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Autore: alida    04/10/2014    3 recensioni
Si parla di elfi, ma anche di nani. Del viaggio e degli imprevisti che Thranduil dovrà affrontare per difendere la sua famiglia, di come la storia di uno sia collegata a quella di tutti. La ff è scritta per puro divertimento, non ha scopo di lucro. I personaggi appartengono a J.R.R. Tolkien.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Celeborn, Elrond, Thranduil
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Elrond”, disse Thranduil fermandosi e mettendo le sue mani sulle spalle dell’amico. “Quello che ti sto per mostrare è un segreto che solo io e Legolas conosciamo, confido che tu sappia mantenere un segreto quando è di grande importanza”.

“Assolutamente”, rispose Elrond.

E così i due elfi attraversarono il passaggio segreto che li portò direttamente all’esterno della fortezza.

CAP 17

Bolin aveva seguito Rhiaian appena lo aveva visto scappare dalla Sala del Trono e poiché, chiaramente, Rhiaian non conosceva la fortezza il suo era un procedere fortuito in un labirinto. Più volte era ritornato sui suoi passi, mai accorgendosi di essere seguito.

Avanzò fino a che non sentì qualcuno parlare minacciosamente, allora rapidamente entrò nella prima stanza che trovò aperta. Bolin lo vide entrare, ma restò tranquillo, non era intimorito dalla voce, sapeva che apparteneva a Glorfindel.

Si fermò su due piedi e si rese conto di non saper gestire la situazione. Cosa doveva fare? Doveva entrare spalancando la porta, intimando  Rhiaian di arrendersi? E se quello lo avesse colpito con qualche arma? Lui non era un grande combattente. Era più un … insomma … una persona che rifletteva prima di agire, come dire … no… non un vigliacco … un …

“Bolin”, si sentì chiamare il nano.

“Glorfindel! Rhiaian è entrato in quella stanza”.

“E tu hai aspettato rinforzi qua fuori?”, chiese l’elfo biondo spingendo in avanti Celeborn.

“Eh… già”, rispose con un filo di voce, quasi vergognandosi il nano.

“Ottimo. Saresti un grande stratega”, si complimentò Glorfindel dandogli una pacca sulle spalle.

Bolin sorrise entusiasta.

Celeborn invece era furioso. Tutto era andato storto e adesso avrebbe dovuto rinunciare per sempre a Boscoverde. “Bene, è proprio là che dobbiamo entrare. Quella è la mia stanza”.

“Allora facci strada!”, lo spronò Glorfindel per niente contento del tono di voce di Celeborn.

Il signore del Lothlòrien aprì la porta, ma non c’era nessuno, tutto era come l’aveva lasciato, a parte il copriletto che era un po’ rialzato. Entrò nella stanza con dietro di lui, Glorfindel e infine Bolin. Subito dopo Bolin si sentì spingere in avanti e cadde a terra aggrappandosi a Glorfindel che fini in ginocchio.

Rhiaian era sbucato da dietro la porta spingendo l’altro nano per poi correre via! Glorfindel gli gridò immediatamente: “Inseguilo, Bolin”, e mentre questo prendeva alla lettera l’ordine dell’elfo biondo, Glorfindel sentì di una puntura nel collo e in breve tutto divenne nero.

Celeborn era stato rapido nei movimenti, da sopra il comodino aveva preso una freccia imbevuta del potente sonnifero di cui si era servito Nedhian all’arrivo di Mithrandir e Legolas, e l’aveva conficcata nel collo di Glorfindel, facendolo crollare all’istante.

Poi, avendo paura di incontrare qualcuno all’interno della fortezza, era uscito dalla finestra per finire nei cortili interni e poi rientrare dentro, raggiungere il passaggio segreto costruito da Galion, che poi era quello che usava sempre, e uscire all’esterno.

Il futuro lo aspettava, e questo futuro si chiamava “Legolas”.

Fu allora che arrivarono Thranduil e Elrond, e dopo aver sistemato Glorfindel uscirono dalla fortezza tramite il passaggio segreto della camera personale del Re.

E fuori, all’aperto, tutti lottarono contro la pioggia che veniva giù talmente forte che sembrava volesse ripulire il mondo di tutti i mali che lo avevano afflitto.

