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Autore: daisyssins    05/10/2014    11 recensioni
"...Le sembrava quasi impossibile non dare “troppo peso” ad una persona come Luke Hemmings, perché certe persone, quando ti entrano dentro, non è che tu possa farci un granché. Lei lo odiava, non aveva mai odiato tanto una persona quanto lui, sapeva chi era, aveva paura di lui, una fottuta paura, perché le ricordava tutto quello da cui stava scappando."
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«Sei strana. E sei bellissima» sussurrò lui come se fosse la cosa più naturale del mondo, facendo scorrere le dita tra i capelli corti della ragazza.
Phillis sbottò in una breve risata sarcastica, prima di «E tu sei matto.» rispondere divertita.
«Io sarò anche matto, ma tu resti strana. E bellissima.»
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«Luke, ho paura, stai perdendo sangue..»
«Ancora non te l'hanno insegnato, Phillis? Il sangue è il problema minore. E' questo ciò che succede quando cadi a pezzi.»
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La verità ha un peso che non tutti, e non sempre, hanno la forza di reggere.
Trailer Pieces: https://www.youtube.com/watch?v=vDjiY7tFH8U&feature=youtu.be
Genere: Angst, Drammatico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luke Hemmings, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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1.Goodmorning Norwest


Nessun ragazzo ama la scuola, e Phillis Turner non faceva eccezione.
Era una diciassettenne come tante, di media statura, albina da parte di madre, dai capelli biondo platino corti e rasati su un lato. Lei, il Norwest, lo odiava. Odiava quella scuola per signorini bene, per ricchi sfondati ed altezzosi; odiava le materie, tutte a parte letteratura – l’unica materia con un minimo di sentimento, a suo dire; odiava i suoi studenti, tutti stereotipati, che rendevano il Norwest una scuola molto in stile ‘liceo americano’. Le sue giornate le passava con Lucy, l’unica ragazza capace di distinguersi da quella massa di ‘copia e incolla’ che erano gli allievi del College.
Quell’anno avrebbe cominciato il penultimo anno di liceo, e già ancor prima di cominciare la sua voglia di vivere era scesa sotto il livello dello zero. Quella mattina si era preparata con poca cura, premurandosi solo di piastrare i suoi corti capelli altrimenti indomabili e gonfi, senza neanche preoccuparsi di truccarsi più di tanto per rendersi presentabile. E per chi, poi? Non c’era nessuno per cui valesse la pena sforzarsi, in quella scuola.
Alle 7:50 in punto fu pronta, prese la propria tracolla, infilò un paio di Vans a fiori che richiamavano il motivo della sua maglia ed uscì dall’abitazione, dopo aver avvisato sua madre di non aspettarla per cena. Avrebbe passato la sua prima serata con Lucy, a cercare di farsi forza per rendere la monotonia del grigio un po’ più colorata.
Arrivò a scuola esattamente un quarto d’ora più tardi, dieci minuti prima del suono della campanella che indicava l’inizio delle lezioni. Individuò ben presto una chioma tinta di un arancione scuro non meglio definito, fiondandosi poi a passo spedito nella sua direzione.
“Lucy!” la chiamò quando fu a poca distanza da lei, non riuscendo comunque a farsi sentire a causa del caos che dominava il cortile. Un’altra cosa che Phillis non sopportava era il caos, il disordine, già ce n’era abbastanza nella sua vita senza aggiungercene altro.
Si fermò, incamerò quanta più aria le riuscisse e “Lucinda Enriqua Perez, vuoi fermarti per l’amor del cielo?” sbottò, facendo girare alcune teste nella sua direzione. Non risparmiò loro delle occhiate infuocate, prima di tornare a dedicare l’attenzione alla propria migliore amica, che la osservava come a volerla scannare.
“Prova a rifarlo e sei morta” le intimò a denti stretti Lucy, avvicinandosi. Phillis accennò uno sguardo dispiaciuto, al quale la rossa non poté far altro che rispondere con un sorriso.
