Chiudo
gli occhi e ripenso all’ultima volta che ho
pianto.
- Tu
non ti nutri di pane, ma di cattiveria.
Non me
lo aveva detto un uomo qualunque… me lo
aveva detto l’uomo che amavo, dopo che avevo deciso di
ascoltare i miei
genitori e di smettere di frequentarlo.
L’avevo
riempito di insulti. Così, mi avevano detto di fare.
E lui
se n’era andato, deluso, arrabbiato,
sbattendo la porta di casa mia.
…
sei un
miserabile. Sei solo un miserabile, senza futuro.
L’avevo
detto veramente? Me crudele, me infida. … Potessi essere
dannata! …
Già
mi mancava, il mio pianista: erano passati così
pochi giorni, da quando lo avevo cacciato dalla mia vita.
E
già sentivo il vuoto provocato dalla sua assenza.
L’aria era pesante.
Peggio: era muta.
Mi
mancava il suono delicato del suo pianoforte.
Mi
mancava la canzone che suonava sempre, per me…
“Suona,
rimbomba la musica: “per Elisa”
ritorna nella mia mente, insieme all’immagine di lui che mi
fissa, un attimo
prima di iniziare.
Note
dolci… malinconiche…
allegre… e poi silenzio.
Suona
due – o forse tre –
note. E poi ricomincia da capo, lo stesso ritornello.
- Suona
per me, Amore Mio, suona per me…
Lui
annuiva in silenzio. Le
sue mani percorrevano magicamente la tastiera… Ed io ero
lì, con lui.
Io
lo fissavo, rapita.
Lui mi
fissava, senza
guardare dove poggiava le dita sottili… I tasti si
rincorrevano da soli,
sembrava che un filo invisibile stesse muovendo le dita di
quell’uomo.
E la
canzone finiva.
Io continuavo a
guardarlo.
E lui
ricominciava… Inclinava
il capo, sorrideva appena… E Beethoven riviveva per lui, e
rivedevo riflesso
nei suoi occhi lo stesso amore che una volta il musicista aveva tentato
di
esprimere, attraverso la musica, a Theresa…
”
Potrò
mai avere il suo perdono? Uscirò mai da
questo delirio?...
Mi
diceva la mia saggia nonna: “le lacrime di una
giovane, sparse per amore, si confondono facilmente con la pioggia
primaverile”…
Sono
lacrime piccole, senza
sostanza. Come gli
uomini sopportano in fretta la pioggerellina fastidiosa, e il giorno
dopo è
soltanto un vago ricordo, così sarebbe successo anche a me.
La
mia
saggia nonna sicuramente aveva ragione decisi: cercai quindi di
dimenticare quel
pianista spiantato, senza un vero futuro, di dimenticare al
più presto le mie
pene d’amore giovanili.
Riuscii
a dimenticare il suo nome, riuscii a
dimenticare il suo volto.
Dimenticai
dunque quell’uomo… Cercai quindi di
dimenticare quella musica maledetta… Ma appena i ricordi
svanivano del tutto…
…
Echeggiava potente, tra i
miei pensieri, quella musica…
…
E la mia mente si faceva opaca, come la nebbia oscura il sole autunnale.
Mi
bloccavo in mezzo alla strada, correvo indietro,
fissavo estasiata un straccione che con il violino suonava la mia
canzone: il
mio armadietto traboccava di carillon
che appena appena schiusi mi facevano sognare ad occhi aperti.
Fu
la canzone che ascoltai per anni, prima di andare a dormire.
I
miei occhi non furono più asciutti per tanto, tanto
tempo…
Questo
accadde per molti, molti anni.
C’erano
periodi in cui ascoltavo Per Elisa sempre,
continuamente, ad ogni
ora.
Poi
c’erano momenti, anche mesi, che la mia anima
dannata aveva un attimo di pace… E poi, come una
maledizione, qualcuno, o
qualcosa, mi riportava alla realtà. E il ricordo di quel
pianista, che mi aveva
amato con lo sguardo, che suonava facendo scivolare le dita nel
pianoforte, che
sapeva esprimere le sue emozioni solo con una nota, mi perseguitava.
