A sky full of stars.
È iniziato tutto nel
modo più bizzarro, tipicamente
adolescente e assolutamente tossico.
Certi incontri nascono per l’amore condiviso per qualcosa:
un libro, uno sport, un genere letterario, un telefilm, la musica.
A me è successo con una canna.
Era il primo giorno delle vacanze di Natale dell’anno
scorso – me lo ricordo benissimo – e quella sera
faceva un caldo infernale
sulla spiaggia di Sidney.
Ad ogni metro si incappava in un falò diverso con dei
ragazzi che suonavano la chitarra o ascoltavano la loro merda house dai
cellulari.
Io non facevo parte di nessuno di quei gruppi.
Io sono sempre stata strana fin da piccola, con pochi
amici e diversa dai miei compagni, i miei genitori avevano scelto un
nome insolito
per me: Haleine.
Mi avevano chiamata così in onore di un’opera di
Duchamp:
un profumo chiamato "La belle Haleine-eau de voilette".
Stando a quello che dice mia madre Haleine ricorda sia
Elena di Troia – la bella per eccellenza – e la
parola veleno in francese.
Crescendo poi ero persino peggiorata, avevo iniziato ad
appassionarmi alla fotografia, dopo aver fatto i compiti e studiato
spendevo
lunghi pomeriggi nei boschi attorno alla città.
Fin qui posso sembrare la solita hipster del cazzo che
carica foto con effetti vari su Facebook, Tumblr e Instagram per avere
“Mi
piace”.
Errore.
Haleine non mette il mondo a conoscenza di quello che
l’ha colpita, Haleine sviluppa da sola le sue foto e poi
attacca le migliori a
un pannello di sughero in camera sua, accumulando albums anno dopo anno.
Questa abitudine, insieme ai miei capelli azzurri e al
mio vestire sempre di nero mi rendevano una reietta. Quella sera,
infatti, ero
lontana dai suoi fuochi intenta a rollarmi una canna.
Non mi aspettavo compagnia, rimasi sorpresa quando
qualcuno si sedette accanto a me: era un ragazzo abbronzato dai capelli
scuri e
dall’aria asiatica.
“Ciao.”
Aveva esordito.
“Ciao.”
“Ho perso i miei amici e mi chiedevo se ti desse fastidio
condividere con me.”
Io l’avevo guardato come se fosse un alieno.
“Sei sicuro?
Avere a che fare con me ti farà il vuoto attorno a
scuola.”
“E chi se ne frega, ho mollato.
Adesso faccio altro.”
“Va bene. Io sono Haleine, comunque.”
Mi ero presentata senza alzare gli occhi dalla canna che stavo rollando.
“Calum.”
“Sei asiatico?”
“Kiwi.”
“Capisco, scusa per la domanda idiota. Immagino che te
l’abbia fatta la metà di
mille persone.”
Lui aveva scrollato le spalle.
Kiwi è un modo carino per definire i neozelandesi, tra le
varie etnie della Nuova Zelanda ci sono anche i polinesiani, quindi
probabilmente i suoi tratti asiatici venivano di lì.
“Sai che non ho mai sentito il tuo nome?”
“Deriva da un’opera di Duchamp, è una
specie di incrocio tra Elena, la bella
per eccellenza, e
il termine francese
che indica il veleno.”
“Wow.”
“Come sono i tuoi amici?”
“Uhm, Michael ha i capelli azzurri e un colorito cadaverico.
Luke ha i capelli
biondi e gli occhi azzurri, ha un piercing al labbro. Ashton ha i
capelli
biondo dorato e gli occhi tra il verde e il castano, porta sempre una
bandana.”
“Uhm, la descrizione di Luke mi è familiare, per
caso fa Hemmings di cognome?”
“Sì.”
“Tutte le ragazze della mia scuola gli corrono
dietro.”
“Tu no?”
“Non posso negare che sia carino, ma mi piacciono di
più i ragazzi con i
capelli castani.”
