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Autore: Calliroe    11/10/2008    8 recensioni
Musica… Musica…
Chiedete ad un artista di spiegarvi cosa sia, e vi dirà questo: che la musica non è un qualcosa, ma è un qualcuno: la Musica è viva, è violenta, intensa, ed è dentro ognuno di noi.
A volte capita che le note di una canzone arrivino nel più profondo di noi, vibrino potenti…
Una canzone può farci commuovere, disperare, ridere…. Sognare.
Può la Musica, quella vera, quella che è capace di dipingere i colori della nostra anima, essere l’inizio e la fine di una storia d’amore?
Forse.
Chissà…
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chiudo gli occhi e ripenso all’ultima volta che ho pianto.

-          Tu non ti nutri di pane, ma di cattiveria.

Non me lo aveva detto un uomo qualunque… me lo aveva detto l’uomo che amavo, dopo che avevo deciso di ascoltare i miei genitori e di smettere di frequentarlo.

    L’avevo riempito di insulti. Così, mi avevano detto di fare.

 

E lui se n’era andato, deluso, arrabbiato, sbattendo la porta di casa mia.

… sei un miserabile. Sei solo un miserabile, senza futuro.

L’avevo detto veramente? Me crudele, me infida. … Potessi essere dannata! …

Già mi mancava, il mio pianista: erano passati così pochi giorni, da quando lo avevo cacciato dalla mia vita.

                E già sentivo il vuoto provocato dalla sua assenza. L’aria era pesante.

               

                         Peggio: era muta.

Mi mancava il suono delicato del suo pianoforte.

Mi mancava la canzone che suonava sempre, per me…

 

 

    Suona, rimbomba la musica: “per Elisa” ritorna nella mia mente, insieme all’immagine di lui che mi fissa, un attimo prima di iniziare.

 

Note dolci… malinconiche… allegre… e poi silenzio.

Suona due – o forse tre – note. E poi ricomincia da capo, lo stesso ritornello.

 

-          Suona per me, Amore Mio, suona per me…

Lui annuiva in silenzio. Le sue mani percorrevano magicamente la tastiera… Ed io ero lì, con lui.

                                  Io lo fissavo, rapita.

Lui mi fissava, senza guardare dove poggiava le dita sottili… I tasti si rincorrevano da soli, sembrava che un filo invisibile stesse muovendo le dita di quell’uomo.

 

E la canzone finiva.

                          Io continuavo a guardarlo.

 

E lui ricominciava… Inclinava il capo, sorrideva appena… E Beethoven riviveva per lui, e rivedevo riflesso nei suoi occhi lo stesso amore che una volta il musicista aveva tentato di esprimere, attraverso la musica, a Theresa… 

 

 

Potrò mai avere il suo perdono? Uscirò mai da questo delirio?...

 

Mi diceva la mia saggia nonna: “le lacrime di una giovane, sparse per amore, si confondono facilmente con la pioggia primaverile”…

                                  Sono lacrime piccole, senza sostanza. Come gli uomini sopportano in fretta la pioggerellina fastidiosa, e il giorno dopo è soltanto un vago ricordo, così sarebbe successo anche a me.

     La mia saggia nonna sicuramente aveva ragione decisi: cercai quindi di dimenticare quel pianista spiantato, senza un vero futuro, di dimenticare al più presto le mie pene d’amore giovanili.

Riuscii a dimenticare il suo nome, riuscii a dimenticare il suo volto.

Dimenticai dunque quell’uomo… Cercai quindi di dimenticare quella musica maledetta… Ma appena i ricordi svanivano del tutto…

 

… Echeggiava potente, tra i miei pensieri, quella musica

 

            … E la mia mente si faceva opaca, come la nebbia oscura il sole autunnale.

Mi bloccavo in mezzo alla strada, correvo indietro, fissavo estasiata un straccione che con il violino suonava la mia canzone: il mio armadietto traboccava di carillon che appena appena schiusi mi facevano sognare ad occhi aperti.

                Fu la canzone che ascoltai per anni, prima di andare a dormire.

                I miei occhi non furono più asciutti per tanto, tanto tempo…

 

Questo accadde per molti, molti anni.

C’erano periodi in cui ascoltavo Per Elisa sempre, continuamente, ad ogni ora.

