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Autore: Hope_mybrandnewname    10/10/2014    1 recensioni
"Il cacciatore fissò l’altro per qualche secondo, senza sapere cosa dire. Castiel faceva sembrare tutto risolvibile. Sentiva la pressione della sua mano sulla spalla e pensava che forse aveva ragione. Forse c’era una speranza. Ma non durò a lungo."
OS post nona stagione, ambientata nel futuro. Contiene spoiler riguardo nona e decima stagione.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
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Save me

 
 
-Non funzionerà, Cas- sentenziò Dean per l’ennesima volta. Era legato a quella dannata sedia da ore. Se non fosse stato per gli incantesimi scritti sulle manette, si sarebbe potuto liberare delle catene in un batter d’occhio, poi avrebbe causato una piccola scossa di assestamento e avrebbe aperto una fessura nel pavimento, forzando la trappola per demoni, e sarebbe stato di nuovo libero. Ma no, Castiel aveva fatto le cose per bene. Aveva pensato a tutto nei minimi dettagli, e adesso eccolo nello stesso posto dove Dean e Sam avevano incatenato Crowley prima di provare a curarlo, tempo prima.
Castiel gli dava le spalle, forse perché ogni volta che lo guardava in faccia vedeva il demone che c’era nel cacciatore, invece dell’aspetto esteriore. E Dean gli era grato che non lo stesse guardando in quel momento, perché ogni volta che l’angelo lo fissava, vedeva una ruga comparire sulla sua fronte, e la sua espressione diventava amareggiata, forse disgustata. Dean non aveva idea di cosa vedesse Castiel in lui, ma non doveva certo essere un bello spettacolo.
Con uno scatto di rabbia provò ancora, per la centesima volta, a far saltare quelle stupide manette, riuscendo solo a far tintinnare le catene. Castiel, a quel punto, si girò finalmente verso Dean. Si era tolto trench e giacca e aveva arrotolato le maniche della camicia fino ai gomiti, e sembrava immensamente stanco. Ancora quella dannata ruga in mezzo alla fronte. La rabbia di Dean continuò ad aumentare, e quando parlò la sua voce era ridotta ad un ringhio.
-Liberami, Cas. Liberami, ho detto- gridò Dean, ma Castiel restò impassibile. Lo guardò negli occhi per qualche secondo, poi attraversò a grandi passi la navata della chiesa in cui si trovavano, superandolo senza guardarsi indietro.
-Castiel!- urlò di nuovo il cacciatore, ma non ottenne risposta. Affinò l’udito per sentire, e riconobbe il motore dell’Impala. Era arrivato Sam. Lui avrebbe provato a curarlo. Che diamine. Stupido, testardo figlio di puttana. Non avrebbe mai funzionato. Salvandolo, Sam avrebbe completato le Prove e poi sarebbe morto. Dean non poteva lasciare che accadesse. Tentò di nuovo di liberarsi dalle manette, e imprecò ad alta voce quando non ci riuscì.
-Ne sei sicuro, Cas?- stava chiedendo Sam.
-Sì. Mi sono già occupato delle complicazioni. Adesso bisogna solo iniettargli il sangue e recitare l’esorcismo modificato.-
-Va bene ma… siamo sicuri che avrà effetto? Dean è un Cavaliere. È come Caino. Non so se basterà.-
-Vale la pena tentare, no?-
I due entrarono nella chiesa senza dire altro. Quando si fermarono davanti a lui, Dean alzò lo sguardo lentamente e strinse le labbra.
-Ehi, Dean- tentò Sam. Dean tacque. Non lo vedeva da due giorni, quando lui e Castiel avevano realizzato il loro piano per catturarlo. -Mi spiace per… la ferita- aggiunse, indicando con un cenno della testa il suo braccio. Dean strinse i denti, ricordandosi improvvisamente della pallottola. Era quasi riuscito ad isolare il dolore bruciante, ma in quel momento tornò tutto, e questo fece solo montare la sua rabbia.
-Già- ringhiò. -Bel colpo, Sammy.-
-Era necessario, Dean- disse Castiel. Dean riservò per entrambi un’occhiata piena di risentimento e Sam distolse lo sguardo.
