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Autore: Bijouttina    09/10/2014    5 recensioni
It's you, it's you, you make me sing. You're every line, you're every word, you're everything.
Canto anch'io a squarciagola, canto e mi sento bene.
And in this crazy life, and through these crazy times, It's you, it's you, You make me sing.
E se fosse lui? Se fosse lui il mio tutto in questa mia pazza vita?
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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A Ila
Perché tutto questo un giorno
possa essere reale

 
 

L'ora di arte è stata pesante, non ne potevo più e non vedevo l'ora di tornare a casa. Odio quella materia con tutta me stessa e ho passato buona parte del tempo facendo altro. Ora sono di nuovo su quest’autobus, come tutti i giorni. L'unica cosa positiva di tutto questo è lui: quel ragazzo favoloso che prende sempre questa linea per tornare a casa da scuola. Non so quasi niente di lui, so solo che è di una bellezza straordinaria e che spesso mi ritrovo a fissarlo con aria sognante, come in questo preciso istante. Chissà che cosa starà ascoltando? Nessun suono esce dalle sue cuffie, il volume non deve essere molto alto. Lo sguardo è concentrato sullo schermo del suo cellulare, tocca i tasti lentamente. Non è facile riuscire a scrivere con gli scossoni di questo dannato mezzo. Un messaggio appena arrivato sul mio telefono mi fa ritornare alla realtà.
"Sei sopravvissuta alla lezione di arte?". Domanda la mia amica Irene.
Sorrido e lancio una nuova occhiata al moro dei miei sogni: è ancora intento a messaggiare.
"Sì, più o meno... C'è il tipo figo in autobus!!!". Le confesso, continuando a osservarlo di sottecchi. È più forte di me, non riesco a farne a meno.
"Wow! Ha un nome questo figone?".
Di sicuro lo avrà, ma io non so minimamente quale possa essere.
"Non so il suo nome.". Sospiro. So pochissimo di lui in effetti: frequenta il mio stesso liceo, ma è in una sezione diversa. A scuola non l'ho mai visto, l'ho notato solo in autobus. Non saprei neanche a chi poter chiedere informazioni sul suo conto. Non conosco nessuno che possa saper qualcosa di questo ragazzo misterioso che attira tutta la mia attenzione.
Una gomitata sulle costole mi fa tornare con i piedi per terra.
«Ila, il tipo ti stava guardando.», sussurra la mia amica Valentina con tono cospiratorio.
Chi mi starebbe guardando? Mi volto automaticamente verso di lui e i nostri sguardi s’incontrano per la prima volta. Trattengo il respiro e mi perdo in quegli occhi tanto chiari da potermi specchiare. Distolgo lo sguardo, imbarazzata da morire.
"Ireeeeee, mi stava guardando!". Il cuore mi sta battendo all'impazzata.
"È un bel passo avanti! Ora bisognerebbe indagare un po' sul suo conto. Bisognerebbe avere la faccia tosta per avvicinarsi a lui con una qualsiasi scusa.". Commenta la mia amica, comodamente seduta sul suo divano.
Sì, certo, avere il coraggio di fare una cosa del genere! A un tratto, una consapevolezza fa perdere un battito al mio cuore: lui mi stava guardando! Non sono mai stata tanto felice in vita mia.
«Ti rendi conto!», esclama Valentina entusiasta.
Oh sì, mi rendo conto che questo sarà un momento da ricordare. Ripenso ancora ai suoi occhi fissi nei miei, e una strana euforia mi pervade. Bastano piccole cose a rendere felice una ragazza.
Sono talmente scombussolata, che per un soffio non manco la mia fermata. Lancio un'ultima fugace occhiata alla causa di tutto questo mio nervosismo, ma lui è concentrato a fare altro. Sospiro. Avrei voluto che mi guardasse ancora una volta, ma per oggi mi è già andata fin troppo bene.
 