Poi c’erano momenti, anche mesi, che la mia anima dannata aveva un attimo di pace… E poi, come una maledizione, qualcuno, o qualcosa, mi riportava alla realtà. E il ricordo di quel pianista, che mi aveva amato con lo sguardo, che suonava facendo scivolare le dita nel pianoforte, che sapeva esprimere le sue emozioni solo con una nota, mi perseguitava.

 

Appena prima di diventare maggiorenne, presa dalla disperazione, bruciai tutti i carillon e gli spartiti che ero riuscita a racimolare: il fuoco scoppiettava, il fumo si diffuse nella camera… fu in quel momento che , come tutte le persone, divenni “grande”: la fanciullezza mi scivolò dalle mani e non la riuscii più ad acchiappare; le mie speranze e i miei sogni svanirono, come una bolla di sapone… senza far rumore. E la musica che mi dava tormento e che mi procurava intere notti bianche, se ne andò.

Sparì, dissolvendosi nell’aria, seguendo il fumo nero del falò.

 

 

 

Passarono vent’anni, libera da quella maledizione: finché, un giorno, trovai per terra un volantino per un concerto di musica classica di Beethoven.

                                                          Non chiedetemi perché ci andai, non lo so… Vi direi che, appena raccolsi quel foglietto da terra, la mano diventò così calda che quasi mi sembrò di essermi scottata… Ed eccomi qui, al concerto: musica allo stato puro, un miscuglio di sensazioni, una poesia di suoni.

 

E poi, ad un tratto…

                                                               È lui. È lei.

                                                               E suona per me.

 

Un pianista raggiunge il centro del palco, e comincia a suonare una canzone… Quella canzone…

Per Elisa si diffonde nell’aria, Vibra, si fa potente… Ma solo io la sento veramente…

 

 

 

Finito il concerto, tra il fracasso degli applausi,

mi alzo dalla poltrona,

mi faccio strada tra la gente,

trafelata.

                         Scappo dalla folla: scappo dal mio passato, scappo dal mio presente, inseguo un futuro torbido.

 

Sentivo quei passi… ecco, lui era lì, poco distante da me.

Mi mancava il respiro, il cuore a momenti mi scoppiava in gola. Lo so, mi sta inseguendo… Ma non voglio farmi prendere… Non voglio che quella musica mi tormenti ancora…

 

Manca poco, manca poco all’uscita...

 

   Lui si avvicinava.

Lui, quell’uomo senza nome dai passi decisi e dai movimenti scattosi… non era altro che un suono, nella mia mente.

              Lui… lui era… forse, non esistono parole o suoni in grado di descrivere quello che provavo.

Lui era la mia speranza. Lui era la mia rovina.

Lui non aveva un volto, per me.

Lui era solo musica…

 

Una mano, mi afferra.

                                             Ed è la sua mano: è la mano del mio pianista.

 

Non lo guardo nemmeno in volto, so già cosa troverei riflesso nei suoi occhi: delusione, rabbia? O forse stupore?

 

Il mio pianista mi portò al centro del palco.

E suonò ancora una volta per me, solo per me.

 

Per Elisa suonò con la stessa dolcezza di un tempo, che ben ricordavo. Lui suonò una notte intera per me, solo per me, soltanto per me: e poi mi lasciò andare, mi liberò dalla mia dannazione,

lasciando dietro nel mio cammino,

una musica dolcissima.

 

 

 

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Come sempre ringrazio la mia beta reader, carissima [e fedelissima!] Kikkina90, che gentilmente passa le ore di lezione a correggermi le bozze piuttosto che dormire tra i banchi…    ;-P    scherzo!

           

Questa storia è dedicata a tutti coloro che, come me, quando sentono le note di Per Elisa si commuovono e si lasciano trasportare dalla fantasia… A coloro che, rabbrividendo di piacere, invidiano la leggendaria Theresa e desidererebbero nel più profondo del loro cuore che qualcuno, un giorno, possa dedicargli una canzone…

Ma voglio dedicare questo piccolo racconto anche a Blu Rei,

che, qualche settimana fa, mi ha regalato una recensione meravigliosa.

 

 
Se vi è piaciuta questa storia, e\o se credete che ci siano parti da sistemare, scrivetemelo! Terrò in considerazione i vostri consigli!

Alla prossima!

                      Calliroe

 

  
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