Anime & Manga > Soul Eater
Ricorda la storia  |      
Autore: Miss Yuri    05/10/2014    4 recensioni
Dal testo:
(...) Era stato sempre debole, agli occhi di quell’arrogante figlio di papà? No, agli occhi di tutti, era stato sempre debole? Non era possibile. Non poteva essere possibile. (...)
Partecipa all'"Origami Contest!" di Aki Sama sul forum di EFP
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Shonen-ai | Personaggi: Black Star, Death the Kid
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Autore: Miss Yuri su EFP / MissYuri sul forum
Fandom: Soul Eater
Coppia: Nessuna, ma sono presenti lievi accenni Het e Shonen-ai ( entrambi liberamente interpretabili )
Pacchetti usati: Conchiglia, Corona, Girandola
Link storia: //
Avvertimenti: Missing Moments
Genere: Introspettivo
NdA: Ambientata dopo il secondo scontro fra Black*Star e Death the Kid davanti alla Shibusen. Un Missing Moments dal punto di vista di Black*Star. Il contesto è quello del manga. Mio primo esordio in questo fandom. Spero sia di vostro gradimento. 
Partecipa all'"Origami Contest!" di Aki Sama
 
 
Raise a god




 « La tua tecnica di combattimento è molto migliorata. Ma tu… sei più debole. »
Parole brucianti, che ferivano il suo animo di guerriero. Ristagnavano nei suoi pensieri, come un tossico veleno che ti distrugge dall’interno. A chiunque avrebbe dato noia il continuo ripetersi di quella frase, chiunque si sarebbe arreso alla verità che quella semplice considerazione esprimeva. Ma lui era un Dio, non faceva parte della gente comune! La gente comune era debole e si arrendeva alle difficoltà! Non lui, non il divino Black*Star!
« Ma tu… sei più debole. »
Si fermò, strinse un pugno con una rabbia crescente.
Debole? Black*Star era un dio, il solo e unico vero dio in questo mondo di perdenti!
E un dio si lascia sconfiggere in un modo così pietoso?
La voce di Kid insorse, potente, vigorosa, nella sua mente. Più altezzosa, più maligna, più infida della sua controparte reale. Ma Black*Star non fu capace di cogliere le sfumature estranee e ingannevoli di cui era intrisa. Non era in grado di resistere ai giochi illusori creati, a sua insaputa, dal suo stesso subconscio.
In Kid, in quel ragazzo, in quel dio, vedeva tutte le sue debolezze. E, inevitabilmente, esse prendevano forma nella figura dello Shinigami.
« Sei più debole. »
Digrignò i denti, il suo pugno tremò, le unghie graffiarono la pelle del palmo.
Più debole? Quel “più” cosa significava?
La tensione abbandonò per un attimo il suo corpo, ma il macigno di una realtà che, fino ad allora, non era stato capace di vedere, gli piombò addosso. E la collera tornò. Era stato sempre debole, agli occhi di quell’arrogante figlio di papà? No, agli occhi di tutti, era stato sempre debole? Non era possibile. Non poteva essere possibile.
« Più debole. »
“ Non è vero. ”
« Debole. »
“ Non è così. ”
DEBOLE.
La stoccata finale.
Gridò, uno strillare furioso, simile al lamento di un animale braccato. Sentì il Crash! del vetro rompersi, il dolore intenso alla mano e l’ira che ancora non scemava.
« NO! Io non sono debole! » Urlò, con quanto fiato aveva in corpo. Solo dopo svariati secondi, prese coscienza del gesto che aveva appena compiuto.
Abbassò lo sguardo.
Per terra, fra i cocci del vaso di vetro trasparente che la conteneva e le foglioline che si erano inevitabilmente strappate, giaceva la piantina di adoxa di Tsubaki, inerme e afflosciata. Tsubaki la aveva raccolta e trapiantata qualche tempo prima. Le ricordava casa sua, aveva detto, con un sorriso sfumato dalla nostalgia. L’adoxa cresceva sia lì che in Asia. La buki, qualche volta, aveva accennato alla vegetazione rigogliosa nei dintorni della sua abitazione, ai ricordi della sua infanzia con il fratello. E lui si era accanito contro quella povera pianta, a cui sicuramente Tsubaki si era affezionata, come sfogo involontario dovuto alla collera.
