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Autore: Sylphs    06/10/2014    11 recensioni
Sansa Stark è diventata la protetta di Petyr Baelish. La sorte di Sandor Clegane è invece ignota, lo abbiamo lasciato morente tra le montagne, abbandonato ad agonizzare da Arya. Ma se, poco dopo questi eventi, i due si incontrassero di nuovo? Se lui fosse vivo, e il destino portasse il suo cammino e quello di Sansa a riunirsi? Questa shot parla di un ipotetico ricongiungimento del Mastino e dell'uccellino, e delle conseguenze che un simile evento comporta.
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Petyr Baelish, Sandor Clegane, Sansa Stark
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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The return of the past

 

 

 

Sansa era ormai abituata alla morsa implacabile del corsetto che le stritolava le costole e le impediva una respirazione normale, ma le parve che l'ossigeno l'abbandonasse tutto d'un colpo quando intravide quella sagoma nella folla vociferante, alta e massiccia come un solido tronco di quercia e inconfondibile in mezzo alle altre. Impallidì, la mente affollata da una ridda di pensieri e ricordi confusi, e fu costretta ad appoggiarsi ad una polverosa colonna per non stramazzare a terra, ansimante.

Non può essere...

Sbatté convulsamente le palpebre, sperando o forse temendo in uno scherzo ottico, in un'allucinazione, ma la figura non scomparve, continuò a levarsi imponente e fiera nella moltitudine, avvolta in uno scuro mantello sbrindellato - bianco, una volta era bianco e c'era del sangue sopra - e con addosso un'armatura annerita e ammaccata. L'uomo era di spalle, non poteva scorgerlo in viso, ma quella corporatura, quel vestiario rozzo, gli ingarbugliati capelli mori e spessi...

La mano sinuosa e possessiva di Petyr Baelish le sfiorò una spalla e le labbra del suo tutore le sussurrarono all'orecchio: "Va tutto bene, piccola?"

Sansa si riscosse con un sussulto, costringendosi a staccare gli occhi dalla sagoma familiare, apparsale come un fantasma nella via affollata, e a riportarli sul sorriso pacato di Ditocorto; s'erano seduti su una panchina di marmo sotto un portico elegante e lievemente rialzato e sorseggiavano tè da delicate tazzine di porcellana. La ragazza si accorse che la propria tremava insieme alle mani che la stringevano e che il liquido ambrato all'interno sembrava sul punto di traboccare. Il cuore le pulsava nel petto come un uccellino in gabbia e nella sua testa si dibatteva il ricordo della battaglia ad Approdo del Re, della sua camera buia, di una mano enorme che le artigliava il polso e una voce bestiale che le ingiungeva di cantare.

Non può essere lui... non può essere il Mastino...

Desiderava disperatamente guardare di nuovo dalla sua parte, ma lo sguardo di Petyr Baelish era affilato e scrutatore come sempre e sentiva di non volerlo mettere a parte di ciò che aveva visto, di tenere Sandor Clegane - ma no, non poteva essere davvero lui! - lontano dalle sue grinfie, così impostò un sorriso dolce e tranquillo e rispose senza tentennamenti, sbalordita di aver appreso tanto bene l'arte della menzogna: "Sì, grazie, sto bene. Era solo... un brivido di freddo".

Si domandò, con il cuore in gola, se Ditocorto, il maestro di ogni inganno, l'avrebbe sgamata. Aveva l'impressione che quell'uomo leggesse ogni suo pensiero, che li scartabellasse, sezionasse, esaminasse, e anche se non era più la fragile ragazzina incapace di mentire che aveva lasciato Grande Inverno piena di sogni su cavalieri e balli, di certo non era all'altezza del suo tutore. Però s'era resa conto di intenerirlo facilmente con smorfiette, bronci e sorrisi, forse perchè somigliava moltissimo a sua madre Catelyn, e con l'astuzia che le esperienze le avevano portato in dono ne approfittava ogni volta che se ne presentava l'occasione.

