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Autore: Franfiction6277    08/10/2014    1 recensioni
Ma quella sera c'era qualcosa di particolare, Shannon aveva la strana sensazione che se fosse uscito di casa, gli sarebbe accaduto qualcosa di irreparabile.
Forse era solo la stanchezza che lo portava ad avere certi pensieri assurdi, ma improvvisamente si sentiva come se il peso del mondo fosse tutto sulle sue spalle.
Genere: Erotico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Shannon Leto
Note: Lemon | Avvertimenti: PWP
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Dedico questa one-shot alla mia cara amica Angie. Ti voglio bene!


"Andiamo in discoteca? Stanotte mi voglio scatenare!" esclamò Kirstina, guardandolo dal letto dove poco prima avevano consumato un amplesso veloce e di poco conto.
Shannon alzò gli occhi al cielo, gemendo dentro di sé per la frustrazione: quella sera non aveva proprio voglia di uscire.
Era stanco, a dir poco spossato dopo il Carnivores Tour, e voleva solo dormire fino al 3 ottobre.
"Dai, Shannon, ti prego!" lo supplicò Kirstina, con la sua solita esuberanza che talvolta la faceva apparire pesante e infantile.
Shannon sospirò, arrendendosi: se lei voleva qualcosa, lui gliela dava subito piuttosto che sentirla supplicarlo per giorni interi.
Ma quella sera c'era qualcosa di particolare, Shannon aveva la strana sensazione che se fosse uscito di casa, gli sarebbe accaduto qualcosa di irreparabile.
Forse era solo la stanchezza che lo portava ad avere certi pensieri assurdi, ma improvvisamente si sentiva come se il peso del mondo fosse tutto sulle sue spalle.
Nonostante questo, si alzò dal letto e andò a farsi una doccia veloce, mentre Kirstina batteva le mani come una foca entusiasta.
Si mise un paio di jeans stretti sbiaditi e scuciti ad arte in alcuni punti, una canottiera aperta ai lati blu e con una divertente scenetta di un'orgia e il cappello della Black Fuel perché non aveva alcuna intenzione di essere riconosciuto, anche se la sua fama di certo non era nemmeno paragonabile a quella di suo fratello Jared, che aveva sentito al telefono un'ora prima e che a quanto pare era stanco morto quanto lui.
Si infilò le sue Nike bianche preferite, si sentiva meglio quando si vestiva con cose che gli piacevano particolarmente e soprattutto quando non si vestiva come un damerino.
"Prendiamo la mia macchina" disse Kirstina, che indossava un tubino rosso succinto.
Il modo in cui era vestita fece piacere alla sua vista, ma ormai non c'era niente che non avesse già visto. Scrollò le spalle, apparentemente disinteressato.

Quando arrivarono alla discoteca The Bite, Shannon voleva solo chiamare un taxi e tornare a casa: il posto pullulava di gente fuori, ma sapeva che non avrebbe dovuto fare nessuna fila perché, insomma... lui era Shannon Leto.
Scese dalla macchina come se stesse andando al patibolo, Kirstina lo teneva marcato stretto a braccetto.
Il buttafuori lo riconobbe subito, nonostante avesse lo sguardo basso e gli occhi nascosti dal cappello, e li fece passare con un "Buonasera, signor Leto".
"La fama ha i suoi pro" disse Kirstina, deliziata.
"Ah, diavolo, se sapessi cosa si prova a suonare la batteria per tutta la vita per passione e poi un giorno ritrovarti in una band di fama mondiale" pensò Shannon, ma non lo disse ad alta voce perché lei non poteva capire che la fama non piaceva a tutti.
La fama era una prigione soffocante, era una prigione con tutto il mondo che ti guardava dall'esterno, e tu potevi solo andare avanti e sorridere perché l'apparenza era tutto.
E lui odiava le prigioni, odiava le costrizioni, odiava qualunque cosa potesse significare essere chiuso tra quattro mura contro la propria volontà.
Ma quella sera avrebbe preferito senza dubbio restare tra le 4 mura della sua adorata casa di Los Angeles, che non si godeva mai abbastanza.
Quando entrarono, Shannon fu subito travolto dalla musica techno che pompava nelle casse a un volume a cui fortunatamente era abituato, ma che quella sera lo faceva star male.
Le luci erano troppo forti, l'odore di sudore e alcol era insopportabile, era tutto semplicemente... troppo.
