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Autore: ariannaw    10/10/2014    1 recensioni
Johanne aveva lo sguardo perso nel vuoto, la schiena e le spalle curve in avanti, per la stanchezza e la delusione. Davanti, un bicchiere d’Assenzio.
(Da grande appassionata d'arte che sono, ho deciso di partire da un dipinto ed immaginarne la storia. Questo è ciò che mi viene in mente quando osservo "L'assenzio" di Edgar Degas, buona lettura)
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve, non mi piace fare introduzioni, perché le trovo... imbarazzanti e non so mai cosa scrivere. Ma direi che questo racconto ne necessita più di altri, soprattutto perché è frutto di un idea particolare. Ho deciso, come ho anche appuntato nella trama, di "raccontare un'opera", quindi di sviluppare un testo a partire da un dipinto. Il dipinto in questione è "L'assenzio" di Edgar Degas (metto l'immagine qui sotto).
Un'ultima cosa, per chi non sa cos'è l'assenzio: L'assenzio è un distillato ad alta gradazione alcolica e che, nell'ottocento, aveva effetti propri delle droghe e veniva usato per "dimenticare". Detto questo penso di aver finito, buona lettura.
-ariannaw




Johanne aveva lo sguardo perso nel vuoto, la schiena e le spalle curve in avanti, per la stanchezza e la delusione. Davanti un bicchiere d’Assenzio. Certo, era moralmente sbagliato ma più che desiderabile in quel momento. Oh, quanto avrebbe desiderato dimenticare tutto quello che era successo. E quel liquido era proprio davanti a lei, avrebbe potuto dimenticarsi di tutto solo con un sorso. Si guardò intorno: Tutti danzavano nella sala da ballo. Soprattutto Violet, accerchiata da un gruppo di begli uomini che la corteggiavano vistosamente. La sorella non le aveva neanche rivolto la parola da quando erano entrati nella sala, l’aveva semplicemente abbandonata sul tavolo, sul quale era tutt’ora seduta. Seduti ai tavoli accanto a lei c’erano solo un gruppetto di signori anziani che conversavano: almeno loro erano in compagnia. Era ad un ricevimento così grande, con così tanta gente, eppure si sentiva sola. Lei sembrava l’unica in quella sala a non conversare o danzare con qualcuno. C’era solo quel signore, proprio accanto a Johanne un uomo molto trascurato, forse anche ubriaco. Sembrava annoiarsi almeno quanto lei. Eppure quella mattina era stata tanto entusiasta di poter andare a quel ricevimento. La ragazza sospirò e si ricordò di tutti i preparativi di quella mattina…
Johanne fece una giravolta, per ammirare quel bellissimo vestito. Le ricadeva sui fianchi e la snelliva, proprio come le aveva detto la gentile commessa, che adesso la guardava sorridendo. Guardò suo padre, anche lui la stava guardando, felice. Nel negozio la finestra era aperta, entravano dei raggi di sole che illuminavano il vestito della ragazza, era proprio una bella mattinata per essere felici. “Non sono mai stata così bella”, pensava Johanne continuando a piroettare davanti allo specchio. Purtroppo quel momento di felicità durò poco, fu l’urlo della madre a rovinarlo: “Gérard! Vieni qui a vedere Violet, com’è graziosa!”. Il padre accorse nel secondo camerino, obbediente e sorridente. L’abito di Violet avvolgeva il suo sottile e slanciato corpo dal collo alle ginocchia, allargandosi solo in fondo. Risaltava i suoi occhi azzurri, e la sua pelle olivastra. Johanne adesso non si sentiva più bella, si sentiva solo inferiore, come d’abitudine. Ma quella sera sarebbe stato diverso, quella sera le era stato concesso di andare con Violet ad un ricevimento. Avrebbe conosciuto gli amici della sorella, e chissà che non avrebbe trovato il vero amore… Doveva assolutamente prepararsi al meglio! Lascio la sorella alla sua bellezza ed iniziò a pensare alla propria. Girò per un po’ intorno ai camerini e finalmente trovò la commessa di prima. Le confidò che quella sera sarebbe stata speciale e che aveva bisogno del suo aiuto. La giovane lavoratrice si mise subito all’opera e cercò a Johanne degli accessori. Quando tornò era sepolta da una manciata di cappelli da far provare alla cliente, che si mise subito davanti allo specchio, impaziente di crogiolarsi di nuovo tra i complimenti della commessa. Oh, come le calzava quel cappello! Oh, come le donava quell’altro! Alla fine, optò per un cappellino azzurro ornato con delle piume che, secondo la commessa, “la rendeva speciale”. Speciale era tutto ciò che Johanne avesse mai desiderato essere. Non notò subito, a differenza di quanto fece suo padre, che quel cappello era anche il più costoso. Fu la volta delle scarpe, dopo un’ora passata a navigare nella più totale indecisione riuscì a scegliere un paio di scarpe anche queste vivamente consigliate dalla commessa.
Verso le cinque del pomeriggio iniziò la grande preparazione. Johanne iniziò ad indossare i numerosi capi che componevano la sua biancheria: camicia, mutandoni, calze, giarrettiere e reggicalze, busto, reggiseno, copribusto, crinoline, sottogonne inamidate (ne mise tre per garantire il volume alla gonna), e le varie imbottiture. Indossò sopra il suo vestito e rimase davanti allo specchio ad immaginare cosa sarebbe successo quella sera. Quando riprese a prepararsi, si mise le scarpe e si chiese come aveva potuto comprare delle scarpe così scomode e come avrebbe fatto a danzare tutta la sera con quel lancinante dolore ai piedi, c’era da dire, però, che le calzavano proprio a pennello. Ora toccava ai capelli, andò in sala da pranzo per cercare la propria madre, affinché le acconciasse i capelli che erano in totale disastro. Alla fine la trovò nella stanza di Violet, intenta a pettinarla. Le chiese aiuto ma la madre le rispose che era evidentemente già impegnata con la sorella. Johanne si rassegnò ed iniziò a sistemarsi da sola, si fece un’acconciatura bassa con i capelli raccolti poco sopra la nuca. Ad opera completa si guardò allo specchio e si congratulò con sé stessa: aveva fatto proprio un bel lavoro. Finalmente andò in sala e prese dallo scrigno due orecchini di perla. Entrò nella stanza suo padre Gérard, le disse di andare ad avvertire la sorella che la carrozza era fuori ad aspettarle. La ragazza ebbe un brivido di eccitazione e si affrettò per chiamare la sorella.
Johanne tornò alla realtà di quella serata, anche se a dire la verità avrebbe preferito rimanere nelle aspettative felici della mattina per sempre. Diede un ultimo sguardo al bicchiere colmo davanti a lei ed appoggiò la mano sopra il bicchiere, decisa a berne il contenuto. “Signorina, come mai non balla? Purtroppo le mie capacità nel danzare sono piuttosto limitate”, rise, “ma se avessi potuto l’avrei di certo invitata”. L’uomo accanto a lei le rivolse la parola, forse ubriaco forse no, ma a Johanne interessava poco, era la prima volta in tutta la serata che sorrideva. “Che ne dice di uscire da qui? Se non sono troppo impertinente mi piacerebbe riaccompagnarla a casa, crede che sarebbe possibile?” le chiese l’uomo sorridendole. “Permesso accordato”, acconsentì la ragazza e fu felice di uscire da quel posto, accompagnata dal trascurato, ubriaco e gentilissimo signore.
   
 
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