Baelish sorrise a sua volta, imperscrutabile, sfiorandole la guancia serica con la punta delle dita: "Il clima è sempre rigido, ultimamente. Vuoi che ti prenda un mantello, tesoro?"

Il suo tocco, casto ma con un sottofondo sgradevole, di possessivo e bramoso, fece rabbrividire Sansa, ma colse subito la palla al balzo: "Sì! Oh, sì, lo fareste? Ve ne sarei davvero grata..."

Il sorriso di Ditocorto si allargò, la mano non si staccò subito dalla morbida gota della fanciulla: "Questo e altro per te, piccola mia" le sussurrò in un tono impossibile da definire - s'era forse accorto che gli stava nascondendo qualcosa? - "Te lo vado subito a prendere".

Sansa mantenne la propria maschera posata: "Grazie infinite".

Osservò, un po' timorosa, la figura magra e agile di Baelish che si allontanava lungo la via alla ricerca della carrozza dove lei aveva lasciato il suo soprabito e solo quando la folla lo inghiottì si permise di esalare un sospiro di sollievo e di allentare la tensione dei muscoli. Gli era riconoscente d'averla presa con sé e sapeva che senza di lui non sarebbe sopravvissuta un momento, che i Lannister l'avrebbero nuovamente imprigionata tra i loro artigli, ma a volte si sentiva in trappola, si sentiva soffocare dall'intera situazione e uccidere dalla nostalgia per Grande Inverno e per la sua famiglia sterminata.

In quel caso, tuttavia, non c'era tempo per la nostalgia. Tornò subito a fissare il punto in cui le era parso di aver visto il Mastino, agitata, con le candide mani che si torcevano nervose sulla gonna dell'abito bianco e argento e i denti che mordicchiavano ansiosi il labbro inferiore, ma non scorse più la sagoma gigantesca da nessuna parte. Frugò la folla con occhi guizzanti, in ogni angolo della vasta via circondata da colonne e botteghe. Clegane sembrava essersi volatilizzato. Le parve che qualcosa di spiacevole le si sciogliesse nel ventre, che tutto il corpo si afflosciasse un po' di più su se stesso.

Ovviamente era stata un'allucinazione. Da quando aveva lasciato Approdo del Re era tormentata da incubi e visioni, dai volti bianchi e distorti di suo padre, dei suoi fratelli, di Joffrey, Cersei e il Folletto suo marito, la notte si rivoltava instancabile sul letto, sudata e terrorizzata da quei fantasmi che venivano puntuali ad atterrirla e ferirla, e doveva nascondere il suo turbamento a Ditocorto, troppo preso dai suoi innumerevoli intrighi, e a Robert Arryn che all'alba scivolava nella sua stanza, con il muco al naso e gli occhi umidi e bovini, e le si attaccava al seno pretendendo rassicurazioni. In quei momenti ripensava al suo fratellino Rickon, morto a sua volta, e si chiedeva rabbiosamente perchè ad abbracciarla fosse quell'esserino debole e viziato, quella larva, e non il bambino vivace e scalmanato con cui giocava a Grande Inverno, perchè invece di suo padre, l'onesto e integerrimo Ned Stark, la accudisse il doppio e sfuggente Petyr Baelish, Petyr Baelish che l'aveva baciata e aveva ucciso zia Lysa.

Sandor Clegane apparteneva al passato, come suo padre e Rickon e Bran e Robb e Arya. Ad un tempo troppo lontano, ad una Sansa ormai scomparsa, annegata nelle sofferenze e nelle perdite. Non era possibile che facesse ritorno, che emergesse dalle ombre per...

Salvarla?

... insidiarla ancora. Naturalmente...

"Ben trovata, uccellino. Aspetti che il tuo attempato cavaliere ti consegni servizievole un mantello per scaldare il tuo corpicino delicato?"

Sobbalzò, mentre il suo cuore mancava un battito, e balzò in piedi rischiando di rovesciare tutto il tè e gettando un gridolino di spavento che provocò nella presenza che le era scivolata alle spalle una risata aspra e raschiante come il latrato di un cane.

"Ti faccio ancora paura, non è così, uccellino?"

No. No, no, no...