Arrivato alle prigioni Celeborn vide l’ingresso ostruito ed esultò di gioia! Era crollato tutto e probabilmente Legolas era già morto, dell’anziano mortale non gli interessava minimamente, però non voleva correre il rischio che aveva corso con Thranduil.

Doveva essere assolutamente sicuro che Legolas fosse passato nelle Sale di Mandos. Perciò, euforico e preso da quella forza che ci da la disperazione e talvolta la gioia, spostò il tronco che ostruiva l’ingresso, e riuscì a passare.

Grande fu il suo stupore nel vedere le celle quasi vuote. Solo il corpo senza vita di Pelhiat era presente, e Celeborn capì che ancora una volta era stato fregato. L’elfling era vivo.

Intanto a metà strada Elrond e Thranduil furono costretti a separarsi. Un urlo si era diffuso in tutta la foresta superando la voce della pioggia, ed essi trovarono Bolin spaventato e tremante mentre Rhiaian giaceva a terra morto, infilzato dalla spada che era stata di Oropher e che lui aveva rubato da sotto il letto della camera di Celeborn.

Elrond rimase ad assistere Bolin e Thranduil proseguì alle prigioni. Una serie infinita di fulmini illuminò la foresta a giorno e fortissimi tuoni facevano tremare gli alberi e sbriciolare lentamente i muri delle prigioni.

Quando Thranduil arrivò all’ingresso vide che qualcuno aveva spostato un grosso tronco ed entrando si accorse di quanto fosse scivoloso il terreno e pericolante la struttura delle prigioni. Pregò i Valar di non farlo cadere perché era davvero molto stanco e sebbene fosse arrivato fin lì non era sicuro di riuscire ad andare molto oltre.

Poi mentre proseguiva a passi lenti si trovò di fronte suo cugino e si accorse di essere capace di detestare qualcuno. “Dov’è Legolas? Dove lo tieni? In quale cella?”, gli urlò.

Celeborn sorrise, non aveva la minima idea di dove fosse andato l’elfling, ma di questo Thranduil non ne era a conoscenza e perciò mise in atto la sua ultima cattiveria. “Si trova due celle più avanti, ma è morto! Sei arrivato troppo tardi”.

Thranduil si sentì mancare, non poteva essere, non di nuovo, non era pronto ad affrontare anche questo. Le gambe cominciarono a tremargli. “Stai mentendo!”.

“No, è la verità, caro cugino!”.

La terra tremò violentemente ai loro piedi. Thranduil stava per cadere ma riuscì a mantenere l’equilibrio con un colpo di reni che servì a bilanciare la sua schiena e sostenere le gambe, ma che costò parecchio ai suoi muscoli. Ansimò, era troppo. Seppellire suo padre lo aveva messo in conto, Wisterian era stato un colpo al cuore, ma Legolas … era semplicemente devastante.

“Non sei mai riuscito a salvare nessuno di coloro che hai amato, e tuo figlio non ha fatto eccezione!”.

“Maledetto!”, urlò Thranduil lanciandosi contro Celeborn.

Questo non dovette far altro che spostarsi  per far cadere Thranduil a faccia in giù. Il Re di Boscoverde cercò di sollevarsi con le sue poche forze, ma Celeborn gli tenne la testa premuta contro il fango impedendogli di respirare.

“Quello che non hanno fatto i cuscini giorni fa, lo farà bene il fango”, disse cercando di soffocarlo. Poi i muri cominciarono a crollare. Thranduil non li vide sbriciolarsi, si dimenava nel tentativo di mettersi in ginocchio, ma la presa di Celeborn era troppo forte. Non riusciva proprio a liberarsi e poi Celeborn lo lasciò andare all’improvviso.

Probabilmente ha avuto un ripensamento, pensò Thranduil, in fondo non era un bel modo di agire per un elfo. Ma le sue congetture erano sbagliate e difatti Celeborn lo aveva lasciato andare quando si era reso conto che i rami di un grosso albero stavano crollando su quella parte delle prigioni.

Celeborn fece giusto in tempo a spostarsi che i rami coprirono Thranduil. Ce l’aveva fatta! Infine Celeborn corse lungo il corridoio che portava all’uscita, mentre all’esterno altri rami si abbattevano contro la prigione distruggendone la struttura poco alla volta.