-Dovevamo intrappolarti in qualche modo. Spararti una pallottola con incisa una trappola per demoni era l’unico modo per farlo. Con Abaddon aveva funzionato, dopotutto.-
Dean annuì e sorrise sarcasticamente. -Ottimo piano, Sherlock. Davvero. E il prossimo passo qual è? Farti ammazzare nel tentativo di salvarmi? No, grazie. Passo- disse, e mostrò a entrambi i suoi occhi neri.
Castiel lo guardò, incerto, e poi si recò in fondo alla navata. Sam, invece, restò davanti a Dean.
-No, Watson. Non è questo il piano.-
-Sam, se è un’altra delle tue folli idee io…-
-Non è un’idea di Sam. È un’idea mia- rispose Castiel, senza voltarsi. -E funzionerà.-
-No, statemi a sentire, tutti e due- lo bloccò subito Dean. -Sam non darà la vita per salvarmi. Non me ne faccio niente della mia umanità se tu muori. È chiaro?- chiese, infine, guardando suo fratello negli occhi.
Sam prese un respiro profondo e rimase a bocca aperta. -Dean, calmati. Non sarò io a fare l’incantesimo- disse il fratello minore, cautamente.
-E chi sennò? Cas? Castiel è un angelo. Non ha sangue umano. Non può funzionare, dannazione!-
-Non sono più un angelo, Dean- rivelò Cas, mentre trafficava con qualcosa sul tavolo.
La rabbia di Dean scomparve, per lasciare posto alla confusione. Quando lo avevano intrappolato, Castiel era ancora un angelo. Aveva ritrovato la sua Grazia, ed era più forte che mani. Cosa si era perso?
-Non capisco. Che ti è successo, Cas?-
Il cellulare di Sam cominciò a squillare. Sam controllò lo schermo e poi sospirò.
-Crowley- lesse, a bassa voce. -Cas, è ora. Sarò dall’altra parte del campo, a controllare che non ci siano nemici. Crowley coprirà il resto- continuò Sam. -Dean, ci vediamo dopo. Andrà tutto bene- disse, stringendogli brevemente il braccio buono prima di allontanarsi di corsa.
-Sam? Che diamine succede? CAS?-
Castiel si avvicinò al cacciatore, e Dean vide che teneva in mano una siringa piena di un liquido scuro che riconobbe immediatamente come sangue.
-Cas, no. Non posso lasciartelo fare. È troppo pericoloso- si ritrovò a sussurrare Dean.
L’angelo, ora tornato umano, si chinò fino ad essere al livello di Dean. Il cacciatore lo guardò negli occhi, ancora incredulo e spaventato, e Castiel restituì lo sguardo con la stessa intensità.
-Non importa, Dean. Ti ho salvato già una volta dalla perdizione. Lo farò di nuovo- mormorò Castiel, con un piccolo sorriso sereno sulle labbra. -Lo farò a qualunque costo.-
-Perché?- chiese Dean, scuotendo la testa. -Non valgo così tanto. Dovresti tornare in Paradiso dagli altri angeli. Non dovresti essere qui.-
-Sempre la stessa storia. Non pensi di meritare di essere salvato.-
-Sì, è così- ammise Dean, con un tono di voce amaro. Strinse i denti e continuò a fissare Castiel. -Non lo merito. Pensavo di poter salvare il mondo e ho fallito miseramente. Ora sono dannato. Ecco tutto.-
-Anche io ho fatto questo sbaglio. Ricordi? E anche io ho fallito. E ho pagato, nel Purgatorio. Ma tu… tu non ti sei arreso. Hai provato a salvarmi in ogni modo. Mi hai cercato per un anno intero. Ho sentito le tue preghiere ogni notte, Dean. Potevo sentirti. C’era solo la tua voce- disse Castiel. -Non mi hai abbandonato, anche se stavi rischiando la vita per me, anche se avresti potuto uscire di lì in ogni momento.-
Castiel posò la mano sulla spalla di Dean, tornando sul punto che aveva toccato quando lo aveva salvato dall’Inferno. -Neanche io ti abbandonerò- continuò.
Le parole di Castiel colpirono Dean. Il cacciatore fissò l’altro per qualche secondo, senza sapere cosa dire. Castiel faceva sembrare tutto risolvibile. Sentiva la pressione della sua mano sulla spalla e pensava che forse aveva ragione. Forse c’era una speranza. Ma non durò a lungo.