"Io vado al bar" disse Shannon a Kirstina, che stava già meditando di buttarsi in pista.
Che lo facesse pure, che si scopasse qualcuno nei bagni, basta che non interrompesse il suo magnifico proposito di sbronzarsi.
Si diresse verso il bar come se fosse il più ricco dei buffet, e fortunatamente il bancone in quel momento era vuoto.
Si sedette, appoggiando mollemente le braccia al bancone, come se fosse un corpo senza vita.
"Cosa posso portarle?" chiese una voce femminile, con un forte accento straniero, senza dubbio la barista.
Shannon non alzò nemmeno lo sguardo, le chiese di portargli una birra, senza aggiungere altro.
Fu servito in silenzio, e notò solamente la mano delicata e smaltata di nero della barista.
La sua curiosità era forte, sentiva quasi una calamita che lo attraeva, che gli diceva di alzare lo sguardo e la strana sensazione di prima tornò a invaderlo con prepotenza.
Arrendendosi al destino o a qualunque fottuta cosa volessero chiamarla, alzò lo sguardo e si ritrovò davanti dei luminosi occhi castani contornati da delle lunghe e folte ciglia.
La matita nera che circondava gli occhi ne risaltava il colore e la luminosità, ma era proprio il suo sguardo ad attirarlo come una calamita, come se quella ragazza lo conoscesse da una vita.
Improvvisamente Shannon si dimenticò della stanchezza e della frustrazione che da mesi lo tormentavano senza sosta.
Prese un sorso di birra, continuando a guardare furtivamente la ragazza che con un sorrisetto tornò a lavare bicchieri e a pulire lì intorno.
Aveva dei lunghi capelli neri che però erano quasi rossi quando la luce della discoteca la illuminava casualmente.
Shannon finì il bicchiere di birra e senza parlare se ne versò un altro dalla bottiglia che lei aveva posato lì accanto, senza toglierle gli occhi di dosso.
Dall'altezza a cui si trovava, riuscì a notare che aveva un seno non troppo abbondante ma senza dubbio allettante per la sua costituzione.
"Come ti chiami?" le chiese all'improvviso Shannon, non riuscendo a mascherare la sua curiosità.
Lei alzò lo sguardo, sorpresa per la sua attenzione, ma le avevano insegnato che se un cliente voleva fare conversazione, lei doveva concederglielo.
"Angie" rispose distrattamente, cercando di non pensare che... diamine, quello era Shannon Leto.
Lo aveva riconosciuto da quando si era seduto al bancone, e grazie al cielo lui aveva tenuto tutto il tempo lo sguardo basso... almeno fino a quel momento.
"Io mi chiamo Shannon" rispose lui, e lei sorrise tra sé pensando che già lo sapeva.
"Piacere di conoscerla" replicò Angie, e Shannon si rese conto che lo stava facendo meccanicamente, come se fosse un dovere.
Questo lo fece irritare, voleva che lei gli prestasse attenzione come lui stava facendo con lei.
"Angie, come la canzone dei Rolling Stones" mormorò il batterista, e lei fece un sorrisetto sghembo, senza rispondere.
Almeno in quello sembrava spontanea, sembrava nascondere un segreto che sapeva solo lei e a cui gli era fermamente vietato l'accesso.
Quando lei si girò di lato per servire un altro cliente appena arrivato, Shannon notò un tatuaggio sotto il top nero che indossava, una scritta che in quel momento non riusciva a leggere.
La curiosità lo stava divorando: cosa nascondeva? Doveva scoprirlo.
Angie cercò di nascondere il suo tatuaggio come meglio potè, notando che lui aveva abbassato lo sguardo in quella direzione almeno dieci volte nell'ultimo minuto.
Se fosse riuscito a leggere la scritta, per lei sarebbe finita.
"Mi puoi portare un'altra birra?" chiese Shannon, non più intenzionato a sbronzarsi.
Se voleva che si avvicinasse, doveva fare in modo di attirare la sua attenzione.
Angie annuì, servendogliene una al volo: il bancone stava cominciando ad affollarsi.
Shannon si irritò ulteriormente, ma non poteva impedirle di fare il suo dovere.
Dannazione, quella ragazza era la cosa più interessante che avesse mai visto... e non sapeva nemmeno perché.
Sapeva solo che voleva portarla via di lì, parlarle, scoprire quel segreto che si celava sotto lo sguardo prudente che aveva indossato da quando era arrivato al bancone.
