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Autore: Lely_1324    04/10/2014    8 recensioni
Sarà il loro più grande segreto, che li porterà a vivere una straziante storia d'amore. Dovranno confrontarsi con la clandestinità e la passione ...Ma nella città dell'amore tutto è possibile!
JENNIFER MORRISON- COLIN O'DONOGHUE
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Care, carissime ragazze!

Siamo arrivate in fondo alla fine di questa storia.

Premetto che trovo questo ultimo capitolo davvero orribile, ma non mi sembrava giusto lasciare il tutto in sospeso troppo a lungo.

Ma tornando a noi voglio ringraziarvi tutte, perchè siete meravigliose e perchè il vostro supporto è stato commevente. Non so come ringraziarvi, davvero non ci sono parole.

Un abbraccio e buona lettura.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Se lo teneva per sè ma qualcosa era cambiato, qualcosa cui erano al corrente solo Helen, i suoi figli, il suo fidato amico Stephen, il suo avvocato e la sua PR, come fosse un segreto.

 

Non era un vero segreto, era piuttosto qualcosa di personale e privato di cui soltanto le persone in qualche modo direttamente coinvolte erano appunto a conoscenza:chi per lavoro, chi perchè di famiglia. Tutte tranne una. La più importante.

Sì perchè di questione familiare si trattava, e non era propenso a condividerla con il resto del mondo, pur consapevole che prima o poi sarebbe arrivata all'orecchio di tutti.

 

Quel giorno si teneva l'ennesima conferenza stampa, una delle tante in quelle ultime due settimane, mancava poco alla messa in onda della season premiere e il network quindi spingeva a dare la maggiore visibilità possibile al cast.

Era nervoso, ogni volta temeva che le domande scivolassero sul personale per qualsiasi motivo e non avrebbe voluto mentire o peggio rispondere alla fatidica domanda "è vero che...?", cosa che lo metteva terribilmente a disagio al solo pensarci.

 

Ma la conferenza stampa stava filando liscia, pensò che ormai era fatta.

 

Le domande erano tutte incentrate sulla nuova stagione, sul futuro e le scelte adottate riguardo al suo personaggio, stava iniziando a pensare di potersi rilassare quando, dopo una sciocca domanda posta a Josh, un altro giornalista si alzò da in fondo alla sala e fece crollare la sua appena nata speranza.

 

Giornalista: -Signor O'Donoghue qualche giorno fa un conoscente mi ha rivelato un fatto, non sono certo della fodatezza della sua fonte, ma visto che lei è qui potrebbe fugare i miei dubbi... -fece una pausa di un paio di secondi -... è vero che lei e sua moglie Helen state divorziando?

 

La sala venne pervasa da una specie di brivido sottoforma di brusio diffuso, tutti, giornalisti, fotografi, colleghi, si guardarono intorno e poi guardarono lui.

Passarono manciate di secondi, ancora non riusciva ad emettere una sola sillaba, il cervello si stava rifiutando di elaborare una risposta adeguatamente educata ma abbastanza arguta da eludere la domanda. Niente non riuscì e chinò il capo, si grattò la fronte con la mano destra, la

sinistra stretta a pugno posata sulla corrispondente gamba. Panico. Imbarazzo.

 

"Cosa diavolo faccio adesso?" pensò, Non voleva che lei lo sapesse così.

Le cose sarebbero dovute andare diversamente.

C: ehmm.....uhmm... ecco... io .... non credo...che ... sia ... oppurtana ... la sua domanda...eeehmmm... - si percepì a mala pena la sua voce bassa più del solito, tentò di guardare la platea di giornalisti mentre un centinaio di flash illuminarono il piccolo palco dove stava seduto ma ritornò con il capo chino, la mano destra a massaggiarsi la fronte.

Si sentiva tutti gli sguardi addosso, si sentì intrappolato, l'ansia crebbe a tal punto da sentire il petto stringersi in una morsa...ma poi dalla bocca gli uscì non si sa come una risposta, forse l'istinto di conservazione lo portò a buttar fuori la tensione.