Tremando incontrollabilmente, Sansa si voltò e si ritrovò davanti, a pochi centimetri dal proprio, il volto deturpato e impressionante del Mastino, oscurato da un ghigno schernitore che faceva brillare un luccichio negli occhi scuri e feroci. Era lui, nessun dubbio possibile - emanava anche lo stesso odore, un odore di cuoio, sudore e vino - e la sovrastava, divorandola quasi con la propria ombra, così fuori luogo nella sua nuova vita che istintivamente la ragazza abbassò le palpebre, incapace di accettare la sua presenza.

"Non sei cambiata, uccelletto. Non riesci a guardarmi, come allora".

Udendo quelle parole vagamente rabbiose, Sansa aprì di nuovo gli occhi e li sollevò, ansante, sulla faccia dell'uomo gigantesco. Le ustioni erano forse ancor più terribili di come le ricordava, una ragnatela di cicatrici biancastre e segni rossi che aveva fatto terra bruciata di ogni cosa, ma adesso andava al di là del loro sfacelo, e vedeva le iridi scurissime e cupe, la bocca serrata, i muscoli contratti. Le parve che il Mastino fosse ancor più curvo di prima, più lugubre, più segnato, e il sangue le ronzò con forza nelle orecchie, stordendola e disorientandola.

"Voi... voi..." balbettò incoerente.

Il ghigno derisorio di Sandor si ampliò: "Vedi, uccelletto" grugnì piano: "E' questo l'effetto che faccio alla gente. Tranne che a tua sorella. La piccoletta è troppo presa dalla sete di vendetta per pensare ad una cosuccia come un viso sfigurato".

Sansa sbatté più volte le palpebre: "Mia... mia sorella?"

"Proprio lei".

"Ma... come..." aveva difficoltà a respirare, le sembrava che l'intero mondo ruotasse vorticosamente: "Cosa... ci fate qui?"

Il Mastino era lì. Davanti a lei. Con le sue cicatrici, la sua rabbia, i suoi modi rozzi che tutto suggerivano tranne la delicatezza di un cavaliere.

"Vago, uccelletto" fu la risposta sprezzante, tirata fuori come un boccone disgustoso: "Campo perché non posso fare altro. Ci sono troppi morti e troppi pochi vivi per trovarsi una ricompensa. E quando hai toccato la morte..." si interruppe, squadrandola da capo a piedi con un'intensità tale da farla avvampare violentemente; persino Ditocorto non l'aveva mai guardata così, senza freni, studiando ogni centimetro del suo corpo quasi volesse imprimerselo nella mente, ma Sandor non aveva vergogna, non aveva riguardo, e la esaminava senza dar segno di notare il suo disagio. Sansa aveva l'impressione che il suo sguardo la bruciasse come fuoco e penetrasse l'abito senza difficoltà, arrivando alla pelle nuda. Si agitò, rigida e con le guance in fiamme.

"Sei diventata una donna, uccellino" commentò il Mastino; il tono era indefinibile, non rivelava alcunché dei suoi pensieri: "E che fine hanno fatto i tuoi capelli di fiamma?"

Con un piccolo sussulto, Sansa si portò una mano alla chioma tinta di un banale castano scuro: "Io..."

Non poteva dirgli di Alayne, degli inganni, della messinscena a cui partecipava. Non poteva dirlo a nessuno. Serrò le labbra come a trattenere maggiormente il segreto dentro di sé. Lui sorrise con una sfumatura di leggera amarezza.

"Pensavo..." mormorò infine la ragazza in un soffio: "Che foste morto..."

"Sono morto, infatti" fu la brutale replica: "Carne per i vermi che marciva in mezzo a delle fottute montagne. Quel bastardo d'un prete si preparava a scavarmi la fossa. Ma le bestie non muoiono facilmente" i denti digrignarono per la rabbia: "Avrei preferito crepare, uccelletto, lo avrei preferito".

Sansa non era più abituata a quel parlare schietto, volgare, aggressivo, tuttavia riuscì a guardarlo negli occhi: "Non vi capisco".