Angie imprecò tra sé, desiderando di avere il potere di cancellare momentaneamente il suo tatuaggio.
Andava fiera ogni giorno di quel tatuaggio ma, dannazione, non poteva immaginare che avrebbe incontrato Shannon Leto in quelle circostanze.
Con un po' di fortuna lui se ne sarebbe andato dopo qualche ora e lei avrebbe potuto continuare a fare il suo lavoro senza l'ansia che le divorava lo stomaco.
Shannon finì la sua seconda birra, ringraziando il cielo che avesse imparato a reggere l'alcol già da giovane.
Notò Kirstina che si avvicinava saltellando e non poté evitare di fare un gemito di disperazione, che per fortuna lei non sentì.
"Vieni a ballare?" chiese, con un sorriso. Era davvero splendida, ma Shannon non la guardava davvero.
"D'accordo" si arrese, posando una banconota da 20 dollari sul bancone.
"Tieni il resto" disse ad Angie, con un sorriso.
Lei ricambiò il sorriso con uno alquanto teso, mentre guardava Kirstina come se volesse strangolarla a mani nude.
Shannon inclinò la testa di lato, incuriosito, ma Kirstina lo trascinò via prima che potesse pensarci troppo.
Kirstina lo portò in mezzo ai corpi che emanavano sudore e adrenalina, avvinghiandosi a lui in un abbraccio che poteva essere considerato illegale, ma non lì dentro; a confronto loro sembravano una delle coppie meno volgari.
Angie non poté evitare di osservare il batterista ogni qualvolta ne aveva l'occasione, ma lui non sembrava particolarmente entusiasta: aveva notato immediatamente che era stanco, aveva gli occhi spenti, arrossati e lucidi per l'alcol ingerito e per le luci intermittenti che erano a dir poco accecanti anche per lei che lavorava in quel dannato posto ogni sera per 8 ore... da mesi.
Li osservava ballare: lui aveva giocosamente tirato la visiera dall'altra parte, verso il basso, come faceva ai concerti, e la cosa lo rendeva quasi un ragazzino e non un uomo di 44 anni.
Lei era a dir poco da censura: gli cingeva la vita con le braccia, infilandogli le mani sotto la maglia e accarezzandogli la schiena su e giù, mentre strusciava il bacino sul suo.
Angie sentì improvvisamente un'ondata di calore pervaderle il bassoventre, mentre guardava il batterista e la modella mentre nella sua mente l'immagine di lei si sostituiva con Angie al suo posto.
Era una Echelon da anni, Shannon era il suo membro della band preferito, ma lui non l'avrebbe mai saputo.
Chiuse gli occhi e si sentì circondare il corpo dalle braccia del batterista, quell'unico abbraccio caloroso che aveva ricevuto solo il 13 luglio 2013, il giorno più bello della sua vita, quando si era sentita finalmente a casa.
Quando li riaprì, si voltò di riflesso verso Shannon e notò che la stava scrutando attentamente, mentre Kirstina continuava a strusciarglisi addosso.
Angie arrossì violentemente, abbassando lo sguardo, temendo quasi che lui potesse leggerle nel pensiero.
Shannon avrebbe ucciso per sapere a cosa stava pensando la barista, in quel momento: aveva distolto lo sguardo come se le facesse male guardarlo, come se stesse nascondendo qualcosa di inconfessabile.
Sentiva un legame con lei, c'era qualcosa in lei che lo attirava a livello profondo.
Kirstina intanto era stata attirata da un uomo alto, biondo e con gli occhi azzurri: il tipico californiano che sognano tutte.
"Vado a fare un giro" le disse Shannon, e lei annuì distrattamente.
Molto tempo prima avevano concordato sull'avere una relazione aperta, e a Shannon non dispiaceva affatto.
Non era geloso, non gli importava, non aveva mai avuto una relazione seria e di certo Kirstina non era la donna adatta per intraprenderne una.
Shannon guardò brevemente la barista, che era occupata a creare un cocktail, e senza farsi vedere calò la visiera sul viso e si diresse verso la direzione della discoteca.
"Gradirei parlare con il signor Brown" disse Shannon al buttafuori che l'aveva fatto entrare prima.
"Certo, signor Leto" rispose lui, e bussò due volte alla porta della direzione.
"Avanti" urlò il signor Brown, mentre nascondeva in malo modo una striscia di coca che si stava facendo proprio in quel momento.
