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Autore: Non ti scordar di me    09/10/2014    2 recensioni
"Ti prego, Peter, vienimi a prendere e portami via con te. Io qui non ci voglio più stare.
Con devozione,
Non ti scordar di me."
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Una giovane ragazza distrutta dalla società di oggi si sfoga scrivendo una lettera al suo eroe, Peter Pan.
Il bambino che insegna a volare e a sognare, non importa quanti anni tu abbia o cosa pensa di te la gente.
L'importante è crederci.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Caro Peter,
non ho idea del perché ti stia scrivendo. Forse voglio che qualcuno mi ascolti, forse voglio che qualcuno faccia finta di capirmi…Mi basta veramente poco per sentirmi meglio.
Mi basta solo che tu mi ascolti. Qui tutti mi ignorano, fanno finta che non sia mai nata e non ce la faccio più.
Ogni volta che voglio esprimere la mia opinione, nessuno m’interpella o nessuno vuole ascoltarmi. Ho bisogno di qualcuno che mi ascolti.
So bene che forse mi prenderai per pazza perché sto scrivendo ad un personaggio delle favole, quindi immagina come sia ridotta sia fisicamente che psicologicamente. Sono senza speranza, non ho nessuno con cui parlare e tu…Tu mi sembravi il più indicato. Chi di meglio può capirmi se non Peter Pan?
Questa non è una normale lettera, no, suona più come una supplica. Tu sei Peter Pan, il bambino che vuole rimanere tale per sempre. Sei il mio primo ragazzo metaforicamente parlando.
Da bambina quando i miei amati nonni mi chiedevano se avessi un fidanzatino e se potevo rivelar loro il nome, io gli rispondevo sempre: “Peter Pan.”
E i miei nonni? Oh, loro erano i nonni migliori che una ragazza potesse desiderare. Mi rispondevano sempre dicendo “Un giorno quando crescerai ci dirai il nome del ragazzo che ti farà battere il cuore”. Peccato che nessuno mi faccia battere il cuore, non ancora per lo meno. Nessuno mi rivolge attenzione, si fermano solo alla parte esteriore di una persona o magari ti etichettano a vita come un’asociale solo perché non ami stare al centro dell’attenzione o perché non hai una grande vita sociale.
Ora che mi guardo allo specchio mi rendo conto di essere un disastro, un vero disastro. Se i miei nonni mi vedessero in questo momento, non sarebbero orgogliosi di me. Forse sarebbero delusi dell’aver una nipote come me. Una ragazza con poca autostima, sciatta e insignificante.
Mi guardo allo specchio e tutto quello che vedo è una ragazza magra e senza forme, col viso scavato e il mascara sciolto a furia di piangere, con gli occhi verdi spenti e i capelli scuri scompigliati. Un disastro. Un vero disastro.
Un disastro che mi perseguita in qualsiasi momento della giornata. Persino la mia ombra sembra volersi prendere gioco di me, tutti vogliono prendermi in giro.
Tutto quello che ho intorno mi spaventa. Mi spaventano le persone, mi spaventa il modo in cui tentano di approcciarsi con me, mi spaventa il mondo…Anzi, mi spaventa la società…Perché la società crea i mostri, i nostri mostri. E’ la società che crea i mostri.
Il mio mostro sono io.
Ho diciassette anni e se i miei nonni fossero ancora qui e mi chiedessero il nome del mio ragazzo non saprei che rispondere. Forse non risponderei più Peter Pan, non direi che sei tu il mio ragazzo perché tu sei piccolo, sei un bambino. Un bambino che riesce ancora a sognare. Io non riesco più a sognare ad occhi aperti e pensare che fino a pochi anni fa perdevo le ore a immaginare storie con noi due come protagonisti.
E mentre tu rimani giovane per sempre, prendendo in giro Capitan Uncino con Spugna…io, invece, invecchio. Invecchio troppo velocemente.
Vedo gli anni passarmi davanti e la tristezza farsi sempre più pesante su di me. Vedo le ragazze della mia età con un sorriso spensierato e con la mano intrecciata a quella del proprio ragazzo e poi guardo me, sempre sola senza un amico. Vedo nel parco vicino casa mia le famiglie giocare coi propri figli o passando giornate intere al cinema o magari al centro commerciale e poi guardo la mia di famiglia, sola in un enorme casa con i miei genitori che litigano sempre e costantemente.
Vedo la vita perfetta degli altri, forse la loro non sarà perfetta ma non può essere paragonata alla mia.
Vedo tutto passare su di me troppo velocemente, come se fossi in un treno che corre all’impazzata cercando di arrivare ad una meta a cui tutti gli altri arriveranno tra cinquant’anni.
Ah, già…Che sbadata! Non ti ho ancora detto il mio nome, non che fosse così importante. Nessuno mi chiama col mio nome. Tutti mi chiamano la ragazza col cappuccio o la ragazze con le cuffie o – quello con cui mi chiamavano più spesso – quella.
Valgo così poco per non essere chiamata col mio nome? Forse sì, perciò preferisco non rivelarti il mio nome. Può sembrare stupido, una ragazza che come unico amico o confidente abbia un personaggio di fantasia. Per me non lo è, non sei stupido e spero sempre che un giorno tu mi venga a trovare.