-Che mi dici della tua Grazia?-
Castiel strinse le labbra e distolse lo sguardo. -Me ne sono liberato.-
-Cosa?- Dean era scioccato. -Cas, eri disperato quando eri umano. Volevi solo essere di nuovo un angelo. Perché lo hai fatto?- chiese, e senza volerlo inasprì la voce.
-L’ho fatto per te. Se fossi rimasto un angelo, non avrei potuto curarti.-
Dean scosse di nuovo la testa, e guardò altrove. Non poteva credere a quello che aveva sentito. Castiel non avrebbe potuto fare anche questo per lui. Aveva già rinunciato a troppo, pur di salvare Dean: si era ribellato alla sua famiglia, era caduto, aveva forzato le porte del Purgatorio per essere più forte, per poter fermare una nuova Apocalisse, e ne aveva pagato le conseguenze. Castiel aveva sempre scelto Dean, anche quando l’altra opzione era il Paradiso. Essere un angelo era tutto ciò che rimaneva a Castiel, e Dean non poteva capire cosa fosse a spingere Castiel a così tanto.
-So cosa stai per dire. Non pensi di essere degno- disse Castiel, alzandosi. -Ma non fa nulla. Ti curerò, Dean.-
Castiel mise una mano sul mento di Dean, e il cacciatore seppe cosa stava per fare. Deglutì, mentre fissava Castiel che sollevava la siringa, e oppose una inutile resistenza quando lui lo costrinse a voltarsi, per poter iniettargli il sangue nel collo. Non si lamentò, ma fissò Castiel con aria di sfida.
-Non servirà a nulla, tanto. Rimarrò un demone, Cas. Ho ancora il Marchio. Non se ne andrà con l’incantesimo, il che significa che una volta umano impazzirò di nuovo, e quando mi uccideranno diventerò di nuovo un demone. È un circolo vizioso, e non c’è via di uscita.-
Castiel guardò il pavimento, forse per evitare gli occhi di Dean, che si erano scuriti ancora prima di rendersene conto. -Ci sto lavorando- disse solamente, prima di andare a sedersi per terra, appena fuori dalla trappola per demoni. A Dean, tuttavia, non era sfuggito il suo tono di voce piatto, e seppe di aver avuto ragione. Non c’era via di uscita.
 
Non ci volle molto, prima che il sangue umano cominciasse a circolare. Dean lo sentì bruciare in tutto il corpo, e lentamente le sensazioni che aveva seppellito da qualche parte nel suo subconscio tornarono a galla. Il senso di colpa, la frustrazione, il dolore… I sentimenti umani di Dean stavano gradualmente sostituendo la folle rabbia che provava da quando aveva ricevuto il Marchio. E più guardava Castiel, più notava i particolari. Castiel non era stanco: era esausto. Probabilmente doveva ancora riconsiderare tutti i problemi degli esseri umani, a partire dalla fame, dal sonno, alle emozioni. Lo vide bere avidamente un’intera bottiglietta di acqua in un sorso. Dean non si ricordava neanche più che sapore aveva, l’acqua. Non toccava bevande o cibo da molto tempo. L’ultimo cheeseburger che gli era stato servito, quando era ancora umano, non l’aveva neanche mangiato. Non riusciva nemmeno a capire che sensazione stesse provando, mentre riviveva il ricordo.
Dopo qualche ora Castiel si avvicinò di nuovo e gli fece una nuova iniezione. Questa volta l’ago bruciò e Dean, con suo grande stupore, non poté fare a meno di lamentarsi. Provare del dolore fisico l’aveva talmente sconvolto che si immaginò che Castiel gli avesse fatto una piccola carezza, quando aveva tolto la mano con cui l’aveva tenuto fermo.