Gli faccio l’occhiolino, lui mi sorride.
“Allora hai trovato quello giusto.”
Finisco di rollare la canna e la accendo, inalo il primo tiro.
“Ai ragazzi castani carini che ti capitano intorno per
caso.”
“Alle ragazze misteriose dai capelli azzurri.”
Aveva risposto lui inalando.
Alla fine ce l’eravamo fumata insieme e poi ci eravamo
sdraiati a guardare le stelle insieme, io mezza su di lui.
Ridevamo per niente, stupidamente felici come possono
esserlo solo due adolescenti dopo una canna.
Tutto sembrava strano, fuori posto, divertente.
Il bacio era arrivato come la conclusione naturale di
quella serata, i nostri respiri si erano scambiati ancora un
po’ di erba.
“Adesso devo andare a casa, Calum.”
“Alla prossima.”
Io avevo sorriso in modo inesplicabile, ero sicura che non ci saremmo
rivisti
mai più, ma mi sbagliavo, eccome se mi sbagliavo.
La vera sorpresa la ricevetti il giorno dopo.
I miei erano fuori per prendere le ultime cose per il
pranzo di Natale e io cercavo disperatamente di farmi passare un post
serata
devastante. Avevo bevuto troppo prima di quella canna, fatta con della
roba
troppo pesante, sebbene buona.
Il campanello aveva suonato e io avevo pregato che non
fossero:
a)testimoni di Geova.
b)bambini scout che dovevano raccogliere i fondi per
qualcosa.
c)gente che ti canta le carole per soldi.
Non era nessuno dei tre, sulla porta di casa mia c’era
Calum che guardava me, conciata in uno stato
pietoso.
Avevo una faccia persino più pallida del solito, avevo i
capelli raccolti in una coda molle e indossavo un vecchissimo pigiama
di Winnie
The Pooh.
“Ca-calum!”
“Ciao, Haleine. Vedo che il post sbornia è
problematico.”
Io l’avevo fatto entrare e lui si era diretto in cucina,
sotto il mio sguardo
stupefatto aveva preparato qualcosa e poi mi aveva porto un bicchiere
pieno di una
sostanza verdina semisolida.
Solo l’istintiva fiducia che mi ispirava quel ragazzo mi
aveva indotto a berla, già un quarto d’ora dopo mi
sentivo di nuovo un essere
umano e non un relitto impietosamente buttato a riva dalla marea.
“Come hai fatto a sapere dove abito?”
Gli chiesi curiosa.
“Ho chiesto a Luke e – visto che fate lo stesso
corso di
mate – stamattina è andato a dare una sbirciatina
ai registri inventandosi la
balla che si era dimenticato un libro a scuola.”
Io chiusi gli occhi.
“Lì lascerebbero entrare anche un
terrorista.”
Gli avevo offerto da bere, lui mi aveva offerto una serata da passare
con lui.
Non era proprio uno scambio equo, ma mi andava bene.
Nessuno mi si era mai avvicinato così tanto in modo
consenziente, di solito mi prestavano attenzione per i compiti o per
chiedermi
gli appunti o se finivamo in qualche gruppo insieme.
La cosa mi aveva fatto piacere.
Calum mi aveva fatto piacere, anzi mi aveva proprio
colpita.
Era un ragazzo bello per i miei standard e sapere che si
interessava a me mi rendeva felice e orgogliosa.
Avevamo chiacchierato per una mezz’ora sui nostri artisti
preferiti, poi lui se ne era andato lasciandomi in uno stato di grazia
che non
era sfuggito a mia madre.
“Cosa è successo di bello, Haleine?”
“Un ragazzo che ho conosciuto ai falò ieri sera mi
ha invitato a uscire!”
Lei aveva sorriso.
“È meraviglioso, tesoro! Vai e cerca di
divertirti!”
Solo mia madre avrebbe potuto rispondermi così, a lei non
importava molto
sapere chi era il ragazzo in questione, solo che uscissi. Ammirava il
mio hobby
perché anche papà l’aveva, ma diceva
che non potevo sposarmi con gli alberi, i
fiumi o gli scoiattoli.