C: Sì, la sua informazione è corretta! - lo disse tutto d'un fiato a voce alta anche se un po' rotta dalla tensione di cui era figlia.

 

Lo sguardo fisso avanti, tutti quegli occhi, le macchine fotografiche e i flash che lo abbagliavano, le voci che si scatenarono in mille domande accavalandosi in un caos di suoni, rimase lì intontito per ancora un minuto e poi si alzò e se ne andò senza più dire nulla.

 

Si era rifugiato in un bagno poco lontano, cercando sollievo si sciacquò il viso con dell'acqua fresca, il beneficio fu minimo, anche se unito al silenzio che lo avvolgeva e il tempo che scorrendo si portava via un po' di angoscia. Iniziò a calmarsi.

 

Teneva ancora le mani chiuse a pugno, però il respiro si era stabilizzato: la mente corse verso di lei... si era fatto trovare impreparato, comportandosi da incapace. Ancora una volta.

 

Uscì dalla toilette e incontrò il gruppo intero dei suoi colleghi. Si bloccò all'istante, spostò istintivamente lo sguardo a fissarsi le scarpe, incapace di reggere i loro di sguardi, pensando che stessero giudicando il suo comportamento quanto meno infantile. Cosa che credeva anche lui.

 

Josh si avvicinò, posò una mano sulla spalla destra di Colin e parlò con tono amichevole, non cercando nemmeno di nascondere la sua preoccupazione per l'amico.

 

J: Ehi!...Stai bene ?... Va meglio? - sperava davvero che essere diretto e comprensivo servisse a farlo parlare.

 

Colin alzò lo sguardo e guardò l'amico in viso "mmmh...sì, va meglio. Grazie, credo che me ne andrò adesso...vado a casa...puoi dirlo tu Katie? - il tono sempre basso, parole riservate solo a Josh, e le ultime pronunciate come una supplica. Poi si rivolse al resto del gruppo:

"Scusate.... vi chiedo scusa per prima...immagino sia stato imbarazzante...scusatemi...eehmmm... va bene adesso vi saluto...ci vediamo lunedì agli studi....ciao a tutti - trovò la forza di mettere su un tenero sorriso che stava a significare ancora "scusatemi" e anche "siete molto carini a preoccuparvi".

 

Tutti risposero con un sorriso, un-"ciao" un "ok a presto", un "ciao stai bene" e qualcuno fissandolo con espressione preoccupata non riuscendo a dire nulla.

Jenn non disse nulla.

Lo seguì con lo sguardo mentre se ne andava e fu in quel momento, prima di girare l'angolo del orridoio che Colin pose lo sguardo su di lei. Le riservò un tenero sorriso, fece sbattere lentamente le palpebre e lasciò che lei vedesse bene i suoi occhi, le sue emozioni.

 

Jennifer rimase sopresa, quello squarcio di sincera apertura verso di lei, quello sguardo così intenso, ma soprattutto privato, intimo, non lo aveva mai visto, lui non lasciava trasparire così tanto.

Ed era tanto, lo capiva dal nodo che le si formò alla bocca dello stomaco.

Gli sorrise, anche se un po' incerta.

Sorrise pensando a quanto lo amasse, sorrise pensando a loro, al futuro che gli apriva davanti nella speranza che ciò trasparisse nei suoi occhi e sul suo viso.

Sì,lui aveva capito.

Le fece un accenno di assenso con il capo.

 

 

**********************************************************************************

Quella sera sarebbe stato solo, davanti la tv, cercando di godersi quei due giorni senza lavoro.

 

Era difficile pensare che non l’avrebbe vista, che non avrebbe parlato con lei, che non l’avrebbe ascoltata.

 

I primi tempi, sul set, lei lo rimproverava scherzosamente per il suo essere così taciturno.

Lui aveva un carattere aperto, solitamente. Ma con lei era stato tutto diverso.

Lei parlava, gesticolando, abbracciando i colleghi, animando i suoi discorsi con trasporto, con quella luce negli occhi trasparenti.

Lui asseriva, se era il caso.