Subito dopo arrivarono le allucinazioni. Dean rivide Bobby che gli diceva che era un uomo migliore di suo padre, e che doveva perdonare Sam e riconciliarsi con lui. Ma Dean non era migliore di John, no, non lo era mai stato. John aveva superato cento anni di torture, all’Inferno. Dean solo trenta. Non era stato abbastanza forte. Senso di colpa. Frustrazione. Dolore. Mi dispiace, Bobby. Mi dispiace, papà. Non sono un eroe, non lo sono mai stato, si ritrovò a pensare. Sentì da qualche parte Castiel che gli diceva che andava tutto bene, ma non andava bene niente. Il sangue nelle sue vene bruciava e distruggeva e reclamava i pezzi distorti della sua anima. E Dean rivide Ellen e Jo saltare in aria, e la casa di famiglia a Lawrence avvolta dalle fiamme, e rivide sua madre, la sentì urlare, e andava a fuoco insieme a lei. Non poteva resistere. Sarebbe arso vivo. Stava già bruciando.
 
Quando riaprì gli occhi, vide l’interno della chiesa. I fantasmi se n’erano andati, e il dolore era diventato sordo, quasi come se fosse stato addomesticato.
Castiel entrò nel suo campo visivo e Dean sentì una strana sensazione, nel rivederlo, ma non ricordava cosa fosse. L’ex-angelo si chinò di fronte a lui e appoggiò una bacinella piena di acqua lì accanto.
-Sei in un bagno di sudore, Dean- gli fece notare Castiel, immergendo un panno pulito nella bacinella. Lo tirò fuori e lo strizzò, per togliere l’eccesso di acqua, e poi lo passò sul viso del cacciatore. -E sei bollente. Sembra quasi che tu abbia la febbre- disse, e Dean notò la vena di preoccupazione nella sua voce.
-Diciamo che… non è una passeggiata, ecco- borbottò Dean, scoprendo di avere la voce più rauca di quanto immaginasse. La gola era secca e faceva tremendamente male. Castiel si alzò e gli prese un bicchiere d’acqua, e fece per appoggiarlo alle labbra di Dean.
-Non è acqua santa, vero?- domandò il cacciatore, tirandosi indietro. Castiel sorrise e scosse la testa. -No, Dean. In ogni caso, anche se fosse, non credo che avrebbe effetto su di te, ormai.-
Dean pensò alle parole di Castiel, mentre lui gli avvicinava il bicchiere alla bocca e lo inclinava un po’. Dean bevve e, se non fosse stato per un residuo di amor proprio, si sarebbe messo a piangere lì. Improvvisamente ricordava. La bottiglia d’acqua che aveva bevuto tutto d’un fiato, appena tornato dall’Inferno. Le birre con Sam, lo stordimento del whiskey, che dopo un po’ non gli faceva più effetto. Mentre si trasformava in un demone la sete era sparita, così come la sensazione appagante di essersi dissetato. Non c’era più nulla. Buttava giù il whiskey direttamente dalla bottiglia e non bastava, perché non sentiva niente. L’acqua, quella ormai non aveva più alcun significato per lui. Non gli serviva. Ma adesso… adesso il corpo reclamava tutto quello che gli era stato privato.
Sentì che Castiel gli stava passando il panno umido anche sul collo, con delicatezza. Improvvisamente gli era grato per quello che stava facendo. La consapevolezza che Castiel aveva di nuovo rinunciato a tutto per lui lo travolse come una valanga e Dean rimase senza fiato. Era ancora incredulo, ed era ancora certo che non valesse così tanto.
-Devo farti una nuova iniezione. Non ne mancano molte, ormai- disse Castiel, quasi come se volesse scusarsi per quello che gli stava causando. Dean annuì solamente, senza forze.
Castiel fu più gentile delle altre volte, quando gli iniettò il sangue. Evitò di stringere la presa su Dean, dato che il cacciatore sembrava aver rinunciato ad opporre resistenza, e cercò di fargli meno male possibile.
-Cas?-
-Sì, Dean?-
Svenne prima di potergli dire grazie.
 
L’ira lo assalì. Desiderava solo fare a pezzi qualcosa, distruggere, sterminare. Aprì gli occhi, in cerca di un nemico su cui sfogare la propria rabbia, ma c’era solo Castiel, lì. Vedere l’ex-angelo mosse qualcosa nella sua anima in fase di ricovero, ma era di nuovo così arrabbiato, assetato di sangue, che nulla lo avrebbe distratto.
-Dean?- lo chiamò Castiel. La ruga in mezzo alla fronte era tornata, ma questa volta una parte di Dean riuscì a classificarla come sintomo di preoccupazione, non di disprezzo. Castiel gli si sedette davanti e per un secondo Dean vide solo gli occhi azzurri dell’ex-angelo.