Shannon sorrise ironicamente, pensando alla sua giovinezza, e si sedette di fronte alla scrivania senza essere invitato a farlo.
"Shannon, che piacere" esclamò il signor Brown, tendendogli la mano.
Shannon la strinse brevemente, volendo arrivare immediatamente al punto.
"James, ho bisogno che tu dia un permesso di uscita anticipata a una delle tue dipendenti" esordì Shannon, e il direttore del Bite inarcò le sopracciglia sorpreso.
"Shan, sai che qui non c'è più prostituzione da parecchi anni" rispose James, benevolo.
"Sì, dannazione, lo so. Non voglio scoparmela, voglio solo parlarci" ribatté Shannon, irritato.
"Ok, d'accordo. Chi è?" chiese James, prendendo la cornetta del telefono per prepararsi a chiamare la diretta interessata.
"Angie" rispose Shannon, e James sgranò gli occhi.
Se James era sorpreso, non lo diede a vedere, ma fece il numero del bar in silenziò e mise il vivavoce.
"Sì, signore?" rispose Angie al secondo squillo, facendo sorridere Shannon.
"Voglio che esci prima stasera, Angie. Tra, diciamo..." il signor Brown vide Shannon che gli indicava un tempo di 10 minuti.
"...10 minuti. Ti faccio accompagnare a casa io" continuò James.
"Ma... signore? Sono entrata da appena 3 ore" rispose Angie, scioccata.
Shannon soffocò una risatina, mordendosi il labbro inferiore, e anche James per poco non le rise in faccia, tornando però subito serio.
"Dannazione, fai quello che ti dico!" esclamò, cominciando a innervosirsi.
"D'accordo, signore. Grazie" sussurrò Angie, e James riappese.
"Spero che ne sia valsa la pena, Shannon, visto che Angie è la mia barista più competente" disse James.
"Oh, non temere" rispose Shannon, e un lampo di comprensione passò tra loro.
Shannon venne scortato verso l'uscita dai buttafuori, però prima mandò un sms a Kirstina dicendole che se ne tornava a casa perché era troppo stanco; probabilmente lei l'avrebbe letto solo la mattina successiva.
Aspettò che Angie uscisse dal retro, dove gli aveva indicato James, e quando dopo 5 minuti la vide avanzare verso il parcheggio, gli sembrò la cosa più bella che avesse mai visto.
Indossava una felpa lunga che ne nascondeva le forme, ma i leggings neri le fasciavano le gambe lunghe e toniche, e ai piedi portava delle Converse nere basse.
Era una ragazza a cui non piaceva vestirsi elegante, notò Shannon.
Lei non l'aveva ancora notato, ma quando girò lo sguardo verso il muro che faceva ad angolo tra la discoteca e il parcheggio, si immobilizzò.
"Sei stato tu a farmi uscire prima" esclamò, dandosi della stupida per non averci pensato subito.
In tre mesi in cui aveva lavorato lì, si era fatta le sue estenuanti 8 ore ogni sera, e non le avevano mai dato un giorno di riposo, tranne qualche lunedì.
"Forse" rispose Shannon, con un sorrisetto.
Angie scosse la testa, divertita e scioccata allo stesso tempo, mentre cercava di ignorarlo e proseguire verso la sua moto che parcheggiava sempre nell'angolo lontano del parcheggio, in modo che a nessuno venisse in mente di farsi tutta quella strada per rubargliela.
"Beh, ti ringrazio per il regalo" mormorò, sorridendo mentre impugnava il casco per infilarselo, ormai arrivata accanto alla moto.
"Vorrei qualcosa in cambio, però" disse Shannon con voce roca.
Angie si irrigidì, mentre le parole del batterista le avevano fatto venire un improvviso calore nonostante il freddo dell'autunno che stava giungendo inesorabile.
"Non sono una prostituta, sono solo una barista" rise la ragazza, mentre Shannon era ormai di fronte a lei.
"Oh, dannazione, non voglio scoparti" sbottò il batterista, nonostante il suo corpo gli dicesse tutt'altro.
Angie sbatté più volte le palpebre, sorpresa, e trattenne il casco che stava quasi per caderle dalle mani.
"Voglio solo parlare" continuò, con voce più morbida.
Era così attraente, pensò Angie, con quegli occhi cangianti che sembravano leggerle dentro e che risplendevano come quando suonava la batteria.