Rideva.

Ma gli piaceva tanto perdersi nel suo fiume inarrestabile di energia ed entusiasmo che quasi aveva paura di intromettersi.

Avrebbe pasato ore ad ascoltarla.

 

Poi aveva cominciato a sorprendersi a guardarla, come se fosse la cosa più naturale del mondo, come si guarda il cielo di mattina per assicurarsi che sia una giornata di sole.

Lei aveva cominciato a ricambiare gli sguardi e, tutt’ad un tratto, aveva perso quell’irriverenza limpida nel dargli gomitate sportive.

 

“E dai, Colin! Non pensi anche tu che Josh si sia fatto i colpi di sole?Ma sì che lo pensi!!!”

 

E sistematicamente le sue labbra si incurvavano in un sorriso, era nata così la loro complicità.

Ma ora c'era ben altro in gioco, la posta era più alta.

Avrebbe voluto parlarle dopo l'evento, avrebbe voluto trascinarla via e baciarla fino a perdere il fiato, fare l'amore con lei fino a stare male.

Ma non era successo.

Era stato troppo codardo, e ancora una volta era scappato.

Ficcò la pizza nel microonde e impostò il timer.

 

La bustina colorata della profumeria era sul tavolo.

Questo era preoccupante.

Uscito dal quella maledetta conferenza stampa aveva avvertito il bisogno di abbracciarla, di insiprare il suo profumo.

Aveva pensato di chiamarla ma si era risoluto a non farlo.

Tirò fuori la scatolina bordeaux e oro e la aprì.

 

Ora che aveva la boccetta in mano, quasi non sapeva quale istinto l’avesse portato a spendere 40 dollari per quel liquido dorato.

Poi svitò il tappo e capì.

 

Puntò l’erogatore verso l’alto e spruzzò.

 

La nebulosa aleggiò per qualche istante nell’aria, sospesa, poi precipitò e sparì; mentre il profumo della pelle di Jennifer cominciava a spandersi.

 

La fragranza lo rasserenò, anche se lo strano sentimento si mescolava al desiderio di avere per sé chi portava quel profumo con tanta grazia e femminilità.

 

Spruzzò di nuovo il profumo, due o tre volte, in direzioni diverse.

 

Era quasi appagante...

 

Qualcuno suonò al citofono.

 

 

Colin si affrettò a posare la boccetta su una superficie orizzontale, poi corse all’uscio.

Controllò il videocitofono, sospettoso.

Corrugò la fronte nel tentativo di mettere meglio a fuoco ciò che altrimenti gli sembrava frutto di un’allucinazione visiva.

 

Jennifer.

 

Davanti al citofono c’era davvero lei.

 

Come in trance, premette il bottoncino che consentiva l’apertura del cancello di ferro.

 

Sentì i cardini di quest’ultimo cigolare e aprì la porta.

 

Jennifer gli sorrise, i capelli umidi di pioggia, le gote lucide e arrossate, le mani sepolte nelle tasche del cappotto.

 

Si guardarono negli occhi e lei gli sorrise, con la freschezza disarmante di sempre.

 

Non la stava solo guardando: oh, no, era molto di più.

Jen si sentì divorata dai suoi occhi: era come se lui volesse incidere nella memoria ogni dettaglio di quel momento.

Il suo sguardo le bruciava sulla pelle e poteva distintamente sentire una stretta attanagliarle lo stomaco.

Il calore si riversò nei occhi cristallini di lui, rendendoli ancora più intensi e un fremito di desiderio si fece strada nel petto di Jen.

 

Lei rimase un secondo immobile a guardarlo, quasi sconvolta; poi le si formarono due rughette tra le sopracciglia e ebbe un colpo di riso senza fiato.

 

J:"Wow. Sei una sorpresa continua."

 

Lui abbassò il capo e sorrise, imbarazzato.

 

"No, sono un cretino. Avrei dovuto dirtelo prima."

Il sorriso di Jen improvvisamente si incrinò. Qualcosa la distrasse.

 

- Cos’è questo odore?