-Cosa succede?-
Dean tacque, cercando la forza per parlare, invece che ringhiare. -Il Marchio. Sta succedendo di nuovo. Sto impazzendo.-
Castiel gli controllò il braccio, e Dean si rese conto che il Marchio si era illuminato. Alla sola vista provò un bruciante desiderio di distruzione, ma quando Castiel gli mise le mani intorno al viso, spostando il suo sguardo verso di lui, riuscì a calmarsi.
-Cerca di dormire, Dean. Non permetterò che tu faccia del male a qualcuno. Te lo prometto.-
Dean annuì, grato. Al pensiero che avrebbe potuto attaccare Sam, o Castiel, si sentiva già male. Accettò un bicchiere d’acqua, che bevve lentamente, e una nuova siringa di sangue. Poi chiuse gli occhi e combatté con se stesso per non impazzire.
 
-Non capisco. Non sarebbe dovuto accadere.-
-Castiel, questa è una maledizione. Non potevamo aspettarci nulla di buono. Sono stato un idiota a passargli il Marchio.-
-Era necessario.-
-Già. Quante volte ti sei ripetuto questa stronzata? Io l’ho fatto parecchie volte. Ogni volta me ne sono pentito.-
Le voci cessarono di esistere per qualche secondo, nel mondo confuso in cui Dean si trovava. C’era rosso. Tanto rosso. Ovunque. C’era il dolore. C’era il sangue. C’era l’ira. Però mancava la forza di aprire gli occhi, di dire qualcosa.
-Puoi aiutarlo?-
-Devo. Questa maledizione era per me, non per lui. Non avrei dovuto accettare già dall’inizio. Adesso devo rimettere le cose a posto.-
Dean percepì che qualcuno gli stava stringendo la mano. Il dolore si intensificò, per poi svanire lentamente. Si sentiva sempre più debole. Terrorizzato, Dean aprì gli occhi, per scoprire Caino che si riprendeva il Marchio.
-Sei stato bravo, ragazzo- disse Caino. Dietro di lui, Castiel lo controllava. Teneva uno straccio insanguinato tra le mani. Dean si chiese di chi fosse tutto quel sangue, ma ebbe la risposta non appena cominciò a tossire. Subito Castiel fu al suo fianco, mentre Dean sputava sangue.
-Andrà tutto bene, Dean. Abbiamo quasi finito. Te lo prometto. Andrà tutto bene- cercò di rassicurarlo Castiel, ma a Dean non sfuggì la sua ansia crescente.
-Cas…- cominciò Dean. La sua voce era ridotta ad un ringhio, quasi incomprensibile. Era nauseato dal sangue e si sentiva sempre peggio. Faticava a tenere aperti gli occhi, ma fece uno sforzo e si costrinse a guardare Castiel.
-Se non dovessi…-
-Dean, non parlare. Non affaticarti- lo interruppe subito Castiel. Il Marchio era tornato quasi completamente al suo vero proprietario, e Dean sentì il respiro mancare.
-…grazie di tutto, Cas- concluse Dean con un soffio. Vide gli occhi di Castiel e poi vide il nero.
 
Castiel si pulì le mani e prese l’ultima siringa. Il liquido rosso scuro scintillava alla luce delle poche candele accese nell’antica chiesa, unica fonte di illuminazione della navata. Era notta inoltrata. Castiel sentiva freddo. Aveva fame, sete, ed era stanco. Voleva solo dormire per il resto del mese, ma aveva un compito da portare a termine.
Si avvicinò a Dean a grandi passi. Quando era svenuto l’ultima volta, lo aveva liberato dalle catene e l’aveva steso a terra, in attesa che rinvenisse. Castiel dubitava che Dean potesse teletrasportarsi altrove, nelle sue condizioni.
-Cas, ti prego. Dimmi che è l’ultima- implorò Dean. Castiel lo aiutò a mettersi a sedere, mentre gli rispondeva.