"D'accordo" si ritrovò a rispondere la barista, mentre gli porgeva il suo casco.
Lui lo prese di riflesso, mentre lei ne prendeva un altro dallo spazio che si trovava sotto il sedile della moto.
Se lo mise, calando la visiera e nascondendo il suo viso al batterista.
Lui fece lo stesso, mentre faceva per montare al posto del guidatore.
"No, è la mia moto e la guido io" gli disse Angie, e lui scoppiò a ridere.
Per fortuna non poteva vedere il rossore che aveva pervaso le guance della barista.
Lei si sedette e aspettò che lui facesse lo stesso: quando sentì le cosce di Shannon avvolgere le sue, le mancò il respiro e appannò la visiera del casco per il respiro che ormai stava diventando sempre più pesante.
Quando poi lui le avvolse le braccia attorno ai fianchi, lei pensò che in quel momento sarebbe stramazzata al suolo senza vita.
Deglutendo a vuoto, accese la moto e cercò di concentrarsi sulla strada.
"Dove vuoi andare?" gli chiese e, quando lui le diede l'indirizzo, lei non aveva la più pallida idea di dove la stesse trascinando, ma obbedì in silenzio.
Arrivarono a destinazione dopo 20 minuti, nonostante le strade di Los Angeles pullulassero di ragazzi che stavano andando a divertirsi, dato che era sabato sera.
Shannon scese per primo, interrompendo a malavoglia il contatto con i fianchi di lei, e sperò che il fatto di averla portata a casa sua non la facesse insospettire sul fatto di non volersela scopare.
In realtà voleva farlo, ma aveva intuito da subito che lei non era una persona da sesso occasionale... e chi era lui per costituire un'eccezione?
Appena entrarono in casa, Angie seppe subito di essersi messa nei casini: da fuori non aveva riconosciuto la casa, ma ora vedeva quel camino con i teschi tutti appoggiati sopra e le venne in mente la foto postata da lui su Instagram, tempo prima.
Cercò di mascherare il fatto che sapeva esattamente dove si trovassero, e gli chiese innocentemente se fosse casa sua: se lui avesse mentito, lei se ne sarebbe andata.
"Sì" rispose Shannon, con voce cauta, e lei sorrise senza guardarlo.
"Ti prego, non pensare che ti abbia portata qui per motivi... beh, hai capito" borbottò il batterista, e Angie lo guardò, stupita dalla sua improvvisa timidezza.
"Tranquillo, anche se mi pare che più che altro tu stia cercando di convincere te stesso" rise lei, e Shannon apprezzò la sua sincerità, un po' sconvolto dal fatto che lei avesse intuito immediatamente il dubbio che lo attanagliava.
"Vuoi qualcosa da bere?" chiese lui, cercando di rompere la tensione.
"Acqua" rispose lei, mantenendo il suo sorriso.
Un po' preso alla sprovvista, Shannon le diede una bottiglietta fresca di Polar Spring, attento a non toccarle le dita con le sue.
Lei si sedette sulla poltrona preferita di Shannon, e mise i piedi sotto le cosce come un gattino indifeso.
Shannon ebbe un improvviso flash di lei che inarcava i fianchi verso i suoi, i capelli sparsi sul cuscino, la bocca aperta per il piacere e il viso arrossato.
"Dannazione" imprecò tra sé, mentre le sue parti basse cominciavano a mettersi in allerta.
Lei fece finta di non sentire, ma aveva capito benissimo che lui voleva fare sesso con lei... e diamine, gliel'avrebbe concesso perché era quello che sognava da anni.
Posò la bottiglietta d'acqua sul tavolino da caffè che si trovava accanto alla poltrona e poi si alzò, raggiungendo il batterista che sembrava teso come una corda di violino.
"Dillo, dì quello che vuoi dirmi da quando mi hai vista al bar" sussurrò Angie, ormai di fronte a lui.
"Voglio scoparti" disse Shannon, arrendendosi, ed era proprio quello che Angie voleva sentirsi dire.
Angie avvolse le braccia attorno al collo del batterista, che la guardava con un misto di desiderio e cautela; probabilmente pensava che lei lo volesse fregare.
Per dimostrargli che si sbagliava e che anche lei lo desiderava, avvicinò la bocca alla sua, ma fu lui ad annullare la distanza, baciandola.
Shannon si sentì in pace, si sentì teso ma anche in pace, mentre le labbra di Angie accarezzavano le sue, ma a lui non bastava.