-La pizza ha le acciughe. Lo so, ho dei gusti tremendi...

-No, non è la pizza...

 

Quando Colin capì era troppo tardi per inventare una scusa.

 

-Il mio profumo?-fece lei in un sussurro, guardandolo negli occhi.

Lui arrossì.

 

Cazzo.

 

Lei si sporse oltre la sua figura. Aveva individuato scatola e boccetta sul tavolo della cucina.

 

J:"C’è una donna dagli ottimi gusti, in questa casa?"

"No" si limitò a mormorare sommessamente Colin

L’ironia che Jen aveva provato ad esprimere scomparve dal suo volto mentre scrutava il viso di lui.

C:"Io..lo so ti sembrerà stupido ma ...cerca di capire... volevo il tuo odore ovunque, per sentirti sempre al mio fianco anche se casa é deserta, anche quando mi sento solo. Non potevo dirti che avevo voglia di impregnare la mia camera da letto di quell’odore per non essere più tormentato nel sonno dalla tua assenza.... forse il tuo profumo mi avrebbe dato l’illusione di stringerti a me in quel letto vuoto, e mi avrebbe fatto sentire in pace."

 

Lei gli si gettò al collo con un verso strozzato e lui la strinse forte.

La strinse per tutto quello che avevano perso e per quello che avrebbero potuto avere.

Il temporale infuriava, fuori era notte.

Poco importava che fuori ci fossero i tuoni, che le vetrate vibrassero del loro sordo rumore.

Le loro labbra si erano cercate contemporaneamente, in un’unione intensa e quasi violenta, in un’assoluta comunione di intenti.

Cercarono appiglio sul corpo dell’altro: lei aggrappata alle sue spalle, quasi artigliando la sua schiena foderata dalla T-shirt di cotone mentre lui stringeva con entrambe le mani le curva della sua schiena, quella che scendeva languidamente sulla rotondità del suo sedere.

 

Colin ripensò a quante volte aveva indugiato su quel pendio, a quante volte l’aveva coperto con la sua mano – enorme, rispetto ai suoi fianchi minuti- quando se l’era trovata vicina in qualche evento.

 

I baci erano profondi, affamati , senza freno, e divennero privi di alcun’inibizione,quanto lui la sentì insinuarsi sempre più stretta al suo corpo.

Jen sorrise ansante sulle sue labbra, cercando di placare il bruciore ai polmoni mentre si dirigevano in camera da letto.

Nota mentale: l'aria era strettamente necessaria, se ne sarebbe dovuta ricordare in futuro.

 

 

******************************************************************************

 

La luce che filtrava dalla finestra le disegnava lame d’argento sulla sua schiena chiara mentre capelli color mieli giacevano disordinati e luminosi sul copriletto di raso bianco.

 

Il suo respiro era profondo, forse dormiva.

 

Colin si passò una mano sulla fronte. Era ancor sudata.

 

L’aveva fatto. Aveva affrontato la realtà e i suoi sentimenti per Jen. Le cose d'ora in poi sarebbero state diverse.

 

Cominciava a sentire gli echi di una sensazione estremamente piacevole: la speranza.

La speranza di un futuro INSIEME.

 

Guardava quella schiena che si muoveva così dolcemente al ritmo di un respiro spensierato ed ebbe un fremito di stupore nel constatare quanto di nuovo la desiderasse.

 

Poi lei si mosse e si voltò.

 

Aveva aperto gli occhi e un sorriso le si era schiuso sul viso.

 

Gli occhi verdi erano spalancati e lo scrutavano con sincerità.

 

Gli toglieva il fiato: era così bella.

" Ti amo.." le sussurrò istintivamente.

Lei boccheggiò per la sorpresa.

Gli rendeva le cose difficili,con quella semplicità nelle parole.

Forse doveva smettere di fissargli le labbra.

Si, buona idea, perchè fissare le labra di un uomo è un pò da pervertita.

Si obbligò a distogliere lo sguardo.

Oh, accidenti, grave errore: aveva incrociato quegli occhi, i suoi occhi.