-Ultima siringa, sì. Ho dovuto usarne molte di più rispetto a quelle che Sam ha usato con Crowley per via del Marchio, e del fatto che eri un Cavaliere.-
-Ero? Cosa sono adesso?-
Castiel ricambiò lo sguardo di Dean. Finalmente non vedeva più la sua anima distorta, quando lo guardava. Era sporco di sangue, grondante di sudore, pallido, con due scure occhiaie violacee sotto gli occhi e le labbra screpolate, ma era di nuovo Dean. La scintilla nei suoi occhi verdi era di nuovo al suo posto. E quando Dean gli rivolse uno dei suoi sorrisi strafottenti, per accompagnare la domanda, Castiel seppe che anche tutto il resto stava tornando al proprio posto.
-Ora lo vedremo. Sei pronto?-
Dean sospirò e annuì. Castiel fece l’ultima iniezione. Dean chiuse gli occhi e quando Castiel ebbe finito si stese nuovamente a terra.
L’ex-angelo si stese accanto a lui. Il tetto della chiesa era crollato da chissà quanto tempo. Si potevano vedere le stelle, a tratti, quando il cielo nuvoloso si apriva un po’. Castiel non riusciva a concentrarsi sulle stelle, però. Pensava al rito che avrebbe dovuto compiere qualche ora dopo. Se qualcosa fosse andato storto, avrebbe ucciso Dean. E questa volta Dean non avrebbe avuto un biglietto di ritorno per la Terra, il Paradiso, l’Inferno, o il Purgatorio. Sarebbe scomparso, come i tanti demoni che Castiel aveva ucciso nella sua esistenza di angelo.
-Ehi, Cas.-
Castiel si voltò. Dean lo stava guardando da un po’, ormai, ma Castiel non si era accorto.
-So a cosa pensi. Funzionerà, non preoccuparti.-
Castiel tacque per qualche secondo, mentre faceva correre il suo sguardo sul viso di Dean.
-Eri tu quello che credeva che non avrebbe funzionato, prima- disse Castiel.
-Già. Ma dopo tutto quello che ho attraversato oggi, credo che funzionerà- ammise Dean. -E poi, a parte questo, so che funzionerà. Tu farai in modo che funzioni. Troverai la soluzione, lo so e basta.-
-Hai troppa fiducia in me, Dean.-
-Non è solo fiducia, sai?-
Castiel lo fissò, senza capire. Dean alzò gli occhi al cielo e si stese sulla schiena, sorridendo.
-Di cosa stai parlando?-
-Cas, perché hai messo a rischio la tua vita così tante volte per me?-
A quella domanda così diretta, Castiel rimase senza parole.
-Dunque, ci sono due possibilità,- continuò Dean. -La prima, è che io abbia ragione. Questo mi renderebbe molto felice. La seconda, è che io mi sia clamorosamente sbagliato. Questo mi renderebbe un po’ meno felice.-
-Avresti ragione su… cosa… Dean, io non…-
Dean si voltò verso Castiel, e incatenò i loro sguardi. -Tu mi ami, Cas- sussurrò Dean.
Castiel si sentì messo a nudo, ma vide la speranza nello sguardo di Dean. Era un sentimento meraviglioso e terrorizzante, quello che stava vivendo. E avevano poco tempo, troppo poco.
-E tu… ami me?- chiese Castiel. Dean fece scorrere una mano tra i capelli di Castiel, e gli accarezzò delicatamente la guancia.
-Sì, Cas. Ti amo- ammise Dean. Castiel capì che stava piangendo solo quando chiuse gli occhi e le lacrime presero a scorrere. Abbracciò Dean più forte che poté, nascondendo la testa nell’incavo del suo collo. Sentì che anche Dean stava piangendo, mentre gli accarezzava i capelli e lo stringeva a sé.
-Ti amo così tanto, Cas- ripeté Dean. -Siamo due stupidi. Vogliamo sempre salvare il mondo. Non siamo neanche capaci di essere onesti l’uno con l’altro, se non c’è un’Apocalisse di mezzo.-
-Voglio solo essere umano- ammise Castiel. Sollevò lo sguardo su Dean. -Voglio essere umano con te. Con Sam. Andare in giro per il Paese e cacciare. Salvare le persone, come fate tu e Sam. Non voglio il potere… la gloria. Non mi serve a nulla. Vorrei solo…-
-…una famiglia- concluse Dean per lui. Castiel annuì, mentre cercava di recuperare il controllo.