Dovrei studiare, lo so. Cerco di concentrarmi, ma il mio pensiero torna in continuazione a lui. Se solo sapessi il suo nome. Okay, non mi cambierebbe la vita, ma saprei qualcosa in più di lui. Che cosa stupida.
"Che cosa fai di bello?", chiede Irene nel suo immancabile messaggio pomeridiano.
"Studio.", mento spudoratamente. Beh, dovrei farlo, forse non è del tutto una bugia. Non ho voglia di dirle che non faccio altro che pensare a quel ragazzo dell'autobus. Che cosa penserebbe di me? Non ho voglia di sembrare stupida.
"Allora ti lascio studiare in pace. Se hai bisogno di me, sai dove trovarmi.".
Mi ritrovo a sorridere. Se davvero sapesse quello che sto facendo, mi prenderebbe in giro e, probabilmente, farebbe anche bene.
Chiudo il programma dei messaggi istantanei e apro la mia playlist, infilo le cuffiette nelle orecchie. Michael Bublè mi riempie la testa con la sua voce meravigliosa. Chiudo gli occhi per godermi al massimo questo momento.
 
It's you, it's you, you make me sing.
You're every line, you're every word, you're everything

 
Canto anch'io a squarciagola, canto e mi sento bene.
 
You're a carousel, you're a wishing well,
And you light me up, when you ring my bell.
You're a mystery, you're from outer space,
You're every minute of my everyday.
 

Oh sì, lui è ogni minuto di ogni mio giorno. Se solo riuscissi a parlarci. Che cosa potrei dirgli poi? No, non posso farlo.
 
And I can't believe, uh that I'm your man,
And I get to kiss you baby just because I can.
Whatever comes our way, ah we'll see it through,
And you know that's what our love can do.

 
Amore... una parola troppo importante. Chissà se ci sarà qualcuno lì fuori ad aspettare proprio me. Un nuovo sospiro mi esce involontario.
 
And in this crazy life, and through these crazy times
It's you, it's you, You make me sing
You're every line, you're every word, you're everything.

 
E se fosse lui? Se fosse lui il mio tutto in questa mia pazza vita? Devo inventarmi qualcosa. Che cosa potrei mai fare per attirare la sua attenzione?
Spengo il lettore e mi decido a mettermi sul serio a studiare, anche se ne farei volentieri a meno.
 

Un'altra giornata all'inferno: ci mancava solo questa cavolo di interrogazione a sorpresa in storia per peggiorare ulteriormente il mio umore già piuttosto nero. Mi faccio piccola piccola, magari non vengo notata. Credo che qualcuno lassù mi voglia bene! Nessuna interrogazione per me oggi. Non ero preparata. Lo ammetto, ieri ho passato più tempo pensando a lui che a studiare.
Quando suona la campanella, scappo a prendere l'autobus: prima arrivo, prima lo vedo.
Lo noto subito, è a pochi passi da me. È seduto vicino all'uscita, le sue inseparabili cuffie nelle orecchie. Faccio finta di niente e punto al posto di fronte al suo, potrò ammirarlo meglio da lì. Mi siedo continuando a scrivere il messaggio a Irene, fingo di non averlo visto. Lo osservo di nascosto, come tutte le volte. Come vorrei avere il coraggio necessario per parlare con lui. Il posto accanto a lui è libero, ma non avrei mai osato sedermi così vicino. Al solo pensiero rabbrividisco.
Valentina non era a scuola oggi, così faccio il viaggio da sola. Non ho nessuno che possa controllare se il ragazzo del mistero mi guarda o no. Dovrò farmene una ragione.
La prossima fermata è la mia. Mi alzo prima e afferro il palo vicino alla porta, evito di guardare lui, seduto proprio lì. L'autista, però, è il diavolo tentatore: frena bruscamente, facendomi perdere l'equilibrio. Metto male un piede e cado di peso sopra di lui. Mi ritrovo seduta sulle sue gambe. Oh mio Dio, oh mio Dio, oh mio Dio! Farfuglio delle scuse e scendo di corsa dal mezzo. Non ho avuto il coraggio di guardarlo negli occhi, non ho avuto il coraggio di fare un bel niente! Mi sento il viso in fiamme per la vergogna. Lo so che non è mia la colpa di quello che è successo e spero con tutto il cuore che non pensi che io sia stupida. Mi sento già io piuttosto stupida in questo momento. Che figura di merda! Non era questo il modo in cui avrei voluto rivolgergli la parola, se delle scuse tartagliate possono essere considerate tali. Mi sono pure slogata una caviglia nella caduta. Che palle! Zoppico fino a casa e mi butto a pancia in sotto sul letto. Soffoco tutta la mia frustrazione contro il cuscino. Il mio micio mi osserva preoccupato. Probabilmente anche lui starà pensando che non sono tanto normale, come biasimarlo.
Fortunatamente oggi è venerdì e per qualche giorno non lo vedrò. Se sarò fortunata, lunedì non si ricorderà nemmeno più quello che è successo, o almeno lo spero tanto.
 