Appena
prima di diventare
maggiorenne, presa dalla disperazione, bruciai tutti i carillon e gli
spartiti
che ero riuscita a racimolare: il fuoco scoppiettava, il fumo si
diffuse nella
camera… fu in quel momento che , come tutte le persone,
divenni “grande”: la
fanciullezza mi scivolò dalle mani e non la riuscii
più ad acchiappare; le mie
speranze e i miei sogni svanirono, come una bolla di sapone…
senza far rumore.
E la musica che mi dava tormento e che mi procurava intere notti
bianche, se ne
andò.
Sparì,
dissolvendosi
nell’aria, seguendo il fumo nero del falò.
Passarono
vent’anni, libera
da quella maledizione: finché, un giorno, trovai per terra
un volantino per un
concerto di musica classica di Beethoven.
Non
chiedetemi perché ci andai, non
lo so… Vi direi che, appena raccolsi quel foglietto da
terra, la mano diventò
così calda che quasi mi sembrò di essermi
scottata… Ed eccomi qui, al concerto:
musica allo stato puro, un miscuglio di sensazioni, una poesia di suoni.
E poi,
ad un tratto…
È lui.
È lei.
E
suona per me.
Un
pianista raggiunge il centro del palco, e
comincia a suonare una canzone… Quella canzone…
Per
Elisa si
diffonde nell’aria, Vibra, si fa potente… Ma solo
io la
sento veramente…
Finito
il concerto, tra il fracasso degli applausi,
mi
alzo dalla poltrona,
mi
faccio strada tra la gente,
trafelata.
Scappo dalla folla:
scappo dal mio passato, scappo dal mio presente, inseguo un futuro
torbido.
Sentivo
quei passi… ecco, lui era lì, poco distante
da me.
Mi
mancava il respiro, il cuore a momenti mi
scoppiava in gola. Lo so, mi sta inseguendo… Ma non voglio
farmi prendere… Non
voglio che quella musica mi tormenti ancora…
Manca
poco, manca poco all’uscita...
Lui si
avvicinava.
Lui,
quell’uomo senza nome dai passi decisi e dai
movimenti scattosi… non era altro che un suono, nella mia
mente.
Lui…
lui era… forse, non esistono parole o
suoni in grado di descrivere quello che provavo.
Lui
era la
mia speranza. Lui era la mia rovina.
Lui
non aveva
un volto, per me.
Lui
era solo
musica…
Una
mano, mi afferra.
Ed è la sua mano:
è la mano del mio pianista.
Non lo
guardo nemmeno in volto, so già cosa
troverei riflesso nei suoi occhi: delusione, rabbia? O forse stupore?
Il mio
pianista mi portò al centro del palco.
E
suonò ancora una volta per me, solo per me.
Per
Elisa
suonò con la stessa
dolcezza di un tempo, che ben ricordavo. Lui suonò una notte
intera per me,
solo per me, soltanto per me: e poi
mi lasciò andare, mi liberò dalla mia dannazione,
lasciando
dietro nel mio cammino,
una
musica dolcissima.
_
_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _
Come
sempre ringrazio la mia beta reader, carissima [e fedelissima!] Kikkina90, che gentilmente passa le ore
di lezione a correggermi le bozze piuttosto che dormire tra i
banchi… ;-P
scherzo!
Questa
storia è dedicata a tutti coloro che, come
me, quando sentono le note di Per Elisa
si commuovono e si lasciano trasportare dalla fantasia… A
coloro che,
rabbrividendo di piacere, invidiano la leggendaria Theresa e
desidererebbero
nel più profondo del loro cuore che qualcuno, un giorno,
possa dedicargli una
canzone…
Ma
voglio dedicare questo
piccolo racconto anche a Blu Rei,
che,
qualche settimana fa, mi ha
regalato una recensione meravigliosa.
Se
vi è piaciuta questa storia, e\o se credete che ci siano
parti da sistemare,
scrivetemelo! Terrò in considerazione i vostri consigli!
Alla
prossima!
Calliroe