-Sono stato onesto. Tocca a te, ora.-
Dean fece un piccolo sorriso, pieno di tristezza. -Vorrei… una casa. La mia macchina. Una cucina. Svegliarmi alle nove e preparare la colazione. E… vederti che mi raggiungi in cucina, lamentandoti perché a te le uova con il bacon non piacciono. Ma io le cucino lo stesso, sperando che una volta ti deciderai ad assaggiarle.-
-E poi potremmo leggere il giornale, cercando i casi che fanno per noi- aggiunse Castiel.
-E dopo andare a svegliare Sam con Heat Of The Moment degli Asia a tutto volume.-
Castiel rise tra le lacrime, ma non chiuse il gioco. -Dovrai portarmi da qualche parte ogni tanto. Non possiamo cacciare e basta. Devo pur conoscere gli umani, se voglio essere uno di voi.-
-Sei mai stato a pattinare?-
Castiel scosse la testa e Dean esibì la sua espressione più scioccata.
-Rimedieremo. E lo faremo in grande. Andremo a New York in inverno. Ho sempre visto il laghetto ghiacciato nei film natalizi. Sembra bello. C’è sempre molta gente.-
-E in estate?-
-Non so… Las Vegas? Mai stato?-
-So solo che è un covo di perdizione.-
-Oh, andiamo, Cas. Sto per riottenere la mia anima, non farmi preoccupare di già.-
-Hai ragione, scusa. Okay, Las Vegas, va bene.-
 
Continuarono quel gioco per ore, l’uno nelle braccia dell’altro. Castiel non voleva smettere. Immaginare una vita insieme era l’unica cosa che gli sarebbe rimasta se il rito non fosse andato come previsto. Si aggrappava a Dean, e tutto quello che stavano immaginando sembrava così reale, possibile.
Il cielo si schiarì, e Castiel fece finta di non accorgersi, ma Dean lo notò.
-Cas, credo che sia arrivato il momento.-
-Dean, io non posso.-
-Certo che puoi. Mi hai già salvato una volta dall’Inferno- gli ricordò Dean. -Salvami, Cas.-
Castiel annuì. Si alzò e aiutò Dean a mettersi seduto al centro della trappola per demoni, poi barcollò fino al tavolo in fondo alla navata. Prese un respiro profondo e impugnò il coltello.
Tornò da Dean. Recitò l’esorcismo modificato, ragionando sul significato di ogni parola che diceva, e fece quello per cui era nato, quello per cui ogni angelo era stato creato. Pregò.
Restava l’ultimo passo. Non distolse mai lo sguardo da quello di Dean. Tagliò il palmo della propria mano, e sentì il sangue caldo e il dolore, ma non se ne curò. Appoggiò il palmo sulla bocca di Dean, che chiuse gli occhi.
-Lustra.-
 
Castiel aprì gli occhi. Era steso a terra, dolorante e confuso. Spaesato, si guardò intorno, senza ricordare dove fosse. Capì che doveva essere caduto, e in una frazione di secondo si ricordò del rito.
Guardò in basso, a qualche metro da dove si trovava, e vide Dean steso sulla pancia.
-Dean!-
Urlò il suo nome con tutto il fiato che aveva, mentre si alzava in piedi e correva da lui. Si gettò in ginocchio, ignorando il suo corpo dolorante, e fece stendere Dean sulla schiena. Trattenne il fiato, senza osare pensare. Non poteva aver fallito. Non poteva aver fatto questo a Dean.
Castiel non sapeva cosa aspettarsi. Il filmato dell’esorcismo andato male lo aveva scioccato. Nei suoi incubi aveva visto Dean fare la stessa fine di quel demone. Eppure, Dean sembrava tutto intero.
Fece l’unica cosa razionale che gli venne in mente. Cercò il battito del cuore nel polso, e per poco non fu Castiel a svenire, quando sentì che il battito di Dean c’era.
-Cas.-
Castiel spalancò gli occhi. Si era svegliato. Dean era vivo. Voleva chiedergli se stava bene, se aveva sete, se sentiva dolore, ma Dean glielo impedì. Si tirò su a sedere, prese il viso di Castiel tra le mani e lo baciò. Castiel ricambiò il bacio, come se ne andasse della propria vita. Era così che si sentiva. Era stato così vicino a perderlo per sempre. Ma Dean era vivo. Vivo. Continuava a ripeterselo nella testa, mentre Dean lo baciava e lo attirava più vicino a sé. Non sembrava intenzionato a lasciarlo andare, e a Castiel andava bene così.
