? Cos’ha? Ma poi …
c’è qui Elrond. Lui saprà
aiutarlo!”.
“Thranduil”,
disse Gil-galad guardando il Re di Boscoverde dritto negli occhi:
“Non è
giusto. Non sarebbe dovuto succedere e tu non avresti mai dovuto
vederlo… ma
non siamo riusciti a fargliela lasciar andare”.
“Cosa?
Chi?
Dov’è mio figlio?!”, urlò
spazientito.
Poi
sentì
Legolas che lo chiamava. Si guardò attorno e lo vide con il
viso rigato di
lacrime mentre stringeva il corpo di suo madre al petto.
“Oh,
Legolas!”, pianse Thranduil: “Figlio mio”.
Gil-galad e
Mithrandir lo aiutarono a sistemarsi accanto al figlio.
“Ada!
Ho
trovato Nana! Non si sveglia perché è morta, ma
non volevo che qualcuno la
portasse via e l’ho presa con me. Ho fatto bene? Ho fatto
bene, Ada?”.
“Hai
fatto
benissimo, mia piccola foglia. Hai fatto benissimo”, gli
rispose Thranduil
abbracciandolo e accarezzandogli la testa dolcemente, mentre le lacrime
scendevano sul suo viso sporco e provato. Le parole di Gil-galad erano
proprie
vere, non era giusto, non sarebbe dovuto succedere.
Mithrandir e
Gil-galad si scambiarono uno sguardo stupito e poi chiesero:
“Ha fatto bene a
far cosa?”.
Thranduil si
asciugò le lacrime con la manica della camicia. “A
prendere Wisterian. Lo ha
appena detto”.
“Noi
non
abbiamo sentito niente. L’ultima volta che Legolas ha parlato
è quando era
ancora nelle prigioni”.
Thranduil
osservò Legolas in cerca di una risposta.
“Legolas, adesso dobbiamo tornare
nella fortezza, devi lasciar andare la tua Nana”.
“Sì,
voglio
tornare a casa”.
Quelle parole
riempirono di gioia il cuore di Thranduil,
infatti aveva covato in lui il timore che Legolas avesse paura della
fortezza
dopo aver vissuto tanti momenti tristi là, ma lo colmarono
anche di una
profonda tristezza, perché le sue orecchie non le udirono.
Legolas comunicava
con lui attraverso la loro unione, e
la
sua voce melodiosa era celata a tutti gli altri.
Arrivarono
alla fortezza che ormai era notte fonda. Wisterian fu sistemata nelle
stanze
della guarigione, dove giacevano il suo assassino e Rhiaian. Per
recuperare il
corpo di Celeborn si sarebbe aspettato il mattino seguente.
Celebrian
intanto si era ripresa dal colpo alla testa, ma avvertiva che qualcosa
in sé
non andava bene. Infatti dal suo risveglio non aveva ancora sentito
muovere i
suoi bambini e Elrond la teneva sotto stretta sorveglianza.
Glorfindel
invece si era ripreso senza problemi, come avevano fatto
precedentemente
Mithrandir e Legolas quando erano stati colpiti dalle punte di ghiaccio
avvelenate.
Bolin, da
canto suo, aveva visto Rhiaian correre e venire infilzata dalla spada
di
Oropher mentre inciampava nella radice di un albero; era stato
scioccante per
il nano che ancora sedeva in silenzio avvolto in una coperta.
Thranduil e
Legolas fecero un bagno caldo. Ci volle un bel po’
perché terminassero, e al
termine Elrond volle visitarli. Legolas aveva nella schiena i segni di
alcuni
graffi profondi che si era fatto quando era uscito strisciando dalla
cella, ma
in quanto elfo sarebbe guarito in pochi giorni. Ciò che
preoccupava tutti era
il suo mutismo, il suo nascondersi al mondo, per guarire da quel
problema non
servivano medicine, doveva trovare la cura dentro di sé.
Thranduil
invece aveva bisogno di riprendersi, i problemi maggiori erano la
debolezza
delle gambe e la sua debole forza interiore, che lui senza negarlo mai,
trasmetteva a suo figlio nella speranza che potesse aiutarlo a guarire.
Fatti i dovuti
controlli, tutti, senza nessuna eccezione,
andarono a riposare in letti morbidi e puliti e rimandarono al giorno
dopo le
loro fatiche.
“Svegliati!
Bolin, su dai! Ti vuoi svegliare?!”.
“Cosa
c’è,
Haldir?”, domandò Glorfindel che divideva la
stanza con l’elfo del Bosco Dorato
e il nano.