 Celeborn vide la fiocca luce dell’uscita e avanzò correndo, facendo il più in fretta che poteva. Aveva corso a cavallo per raggiungere con Gil-galad la vecchia fortezza di Dol-guldur; era andato di fretta anche verso la fortezza del Re di Boscoverde, e correva ora. Tutto gli tornava alla mente mentre raggiungeva l’uscita.

Ma gli elfi non sono gli unici su Arda ad avere memoria, e quando finalmente giunse all’uscio, tra le saette, gli alberi e la pioggia che creava un muro d’acqua impenetrabile allo sguardo, avanzò Luth che sollevando le zampe anteriori nitrì di rabbia al ricordo delle sofferenze inflitte da Celeborn al suo padrone, di Legolas e Wisterian, e  impedì l’avanzata dell’elfo, sul quale si abbatté un grosso tronco che lo schiacciò uccidendolo sul colpo.

Lùth guardò il signore del Lothlòrien ancora una volta, aveva gli occhi aperti e lo sguardo fisso nel vuoto, la bocca spalancata dalla quale scendeva del sangue. Luth non era un cavallo malvagio, però pensò che Celeborn era morto troppo in fretta. Troppo grande era stata la pietà dei Valar nei suoi confronti dopo tutto il male di cui era stato causa.

Così finiva la vita di un elfo che aveva desiderato tanto senza amare mai niente e nessuno se non il proprio desiderio, schiacciato da un albero, sprofondato nel fango.

Lùth sentì qualcuno chiamare aiuto. Era una voce bella da sentire, era la voce del suo padrone. Il cavallo percorse esteriormente le prigioni fino a che non raggiunse la parete sgretolata sulla quale i rami della pianta cadendo avevano protetto Thranduil. Mai, ma la foresta avrebbe danneggiato il suo re.

Thranduil era vivo, con l’aiuto del suo fedele amico riuscì  a uscire da quella difficile situazione. Il cavallo senza che niente gli fosse chiesto si chinò e permise al suo padrone di salire. Thranduil si lasciò andare sul cavallo e a fatica gli ordinò: “Portami da Legolas, Lùth. Ti prego, fai in fretta”.

Mentre Lùth andava al trotto verso il rifugio improvvisato da Gil-galad, la pioggia smise di cadere e il cielo sopra Boscoverde tornò limpido. Gil-galad aveva condotto il principe di Boscoverde e Mithrandir nel suo nascondoglio, dove aveva trascorso i giorni della sua guarigione. Si trattava di una grotta, non troppo grande ma comoda.

Arrivati, Lùth si fermò e cominciò a brucare un po’ d’erba. Thranduil scese dal cavallo e subito sentì qualcuno che lo sosteneva. Era un anziano, un uomo o forse l’Istari che stava con Legolas, non lo sapeva ma in questo momento l’unica cosa importante era Legolas.

“Dov’è mio figlio?”.

Mithrandir sospirò e chiamò Gil-galad. “Questo è il nuovo Re di Boscoverde?”.

“Esatto, è lui”, gli rispose il signore di Imladris, “Vieni Thranduil”, lo invitò Gil-galad.

Thranduil si accorse di non riuscire a camminare. “Io, credo di aver bisogno di…”.

“Non si preoccupi, non sono così vecchio come potrebbe sembrare”, poi ripensandoci specificò: “Voglio dire, sono molto più vecchio, ma sono in forze”.

Gil-galad gli sorrise di comprensione. Assieme portarono Thranduil dentro la grotta. Legolas era seduto a gambe incrociate e teneva stretta a sé la madre.

Prima che il Thranduil lo vedesse Mithrandir gli disse: “Suo figlio ha bisogno di lei, e ne avrà bisogno per molto tempo”.

Thranduil non riusciva a capire cosa intendesse dire l’anziano. “Certo, e io ci sarò sempre”.

“Tuttavia arriverà qualcuno che avrà bisogno di lui, qualcuno che potrà guarirlo”.

Era una frase che avrebbe avuto bisogno di molte spiegazioni, ma Thranduil ne voleva solo una.

“Guarirlo? Perché? Cos’ha? Ma poi … c’è qui Elrond. Lui saprà aiutarlo!”.