Avvolgendole la vita con le braccia, la avvicinò ancora di più a sé e approfondì il bacio.
Angie gemette sulla sua bocca, mentre sentiva quelle labbra carnose che aprivano le sue con la veemenza che aveva sempre attribuito al carattere di Shannon.
Quando sentì la lingua del batterista avvolgere la sua, quasi le cedettero le gambe e dovette aggrapparsi alla sua nuca per non cadere.
Lui la sostenne per la vita, quasi come se sapesse che lei era ormai sopraffatta, e le succhiò la lingua con le labbra.
"Mmm" gemette Angie, avvinghiandosi alla schiena del batterista.
Sentì che la stava prendendo per le cosce, e lei gli avvolse le gambe attorno ai fianchi, ansimando per l'erezione del batterista che premeva sul suo ventre.
Lui la guidò su per le scale, senza staccare la bocca dalla sua, e si diresse dritto verso la camera da letto.
Se era un sogno, non voleva svegliarsi.
Ma non arrivarono al letto, non ancora, perché lui la sbatté con poca grazia contro il muro della camera, ma lei ormai era invasa dalla passione e non avrebbe sentito niente se non il corpo bollente del batterista che premeva contro il suo.
Angie sentì che Shannon le stava alzando la felpa sempre di più su, fino ad arrivare al seno: le sganciò il reggiseno con una mossa esperta e quasi glielo strappò di dosso.
Vedendo lo sguardo bramoso del batterista verso il suo seno, Angie si sentì arrossire, nonostante non fosse vergine.
Una mano grande e ruvida di Shannon avvolse improvvisamente un seno della barista, strappandole un gemito di sorpresa e piacere.
Era ben più che felice di usare la sua esperienza per darle piacere, ma anche lui si sentì quasi un adolescente che esplorava per la prima volta una bella ragazza.
Le tolse del tutto la felpa che stava cominciando a intralciare la sua esplorazione, e rimase folgorato di fronte alla pelle candida e perfetta della barista.
Voleva divorarla, voleva toccare ogni centimetro del suo corpo.
Abbassò la testa verso il seno di Angie, che ansimò al contatto delle sue labbra.
Avvolse le labbra intorno al capezzolo di lei, che inarcò la schiena con un ansito e sgranò gli occhi per il piacere.
Shannon sentì le dita di Angie che si tuffavano sui suoi capelli e premevano la sua testa contro il seno.
"Shannon" ansimò la barista, e lui capì che voleva di più, molto di più.
Anche lui lo voleva, e gliel'avrebbe dato... tra un po'.
Mentre il batterista continuava a lavorare sui suoi seni, lei gli aveva infilato le mani sotto la maglia e gli stava esplorando la schiena nuda con le dita.
I suoi muscoli si irrigidirono e guizzarono per il piacere del suo tocco, e di tanto in tanto lei affondava talmente tanto le dita sulla sua pelle che lui provova una piacevole scarica di dolore.
Voleva che lo graffiasse, voleva il suo marchio, voleva tutto di lei.
La trascinò sul letto, sdraiandosi con lei sotto e divaricandole le gambe con la sola forza dei fianchi.
Quando sentì il suo membro a contatto con l'intimità di lei, chiuse gli occhi e si trattanne per non venire come un adolescente arrapato.
Angie lo guardava con aria febbrile, con le guance rosse e i capelli sparpagliati sul cuscino come nell'immagine che aveva visto nella sua mente... ma la realtà era infinitamente migliore.
Gli avvolse i fianchi con le gambe, ma adesso il contatto era molto più intimo, e Shannon avvicinò nuovamente la bocca ai suoi seni, riprendendo l'esplorazione dei suoi capezzoli.
Angie prese a strofinarsi, cercando di alleviare quelle fitte che sentiva al bassoventre, e Shannon ansimò sul suo seno.
Lei gli alzò la testa verso il suo viso, non resistendo alla tentazione di baciare quelle labbra morbide e carnose, fatte apposta per le sue.
Lui invase la sua bocca con la sua lingua calda e scivolosa, e lei la accolse con piacere.
Gli tolse la maglia, ammirando il petto muscoloso e le braccia possenti, che aveva sognato di toccare tante di quelle volte che niente di tutto ciò che stava accadendo le sembrava reale.