“Voglio
che
si svegli!”.
Glorfindel
aveva già dormito tre ore buone e molto probabilmente non si
sarebbe
addormentato più prima della notte successiva. “Le
stelle ci terranno compagnia
per ancora due ore buone. Perché non lo lasci
dormire?”.
Haldir
scattò, isterico. “Perché vorrei
dormire anche io! Sta russando tutta la notte,
è peggio di un trombone. Ma come fa Moria a non crollare
sotto tutto questo
rimbombare? Almeno se lo sveglio, poi potrò dormire
io!”.
Glorfindel
rideva a bassa voce. “Haldir, credo che svegliare un nano sia
quasi
impossibile”.
“Ahhh!”,
si
lamentò il giovane nascondendo la testa sotto il cuscino. Il
russare però era
incessante, allora Haldir si alzò per uscire dalla stanza
ma, casualità delle
casualità, scivolò sul soffice tappetto accanto
al suo letto e fini col sedere
per terra, lanciando un urlo e svegliando Bolin.
“Per
le
orecchie degli elfi!”, strillò Bolin,
“Cosa è successo?”.
L’esclamazione
aveva fatto scoppiare dalle risate Glorfindel e innervosito ancora di
più
Haldir.
“Cosa
è
successo? Sono caduto …”.
“Incredibile.
Si dice che gli elfi siano creature silenziose…”.
“Creature?!”,
ripeté Haldr mentre Glorfindel cercava di respirare tra una
risata e un’altra.
“Già,
creature. Si dice anche che abbiate un equilibrio da far invidia. Ma
amico mio,
tu devi essere incrociato con qualcosa. Forse con un orco!”.
Haldir nel
frattempo si era alzato in piedi e non credeva alle sue orecchie.
“Con un
orco!?”.
“Già,
un
orco”, ripeté Bolin, e poi rivolgendosi a
Glorfindel con gli occhi mezzo chiusi
domandò: “Ma come mai non ci sente bene? Bisogna
ripetergli tutto!”.
Glorfindel
prese un pochino d’ossigeno e cercando di star serio
spiegò: “Credo che sia
perché ha dormito poco”.
“Ah!”,
esclamò il nano, “E’ notte, Haldir. E la
notte è fatta per dormire. Dovresti
riposare”.
Poi vedendo
che l’elfo era sempre più nervoso decise di
concludere la discussione: “Bene,
adesso riprendo a dormire. Tu, se ce la fai, cerca di non far troppo
rumore,
perché ho il sonno leggero”.
E
così,
quasi automaticamente Bolin si riaddormentò.
Haldir era
rimasto a bocca aperta, guardò Glorfindel che
teneva un sorriso contenuto sulle labbra e si accinse a dire qualcosa,
ma
l’unica cose che poté ripetere fu:
“Incrociato con un orco”.
E
così
arrivò la mattina e la fortezza prese vita anche se gli
elfi, ciascuno nelle
rispettive camere, si erano svegliati già da un pezzo.
Legolas aveva sul viso
quel sorriso senza prezzo che tutti i giovanissimi hanno, nonostante le
avversità della vita.
Thranduil se
lo guardava con gioia e ammirazione e si chiedeva se avrebbe saputo
ricambiarlo
di un sorriso altrettanto genuino, che in lui sentiva essere adombrato
dal
ricordo della triste morte di Wisterian.
“Legolas,
come ti senti oggi?”, domandò speranzoso Thranduil.
Legolas gli
sorrise e senza parlare gli rispose: “Sto bene, Ada. Voglio
restare vicino a
te. Posso?”.
Thranduil si
sedette nel letto mentre il figlio lo aiutava a sistemare il cuscino
per la
schiena. “Certo che puoi figlio mio. Però mi
piacerebbe così tanto sentire la
tua voce…”.
L’elfling
non si ritrasse, anzi si sistemò sul petto del padre.
“La mia voce non può
dirti niente che il mio cuore non ti dimostri”, gli
comunicò in silenzio.
Thranduil lo
strinse a sé, sentiva il cuore rimbombargli nel petto e
trattenne le lacrime
che sembrava volessero inondargli il viso. “Lo so, amore mio.
Il mio era il
desiderio di uno sciocco”.
Legolas
sollevò il viso e guardò dritto negli occhi il
padre. “No, Ada. Non sei uno
sciocco, è solo … che … non lo so,
Ada. Mi dispiace”.
Thranduil lo
baciò sulla fronte. “Non ti devi dispiacere,
vedrai che prima o poi riuscirai di nuovo a parlare. Fino ad allora per
me non
cambia niente, sei sempre la mia piccola foglia”.