 
Il giorno del giudizio arriva fin troppo in fretta. Salgo sull'autobus stando attenta a dove metto i piedi: la caviglia mi fa ancora un po' male, nonostante la fasciatura. Mi siedo all'unico posto libero che trovo. Mi ero promessa di non cercarlo, ma proprio non ci riesco. Il mio sguardo vaga per tutto il mezzo, di lui nemmeno l'ombra. La delusione mi si dipinge in volto. L'autobus sta per partire, quando qualcuno sale al volo e si ferma proprio davanti a me; indossa un paio di jeans e una maglietta azzurra. Ho paura ad alzare lo sguardo, ma lo faccio ugualmente, con il cuore che mi sta sfondando il petto. I suoi occhi azzurri mi scrutano divertiti, un angolo della bocca è sollevato all'insù. Smetto di respirare, rischiando di diventare cianotica.
«Tranquilla, non ho intenzione di vendicarmi.», mi rassicura con un sorriso.
Sta davvero parlando con me?
«Come scusa?», chiedo balbettando.
Forse mi sto solo immaginando tutto. Sì, deve essere per forza così.
«Per essermi caduta addosso l'altro giorno, rischiando di rompermi il telefono.», aggiunge senza smettere di sorridere.
Okay, non ha dimenticato l'accaduto, e questo non mi piace neanche un po'.
«Scusa.», dico abbassando lo sguardo, imbarazzata.
«Sei anche tu allo scientifico?», domanda dopo qualche attimo di silenzio.
Ritorno a guardarlo, con non poca difficoltà, e riesco ad annuire.
«Allora eri proprio tu stamattina. Mi sembrava di averti vista alle macchinette.».
Bene, sono ipnotizzata da quelle sue labbra perfette. Non mi ha mai degnato di uno sguardo fino a ora, perché adesso è così interessato a parlarmi? Non lo capisco proprio. Fortunatamente la prossima fermata è la mia, capita a fagiolo: non ce la faccio più a continuare questa conversazione. Non mi sento a mio agio e non riesco a formulare un discorso sensato. Guardo fuori dal finestrino, pur di evitare i suoi occhi. Mi alzo in piedi e attendo che si aprano le porte. Scendo velocemente e, senza capire fino in fondo il motivo, mi volto nella sua direzione.
«Comunque io mi chiamo Leonardo.», dice un attimo prima che il vetro metta una barriera tra di noi.
Ora il ragazzo dei miei sogni ha un nome: Leonardo. Seguo con lo sguardo l'autobus finché non svolta l'angolo, mi dirigo, poi, verso casa. È successo davvero, o è stato solo un sogno? Sembra tutto così surreale. Sicuramente avrò fatto la figura della scema, ma ormai non posso più tornare indietro.
"Si chiama Leonardo.". Racconto a Irene una volta seduta alla mia scrivania.
"E così ora sappiamo il suo nome. Facciamo progressi.". Commenta lei un attimo dopo.
"Già.". Rispondo io senza alcun entusiasmo.
"Cosa c'è che non va, tesoro?".
Non le sfugge niente. Sospiro sconsolata.
"Mi ha parlato e io non ho detto una sola cosa sensata.". Le spiego a grandi linee quello che è successo.
"È normale essere nervosi in situazioni del genere.".
Sarà anche normale, ma intanto la figura del cavolo l'ho fatta io. Perché deve essere tutto così complicato?
"La prossima volta andrà meglio.". Mi rassicura.
Se mai ci sarà una prossima volta. Stavo pensando di trasferirmi su un'isola deserta, lì non dovrei più avere problemi con le persone. Con la sfiga che mi ritrovo, probabilmente capiterebbe qualcuno lo stesso.
Esiste davvero l'anima gemella, o sono solo cazzate da storielle romantiche? Ogni tanto me lo chiedo e non riesco mai a trovare una risposta soddisfacente. A volte mi dico che rimarrò sola a vita, perché non troverò mai qualcuno che mi sopporti. Irene mi dice sempre che ho ancora tempo per trovare la persona giusta, che anche il suo amore lo avevano nascosto a chilometri di distanza e ci aveva messo un po' a scovarlo. Quando mi ha raccontato la sua storia, ho creduto che potesse davvero esistere il vero amore, che da qualche parte potesse esserci quell'uomo che si prenderà cura di me e amerà tutto di me, compresi i miei mille difetti. E se quell'uomo non esistesse? Se fossi destinata a rimanere sola per sempre?
"Non andrà sempre tutto male.". Mi scrive Irene a un tratto.
Sorrido. A volte mi spaventa che riesca a entrare nella mia testa, conoscendomi da così poco tempo.
"Lo spero tanto.". Aggiungo io alla fine.
Spero davvero che un giorno le cose possano migliorare anche per me, credo di meritarlo.
 