Si guardò la mano, la colpevole di aver compiuto quell’azione, e strinse i denti con stizza. Le schegge di vetro erano penetrate nella pelle, incidendo e tagliando il palmo con fin troppa facilità. Sanguinava, quella vista lo fece innervosire. Del semplice vetro era stato in grado di ferirlo? Non poteva… essere.
« Black*Star? »
Il ragazzo alzò la testa.
Qualcuno bussò alla porta e lo chiamò di nuovo.
« Black*Star? So che sei in casa. Tsubaki mi ha detto che avrei potuto trovarti qui. »
Kid.
Il nome dello Shinigami tornò prepotentemente al centro dei suoi pensieri.
« Vai via, Kid. » Gli ordinò, non aveva nessuna voglia di vederlo, non dopo la sconfitta bruciante che aveva subito quella mattina.
« Non fare l’irragionevole. Devo parlarti, è importante. » Rispose la voce del moro, insistente.
« No. » Sentenziò, prima di sentire, poco dopo, la serratura della porta scattare.
Death the Kid, simmetrico come sempre nei suoi abiti bianchi e neri e con le chiavi di casa sua, sorpassò l’uscio e lo raggiunse nel salotto arredato in stile giapponese, testimone delle origini orientali dei padroni dell’abitazione.
« Tsubaki ti ha dato le chiavi? » Gli chiese, scorbuticamente.
« Esatto. Avevo già messo in conto la possibilità che non mi avresti aperto e… »
Lo sguardo dello Shinigami si posò sulla piantina di adoxa a terra, sui vetri sparsi sul tatami e sulla mano sanguinante del guerriero, con un’espressione che passò dal sorpreso, poi dallo scioccato ed infine al disperato.
« Che hai combinato?! Hai deturpato la perfetta opera di pulizia di Tsubaki e reso il tuo corpo già asimmetrico ancora meno simmetrico! »
Black*Star roteò gli occhi.
« Smettila di farla tanto lunga, Kid. »
« No, no e poi no! Bisogna rimediare e subito! »
Black*Star si sedette a gambe incrociate vicino al tavolino basso nel soggiorno, dandogli sgarbatamente le spalle. Il grande Black*Star non aveva bisogno di essere curato, poteva benissimo convivere con il dolore fisico.
Kid però tornò immediatamente con il necessario per medicargli la mano e pulire dopo il tatami.
Il guerriero preferì non ribattere oltre, con quel figlio di papà e le sue nevrosi non c’era verso di ragionare.
Kid gli prese la mano e, lentamente, estrasse le schegge di vetro e disinfettò i tagli. Il guerriero, stringendo talvolta i denti per non rilasciare nemmeno un gemito, osservava i movimenti precisi e meticolosi dello Shinigami, i cui occhi dorati erano concentrati unicamente sulla ferita che stava ora bendando.
A lavoro finito, Kid gli prese la mano sana e fasciò anche quella con la stessa accuratezza, sotto lo sguardo stranito dell’altro.
« Ecco, così sei di nuovo simmetrico! »
« Non commento nemmeno, Kid. » Mormorò Black*Star, schermandosi gli occhi.
Lo Shinigami si fece improvvisamente serio.
« Perché quella reazione, Black*Star? » Gli chiese.
Il ragazzo distolse lo sguardo, con uno tsk! indisponente. Perché mai avrebbe dovuto discutere con Kid dei suoi problemi, soprattutto se uno dei principali responsabili del suo malessere era proprio il figlio di Shinigami-Sama?
Death the Kid attese pazientemente una sua risposta, ma invano, perché l’amico non accennò un minimo di collaborazione, anzi, solo una ostile indifferenza.
Vedendo che erano giunti ad un punto morto, Kid lo lasciò in pace e si mise a raccogliere i rimasugli del vaso, in silenzio e con la sua solita diligenza.
« Capisco cosa stai passando. Non solo io, lo capiamo tutti. »
Black*Star continuò ad ignorarlo platealmente, preferendo concentrarsi su qualcos’altro.
« E vogliamo che ritorni quello di prima Black*Star, se c’è qualcosa che possiamo fare… »
« Come prima cosa, potresti finirla con questi sentimentalismi. »