Si sciolse in un sospiro e “Mi sei mancata, scimmia” disse giocosamente, prima di stringerla in un caloroso abbraccio. Phillis ricambiò, e mentre affondava il proprio viso tra i capelli mossi e scompigliati dell’amica, i suoi occhi furono catturati da un guizzo, una chioma bionda tenuta su in un ciuffo impeccabile che lei conosceva fin troppo bene. Si irrigidì tutta e questo Lucy lo notò, perché si scostò dall’abbraccio per seguire lo sguardo dell’amica, e cercare di capire il motivo di tanto nervosismo. Lo notò quasi subito, e dalle sue labbra fini sfuggì un sospiro stanco.
“Non darci troppo peso, Phillis” le consigliò stancamente, scompigliando i capelli dell’amica. La bionda si riscosse e guardò nella sua direzione, poi annuì lentamente. Non rispose perché sapeva che, se lo avesse fatto, la sua risposta sarebbe stata spiacevole per entrambe. Ma le sembrava quasi impossibile non dare “troppo peso” ad una persona come Luke Hemmings, perché certe persone, quando ti entrano dentro, non è che tu possa farci un granché. Lei lo odiava, non aveva mai odiato tanto una persona quanto lui, sapeva chi era, aveva paura di lui, una fottuta paura, perché le ricordava tutto quello da cui stava scappando.
Le due ragazze si avviarono all’interno dell’edificio, dividendosi per poter raggiungere ognuna il proprio armadietto.
Phillis lasciò alcuni libri per le ore successive, tenendo con sé solo il blocco dei fogli A4, il set di matite ed il libro di storia dell’arte. Anche quella materia le andava abbastanza bene, almeno non era senz’anima come le altre. Perché lei così definiva la scuola, un posto senz’anima, dove i professori insegnano solo per portare a casa lo stipendio, dove tu ascolti e fai finta di seguire solo per poter avere quel voto in più che ti permetterà di superare l’anno scolastico, senza alla fine acquisire niente di veramente importante, a livello morale.
Chiuse il proprio armadietto con uno scatto secco e poi raggiunse nuovamente Lucy, già pronta ad aspettarla.
“Cos’hai alla prima ora?” le chiese, appoggiandosi con le spalle contro il muro, mentre aspettavano che la campanella suonasse a decretare l’inizio della loro tortura.
“Storia dell’arte, mi è andata bene” rispose la bionda, scrollando le spalle. “Tu?” domandò poi all’amica, che assunse immediatamente un’espressione affranta.
“Filosofia… che ho fatto di male per meritarmi questa tortura alla prima ora?” sospirò scuotendo la testa. Phillis scoppiò a ridere, perché era a conoscenza dell’odio che scorreva tra la sua amica e quella materia – e che era ricambiato anche dall’insegnante – ma poi le strinse una spalla come a infonderle coraggio, sempre sorridendo.
“Dai, pensa che poteva andare peggio. Potevi avere l’ora di algebra” cercò di consolarla.
“Quella ce l’ho subito dopo!” scoppiò la rossa, guardando l’amica con gli occhi teatralmente sgranati. “Cazzo, se non mi suicido dopo questa, dovranno come minimo farmi santa” sbuffò poi, rimettendosi in sesto al suono della campanella. Phillis la guardò con un misto di comprensione e compassione, dividendosi poi da lei poco prima di raggiungere l’aula di storia dell’arte.
“Ci vediamo a pranzo!” si salutarono le due amiche, e quella semplice frase di rito per entrambe ebbe un significato particolare.
Come a dire ‘cerca di sopravvivere a queste quattro ore’.






“Perché non ho dei poteri sovrannaturali? Adesso potrei tranquillamente scomparire senza essere notata da nessuno”.