Gli sarebbe andato bene per il resto della loro vita.
 
La carrozzeria dell’Impala era rovente, sotto il sole di agosto. Se Castiel si guardava intorno, vedeva solo terra arancione. Sembrava invadere ogni cosa. C’erano solo lui, l’Impala, la strada, che si allungava sulla terra come un’ombra sbiadita, e Dean. Era al telefono con Sam, e sbraitava mentre cercava di comunicare con il fratello nonostante la pessima ricezione.
-Alaska, hai detto? Sammy, noi siamo in Nevada. Non possiamo… Che? Nebraska? No, siamo in Nevada. N-E-V-A-D-A. Las Vegas, hai al presente? Oh. Uhm, okay. Il caso è in Nebraska, sì, ho capito adesso. Beh, in ogni caso, dovrai andarci tu. Devo portare Cas nel covo della perdizione per eccellenza- disse Dean, rivolgendo un sorriso a Castiel. -No, Sam… Che centra il corso di dizione, adesso? Okay, senti. Chiudo la chiamata. Ti richiamo dall’albergo. Sì, ciao.-
Alzò gli occhi al cielo e raggiunse Castiel. Dean si stupiva ancora, quando lo vedeva vestito con abiti leggeri. Era strano vedere Castiel che indossava magliette e jeans. Quando era sovrappensiero e cercava Castiel con lo sguardo si aspettava sempre di trovare il trench beige e il completo scuro con la cravatta azzurra. Castiel li aveva ancora, comunque: li indossava quando fingevano di essere degli agenti dell’FBI. Dean ne era segretamente felice, perché amava il modo in cui la cravatta si intonava ai suoi occhi. Però aveva anche un debole per i nuovi abiti di Castiel. Era sempre un colpo al cuore vederlo indossare la maglia degli Zeppelin che aveva scelto dopo aver setacciato minuziosamente un mercatino dalle parti di Albuquerque.
-Il lavoro chiama?- domandò Castiel. Stava addentando un sandwich. Dean si sedette di fianco a lui sul cofano dell’Impala e gli rubò un boccone, come faceva sempre, strappando un sorriso a Castiel.
-Esatto. Ma può attendere. Ehi, buono questo panino. Sai cosa ci vorrebbe, adesso? Una birra fresca. Con questo caldo, sarebbe perfetta.-
-Non se ne parla. Devi guidare.-
Dean sbuffò. -Guastafeste- disse, ma si sporse per dargli un bacio sul collo. Distratto, l’ex-angelo si fece rubare il resto del sandwich dalle mani, e prima che potesse protestare Dean si era già sistemato sul sedile del guidatore. Anche volendo, Castiel non avrebbe mai potuto arrabbiarsi con lui. Viveva per quel sorriso strafottente. Si sedette sul sedile del passeggero, e osservò Dean che cercava una stazione radio che trasmettesse qualcosa in mezzo al deserto. L’unica stazione radio funzionante stava passando Carry On My Wayward Son dei Kansas.
Dean spense la radio e Castiel lo guardò, stupito.
-Ho sempre odiato quella canzone- spiegò Dean. -There’ll be peace when you are done? Tutte stronzate.-
-Non saprei. Questa mi sembra pace- ammise Castiel.
-E il ghoul di ieri? Lo spirito vendicativo di settimana scorsa? Credevo di essere in vacanza- disse Dean, mettendo in moto l’Impala.
Castiel lo guardò e Dean scoppiò a ridere.
-Hai ragione, Cas. Lo ammetto. Anzi, questo è molto meglio della pace.-
Riaccese la radio, mise in marcia e premette l’acceleratore.



 
OS scritta qualche mese fa, alla fine della nona stagione. Dovevo sfogare in qualche modo i miei feelings distrutti, no? *risata imbarazzata* okay, è la prima fanfic che posto in questo fandom, e la prima OS in assoluto, quindi siate buoni, e se volete lasciate una recensione, sarà apprezzata! 

A presto!
Vee 
  
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