Celebrian ed
Elrond aveva avuto modo finalmente di parlare durante tutta la nottata,
nella
quale non avevano chiuso occhio, nella speranza che i piccoli elfling
dessero
qualche segno di vita, e non furono delusi.
Erano circa
le sette del mattino quando Celebrian accusò un forte dolore
nel basso ventre.
Elrond la visitò e la disperazione crebbe nei suoi occhi.
Infatti sembrava
proprio che i suoi elfling avessero voglia di nascere a Boscoverde.
“Adaaaa!”,
urlò a gran voce Elrond.
Gil-galad a
cui era stata assegnata, assieme con Mithrandir, la stanza di fronte a
quella
del figlio, uscì ancora in vestaglia e spalancò
la porta della camera di
Elrond.
“Cosa
c’è?
Siete in pericolo?”, domandò preoccupato.
“Stanno
per
nascere. Cosa devo fare? Cosa devo fare?”.
“Figlio
mio,
io sono un guerriero. Sei tu il guaritore. Li devi far
uscire!”.
Intanto
l’urlo aveva richiamato anche tutti gli altri ospiti e anche
Thranduil con
Legolas. “I miei nipoti stanno per nascere”,
informò tutti Gil-galad.
Thranduil si
guardò attorno nella speranza che fosse accorso qualcuno di
Boscoverde e
naturalmente trovò Nedhian. “Presto chiama la
Maestra di Vita!”, gli ordinò.
Nedhian
corse subito per tornare poi con Cuilia, che era l’esperta
guaritrice per le
partorienti. Senza pensarci su, la donna elfo, fece uscire tutti dalla
stanza,
Elrond compreso.
“Voglio
assistere! Voglio vedere i miei figli nascere!”, si oppose.
“Sì,
sì, sì…
entrerà a tempo debito. Adesso non serve qua
dentro”, poi osservando tutti i
presenti scelse quello che sembrava essere il più modesto e
dunque il più
incline a prendere ordini e indicando Bolin disse:“Tu, vieni
dentro ad
aiutare!”.
Bolin si
guardò prima a destra poi a sinistra per essere sicuro che
la Maestra di Vita
stesse parlando con lui. “Dice a me?”,
domandò stupito.
E cosa
poté
rispondere Cuilia? “Già!
Proprio
te!”.
Tutti risero
facendo infastidire l’ignara guaritrice. “Non
c’è molto da ridere”, poi rivolgendosi
a Elrond lo esortò: “Lei si tenga
pronto!”, e chiuse la porta della camera.
Poi, quasi
fosse un’altra persona il suo tono di voce cambiò
per farsi dolce ma sicura.
“Allora,
quando doveva nascere questa nuova vita?”.
Celebrian
ebbe un’altra fitta di dolore e si tenne il basso ventre.
“Sono due elfling,
gli aspettavo fra due mesi circa”.
Il volto di
Cuilia si fece scuro. “Sarò sincera, non
è una gran bella notizia. Nascere in
anticipo è sempre difficile, quando poi sono due, tutto si
complica”.
Celebrian
iniziò a singhiozzare. “Eh, no,
Celebrian”, la riprese dolcemente Bolin, “Non
devi fare così. Dobbiamo essere ottimisti”.
“Ottimo
consiglio”, aggiunse Cuilia sorridente, “Adesso lei
mi porti dell’acqua calda”.
Bolin si
guardò attorno, non c’era fuoco né
acqua.
Cuilia se ne
accorse. “Vada a prenderla nelle cucine, là il
fuoco è sempre acceso”.
“Già!”,
gridò Bolin.
“Già!”,
gli
fece eco Cuila.
Il nano
uscì
di corsa e chiuse la porta sbattendola e facendo sobbalzare la Maestra
di Vita.
“Cosa
c’è?”,
domandò ansioso Elrond mentre guardava Bolin correre.
“Acqua
calda!”, fu la risposta urlata nel corridoio.
Elrond si
girò da Gil-galad. “Acqua calda, Elrond. Vai anche
tu!”.
“Giusto!”,
rispose lui e prese a correre dietro Bolin.
Intanto
nella stanza Celebrian era stata sistemata in una posizione comoda per
i
bambini, cioè in piedi a gambe divaricate, al momento
opportuno Cuilia avrebbe
fatto entrare Elrond che tenendola da dietro l’avrebbe
aiutata a inginocchiarsi
di modo che Celebrian dando le spinte avrebbe fatto nascere con maggior
facilità i piccoli.