I pensieri di Phillis vertevano più o meno tutti in quella direzione, mentre cercava di tenere gli occhi aperti e seguire con un minimo di attenzione la lezione di francese. Anche se apprezzava le lingue, solitamente, quella la odiava, così come odiava la Francia ed i suoi abitanti. C’era stata solo una volta con i suoi genitori, quando aveva dieci anni ed era troppo piccola per saper parlare quell’odiosa lingua che era il francese, ed era stata un’esperienza che aveva preferito archiviare e dimenticare. Cominciò a picchiettare con la matita sull’eserciziario, mentre il suo sguardo correva fuori dalla finestra. Quell’aula dava sulla palestra, motivo per cui era sempre invasa dai rumori: ogni tanto, quando si distraeva, puntava gli occhi sui ragazzi impegnati negli esercizi e si sentiva più che fortunata. Qualsiasi corso potesse star seguendo, niente poteva essere peggio di educazione fisica. Il suo sguardo fu catturato in particolare da una figura alta e longilinea, i cui capelli biondi, catturati dal sole, mandavano insoliti riflessi. Distolse lo sguardo immediatamente, portandolo nuovamente sulla matita con la quale, adesso, aveva preso a disegnare ghirigori immaginari su una pagina a caso.
“Turner!” urlò improvvisamente la Valentini, facendola sobbalzare. La donna – una quarantenne zitella ed insoddisfatta della propria vita – la fissava duramente, con le braccia incrociate.
“Sì?” rispose svogliatamente Phillis, ricambiando il suo sguardo. Se pensava che temesse lei o la sua stupida materia, beh, aveva decisamente sbagliato persona.
“Perché si stava distraendo?” sbraitò la professoressa.
Phillis si strinse nelle spalle. “Non mi stavo distraendo”.
“Mi dica di cosa stavamo parlando, dunque”.
“Non lo so” rispose tranquillamente la ragazza.
La donna diventò paonazza e “Lo vede? Si stava distraendo!” esclamò, con una voce acuta che innervosì Phillis più di qualsiasi altra cosa.
“Non è colpa mia se la sua materia è noiosa e la sua voce è peggio di una purga!” sbuffò alterandosi. La professoressa strabuzzò gli occhi, aprendo la bocca come per rispondere qualcosa, poi però la richiuse di colpo.
“Fuori, Turner, fino alla fine dell’ora. Non accetto l’insolenza dai miei alunni. Per ora se la cava con una nota disciplinare, ma la prossima volta fila dritto dal preside!”.
La ragazza sbuffò, alzando gli occhi al cielo, ma l’unica cosa a cui riusciva a pensare era ‘almeno sfuggo a questa tortura’. Dopo aver raccattato le proprie cose, attraversò con passo spedito la classe, sbattendosi poco dopo la porta alle spalle.
Si avviò verso la classe di Storia, dove sapeva che avrebbe trovato l’amica, alla quale avrebbe chiesto di uscire. Non appena arrivò, però, notò con rammarico che i ragazzi erano chini su dei fogli, intenti a scrivere qualcosa, chi con aria affranta, chi sicuro di sé, chi un po’ incerto ma non intimorito.
‘Test a sorpresa il primo giorno? Davvero? Wow, professor Collins, non ti facevo così bastardo!’ pensò la ragazza, abbandonando anche quel corridoio con aria sconfitta. Il professor Collins di solito era uno dei professori più ben voluti, e non solo perché aveva trent’anni, occhi azzurri e un sorriso da urlo. Sapeva insegnare bene e, qualche volta, nei rari momenti in cui Phillis era riuscita a concentrarsi nella sua materia, era riuscita anche a trovare interessante la Storia. Però ogni tanto tirava dei colpi bassi che mandavano nel panico la maggior parte degli alunni come, appunto, un compito in classe a sorpresa il primo giorno di scuola.
Phillis si diresse verso il bagno delle ragazze, osservando poi l’orario sull’orologio digitale da parete. Le 11:45. Avrebbe dovuto aspettare mezz’ora da sola.
Senza sapere neanche bene come, quasi come se i propri piedi si fossero mossi da soli contro la sua volontà, si ritrovò seduta sui gradoni della palestra ad osservare gli sforzi di quei poveri malcapitati del corso di educazione fisica. Lei fortunatamente – ma sfortunatamente sotto un altro punto di vista – aveva avuto l’esonero da quel corso dal secondo anno di superiori, a causa di problemi fisici.
Il suo sguardo intercettò il gruppo delle cheerleader, che comunque non avrebbero mai potuto scappare alla temuta ora di educazione fisica: guardò con un piacere quasi sadico le loro facce concentrate e sofferenti, trattenendosi a stento dal ridere. Uno spettacolo del genere, si disse, la ripagava di tutti gli anni di prese in giro.