“Thranduil”, disse Gil-galad guardando il Re di Boscoverde dritto negli occhi: “Non è giusto. Non sarebbe dovuto succedere e tu non avresti mai dovuto vederlo… ma non siamo riusciti a fargliela lasciar andare”.

“Cosa? Chi? Dov’è mio figlio?!”, urlò spazientito.

Poi sentì Legolas che lo chiamava. Si guardò attorno e lo vide con il viso rigato di lacrime mentre stringeva il corpo di suo madre al petto.

“Oh, Legolas!”, pianse Thranduil: “Figlio mio”.

Gil-galad e Mithrandir lo aiutarono a sistemarsi accanto al figlio.

“Ada! Ho trovato Nana! Non si sveglia perché è morta, ma non volevo che qualcuno la portasse via e l’ho presa con me. Ho fatto bene? Ho fatto bene, Ada?”.

“Hai fatto benissimo, mia piccola foglia. Hai fatto benissimo”, gli rispose Thranduil abbracciandolo e accarezzandogli la testa dolcemente, mentre le lacrime scendevano sul suo viso sporco e provato. Le parole di Gil-galad erano proprie vere, non era giusto, non sarebbe dovuto succedere.

Mithrandir e Gil-galad si scambiarono uno sguardo stupito e poi chiesero: “Ha fatto bene a far cosa?”.

Thranduil si asciugò le lacrime con la manica della camicia. “A prendere Wisterian. Lo ha appena detto”.

“Noi non abbiamo sentito niente. L’ultima volta che Legolas ha parlato è quando era ancora nelle prigioni”.

Thranduil osservò Legolas in cerca di una risposta. “Legolas, adesso dobbiamo tornare nella fortezza, devi lasciar andare la tua Nana”.

“Sì, voglio tornare a casa”.

Quelle parole riempirono di gioia il cuore di Thranduil, infatti aveva covato in lui il timore che Legolas avesse paura della fortezza dopo aver vissuto tanti momenti tristi là, ma lo colmarono anche di una profonda tristezza, perché le sue orecchie non le udirono. Legolas comunicava con lui attraverso la loro unione,  e la sua voce melodiosa era celata a tutti gli altri.

Arrivarono alla fortezza che ormai era notte fonda. Wisterian fu sistemata nelle stanze della guarigione, dove giacevano il suo assassino e Rhiaian. Per recuperare il corpo di Celeborn si sarebbe aspettato il mattino seguente.

Celebrian intanto si era ripresa dal colpo alla testa, ma avvertiva che qualcosa in sé non andava bene. Infatti dal suo risveglio non aveva ancora sentito muovere i suoi bambini e Elrond la teneva sotto stretta sorveglianza.

Glorfindel invece si era ripreso senza problemi, come avevano fatto precedentemente Mithrandir e Legolas quando erano stati colpiti dalle punte di ghiaccio avvelenate.

Bolin, da canto suo, aveva visto Rhiaian correre e venire infilzata dalla spada di Oropher mentre inciampava nella radice di un albero; era stato scioccante per il nano che ancora sedeva in silenzio avvolto in una coperta.

Thranduil e Legolas fecero un bagno caldo. Ci volle un bel po’ perché terminassero, e al termine Elrond volle visitarli. Legolas aveva nella schiena i segni di alcuni graffi profondi che si era fatto quando era uscito strisciando dalla cella, ma in quanto elfo sarebbe guarito in pochi giorni. Ciò che preoccupava tutti era il suo mutismo, il suo nascondersi al mondo, per guarire da quel problema non servivano medicine, doveva trovare la cura dentro di sé.

Thranduil invece aveva bisogno di riprendersi, i problemi maggiori erano la debolezza delle gambe e la sua debole forza interiore, che lui senza negarlo mai, trasmetteva a suo figlio nella speranza che potesse aiutarlo a guarire.

Fatti i dovuti controlli, tutti, senza nessuna eccezione, andarono a riposare in letti morbidi e puliti e rimandarono al giorno dopo le loro fatiche.

“Svegliati! Bolin, su dai! Ti vuoi svegliare?!”.

“Cosa c’è, Haldir?”, domandò Glorfindel che divideva la stanza con l’elfo del Bosco Dorato e il nano.

“Voglio che si svegli!”.