Se vuoi chiamarmi in qualche modo, chiamami Non ti scordar di me. Non è un nome, ma è un inizio. Mi farebbe piacere anche solo che tu mi chiama così. Mi va bene quel nome, il nome di uno dei fiori più belli e profumati che esistano su questa terra.
Mi sono sempre rispecchiata in quel fiore. Significa proprio ciò che dice il nome, è un invito a non dimenticare.
Io ti sto invitando a non dimenticare me. Non scordarti di me, okay? Anche se so che tu non potrai mai rispondermi, voglio che tu – magari da lassù con i miei nonni – mi osservi in silenzio.
Scusami, scusami se un giorno riceverai questa lettera e sarà sbiadita dalle mie lacrime. Sto piangendo e bagnando questo pezzo di carta.
Sai perché sto piangendo, Peter? Perché mi sono resa conto di quanto stupida ed inutile possa essere. Sto veramente sfogando tutto quello che provo in una lettera che nessuno leggerà mai? Lo sto veramente facendo? Sono veramente così stupida ed infantile?
Nonostante tutto, voglio continuare a scriverti. Voglio continuare a parlare con te. Perché sì, mi sembra di tenermi in contatto con te in questo modo. Mi sembra di sentirmi importante per qualcuno.
Da piccola sognavo di ritrovarmi Peter Pan sul letto che m’invitasse sulla sua isola che non c’è. Nessuna delle bambine che venivano a scuola con me sognavano te, sai? Mi sono chiesta sempre il perché. Tutte volevano il principe azzurro o Filippo della Bella Addormentata. Cosa c’era di bello in lui non sapevo – e non so tutt’ora –.
Filippo mi sembra solo un normale essere vivente che per svegliare una ragazza la bacia. Stop. Nient’altro. Non mi trasmette niente.
Tu, invece…Oh,Peter, non puoi immaginare quanto ti adoravo da piccola. Eri il bambino che aveva deciso di rimanere tale per sempre, il bambino che aveva cercato la felicità altrove lasciando alle spalle tutto.
Sei coraggioso, leale e gentile. Ma non sempre hai un buon carattere…So, anche, questo. So che sembra stupido descriverti ma non lo è tanto quanto scriverti una lettera no?
Forse sarai sorpreso e forse è la prima volta che una ragazza ti dica di preferirti al solito e barboso principe azzurro.
Ma io sono diversa. Sono una ragazza diversa.
Non amo passare il Sabato sera con tanti amici in una discoteca affollata, preferisco rimanere sotto le coperte sperando di non sentire più le urla strazianti e costanti dei miei genitori.
Non amo uscire la mattina dopo scuola con gli amici, preferisco ritornare a casa e leggere un buon libro in camera.
Non amo fare ciò che fanno le ragazze ora, no, preferisco il diverso. Preferisco piangere che ridere. Preferisco morire che combattere. Sono diversa, diversa come te.
Sia io che te siamo diversi dagli altri con una piccola differenza. Tu sei fuggito, perché avevi il coraggio e ne avevi la possibilità. Io cosa posso fare? Non posso fuggire perché non posso e perché non ho il coraggio.
Siamo due persone che viaggiano controcorrente.
Per favore, te lo chiederei in ginocchio se necessario, aiutami Peter.
Vieni da me, dammi la mano e la polvere di fata. Dammi la forza di volare lontano insieme a te. Verso la seconda stella destra, verso l’isola che non c’è. Il posto dove tutto diventa reale. Dove non arriva mai la notte, dove il sole regna, dove le nuvole sono di zucchero filato, dove Capitan Uncino viene sconfitto.
Dove tutto ha un lieto…Un lieto…Non voglio dire un lieto fine. No. Non voglio avere una fine. Non capisco perché tutte sognano il ‘e vissero sempre felici e contenti’. Cosa c’è di lieto in una fine? Io voglio una lieta eternità con te. All’isola che non c’è.
Racconterei tutte le storie possibili ed immaginabili ai bambini sperduti. Cucinerei con quello che troviamo in natura. Ti aiuterei con Capitan Uncino. Stringerei amicizia con le sirene. Festeggeremo come se non ci fosse un domani con gli indiani e con Giglio Tigrato.
Vivremo ogni giorno con spensieratezza, non pensando alla mia vecchia vita.
Tu ci pensi mai a quello che avresti potuto avere se non te ne fossi andato? Oh, io avrei preferito cadere dalla carrozzina e venire all’isola che non c’è. Sarei stata l’unica ragazza in un gruppo di bimbi sperduti.
Sorrido come una scema immaginandomi queste storie che non si potranno mai avverare. Almeno non si potranno avverare per chi non ci crede, ma io ci credo.
Credo che tu un giorno verrai qui da me e mi salverai da questa società che mi sta distruggendo.
Ti prego, Peter, vienimi a prendere e portami via con te. Io qui non ci voglio più stare.
 
Con devozione,
Non ti scordar di me.
 
 
 
 
 
Angolo di Non ti scordar di me: Ragazza completamente distrutta dalla società scrive una lettere a Peter Pan, l’eroe dei bambini. Il suo eroe. Boh…Non ho molto da dire, spero solo che vi sia piaciuta e che vi sia arrivato il messaggio.
Pensavo di trasformare questa OS in una long, magari. Però non ne sono ancora sicura. Spetta a voi dirmi cosa preferite. Preferite che si concluda qui o vi aspettate qualcosa in più?
Aspetto le vostre opinioni,
Non ti scordar di me.
  
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