 
Metto le monete nel distributore automatico, premo il codice per la mia merenda e non succede niente. Riprovo. Che palle! Prendo a calci quell'affare mangia soldi, esasperata.
«Non credo che otterrai qualcosa in quel modo.», dice una voce maschile alle mie spalle.
«È già la terza volta dall'inizio dell'anno che questa stronza si mangia le mie monete!», sbotto piuttosto irritata.
«Lascia fare a me.». Mi spinge delicatamente di lato con una mano e si piazza davanti al distributore.
Solo ora mi accorgo che si tratta di Leonardo. Smetto di respirare per una frazione di secondo. Fisso il suo profilo, mentre cerca di far funzionare quell'aggeggio infernale: non ho mai visto niente di più perfetto. È l'incarnazione dell'uomo dei miei sogni: alto, moro e con gli occhi chiari.
«Comunque non mi hai detto come ti chiami.».
Le sue parole mi fanno tornare alla realtà e noto che mi sta osservando con la coda dell'occhio. Mi muovo nervosamente sul posto.
Dà una spallata al distributore e, come per magia, la barretta di cioccolato cade nella vaschetta. La raccoglie e me la porge, un sorriso sghembo appare sulle sue labbra.
Cerco di prendere la mia barretta, ma lui la allontana di scatto.
«Non così in fretta. Prima devi dirmi il tuo nome.».
«Altrimenti?». Incrocio le braccia al petto e inarco un sopracciglio.
«Altrimenti mangerò io questa delizia.». Prende la confezione tra le dita e tenta di aprirla.
«Non vale!», sbotto provando a strappargliela di mano.
Lui la allontana, portandosela sopra la testa. Ha il vantaggio dell'altezza e io non ci arrivo. Saltello, prima o poi me la riprenderò, ne va della mia dignità. Lui non demorde e indietreggia di qualche passo.
«Non fai prima a dirmi il tuo nome? Sei paonazza, non vorrei doverti raccogliere con il cucchiaino.». Mi prende in giro lui.
Altri ragazzi stanno entrando nella stanza e ci guardano accigliati. Mi ricompongo e mi incammino verso la mia classe.
«Hey!». Sento urlare alle mie spalle.
So che è lui, ma faccio finta di non averlo sentito. Non mi piace essere presa in giro in quel modo. Elena, la mia compagna di banco, mi intercetta nel corridoio.
«Il distributore ti ha rapita? Ti stavo dando per dispersa!».
«Mi ha rubato di nuovo i soldi.», le dico con una smorfia.
«Ila, figone a ore dieci.», mormora talmente piano, che fatico perfino a sentirla.
«Che cosa?!». Mi giro di scatto e per poco non svengo.
Leonardo è davanti a me, la barretta di cioccolato ancora tra le dita.
«Questa è tua.». Afferra la mia mano e mi mette il pacchettino sul palmo.
Rimango pietrificata sul posto, non riesco più a muovere un muscolo.
«Ci vediamo più tardi sull'autobus.». Mi sorride e si allontana.
Mi sento scuotere per le spalle.
«Ohi! Tu, signorina, devi raccontarmi un sacco di cose!».
Stringo forte la barretta tra le dita, c'è qualcosa di strano. Abbasso lo sguardo e mi rendo conto che manca metà della cioccolata. Scuoto la testa, divertita. Quello stronzo si è mangiato una parte della mia merenda.
Elena mi tartassa con mille domande, e io rispondo a monosillabi: ho la testa fra le nuvole. Non vedo l'ora di salire su quell'autobus.
Racconto l'accaduto anche alla mia amica Irene.
"Che cattiva sei stata! Potevi almeno dirgli come ti chiami.". Mi prende in giro lei, come al solito.
"Non mi andava.". Scrivo io, sorridendo.
"Dai che fra poco lo rivedi!”. Mi ricorda.
Oh sì, come dimenticarlo!
Non ho fatto i calcoli con i possibili imprevisti, però. Il nostro bus non è passato e siamo stati costretti a prenderne degli altri, diversi. Non sono nemmeno riuscita a vederlo. Che palle! Aspettavo con ansia questo momento e, invece, è andato tutto storto. Tanto per cambiare.
"Lui non c'era.". Rendo partecipe Irene del mio disappunto. "Abbiamo dovuto prendere un bus diverso.".
"Oh, mi dispiace tesoro. Ti rifarai domani, pensa positivo.".
Fosse facile pensare positivo! Va sempre tutto per il verso sbagliato e non è giusto. Perché, per una volta, le cose non possono essere semplici e andare come vorrei? Non mi sembra di chiedere molto. Mi immergo nello studio: se faccio altro, probabilmente smetterò di pensare a lui. Falso, falsissimo! Non riesco a fare proprio un bel niente!
 