Dovrebbe essere illegale avere ciglia così lunghe, pensò.

Anche al buio i suoi occhi erano del colore dell'oceano.

Le si scaldò il sangue nelle vene.

" Mi ascolti?"

Battè lentamente le palpebre " Eh? Si! Si, certo"

Lui sorrise impertinente " Quindi dicevo..e tu?"

J:" Io cosa?"

Colin ridacchò:" Allora è vero che non mi ascoltavi. Eri troppo impegnata a fissarmi."

" Non è vero! " ribattè Jen indignata " hai superato da molto il livello accettabile di arroganza"

C:" Arroganza? Dico solo la verità. E poi non c'è niente di male se mi fissi...mi piace."

Jen restò senza parole. " Non ti stavo fissando. Non proprio...mi ero solo..distratta. Ecco quanto è entusuasmante parlare con te"

C:" Ogni cosa che mi riguarda è entusiasmante"

J:" Quansi come stare ad osservare una tartaruga che attraversa la strada."

C:"Già, continua a ripeterlo tesoro e forse un giorno ci crederai"

J: " E tu continua a chiamarmi tesoro e presto zoppicherai! "

Jen gli diede le spalle, rigirandosi nel letto in un gesto buffo.

Lui le cinse la vita sottile con le braccia e lei si rilassò contro il suo torace, beandosi del suo calore e della sua vicinanza.

J:" Stai sprecando il tuo tempo mio caro" gli sussorò ridendo quando lui iniziò a ricoprire la sua spalla di baci umidi.

C:"Quando si tratta di te non è mai uno spreco di tempo".

Lei gli dava le spalle e lui non la vide sorridere.

Ma le cose stavano tornando alla normalità, e tutto sarebbe andato bene.

 

************************************************************************************************

 

La festa era forse giunta all’apice, perché i flash dei pochi fotografi ammessi a presenziarvi erano inarrestabili e accecanti, e l’alcool scorreva a fiumi.

 

Era appena riuscito a scollarsi di dosso quella donna insistente, che aveva scrollato continuamente le onde bionde dei suoi capelli per lasciare che gli obbiettivi ne cogliessero tutto lo splendore.

 

E nonostante quella sua provocante bellezza, quelle curve evidenti sotto i vestiti sempre attillati, a lui non riusciva a piacere.

Forse perchè non era lei.

Sicuramente perchè non era lei.

Nessuna era come lei.

 

Quella sensazione netta e persistente che gli faceva intuire dove lei andasse a parare ogni volta che si rivolgevano la parola, lo inibiva e... Dio, quanto lo infastidiva.

 

Una volta aveva anche provato a stringersi a lui, in un gesto che si professava amicale, dunque innocente; ma si era ritratto, imbarazzato.

Sospettava che il suo concetto di amicizia celasse qualche mossa di seduzione ben calibrata.

 

Non chene avesse motivi particolari, Georgina.

 

Ma era orgogliosa della sua femminilità e del suo potere.

Nonostante la vita privata felice e soddisfacente, se aveva uomini attorno doveva essere sicura di ammaliarli. O, almeno, di provarci.

 

Ora lui la vedeva, mentre continuava a sorridere, raggiante. Con maniere loquaci, girava attorno ad anticipazioni succulente degli episodi appena finiti di girare.

Distolse lo sguardo con rara facilità.

 

Mandò giù un sorso di champagne disgustosamente dolce,e cercò con lo sguardo qualche faccia amica.

 

Si sentiva come un leone in gabbia.

Era nervoso ed era comprensibile.

Questa sarebbe stata la loro prima aparizione pubblica.

 

Quello champagne non gli piaceva proprio.

 

Posò la flûte nel vassoio più vicino e si lisciò la giacca, come faceva sempre, con la sua solita insicurezza.

 

Poi il corso dei suoi pensieri fu interrotto bruscamente.

-Le dispiacerebbe farsi fotografare accanto alla signorina Morrison?

 

Un bagliore improvviso.

-Può raggiungerla, per favore?

Annuì al piccolo fotografo impaziente, che si era già fatto spazio nella folla per guadagnarsi la sua postazione.