“Ha
mai
fatto nascere dei gemelli?”, domandò la giovane.
“A dir
la
verità, no. I gemelli sono molto rari tra gli
elfi”.
“Sì,
Elrond
è un mezzelfo però, credo che abbiano preso dalla
sua parte”.
“Bhè,
non
credo che cambi molto. Elfi, mezzelfi, nani… nasciamo tutti
allo stesso modo.
Basta essere amati”.
Celebrian
sorrise felice. Bolin era rientrato assieme a Elrond con
dell’acqua calda. Il
mezzelfo era pronto a uscire dalla stanza ma Cuilia lo trattenne, ormai
erano
pronti.
Bolin
portò
asciugami, sistemò due copertine per avvolgere i piccoli e
diede una mano. Ci
vollero circa due ore, ma infine i due piccoli nacquero.
Il loro
pianto non eratanto forte, e loro erano davvero piccoli. Elrond volle
sentirne
il respiro, era un tantino debole e Cuilia lo informò che i
polmoni non erano
ancora del tutto formati, perciò non avrebbero potuto
spostarsi da Boscoverde
per almeno un paio di mesi, inoltre i bambini dovevano stare al caldo
come se
fossero ancora dentro la madre.
Celebrian li
guardava e gli sembrava di avere davanti gli elfi più belli
che avesse mai
visto. Bolin era felicissimo, e affascinato dalle piccole orecchiette a
punta
che accarezzava di continuo.
Poi furono
distratti da una voce ben nota: “Volete far uscire i miei
nipoti!”.
“Credo
che
tuo padre desideri vederli”, disse lei con le lacrime agli
occhi pensando a
Celeborn morto.
Lui la
strinse a sé, guardò i suoi elfling, entrambi
avevano i capelli neri. “Avresti
preferito che …”.
“No”,
lo
interruppe lei impedendogli di terminare la frase: “Li
desideravo proprio
così!”.
Quando la
porta si aprì c’erano tanti occhi puntati sui due
piccoli elfi, tutti erano
meravigliati della loro bellezza e ciascuno di essi istintivamente
allungò le
mani per prenderli in braccio.
Bolin,
facendosi orgoglioso, fece un passo avanti e tra i sorrisi generali
disse: “Vi
presento Elladan e Elrohir, figli di Elrond e Celebrian, Signori di
Imladris e
del Bosco Dorato”.
Haldir si
chiese cosa avrebbe detto Dama Galadriel dell’appellativo
dato ai suoi nipoti,
ma solo per un attimo perché poi come tutti
continuò a guardare estasiato i due
piccoli.
Legolas si
avvicinò ai bambini e
li accarezzò senza
però prenderli in braccio, poi corse da suo padre e lo
abbracciò e senza
rendersi conto di parlare disse a bassa voce: “Hai visto che
belli, Ada.
Elladan e Elrohir”.
Mithrandir
guardò Thranduil che stava abbracciando suo figlio
e poi Elrond che teneva i suoi. Gil-galad intuì subito che
chi poteva guarire
Legolas, chi avrebbe avuto bisogno di Legolas per guarire aveva appena
messo
piede su Arda.
Eccomi qua.
Questo era il capitolo
conclusivo, spero vi sia piaciuto. Vi ringrazio molto per aver letto la
mia storia
e per aver recensito… un grazie a tutti, ma uno ancora
più grande a Tina_Legolas
che è sempre stata presente.
Spero che il
finale non vi abbia
deluso, naturalmente qualcosa è stato lasciato aperto.
·
Che fine
farà il corpo di Oropher?
·
Che fine hanno
fatto i guerrieri di
Boscoverde che erano rimasti in attesa di Thranduil?
·
Come
reagirà Galadriel alla morte del
marito? Alla nascita dei nipoti?
·
Dove andranno
Elrond e Celebrian?
·
Che fine ha
fatto il corpo di
Celeborn?
·
Bolin
rimarrà a Boscoverde?
·
Neomat come
reagirà alla mancata
consegna delle gemme della spada?
·
Legolas
parlerà nuovamente con tutti?
·
Elladan e
Elrohir riusciranno a
riprendersi?
Tutto questo
sarà svelato nel Sequel…
che però non arriverà presto, già lo
dico.
Per scrivere lo
schema generale (non del
tutto rispettato) di questa storia ho impiegato circa due
mesi… perciò credo
che prima di Natale ci sarà al massimo un capitolo.
In ogni caso
spero di avervi
divertito, vi abbraccio tutti e magari potrei scrivere qualcosa di
più breve,
chissà!
A presto,
Alida