 
Un'altra giornata del cavolo è andata. Il compito a sorpresa di matematica mi ha sfinito e non vedo l'ora di tornare a casa, la testa mi sta scoppiando. Sono uscita in ritardo e, se non mi do una mossa, perderò l'autobus. Non ho alcuna intenzione di prenderne un altro. Sto per entrare, quando mi sento trascinare per un braccio. Che cazzo sta succedendo? Mi volto di scatto, pronta ad assestare un calcio in un punto strategico e mi trovo davanti Leonardo.
«Vieni con me.», dice prendendo la mia mano e cominciando a correre.
Che cosa vuole fare, ora?
«Dove mi stai portando?», sbotto sistemandomi meglio lo zaino sulla spalla.
«Alla spiaggia!», risponde come se fosse una cosa ovvia e fosse stata una domanda stupida.
Deve essersi bevuto il cervello! Mi fanno male le gambe a cercare di mantenere il suo ritmo e mi sento i polmoni in fiamme.
«Rallenta, ti prego!».
Di questo passo, mi ritroverà stesa sull'asfalto.
«Dai, su, non manca molto.». Lascia andare la mia mano e comincia a correre all'indietro, senza smettere di guardarmi negli occhi.
Ne approfitto per fermarmi, tenendomi la milza con una mano. Lo odio profondamente in questo momento. No, non è vero: è adorabile. Cerco di riprendere fiato, anche se vorrei tanto potermi sedere e riposare.
«Sei pronta o devo portarti in braccio?». Mi prende in giro lui con un sorriso bellissimo a illuminargli il viso.
Al solo pensiero mi sento avvampare. Non credo lo noterà, sono già paonazza per colpa della corsa improvvisata.
«Sono pronta.». Mento spudoratamente. Non vorrei mi prendesse davvero in braccio, non mi fido molto di lui.
«Andiamo allora.». Afferra nuovamente la mia mano e so per certo che riprenderà a correre. Punto i piedi per terra e lo guardo in cagnesco.
«Che c'è?», chiede inarcando le sopracciglia.
«Non di corsa.», brontolo.
Lui sbuffa.
«Okay, non di corsa.». Mi concede alla fine.
Si mette al mio fianco e intreccia le dita alle mie, cominciando a camminare alla velocità di un bradipo. Quant'è idiota!
«Neanche così piano.», gli dico cercando di non scoppiare a ridere.
Leonardo alza gli occhi al cielo.
«Certo che sei una ragazza davvero complicata!», borbotta fingendosi esasperato.