"Bene. La morte e il sangue non sono argomenti per le tue orecchie da lady".

Un moto d'ira, di rancore la pervase all'improvviso, repentino come un temporale estivo, e si ritrovò ad esclamare a voce alta, incurante delle regole di buona educazione: "Io ho visto più morte e più sangue di quanto voi possiate immaginare! Mi hanno costretta a vederli, costretta ad accettarli! Non parlate di ciò che non sapete!"

Non appena chiuse la bocca, sgranò gli occhi, inorridita. Quella era una mossa che nè Ditocorto, nè la povera septa Mordane avrebbero mai apprezzato. Aveva gridato? In mezzo ad una strada? Sotto gli occhi di tutti? Arrossì, chinando il capo, e finse di non accorgersi dello sguardo penetrante del Mastino che le scavava l'anima.

"Mi sbagliavo..." fece lui lentamente: "Non sei più l'uccelletto ammaestrato di prima".

Sansa lo osservò di sottecchi, incerta sull'interpretazione da dare alle sue parole: "Avete... nominato mia sorella, prima" partì titubante, ma acquisì forza andando avanti: "Dicono... che ha sposato il bastardo di Bolton. Voi l'avete incontrata?"

Non era mai corso buon sangue tra lei e Arya Faccia di Cavallo, ma avrebbe dato tutto pur di poterla riabbracciare in quel momento.

Sandor serrò la mascella con uno scatto secco: "Parliamo di te, uccelletto. Non eri diventata la moglie del nano? Te l'ha tolto quel mostriciattolo il tuo fiore? Quell'aborto senza palle? Oppure Lord Baelish con tutte le sue fottute trame e il suo giro di puttane?"

Sentendosi come schiaffeggiata, la ragazza indietreggiò: "Smettetela di parlare così..."

"Oh, no, ti parlerò così, invece" il Mastino fece un passo avanti, fremente di rabbia in esubero come sempre, una rabbia che sembrava alimentarsi del suo discorso: "Scommetto che nè il Folletto nè il raccatta troie ti si sono mai rivolti in questo modo. Ti ho vista prima insieme a lui..." i grossi pugni si serrarono: "Gli scaldi il letto, uccellino?"

In un impeto di coraggio, Sansa appoggiò entrambe le mani sul suo petto taurino e lo respinse: "Basta!" gridò scuotendo la testa: "Basta, smettetela di accusarmi! Che cosa ho mai fatto perchè mi accusiate, tutti quanti? Voi, zia Lysa, Joffrey... smettetela, per gli dèi! Ne ho abbastanza!"

Le lacrime le pesavano sulle palpebre, ma era cresciuta, non era più quella di prima, e le ricacciò indietro, fissando con tutto il proprio risentimento la faccia deturpata di Sandor Clegane. Era stanca, stanca delle ingiurie, del disprezzo che le scaricavano addosso.

La voce di lui perse l'accento di sferzante accusa, ma proseguì: "Svolazzi nella gabbia di Petyr Baelish adesso, uccellino?"

Sansa si strinse le braccia al busto, senza chinare la testa, e si permise di essere sincera, per la prima volta da mesi: "Ho forse scelta? Credete che sarei ancora in vita, se così non fosse?"

Si guardarono negli occhi per diversi secondi, immobili, lei con il seno che si alzava e abbassava affannosamente e un rossore adirato sulle guance, lui che la fissava con intensità quasi ferale dalla testa ai piedi. Alla fine, fu il Mastino ad aprire la bocca.

"Saresti dovuta venire" parlava a bassa voce, quasi a se stesso: "Saresti dovuta venire con me quella notte, uccellino. Io ti avrei tenuta al sicuro. L'avrei fatta a pezzi, la tua gabbia. Ti avrei presa e ti avrei tolto quella fottuta tristezza dallo sguardo. Ma ho preso solo la canzone, la tua dannata canzone" improvvisamente, con una sorta di furiosa e supplicante umiltà, le chiese: "Ti faceva tanto orrore la mia faccia, Sansa? Ero così brutto per te? Tutte così, voi sottane di seta. Arriva un damerino pieno di belle parole, e gli date tutto. Ma io non sono un fottuto ser. Io non ho bisogno di una come te. Tua sorella, lei lo ha capito chi governa il mondo. Lei lo ha capito che serviamo la Morte".