Non aveva tutti i torti, ma sapendo com’è finita
forse
avrebbe dovuto fermarmi, il problema era che allora nessuno sapeva che
Calum
sarebbe stato solo una meteora nel mio mondo.
Uno di quei fenomeni che sanno essere meravigliosi e
distruttivi allo stesso tempo, che illuminano tutto e allo stesso tempo
appiccano un fuoco che consuma tutto quello che c’era prima.
Ma forse rifarei tutto, anche se sono ancora piena di
ustioni sono anche piena di luce, della sua luce.
Quel pomeriggio l’ho passato a cercare un abito carino
nell’armadio per decidere di mettere uno dei miei soliti
abiti neri con le
spalline.
Questa era ancora la fase di luce.
Quella serata fu perfetta.
Aveva scelto un Mac Donald vicino alla spiaggia, dalle
vetrate si vedeva il mare e le luci della città riflesse
sull’acqua.
Mi aveva parlato dei suoi genitori, di sua sorella, del
suo basso, della sua band e dei suoi amici; io lo ascoltavo sorridendo.
"E tu?”
“Io? Io amo girare per i boschi e fotografare e davanti a
questo spettacolo mi sono pentita di non avere portato la macchina
fotografica,
i riflessi della luce sull’acqua sono una cosa
fantastica.”
“E io che pensavo volessi fotografare me!”
Io ero arrossita.
“Ti ho già fotografato, a dire la
verità.
Hai presente quando stamattina giocherellavo con quella
vecchia macchina fotografica?
Beh, ne ho approfittato per farti un paio di foto. Sono
uscite bene.”
“Un giorno me le farai vedere.”
Quel giorno non è ancora arrivato e forse non
arriverà mai, lui a quest’ora è a
migliaia di kilometri dall’Australia a realizzare il suo
sogno. Io sono qui
che lo aspetto nello stesso
giorno e nello stesso punto in cui ci siamo incontrati un anno fa.
Patetico,
vero?
Ma io so essere patetica se voglio e amo perdermi nei
miei – nostri – ricordi, sono la luce.
L’unica cosa che mi rimane in questo
inferno di fuoco, dove vivo da quando ho bruciato tutti i ponti che mi
legavano
alla mia vecchia vita per lui.
Dopo il Mac mi aveva portata a fare un giro sul
lungomare, avevamo comprato dei braccialetti uguali e lui mi aveva
comprato una
collana che mi piaceva (inutile dire che è diventata la mia
preferita) e ci eravamo
fatti foto da scemi/innamorati a una di quelle macchinette che fanno
foto in
formato fototessera.
Ovviamente le conservo ancora, sono attaccate sotto le
foto che le ho fatto quella mattina e non è passato giorno
che non le
guardassi.
Giorno dopo giorno le nostre espressioni innocenti si
sono impresse nella mia mente, l’unico modo che abbia trovato
per eliminare
l’amaro di quando la nostra storia è stata
stroncata.
Per me Calum era semplicemente Calum, il ragazzo che
aveva trovato simpatica, bella, baciabile una stramboide come me.
Ignoravo che c’era
anche un altro Calum, quello famoso, quello emergente, quello dei 5
Seconds of
Summer.
Dopo quella volta ci eravamo visti ancora un paio di
volte, erano state due serate perfette – schegge di luce
– l’avrebbe mai detto
qualcuno che l’eccessiva luce fa male quanto la tenebra
più oscura?
Mi aveva portato al luna park e a un parco a tema horror,
lì avevo percepito qualcosa che non andava. Non in Calum,
lui era sempre il
ragazzo gentile e un po’ironico, ma
nell’atteggiamento della gente attorno a
noi: ci guardavano con un misto di invidia e incredulità.
“Cal, perché ci guardano
così?”
“Perché sono abbagliati dalla tua cerulea
bellezza, ninfa dei boschi!”