Rimaniamo in silenzio per qualche istante, mentre passeggiamo mano nella mano lungo il viale che porta al mare. Lo osservo con la coda dell'occhio e sta sorridendo. Siamo sicuri che questo non sia tutto un sogno? Se lo fosse, vorrei non finisse mai. Colpisco un sassolino con il piede e arriccio le labbra. Credo di aver fatto anche fin troppo la preziosa con lui.
«Mi chiamo Ilaria.».
La mia voce esce strozzata. Sapevo di essere nervosa, ma non fino a questo punto. Riesco a percepire il calore del suo corpo accanto al mio e, se devo essere sincera, le nostre mani unite mi fanno battere il cuore all'impazzata.
«Lo so.», commenta lui divertito.
Lo sa? Che cosa vuol dire che lo sa? Come fa a conoscere il mio nome?
«Come...». Provo a chiedere, ma lui non mi lascia terminare.
«Ho bloccato la tua amica nel corridoio e ho chiesto di te. Scusami, non avrei dovuto farlo, ma è stato più forte di me.», mi racconta. Per la prima volta sembra impacciato e questo lo rende dannatamente tenero, mantenendo allo stesso tempo tutto il suo fascino.
Raggiungiamo la spiaggia in completo silenzio, lui continua a tenermi la mano. La cosa mi imbarazza non poco. Provo a sfilarla, ma Leonardo è di tutt'altro parere: la presa è salda e non riesco a liberarla. Sospiro, rassegnata.
«Perché mi hai portata qui?», domando osservando le onde che si infrangono sugli scogli.
«È uno dei miei posti preferiti.», risponde sistemandosi accanto a me e guardando nella mia stessa direzione.
«Non hai risposto alla mia domanda.». Gli faccio notare sistemandomi una ciocca di capelli finita sul mio viso a causa della leggera brezza.
«Volevo chiederti una cosa, ma devo aver perso il coraggio lungo la strada.», comincia continuando a guardare fisso davanti a sé.
«Non mordo mica.», lo rassicuro.
Lui sorride. «Non si sa mai. Magari sei anche tu una di quelle fissate con le storie sui vampiri.».
Davvero pensa una cosa del genere? Mi lascio andare a una risata liberatoria, buttando la testa all'indietro.
«Nah, i vampiri non sono proprio il mio genere.».
Leonardo si volta a guardarmi, le labbra allungate in un sorriso.
«Usciresti con me?», chiede a bruciapelo.
Il mio cuore perde un battito, forse più di uno, okay, sto per avere un infarto!
«Sì.», rispondo con un filo di voce imbarazzata da morire.
 