Glorfindel aveva già dormito tre ore buone e molto probabilmente non si sarebbe addormentato più prima della notte successiva. “Le stelle ci terranno compagnia per ancora due ore buone. Perché non lo lasci dormire?”.

Haldir scattò, isterico. “Perché vorrei dormire anche io! Sta russando tutta la notte, è peggio di un trombone. Ma come fa Moria a non crollare sotto tutto questo rimbombare? Almeno se lo sveglio, poi potrò dormire io!”.

Glorfindel rideva a bassa voce. “Haldir, credo che svegliare un nano sia quasi impossibile”.

“Ahhh!”, si lamentò il giovane nascondendo la testa sotto il cuscino. Il russare però era incessante, allora Haldir si alzò per uscire dalla stanza ma, casualità delle casualità, scivolò sul soffice tappetto accanto al suo letto e fini col sedere per terra, lanciando un urlo e svegliando Bolin.

“Per le orecchie degli elfi!”, strillò Bolin, “Cosa è successo?”.

L’esclamazione aveva fatto scoppiare dalle risate Glorfindel e innervosito ancora di più Haldir.

“Cosa è successo? Sono caduto …”.

“Incredibile. Si dice che gli elfi siano creature silenziose…”.

“Creature?!”, ripeté Haldr mentre Glorfindel cercava di respirare tra una risata e un’altra.

“Già, creature. Si dice anche che abbiate un equilibrio da far invidia. Ma amico mio, tu devi essere incrociato con qualcosa. Forse con un orco!”.

Haldir nel frattempo si era alzato in piedi e non credeva alle sue orecchie. “Con un orco!?”.

“Già, un orco”, ripeté Bolin, e poi rivolgendosi a Glorfindel con gli occhi mezzo chiusi domandò: “Ma come mai non ci sente bene? Bisogna ripetergli tutto!”.

Glorfindel prese un pochino d’ossigeno e cercando di star serio spiegò: “Credo che sia perché ha dormito poco”.

“Ah!”, esclamò il nano, “E’ notte, Haldir. E la notte è fatta per dormire. Dovresti riposare”.

Poi vedendo che l’elfo era sempre più nervoso decise di concludere la discussione: “Bene, adesso riprendo a dormire. Tu, se ce la fai, cerca di non far troppo rumore, perché ho il sonno leggero”.

E così, quasi automaticamente Bolin si riaddormentò.

Haldir era rimasto a bocca aperta, guardò Glorfindel che teneva un sorriso contenuto sulle labbra e si accinse a dire qualcosa, ma l’unica cose che poté ripetere fu: “Incrociato con un orco”.

E così arrivò la mattina e la fortezza prese vita anche se gli elfi, ciascuno nelle rispettive camere, si erano svegliati già da un pezzo. Legolas aveva sul viso quel sorriso senza prezzo che tutti i giovanissimi hanno, nonostante le avversità della vita.

Thranduil se lo guardava con gioia e ammirazione e si chiedeva se avrebbe saputo ricambiarlo di un sorriso altrettanto genuino, che in lui sentiva essere adombrato dal ricordo della triste morte di Wisterian.

“Legolas, come ti senti oggi?”, domandò speranzoso Thranduil.

Legolas gli sorrise e senza parlare gli rispose: “Sto bene, Ada. Voglio restare vicino a te. Posso?”.

Thranduil si sedette nel letto mentre il figlio lo aiutava a sistemare il cuscino per la schiena. “Certo che puoi figlio mio. Però mi piacerebbe così tanto sentire la tua voce…”.

L’elfling non si ritrasse, anzi si sistemò sul petto del padre. “La mia voce non può dirti niente che il mio cuore non ti dimostri”, gli comunicò in silenzio.

Thranduil lo strinse a sé, sentiva il cuore rimbombargli nel petto e trattenne le lacrime che sembrava volessero inondargli il viso. “Lo so, amore mio. Il mio era il desiderio di uno sciocco”.

Legolas sollevò il viso e guardò dritto negli occhi il padre. “No, Ada. Non sei uno sciocco, è solo … che … non lo so, Ada. Mi dispiace”.

Thranduil lo baciò sulla fronte. “Non ti devi dispiacere, vedrai che prima o poi riuscirai di nuovo a parlare. Fino ad allora per me non cambia niente, sei sempre la mia piccola foglia”.