Kid si fermò, quando i suoi occhi dorati lo fissarono, vide un’ombra di rimprovero oscurarli. Erano gli occhi di un falco, attenti e freddi, che scavavano nella sua anima, scovandone paure e insicurezze.
« Non è questo l’atteggiamento corretto per affrontare i tuoi problemi. »
« Non farmi la predica, Kid! »
« E tu ascoltami! Non capisci che ti stai riducendo in pezzi con le tue stesse mani, più di quanto ti abbiano distrutto le tue recenti sconfitte? »
Black*Star si alzò con uno scatto, furibondo.
« Questo non è assolutamente vero! » Sentenziò, fronteggiandolo con un’occhiataccia.
« No? Suppongo, allora, che questo vaso l’abbia rotto Tsubaki. » Ribatté Kid. « Dammi retta, comportandoti così non otterrai nulla di buono. Dove è finito il grande Black*Star, l’uomo che vuole trascendere gli dei, il guerriero che non si arrende davanti alle difficoltà e che lotta fino all’ultimo, anche se la situazione è disperata? »
Black*Star digrignò i denti, la replica scostante che voleva rifilargli gli rimase bloccata in gola, resosi conto che, parole simili, Kid gliele aveva già rivolte. Era stato durante il loro scontro alla Shibusen, ma non vi aveva prestato particolarmente attenzione. La prima volta aveva visto esclusivamente l’accusa celata dietro di esse, il velato incoraggiamento che volevano fornirgli lo aveva notato solo ora.
Dopo interminabili secondi di silenzio, Kid fu il primo a cedere nella loro muta battaglia di sguardi, chinandosi per continuare con il suo lavoro di pulizia.
Il guerriero strinse i pugni fasciati, rimuginando sulle parole dello Shinigami. Più che arrabbiato, ora si sentiva la mente annebbiata dalla confusione, come se avesse subito una specie di black out, che lo aveva lasciato con un fastidioso senso di vuoto.
Kid si rialzò, reggendo fra le mani un piccolo vaso di terracotta, nel quale aveva accuratamente trapiantato la piantina di adoxa.
« Il concetto è molto semplice, Black*Star. Vedi questa pianta? Ora è debole, fragile, indifesa, perché è poco più di un misero germoglio. In più, hai rotto il suo vaso e ciò che la sosteneva è venuto improvvisamente meno. Basta semplicemente travasarla, ridarle un supporto e potrà continuare a crescere. » Spiegò, accennando un sorriso. « Hai capito? »                                                                                                                                                                            
Black*Star lo aveva ascoltato attentamente per tutta la durata del discorso, ma l’occhiata vacua che restituì all’amico fu una risposta sufficiente.
« Non fa niente. Prenditi un po’ di tempo per rifletterci sopra. » Sospirò Kid, posando l’adoxa sul tavolino. « Una vacanza sarebbe l’ideale. »
« E dove? » Domandò il guerriero, alzando un sopracciglio.
« Non lo so, a casa di Tsubaki, ad esempio. Era da un po’ che aveva in programma di far visita ai suoi genitori, vero? » Gli suggerì Kid, sorridendo. « Ho sentito che di esemplari di adoxa, lì, ce ne sono a centinaia. »
Non era una così brutta idea, si ritrovò a pensare Black*Star. Una vacanza avrebbe giovato sia a lui che a Tsubaki, un valido pretesto per lasciare la scena, ma solo per poco. Sarebbe ritornato e la sua stella avrebbe brillato ancora, offuscando la misera luce emanata dai suoi avversari. Doveva ammettere che, senza Kid, forse non avrebbe ritrovato quella grinta momentaneamente persa. Lo Shinigami aveva scoperto le sue debolezze, ma non ne aveva approfittato. In qualche modo, il guerriero si era sentito grato per questo.
 
 
 
 
“ Un giorno, il grande Black*Star supererà gli dei. 
E riderà in faccia a tutti coloro che gli hanno sempre detto il contrario. ”

 
  
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Soul Eater / Vai alla pagina dell'autore: Miss Yuri