 
È trascorsa una settimana da quella folle corsa, sette lunghissimi e dannatissimi giorni. Non ho più visto Leonardo a scuola e nemmeno in autobus al ritorno. Che fine avrà fatto? È stato lui a chiedermi di uscire ed è sparito nel nulla, come se non fosse successo niente. Che cosa c'è di sbagliato in me? Che cosa? Credevo davvero che un bel ragazzo come lui volesse davvero uscire con me? Povera illusa.
"Ancora niente?". Chiede Irene in ansia per me.
"No, niente di niente. Il nulla più totale.". Borbotto mentre digito quelle parole sul mio cellulare.
"Magari gli è successo qualcosa.". Ipotizza cercando di risollevare il mio morale finito ormai sotto le suole delle scarpe.
"Magari ha cambiato idea e non vuole più vedermi.". Dico io con convinzione.
"Non dire scemenze. Che senso avrebbe avuto chiederti di uscire e poi rimangiarsi tutto?".
Che cosa vuole che ne sappia! Vorrei rispondere con una cattiveria ma mi trattengo, lei non ha colpe. La colpa è solo di quel dannato Leonardo che mi ha illuso, e anche mia: continuavo a farmi film su noi due insieme, assurdo! Tutta questa storia è assurda.
Vado a scuola incazzata nera, sembro una iena. Non ho voglia di parlare con nessuno e, se lo faccio, rispondo male. Ho quasi mandato a quel paese anche uno dei professori. Non sono dell'umore adatto per fare conversazione.
Raggiungo la fermata dell'autobus in fretta e furia. Vengo afferrata per un braccio, prima che possa salire. Mi giro e questa volta agisco: colpisco Leonardo su una guancia con la mano aperta.
«Sei uno stronzo, come tutti i ragazzi.», ringhio furiosa.
Si massaggia il punto colpito, gli ho lasciato il segno delle cinque dita.
«Lasciami spiegare.». Prova a dire, ma io non ho per niente voglia di ascoltare le sue cazzate.
«Lasciami in pace.», sbotto. Gli occhi mi pizzicano, le lacrime premono per uscire, ma non vinceranno loro. Io non piango mai. Una stilla solitaria mi bagna la guancia. Bastarda! Non può averla vinta lui.
Leonardo si avvicina a me rapidamente e posa le labbra sulle mie. Cerco di divincolarmi, mi ribello debolmente. Le sue braccia mi avvolgono dolcemente e avvicina i nostri corpi. Alla fine è il mio cuore a decidere e mi lascio andare a quell'emozione. Gli permetto di approfondire quel bacio, aggrappandomi forte alla sua maglia. Leonardo mi asciuga delicatamente quella lacrima solitaria, mentre continua a regalarmi brividi e mi fa diventare le gambe molli. È normale sentire questo fastidio allo stomaco? Sembra di avere delle farfalle svolazzanti.
Appoggio la fronte sulla mia e sospira.
«Mi sono infortunato ad allenamento di basket.». Indica il suo ginocchio fasciato da un tutore. «Per una settimana non ho potuto camminare e mia madre mi ha accompagnato a scuola tutte le mattine e mi tornava a prendere. Non avevo il tuo numero, non sapevo come contattarti. Scusami.».
Le nostre labbra si uniscono nuovamente, incapaci di trattenersi. Gli avvolgo le braccia intorno al collo e lui, in risposta, mi stringe di più a sé. Mi sembra ancora di sentire quelle parole nella mia testa.
 
It's you, it's you, you make me sing. You're every line, you're every word, you're everything.
 
Forse è vero che esiste qualcuno anche per me, ma credo che lo scoprirò con il tempo.

 



**Nota dell'autrice**
Ciao a tutti :) Come si può ben capire dalla dedica, ho scritto questa storia per Ila... storia nata dopo un nostro scambio di messaggi... non ho saputo resistere :) Che dire? Ila, ti auguro che questo "Leonardo" non resti solamente un sogno, te lo auguro con tutto il cuore *abbraccio forte forte*
Spero che questa storiella semi biografica vi sia piaciuta :) Fatemi sapere che cosa ne pensate se vi va.
Un bacione 

 

   
 
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