Il sorriso le si spense sulle labbra quando di nuovo il suo sguardo catturò la figura di Luke Hemmings, ora impegnato a fare una serie di flessioni. Nonostante dentro di sé qualcosa le stesse dando della stupida per essere andata proprio lì, in quella palestra, non poté fare a meno di pensare che Luke era oggettivamente bello. Osservava la sua espressione concentrata, i muscoli delle braccia appena accennati sotto sforzo, e non riusciva a staccare lo sguardo, come se i suoi occhi venissero attratti a lui da una forza superiore.
A risvegliarla ci pensò il suono della campanella, che fu accolto da tutti gli studenti presenti come una benedizione. Riscuotendosi dal torpore momentaneo che l’aveva presa, Phillis si alzò, raccogliendo la propria borsa prima di avviarsi verso l’uscita della palestra. Prima di allontanarsi definitivamente da essa, la ragazza si voltò e, per un attimo, l’azzurro dei suoi occhi chiari si incatenò a quello più scuro degli occhi di qualcun altro, l’ultima persona dalla quale avrebbe voluto farsi notare.






“Sei una stupida, Phillis!” ripeté Lucy per la millesima volta, mentre entrambe ricevevano la porzione quotidiana di quello che le cuoche della mensa definivano cibo, e andavano a sedersi ad uno dei tavoli liberi.
“Lucy, puoi stare zitta per favore? Grazie, mi fa male la testa” borbottò la bionda in risposta, lasciando cadere la tracolla ai propri piedi. Lucy per tutta risposta alzò gli occhi al cielo, versandosi un bicchiere d’acqua.
“Dico solo la verità. È il primo giorno di scuola e già hai ottenuto una nota disciplinare, credo sia un record vero e proprio!”.
“Se devi farmi la paternale me ne vado, Lu. Io una madre ce l’ho già” sbuffò Phillis irritata, avvicinando poi agli occhi un cucchiaio pieno di quella cosa che veniva definito passato di verdure.
“Secondo te divento radioattiva, se ne assaggio un po’?” domandò poi, avvicinando lo stesso cucchiaio al naso, e ritirandolo disgustata. “Dio, senti come puzza! Ma perché vogliono avvelenarci, in questa scuola?” sbottò poi, lasciando cadere il cucchiaio nella ciotola, senza azzardarsi a prendere neanche un goccio di quel passato. Prese una fetta di pane secco e duro e cominciò a sbocconcellarla svogliatamente, appoggiando la testa al palmo aperto della mano.
Lucy, più coraggiosa, chiuse gli occhi e mandò giù un intera cucchiata di minestra.
“Non è così male…” tentò, ma si corresse sotto lo sguardo scettico dell’amica. “Okay, è male e basta, senza il così” si arrese, allontanando anche lei il vassoio, disgustata. Gli occhi della rossa poi furono catturati da un movimento fulmineo verso il fondo della mensa, un movimento che la fece congelare sul posto.
“Okay, okay. Ora non ti spaventare e non ti allarmare Phillis, ma… Luke Hemmings ti sta fissando”.







Hello people!
Allora... non ho mai saputo bene cosa scrivere negli spazi autrice. lol
Di solito sono una che parla parecchio, ma dopo un capitolo così lungo non credo sia il caso di dilungarmi anche io. Vi amo già se siete riusciti ad arrivare fino alla fine di questo capitolo! HAHAHAHh purtroppo sono così, quando mi viene una storia in mente devo scriverla così come la sto immaginando, anche se questo significa uscirmene con dei capitoli di questa portata :') Spero che con questo inizio io sia riuscita ad incuriosirvi almeno un po', so che per il momento non accade nulla di eclatante, ma già dal prossimo capitolo gli eventi ed i personaggi prenderanno forma c:
Quuuindi... io vado e, boh, se vi andasse di farmi sapere cosa ne pensate ne sarei felice!
Ciao e a presto, si spera(:

-Daisyssins.
  
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