Sansa lo fissava, muta, con l'impressione che la via, la folla si fossero dileguati, che non esistesse nulla all'infuori dell'uomo ringhiante e bestiale che le stava di fronte, l'uomo tornato dal passato. Lui si coprì con una mano la parte sfigurata del volto, ruggendo come un animale.

"Al Folletto ti hanno data. A quello sgorbio. Una lady ricoperta di sete e velluti per il nano di merda" gli occhi scuri scintillavano di emozioni incontrollate: "Nella locanda me l'hanno detto. C'era tua sorella, la piccola assassina. Volevo ucciderli tutti e l'ho fatto. Ma cosa cazzo ho ottenuto?" scoppiò a ridere amaramente: "Niente, nemmeno la Morte".

Sansa provò l'impulso, folle e insensato, di allungare una mano e toccarlo come aveva fatto l'ultima notte in cui s'erano visti. Avrebbe trovato, sotto alla barba e alle cicatrici, qualcosa di umido che non era sangue, proprio come quella volta? Egli in qualche modo la disgustava ancora, ma alla ripulsa si mescolava una sorta di oscura, estranea attrazione. Non poteva fare a meno di pensare che forse, se stavolta avesse scelto di seguirlo, lui avrebbe potuto...

Salvarmi.

Ma non era un ser. E non era un alleato. Lui aveva servito Joffrey. Aveva servito i Lannister. Il suo alleato, adesso, era Ditocorto.

Ditocorto che mi ha baciato, Ditocorto che mi ha plagiato. Il Mastino mai mi ha sfiorata contro la mia volontà.

"Ti ho pensata, uccellino" disse Sandor con sincerità animalesca: "Ho pensato alla tua figurina fragile, al tuo profumo di donna-bambina, ai tuoi capelli che quel bastardo ha cambiato. Dicono che hai aiutato il nano ad uccidere Joffrey, è vero?"

Sansa lo fissò senza distogliere lo sguardo: "La gente dice tante cose".

"Non ti biasimerei, uccelletto. Il moccioso ti ha torturata, e tu avevi fame del suo sangue, non negarlo. Io la sento, la puzza delle menzogne".

La ragazza ebbe un leggero brivido, ma rimase ritta e sicura: "Non l'ho ucciso. E neanche il Folletto" non aveva mai pronunciato il nome di suo marito, da quando se n'era andata da Approdo del Re: "Neanche lui lo ha fatto".

Una cupa nube sembrò posarsi sul volto di Sandor: "Avrei dovuto fotterti a sangue e spezzarti il cuore, invece di lasciarti a quel nano*".

Quelle parole, forse, un tempo l'avrebbero inorridita. Ma ora... ora qualcosa le suggeriva, bisbigliandole nella mente, che sebbene bestiali, sebbene violente, potevano essere una dichiarazione. Dichiarazione completamente diversa da quella che aveva sempre sognato, ma che tuttavia...

Di colpo, le parve di ritornare alla realtà ed ebbe uno scatto della testa: "Oh!" pallida, si guardò intorno freneticamente: "Dovete andare. Se lui fa ritorno e vi trova qui a parlare con me..."

"Ti riferisci a quella fottuta serpe con cui adesso te la fai?" la smorfia di lui era una via di mezzo tra un ghigno distorto e un'espressione di collera sanguinosa: "Pensi che abbia paura di lui, uccellino? Che fuggirei come una pecorella se lo vedessi? Lascia che venga. Ho guardato la Morte in faccia, ci piscio sopra alla paura!"

"No, no, vi prego" la fanciulla aveva imparato a farsi di ghiaccio, ad occultarsi dietro un sipario di bugie e falsità, a difendersi con l'unica arma che possedeva, le parole, ma Ditocorto, che le aveva insegnato tutte queste cose, era forse la persona che più temeva - ovviamente dopo i Lannister - e l'idea che lui e il Mastino si fronteggiassero, che passato e presente cozzassero l'uno contro l'altro, l'atterriva: "Andate via, andate via... parleremo poi, se..."