Io gli avevo dato una leggera gomitata nelle costole.
“Dai, Cal! Mi conoscono e non mi hanno mai voluta vedere,
perché mi guardano solo ora che sono con te?”
Un’ombra era passata nei suoi occhi scuri, poi lui mi aveva
baciato a
tradimento.
“Allora sarà perché non hanno mai visto
un kiwi sexy come
me.”
Aveva tagliato corto lui, ma non ci avevo creduto molto,
avevo come l’impressione che mi nascondesse qualcosa. Ben
presto avrei scoperto
cosa.
È successo tutto in un modo abbastanza casuale, una mia
compagna di classe indossava una maglia di un gruppo chiamato 5 Seconds
of
Summer, le ho chiesto chi fossero.
“Oh, sono una band di Sidney. Aprono i concerti degli One
Direction, ma sono davvero forti, dovresti ascoltare almeno una loro
canzone.”
“Sì, perché no?”
Le avevo detto e quando sono arrivata a casa ho acceso il
computer e sono andata su You Tube, tra i vari video ho scelto
“Try hard” e ho
subito riconosciuto Hemmings e poi con grandissimo stupore Calum.
Ma d’altronde qualcosa doveva pur fare dopo aver mollato
la scuola, non credevo fosse in una band e soprattutto che non me
l’avesse mai
detto.
Quel giorno l’ho chiamato e la luce ha iniziato a
trasformarsi in una leggera fiammella.
Arrivò a casa mia di corsa, aveva capito dal mio tono che
era successo qualcosa di grave.
“Haleine, cosa è successo?”
“Perché non mi hai detto di essere
in una band?
Perché non mi hai mai detto di essere famoso?
Io pensavo di interessarti e mi piaceva pensare a te come
mio ragazzo.”
Avevo abbassato gli occhi e lui mi aveva rialzato il volto.
“Ehi, sei ancora la mia ragazza. Non ti ho detto nulla
perché eri la prima persona che mi trattava da persona
normale dopo secoli.”
“Sono la tua ragazza?”
“Solo se vuoi.”
Io l’avevo baciato, non desideravo altro che stare con
quel kiwi dolce e un po’ strampalato, non ho mai pensato che
stavo dando inizio
all’incendio che avrebbe distrutto la mia vita, lasciandosi
dietro solo cenere
bianca. Ora mi piace camminare sulla cenere, è come neve,
basta solo ignorare
che è quello che rimane della tua vita.
Dopo quel pomeriggio mi ha presentato a Luke, Ashton e
Mike, siamo andati subito d’accordo. Mike soprattutto ha
apprezzato le mie
foto, mi ha chiesto un po’ di consigli e di trucchi e siamo
diventati
istantaneamente amici. A Calum andava bene, preferiva che la sua
ragazza
andasse d’accordo con i suoi amici a un rapporto di
ostilità.
Mike mi ha accompagnato un paio di volte durante i miei
pellegrinaggi per i boschi, incantato dalla natura e dalle foto che
facevo. Non sempre
usavo una macchina
per cui fosse necessario sviluppare, avevo anche una reflex digitale.
Un giorno, seduti su un sasso, mentre guardavamo le foto
che avevo appena scattato gli chiesi una cosa che mi pesava sul cuore
da un
po’.
“Michael, secondo te Calum mi ama?”
Lui si era grattato i capelli verdi.
“Credo proprio di sì, ma non so quanto
durerà.”
Qualcosa si era gelato dentro di me, iniziavo a vedere la piccola
fiammella.
“Cosa vuoi dire?”
“Che Calum il ragazzo normale ti ama, ma non è
detto che Calum dei 5 Seconds of
Summer possa farlo. Ci sono sempre i manager di mezzo e magari a loro
farebbe
piacere vederci sempre single, sai, per dare speranza alle
fan.”
Il fuoco aveva iniziato a bruciare un pochino di più, la mia
paura invece di
diminuire per le parole di Michael era aumentata.