Celebrian ed Elrond aveva avuto modo finalmente di parlare durante tutta la nottata, nella quale non avevano chiuso occhio, nella speranza che i piccoli elfling dessero qualche segno di vita, e non furono delusi.

Erano circa le sette del mattino quando Celebrian accusò un forte dolore nel basso ventre. Elrond la visitò e la disperazione crebbe nei suoi occhi. Infatti sembrava proprio che i suoi elfling avessero voglia di nascere a Boscoverde.

“Adaaaa!”, urlò a gran voce Elrond.

Gil-galad a cui era stata assegnata, assieme con Mithrandir, la stanza di fronte a quella del figlio, uscì ancora in vestaglia e spalancò la porta della camera di Elrond.

“Cosa c’è? Siete in pericolo?”, domandò preoccupato.

“Stanno per nascere. Cosa devo fare? Cosa devo fare?”.

“Figlio mio, io sono un guerriero. Sei tu il guaritore. Li devi far uscire!”.

Intanto l’urlo aveva richiamato anche tutti gli altri ospiti e anche Thranduil con Legolas. “I miei nipoti stanno per nascere”, informò tutti Gil-galad.

Thranduil si guardò attorno nella speranza che fosse accorso qualcuno di Boscoverde e naturalmente trovò Nedhian. “Presto chiama la Maestra di Vita!”, gli ordinò.

Nedhian corse subito per tornare poi con Cuilia, che era l’esperta guaritrice per le partorienti. Senza pensarci su, la donna elfo, fece uscire tutti dalla stanza, Elrond compreso.

“Voglio assistere! Voglio vedere i miei figli nascere!”, si oppose.

“Sì, sì, sì… entrerà a tempo debito. Adesso non serve qua dentro”, poi osservando tutti i presenti scelse quello che sembrava essere il più modesto e dunque il più incline a prendere ordini e indicando Bolin disse:“Tu, vieni dentro ad aiutare!”.

Bolin si guardò prima a destra poi a sinistra per essere sicuro che la Maestra di Vita stesse parlando con lui. “Dice a me?”, domandò stupito.

E cosa poté rispondere Cuilia? “Già! Proprio te!”.

Tutti risero facendo infastidire l’ignara guaritrice. “Non c’è molto da ridere”, poi rivolgendosi a Elrond lo esortò: “Lei si tenga pronto!”, e chiuse la porta della camera.

Poi, quasi fosse un’altra persona il suo tono di voce cambiò per farsi dolce ma sicura.

“Allora, quando doveva nascere questa nuova vita?”.

Celebrian ebbe un’altra fitta di dolore e si tenne il basso ventre. “Sono due elfling, gli aspettavo fra due mesi circa”.

Il volto di Cuilia si fece scuro. “Sarò sincera, non è una gran bella notizia. Nascere in anticipo è sempre difficile, quando poi sono due, tutto si complica”.

Celebrian iniziò a singhiozzare. “Eh, no, Celebrian”, la riprese dolcemente Bolin, “Non devi fare così. Dobbiamo essere ottimisti”.

“Ottimo consiglio”, aggiunse Cuilia sorridente, “Adesso lei mi porti dell’acqua calda”.

Bolin si guardò attorno, non c’era fuoco né acqua.

Cuilia se ne accorse. “Vada a prenderla nelle cucine, là il fuoco è sempre acceso”.

“Già!”, gridò Bolin.

“Già!”, gli fece eco Cuila.

Il nano uscì di corsa e chiuse la porta sbattendola e facendo sobbalzare la Maestra di Vita.

“Cosa c’è?”, domandò ansioso Elrond mentre guardava Bolin correre.

“Acqua calda!”, fu la risposta urlata nel corridoio.

Elrond si girò da Gil-galad. “Acqua calda, Elrond. Vai anche tu!”.

“Giusto!”, rispose lui e prese a correre dietro Bolin.

Intanto nella stanza Celebrian era stata sistemata in una posizione comoda per i bambini, cioè in piedi a gambe divaricate, al momento opportuno Cuilia avrebbe fatto entrare Elrond che tenendola da dietro l’avrebbe aiutata a inginocchiarsi di modo che Celebrian dando le spinte avrebbe fatto nascere con maggior facilità i piccoli.

“Ha mai fatto nascere dei gemelli?”, domandò la giovane.