Parleremo poi? Era disposta a rivederlo, a correre ulteriori rischi?

Ma lui mi è caro, come tutte le cose perdute. Lui è stato gentile, non mi ha mai imposto alcunché, mi ha rubato solo una canzone.

"Quindi sei sua, uccellino?" ringhiò tra i denti Sandor Clegane: "Sei dell'uomo a due facce?"

Sansa respirava a fatica: "Io non sono di..."

Le mani enormi del Mastino l'afferrarono improvvisamente per le spalle delicate, serrandole in una morsa tremenda. Subito dopo la schiena della fanciulla, fasciata nella soffice seta dell'abito, urtò con vigore contro una delle colonne che fiancheggiavano la strada, espellendole il fiato dai polmoni, e si ritrovò in trappola, schiacciata contro al corpo fremente e spaventoso di lui, le mani di lui che dalle spalle salivano alla capigliatura e s'avvinghiavano alle ciocche castane, non tanto da farle male ma abbastanza da farle avvertire chiaramente il tocco.

"Non mi piacciono i tuoi capelli" le grugnì sulla pelle, fissandola con occhi luccicanti: "Ti rendono sua".

La posizione in cui si trovavano era fin troppo intima, fin troppo scandalosa soprattutto per una strada affollata, e Alayne sarebbe dovuta essere prudente, avrebbe dovuto gridare aiuto e correre a rifugiarsi presso l'abbraccio protettivo del suo tutore, ma Sansa Stark era come soggiogata, incantata da quella stretta che sapeva di passato e sentimenti perduti, di verità e non di bugia, e non trovava la forza di ribellarsi, fissava il Mastino dritto nelle pupille ferali e scorgeva solo quelle, le ustioni erano fuori dal suo campo visivo, il cuore le batteva selvaggiamente e il sangue le scorreva nelle vene come fuoco.

"Vi prego" ansimò: "Vi prego, cosa state facendo?"

Lui le strinse delicatamente il viso tra le mani - era sempre stato delicato con lei, sempre - e si avvicinò ulteriormente, finché la ragazza non percepì il suo alito bollente sulle gote: "E' questo che vuoi, uccellino?" le chiese con voce più gentile, più umana: "E' lui che desideri? La vita è fottutamente breve, bisogna cogliere l'attimo. Vuoi rimanere nella gabbietta dorata di quel bastardo?"

Il tormento la opprimeva come un macigno, il suo viso era straziato dall'indecisione e dalla sofferenza: "Non... non lo so..."

Petyr Baelish era sicurezza, sopravvivenza, ordine. Sandor Clegane caos, incertezza, distruzione. Già una volta aveva scelto la prima delle due cose. Adesso...

"Mi credono morto, non mi cercano più" continuò il Mastino concitato: "Puoi essere al sicuro con me".

La ragazza si morse il labbro fino a perdere sangue: "Perchè mi fate questo?" gemette disperata: "Perchè?"

Una risata raschiante scosse l'immane torace: "L'uccelletto è sempre così ingenuo..." le dita di Sandor le scorrevano ancora tra i capelli: "Non lo hai capito?"

E poi le si avventò addosso con la foga e la brama di una bestia, di un cane pazzo di desiderio e di rabbia, e la sua bocca schiuse a forza quella di Sansa, le sue labbra ruvide e screpolate premettereo senza dolcezza, senza riguardo su quelle morbide di lei, urgenti, frenetiche, passionali, e la giovane Stark, travolta da quel bacio - forse aveva sognato di essere baciata da lui, nella solitudine estranea e mendace della Valle di Arryn - si ritrovò a soccombere, più incuriosita che spaventata, e a ricambiare titubante le carezze della lingua feroce di Sandor. Petyr Baelish l'aveva baciata lentamente, come se dovesse assaporarla a piccoli sorsi, il Mastino invece sembrava non averne mai abbastanza, la divorava con fame bestiale e, nel frattempo, in un'assurda contraddizione, la stringeva tra le braccia con la massima delicatezza, come se fosse un piccolo e indifeso uccellino dalle ossa fragilissime.