Non riuscì neppure a rendersi conto di quanto potesse sembrare inopportuno, ma il suo sguardo non poté fare altro che rimbalzare come una pallina da ping pong, finché non riuscì ad individuarla tra la folla di corpi che gremiva la sala.

Sospirò, come era solito fare, perché quella bellezza era struggente e lontana, perché aveva il timore di romperla anche solo guardandola.

Smise per un attimo di respirare, per la strana sensazione che cominciava a irradiarsi da qualche parte, dentro di lui.

Gli orecchini di brillanti luccicavano discretamente, mescolandosi alla pelle d’alabastro, mentre sul suo viso si apriva il suo solito sorriso, che scaldava il cuore ed irradiava chi aveva la fortuna di starle accanto.

 

Lei lo guardava avvicinarsi.

C: "Sei bellissima, Jen." Gli intensi occhi azzurri gli brillavano di ammirazione.

"Oh, Colin..."si lasciò sfuggire Jennifer.

Gli occhi di lui sembrarono chiederle cosa avesse, perché quella sua voce solitamente serafica e delicata aveva vibrato con un’amarezza insolita.

"Sei davvero, davvero bellissima." ripeté con dolcezza.

 

"E davvero, davvero sciocca-" gli fece il verso Jennifer, pizzicandosi le guance per tentare di ricomporsi " Non voglio neppure entrarci, lì dentro."

 

Ma lui le aveva già messo dolcemente una mano sul polso, in una maniera che non ammetteva repliche.

 

C:" Andiamo."

Si arrese..

J:" Va bene."

 

Colin sospirò, tendendo le braccia e ritraendole, nervoso e incerto sul da farsi.

Lei gli sorrise, divertita dalla sua esitazione.

J: "Qui" fece, molto brillantemente.

Gli prese il polso e se lo posò su un fianco, mentre con l’altra mano scivolava delicatamente lungo la sua schiena, per fermarsi al centro, un po’ sotto le spalle.

La mano di Colin si strinse un po’ sulla sua curva morbida, quasi senza volerlo.

I flash erano partiti.

Jen sentiva la sua cassa toracica spandersi e ritrarsi al ritmo agitato del suo respiro.

La sua espressione era così nervosa e tesa...

La mano poggiata sulla sua schiena scivolò lentamente di lato, verso il basso.

Non sapeva se gli avrebbe dato fastidio, ma le sembrò che ne avesse bisogno.

Trovò la sua mano e,dolcemente, vi introdusse la sua.

Colin deglutì per la sorpresa, quando sentì quella mano sottile insinuarsi tra le sue dita.

J: “Ho paura anche io, Colin.”

Grato a chi aveva fatto sì che i fotografi non potessero appostarsi ai lati del palco, Colin incrociò le sue dita con le sue e le strinse forte la mano.

Poi sorrise, con un coraggio nuovo.

Prese la sua mano e la portò tra di loro, ben in vista.

Era stanco di nascondersi...sarebbe stato un casino, un casino enorme ma non c'era cosa che in quel momento desiderasse di più che poterla tenere per mano pubblicamente.

Un brusio diffuso invase la sala e la sentì rinsaldare la presa sulle sue dita.

J: " Colin, adesso ci faranno a pezzi.. è troppo presto....tu stai ancora di"

C: "Conosci la storia di Icaro?" la interruppe

Jen annuì spaesata mentre i flash continuavano a impazzare.

" Sono volato troppo vicino al sole. Le mie ali di cera si sono sciolte. E' sempre stato troppo bello per essere vero, Jen. Ora voglio renderlo reale, perchè lo è sempre stato più di quanto fossimo pronti ad ammettere. Ma va bene. Cadrei cento volte se questo volesse dire che ho anche volato. Le persone si dimenticano sempre che Icaro ha anche volato. È famoso per la caduta, ma non credo che stesse fallendo mentre cadeva. Penso che stesso solo raggiungendo la fine del suo trionfo. Tu sei sempre stata i mio trionfo."

 

 

 

  
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