Mi ero alzata da quella scomoda roccia con un brutto
presentimento addosso, di quelli che ti gelano le ossa e ti fanno
rimbombare il
battito cardiaco in tutto il corpo, di quelli che ti fanno sentire come
staccata dal tuo corpo.
Le gambe che si stavano muovendo vicino a quelle di Mike,
attente a non scivolare, non erano di Haleine, ma di
un’estranea che le
somigliava molto.
In ogni caso la mia storia con Calum durò per altre due
settimane, ci divertivamo da matti insieme, ci baciavamo un sacco. Lui
mi
insegnava a giocare a FIFA, io gli insegnavo i miei segreti da
fotografa.
Se le guardo adesso le vedo come l’unica raduna salva da
un grande incendio, sono i miei ricordi migliori, la ragione per cui
ogni
mattina mi alzo dal letto. Spero sempre di poter tornare lì
e di sentire le sue
labbra carnose sulle mie, la sua mano grande e calda nella mia piccola
e
fredda, le nostre risate, le chiacchiere infinite su quello che ci
sarebbe
piaciuto fare: sogni, chimere, incubi.
Sospiro.
Come un anno fa la spiaggia pullula di falò e io sono
ancora da sola, come sempre. L’unico che sento ancora con una
certa frequenza è
Michael e lui mi dà informazioni su Calum e dice che non
è felice.
Beh, nemmeno io sono felice, mi dico, scavando una
piccola fossa con un piede coperto solo dalle mie vans.
Mi manca da morire, darei la mia vita per ritornare a
quando eravamo così ingenuamente felici e fiduciosi che
potessimo stare insieme
per sempre.
Quel periodo è stato come un sogno e tutti i sogni
muoiono all’alba.
Le prime
avvisaglie serie dell’incendio sono arrivate in modo innocuo:
Calum mi aveva
invitata fuori a cena. Era una cosa normale, da quando stavamo insieme
uscivamo
spesso per
mangiarci una pizza o altro.
Che quella non sarebbe stata una serata normale l’ho
capito dalla faccia che aveva quando mi è venuto a prendere:
era scura come non
l’avevo mai vista.
“Va tutto bene, Calum?”
Gli avevo stupidamente chiesto, lui non mi aveva risposto, aveva solo
messo in
moto la macchina e poi mi aveva portata al Mac dove eravamo andati a
mangiare
la prima volta che eravamo usciti insieme.
Ritirammo i nostri menù e poi si decise ad aprire bocca,
sembrava non avesse non avesse minimamente voglia di farlo, che
preferisse
essere muto.
“Haleine, devo dirti una cosa.”
“Dimmi.”
“Noi non possiamo più vederci.”
Fiamme, fiamme ovunque.
“Perché?”
Avevo boccheggiato.
“Cosa ho fatto di sbagliato?”
Lui aveva tentato di stringere le mie mani tra le sue, ma io le avevo
tirate
indietro. In quel momento per me Calum non era più la luce
che avevo imparato
ad amare, era solo fiamma distruttrice, un pericolo.
“No, non hai fatto nulla di sbagliato, solo che il
manager non vuole che ci frequentiamo. Pensa che sarebbe nocivo per la
mia
immagine.”
“E a me non hai pensato?”
Lui abbassa gli occhi.
“Avevi promesso che ci saresti sempre stato, che ogni
volta avessi avuto bisogno avrei potuto contare su di te e che
mi… mi … amavi.
Adesso scopro che mi hai raccontato un mucchio di bugie!”
“Non ti ho raccontato nessuna bugia, io…”
“Tu cosa? Invece di provare a combattere per noi hai piegato
la testa e hai
acconsentito a farmi uscire dalla tua vita. Mi hai mentito, Calum.
Hai detto e fatto delle promesse che sapevi di non poter
mantenere, avresti fatto meglio a stare zitto!”
Mi alzai dalla sedia, trattenendo le lacrime e girai i
tacchi. La mia cena era ancora lì, intatta.