Gli accarezzò lentamente le clavicole, il petto, l'addome, fino ad arrivare alla zip dei suoi jeans, che trattenevano a malapena l'erezione che bramava sollievo.
Abbassò la zip e notò che sotto indossava dei boxer neri e stretti che non nascondevano affatto la possente erezione.
Posò una mano sopra il rigonfiamento, e sentì Shannon ansimare contro il suo collo.
Il suo fiato caldo e il suo respiro ansimante le fecero venir voglia di fondersi con lui, di diventare un'unica persona, così che non avrebbero più potuto essere separati da nessuno.
Shannon si liberò dei jeans e dei boxer in un colpo solo, e sorrise nel vedere lo sguardo imbarazzato e al contempo bramoso di Angie mentre guardava il suo membro.
Lei aveva ancora i leggings, che lui sfilò poco dopo, lasciandola solo con le mutandine addosso.
La accarezzò sui fianchi, sull'inguine, fino a posare la mano sopra le mutandine che coprivano a malapena la sua intimità, e poté sentire quanto fosse umida e bollente, pronta per lui.
La cosa lo riempì d'orgoglio, ma non sapeva che lei lo conosceva da parecchi anni.
Pensava che fosse attratta da lui a prima vista, come gli era successo appena l'aveva vista al bar.
Ignorava ciò che veramente celava il suo sguardo adorante, di assoluta devozione.
Infilò due dita dentro l'intimità di lei, che fece un grido di piacere, mentre le dita di Shannon si riempivano dei suoi umori.
Quasi gli scappò un gemito per quanto era bagnata. Doveva averla, subito.
Le sue dita si infilarono tra le mutandine e fianchi, strappandole con un ringhio le mutandine di dosso.
Lei ansimò, deliziata e sconvolta da quella veemenza, ma lui era un animale e lei aveva sempre amato questa sua caratteristica.
Shannon si posizionò con il bacino contro quello della ragazza, che si morse il labbro per il piacere che gli provocava quella deliziosa frizione, e Shannon la penetrò con una spinta profonda.
Shannon soffocò il grido di Angie con le sue labbra, mentre sentiva che il suo membro la penetrava con facilità.
Era stretta, ma era talmente bagnava che era riuscito a scivolare dentro di lei con facilità.
Il batterista la prese per le cosce e cominciò a spingere, gemendo per la sensazione di essere dentro di lei.
Era il paradiso, era una delle sensazioni più belle che avesse mai provato.
Lei gli avvolse i fianchi con le gambe, dondolando il bacino contro il suo e graffiandogli la schiena per il piacere, proprio come lui desiderava.
Lei lo chiamava spesso, gli si aggrappava come se stesse per precipitare, e anche lui si sentiva così.
Accarezzò le sue natiche sode a piene mani, e lei ansimò ancora di più, come se stesse per perdere il controllo.
Shannon la issò in braccio e se la mise in grembro, intimandole di spingere con le mani che premevano sulle natiche.
Lei non esitò ad accontentarlo, le gambe che serravano i suoi fianchi in una morsa, le labbra unite in un bacio rude e passionale.
Quando sentì che stava per venire, Shannon aumentò le spinte, che si fecero sempre più profonde e ritmiche mentre entrambi andavano incontro al reciproco piacere.
Angie urlò, la testa gettata all'indietro, gli occhi chiusi: Shannon non aveva visto mai niente di più bello.
L'orgasmo della ragazza innescò anche il suo, e quando fece per uscire lei lo trattenne dentro e prima che potesse protestare il suo seme schizzò dentro la ragazza, mentre faceva un gemito forte e prolungato.
Si ritrovarono a stringersi, ansimanti, mentre il respiro pian piano si faceva regolare.
Shannon sentì Angie che tremava contro la sua pelle, e non seppe se fu per il freddo o per l'orgasmo.
Si sdraiò con lei ancora avvinghiata addosso, e fece per avvolgere la trapunta sui loro corpi, ma ciò che vide sul fianco di lei lo lasciò basito.
C'era una scritta, una frase che lui conosceva molto bene: "I fell apart, but got back up again".
Si alzò di scatto dal letto, ancora nudo, e strinse i pugni contro i fianchi.
"Sei una Echelon" esclamò inorridito, mentre lei era bianca come un cencio.
"Sì" sussurrò lei, abbassando lo sguardo verso le lenzuola.
"Mi ero rimpromesso che non avrei fatto mai sesso con una Echelon! Siete la mia famiglia, dannazione!" urlò Shannon, ormai furioso.