Ma non era più indifesa e non era più bambina, e il suo intero corpo fremeva in risposta alle carezze di lui, la sua bocca accoglieva quella di Sandor e nel ventre un fiotto tiepido serpeggiava lento lungo sentieri di calore ardente.

Sto baciando il Mastino... con la sua brutta faccia... il Mastino è tornato... e se andasse via di nuovo... morirei...

Con la stessa brutalità con cui l'aveva baciata, egli si ritrasse, privandola bruscamente della marea di sensazioni e impulsi che l'aveva invasa, e Sansa sbatté le palpebre, oscillando, il volto bollente, gli occhi lucidi e spalancati, mentre il Mastino arretrava ansimando.

"Io non ce l'ho mai avuta la chiave della tua gabbia, uccellino" le disse con voce spezzata e una nota di curiosa rassegnazione: "Solo tu la possiedi. Ma se deciderai di usarla, domani io sarò qui, e farò a pezzi Ditocorto e tutti quelli che ti toccheranno".

Ancora confusa, ancora in preda al calore del bacio, lei fece per trattenerlo, per toccarlo: "Asp..." ma la folla era numerosa, soverchiante, ed egli si era già mescolato a quelle persone estranee, era già tornato tra le ombre, abbandonandola con le labbra gonfie e doloranti e il ventre in subbuglio. Non fosse stato per quei sintomi, quasi le sarebbe venuto da pensare di aver sognato ogni cosa.

"Alayne!"

Trasalì violentemente e per poco non gridò quando da dietro un pesante mantello le venne adagiato sulle spalle. Petyr Baelish profumava di menta e oli per la pelle - non certo di cuoio e sudore - e la studiava con il capo piegato di lato e un luccichio indefinibile nelle iridi. Sansa, tremante, con il cuore che ancora pulsava impazzito e i capelli in disordine, si strinse convulsamente nel soprabito, pregando che il suo tutore non si accorgesse di quanto accaduto.

Ha visto? Sa?

"G-grazie" farfugliò, tentando di riprendere la padronanza di sé.

Ditocorto, però, non le domandò alcunché. Si limitò a proporle gentilmente, avvolgendole un lungo braccio intorno alle spalle: "Torniamo indietro?" e lei annuì, sollevata, lasciandosi cingere e seguendolo con l'incessante dubbio che avesse assistito al bacio, girandosi un attimo nella direzione in cui il Mastino era scomparso.

"Domani io sarò qui, e farò a pezzi Ditocorto e tutti quelli che ti toccheranno".

Per gli dèi, che cosa doveva fare?

 

Angolo autrice: Hello everyone! Ebbene... torno con un'altra shot SanSan, questi due mi ispirano troppo per metterli da parte *_* diciamo che ho voluto... ehm... "concretizzare" il mio sogno segreto, ovvero che Sandor non sia morto (se è morto, Martin, te la vedrai con me...) e che prima o poi rincontri Sansa e la strappi a Ditocorto. Non ho mai immaginato questo ipotetico incontro come una scena strappalacrime in cui si guardano e corrono l'uno verso l'altra, perchè il loro rapporto è sempre stato molto conflittuale, tormentato, detto e non detto, e dunque dubito che la lontananza ne avrebbe smussato le caratteristiche che da parte mia adoro... quindi, ecco, ho provato a darne una mia interpretazione :') riguardo al luogo non ha importanza, è una città ipotetica, volevo dare rilievo solo al fatto in sé, non m'importava dove sarebbe successo o quando, fate conto che l'evento si svolge poco dopo la dipartita di Sansa e Petyr dalla Valle di Arryn : ) Sansa... boh, me la vedo molto più propensa a capire il vero valore del Mastino a questo punto, a seguito di ciò che ha passato : ) e lui... lui è sempre lui <3 che ve ne pare? Obbrobrio? Consigli e critiche sono preziosi!

Un bacio,

Sylphs

  
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