Congelata nel tempo come tutte le belle parole che mi
aveva detto il tizio con cui avevo diviso il tavolo.
Adesso stavo bruciando e nessuno poteva aiutarmi. Piansi
sulle spalle di mia madre, parlai con Michael e mi feci consolare dai
suoi
messaggi, ma non era abbastanza. Niente era mai abbastanza, non avevo
voglia di
uscire, avevo persino smesso di andare nei miei amati boschi. Dedicavo
tutto il
mio tempo alla scuola.
Mia madre – dopo un primo momento in cui si era mostrata
comprensiva – aveva iniziato a essere insofferente. Senza
chiedere il mio
permesso aveva iniziato a invitare a cena tutti i figli delle sue
amiche. Io
avevo partecipato a due cene e poi mi ero rifugiata nei miei amati
boschi e
avevo iniziato a fare una serie di foto spettrali e inquietanti dei
posti a me
più noti alla luce della luna.
Mamma non aveva gradito, avevamo litigato e ci eravamo
dette di tutto; dal fatto che lei non avesse il diritto di
intromettersi così
tanto nella mia vita, al fatto che io ero una stupida a credere che un
ragazzo
famoso potesse davvero stare con me.
Le fiabe non
esistono, Haleine. Mi aveva
detto
aggiungendo benzina al fuoco. Adesso è tutto spento, io e
lei ci parliamo a
malapena.
Ormai siamo solo cenere.
Parlo con mio padre perché ha saggiamente deciso di
tenersi fuori dalla questione, a mia madre invece non fa piacere che io
continui a seguire il gruppo di Cal e la sua vita come una fan
qualunque.
Il giorno in cui si è fidanzato con Demi Lovato ho pianto
tutte le lacrime che mi erano rimaste, mi sono sentita sconfitta e
dimenticata.
Adesso sono qui, ho in mano questa canna e tra poco la
accenderò come un anno fa.
Per tutti quelli che sono partiti e hanno spezzato un
cuore.
Per chi ha sofferto per una partenza come se gli
strappassero un pezzo di cuore.
Per i pazzi.
Per gli strani.
Per chi vive all’inferno.
Per chi vive in un mondo fatto di cenere.
Perché chi vive senza una meta.
Per tutti quelli che non riescono a trovare il loro posto
nel mondo.
Per chi è a disagio con i fighetti, ma non si trova
nemmeno nelle idee e nei modi di fare dei cosiddetti alternativi.
Per chi dice di essere vivo, ma se lo guardi negli occhi
vedi due orbite vuote che mostrano con una sorta di perverso piacere il
cranio.
Per me.
Per te.
Per noi.
Per quello che avrebbe potuto essere e non è stato.
Click.
Una fiammella accende la punta e sento qualcuno che si
siede vicino a me.
“Posso sedermi qui?”
“Quel posto è tuo e lo sarà sempre.
Cosa ci fai qui, comunque?
Non dovresti essere da Demi?”
Lui storce il naso.
“Non ci amiamo, è solo una montatura pubblicitaria
e io
l’ho accettata perché lei mi ricorda te.
Abbiamo appena rotto.”
“E adesso cosa vuoi? Che ti consoli?”
“No, voglio tornare a quei quindici giorni in cui siamo stati
insieme.”
“Per poi andartene di nuovo?”
“Sono tornato per restare e combattere per noi.”
Lo guardo negli occhi, riflettono le stelle e sono sinceri; io sorrido
appena.
“Ne sei davvero sicuro, Calum?”
“Sì, ho anche litigato con il manager.”
Dovrei allontanarlo, lui per me è fuoco, ma sin da piccola
ho sempre amato
giocare con il fuoco.
“E va bene.”
Ci baciamo sotto le stelle come la prima volta che ci siamo visti. Dopo
mesi
sento di aver ritrovato il mio posto.
Sopra di noi un cielo pieno di stelle che – spero –
ci
proteggerà e che ci porterà solo luce, senza
dolore.