Lei impallidì ancora di più, ma fece uno sguardo di improvvisa determinazione e si alzò dal letto, nuda come lui.
"Siamo la tua famiglia, sì, ma siamo anche donne! Guardami, io sono una donna" disse Angie, e Shannon non poté fare a meno di scrutarla con desiderio, nonostante l'amplesso travolgente che avevano appena avuto.
Si sedette sul letto, prendendosi la testa tra le mani, furioso con se stesso: aveva tradito la sua promessa, ma a suo discolpa poteva dire che non avesse idea del fatto che lei fosse una Echelon.
Lei si inginocchiò di fronte a lui, avvolgendogli la vita con le braccia, ma lui non ricambiò l'abbraccio.
"Shannon, ti prego, mi stai uccidendo" disse lei, con voce roca per le lacrime trattenute.
Lui si irrigidì ma finì per ricambiare l'abbraccio, posando il mento sulla testa della ragazza.
Non poteva far altro che dondolarsi così, come se stesse cercando da qualche parte la sua razionalità.
Lei alzò la testa verso di lui, con gli occhi lucidi, e lo baciò dolcemente sulle labbra.
Lui ricambiò di riflesso, lei era così irresistibile, e ben presto si ritrovò di nuovo dentro di lei, ignorando la sua promessa infranta, arrendendosi alla dolcezza di quella creatura mandata dall'inferno per tentarlo.

Shannon non seppe precisamente in quale momento si appisolò, ma seppe che a un certo punto si era addormentato con Angie tra le braccia perché sentì il torpore tipico di un risveglio, anche se non aveva idea di che ore fossero.
Sentì delle labbra che gli baciavano il petto, dita che esploravano il suo addome e pensò che se fosse andata in esplorazione più sotto, di certo si sarebbe ritrovata una bella sorpresa.
Aprì gli occhi e lei lo guardò a metà tra il malizioso e il colpevole.
"Ti ho svegliato, scusa" disse Angie, ma non sembrava affatto dispiaciuta.
Con un ringhio Shannon la prese in braccio e la sbatté contro la porta, entrando dentro di lei con una spinta decisa.
Angie urlò, mentre Shannon la teneva in braccio con una mano e con l'altra le impediva di toccarlo tenendole le mani ferme in una morsa sopra le loro teste.
Quell'angolazione era molto più profonda, e Angie sentì il membro di Shannon quasi finò al ventre, che si muoveva furiosamente mentre si sentiva la porta che sbatteva al ritmo delle sue spinte.
Quel suono fece gemere Angie ancora più forte, mentre Shannon ringhiava come un leone e la guardava con occhi verdi velati dal desiderio, e lei sostenne quello sguardo finché poté, finché non sentì che tutto dentro di lei si contraeva inevitabilmente attorno al membro di Shannon, spedendola in un luogo in cui c'erano solo loro due.
"Oddio" ansimò Shannon, ridacchiando quando Angie scese dal suo grembo ma per poco non finì a terra per il tremolio delle sue gambe.
Allora Shannon la prese nuovamente in braccio e la portò a letto, mentre lei appoggiava la testa sul suo petto e sbadigliava sonoramente.
Quel suono intenerì Shannon, non ricordava più quand'era l'ultima volta in cui era stato spontaneo con una donna.
Stringendola a sé, rifletté sul fatto che avrebbe voluto conoscere tutto di lei, cosa l'aveva portata a conoscere la sua band, cosa l'aveva portata a tatuarsi quella frase.
"Ci sei mancato, a Torino e a Roma" rifletté Angie, e Shannon si irrigidì.
"Sei italiana?" chiese, anche se aveva intuito che fosse di quella zona per via dell'accento.
"Sì, mi sono trasferita qui da poco" rispose, accarezzandogli il petto con una mano.
Lui posò una mano sulla sua, che si era fermata proprio sul suo cuore.
"Mi dispiace" disse il batterista, con voce malinconica.
"Un giorno mi farai vedere Christine?" chiese Angie, con una risatina, cercando di cambiare discorso.
Shannon rise con lei, baciandole la fronte.
"Questo presuppone che tu venga un'altra volta a casa mia" rispose Shannon, malizioso.
"Forse" ribatté Angie, guardandolo con furbizia.
Oh, quella ragazza lo avrebbe ucciso.
FINE.
   
 
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