“A dir la verità, no. I gemelli sono molto rari tra gli elfi”.

“Sì, Elrond è un mezzelfo però, credo che abbiano preso dalla sua parte”.

“Bhè, non credo che cambi molto. Elfi, mezzelfi, nani… nasciamo tutti allo stesso modo. Basta essere amati”.

Celebrian sorrise felice. Bolin era rientrato assieme a Elrond con dell’acqua calda. Il mezzelfo era pronto a uscire dalla stanza ma Cuilia lo trattenne, ormai erano pronti.

Bolin portò asciugami, sistemò due copertine per avvolgere i piccoli e diede una mano. Ci vollero circa due ore, ma infine i due piccoli nacquero.

Il loro pianto non eratanto forte, e loro erano davvero piccoli. Elrond volle sentirne il respiro, era un tantino debole e Cuilia lo informò che i polmoni non erano ancora del tutto formati, perciò non avrebbero potuto spostarsi da Boscoverde per almeno un paio di mesi, inoltre i bambini dovevano stare al caldo come se fossero ancora dentro la madre.

Celebrian li guardava e gli sembrava di avere davanti gli elfi più belli che avesse mai visto. Bolin era felicissimo, e affascinato dalle piccole orecchiette a punta che accarezzava di continuo.

Poi furono distratti da una voce ben nota: “Volete far uscire i miei nipoti!”.

“Credo che tuo padre desideri vederli”, disse lei con le lacrime agli occhi pensando a Celeborn morto.

Lui la strinse a sé, guardò i suoi elfling, entrambi avevano i capelli neri. “Avresti preferito che …”.

“No”, lo interruppe lei impedendogli di terminare la frase: “Li desideravo proprio così!”.

Quando la porta si aprì c’erano tanti occhi puntati sui due piccoli elfi, tutti erano meravigliati della loro bellezza e ciascuno di essi istintivamente allungò le mani per prenderli in braccio.

Bolin, facendosi orgoglioso, fece un passo avanti e tra i sorrisi generali disse: “Vi presento Elladan e Elrohir, figli di Elrond e Celebrian, Signori di Imladris e del Bosco Dorato”.

Haldir si chiese cosa avrebbe detto Dama Galadriel dell’appellativo dato ai suoi nipoti, ma solo per un attimo perché poi come tutti continuò a guardare estasiato i due piccoli.

Legolas si avvicinò ai bambini  e li accarezzò senza però prenderli in braccio, poi corse da suo padre e lo abbracciò e senza rendersi conto di parlare disse a bassa voce: “Hai visto che belli, Ada. Elladan e Elrohir”.

Mithrandir guardò Thranduil che stava abbracciando suo figlio e poi Elrond che teneva i suoi. Gil-galad intuì subito che chi poteva guarire Legolas, chi avrebbe avuto bisogno di Legolas per guarire aveva appena messo piede su Arda.

 

Eccomi qua. Questo era il capitolo conclusivo, spero vi sia piaciuto. Vi ringrazio molto per aver letto la mia storia e per aver recensito… un grazie a tutti, ma uno ancora più grande a Tina_Legolas che è sempre stata presente.

Spero che il finale non vi abbia deluso, naturalmente qualcosa è stato lasciato aperto.

·         Che fine farà il corpo di Oropher?

·         Che fine hanno fatto i guerrieri di Boscoverde che erano rimasti in attesa di Thranduil?

·         Come reagirà Galadriel alla morte del marito? Alla nascita dei nipoti?

·         Dove andranno Elrond e Celebrian?

·         Che fine ha fatto il corpo di Celeborn?

·         Bolin rimarrà a Boscoverde?

·         Neomat come reagirà alla mancata consegna delle gemme della spada?

·         Legolas parlerà nuovamente con tutti?

·         Elladan e Elrohir riusciranno a riprendersi?

Tutto questo sarà svelato nel Sequel… che però non arriverà presto, già lo dico.

Per scrivere lo schema generale (non del tutto rispettato) di questa storia ho impiegato circa due mesi… perciò credo che prima di Natale ci sarà al massimo un capitolo.

In ogni caso spero di avervi divertito, vi abbraccio tutti e magari potrei scrivere qualcosa di più breve, chissà!

A presto,

Alida

 

 

 

 

 

 

 

  
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