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Autore: pickingupwords    10/10/2014    1 recensioni
E il suo grido, così straziante, così doloroso, che sentiva ogni notte, ogni volta che chiudeva gli occhi.
Il suo nome.
Quello della ragazza che era stata una sorella e che ora non lo sarebbe stata più, non concretamente, almeno.
Non fisicamente.
Non l’avrebbe più stretta a sé, non l’avrebbe più consolata, non le avrebbe più dimostrato quanto bene le volesse, non avrebbero più scherzato tra di loro, non avrebbero più lottato insieme.
Lydia si era ritrovata a dover lottare da sola, perché nessuno era più lì per lei.
Stava combattendo i suoi demoni senza nessuno al suo fianco.
Stava piangendo da sola in un cimitero perché nessuno l’aveva accompagnata, perché nessuno era stato pronto a stringere la sua mano.
Lydia non aveva più nessuno.
Ma, soprattutto, non aveva più Allison.
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Allison Argent, Lydia Martin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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in memory of allison argent.










Lydia sapeva che doveva farlo.
E allora per quale motivo non ne aveva il coraggio?
Chiuse gli occhi, strinse le labbra e trattenne le lacrime.
Prese le chiavi della macchina e uscì, chiudendo la porta dietro di sé con delicatezza.
Si avviò verso la macchina. Salì. La mise in moto.
Spense la radio, aveva bisogno di silenzio, per non pensare.
O, almeno, provare a non pensare.
Guidò per cinque minuti buoni. Minuti spesi a concentrarsi sulla strada e non sull’enorme peso che aveva sul petto e che le stringeva il cuore, così forte da farle male.
Parcheggiò poco lontano dall’alto cancello, prese il mazzo di gigli bianchi che aveva comprato nel tratto di strada fatto e se li strinse al petto, mentre scendeva dall’auto, a chiudeva e si dirigeva verso la sua meta.
Era mattino presto, non c’era nessuno, così che lei potesse parlare liberamente.
Si fermò di fronte alla pietra di marmo bianco levigata, con inciso il nome della sua migliore amica.
Trattenne le lacrime.
Prese un grande respiro.
Poggiò i gigli accanto a dei girasoli ancora freschi.
Si torturò le mani, mentre leggeva quel nome, che aveva pronunciato così tante volte, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Allison.
L’aria fresca del primo mattino le spostò appena i capelli, con leggerezza.
Cosa poteva dire?
Ora che era arrivata lì, non aveva idea di come comportarsi.
Era andata solo al funerale, non sapeva come funzionavano quelle cose, non sapeva come si parlava con qualcuno che forse non può nemmeno sentire.
Così lasciò che le parole fluissero da sole, perché aveva bisogno di dirle, di quello era certa. Doveva liberarsi di quel peso che le attanagliava il cuore.
“Non so se puoi…” si fermò. “Se puoi sentirmi, Allison” parlava con voce spezzata, gli occhi lucidi e i capelli che ricadevano sul viso struccato e distrutto. Dire il suo nome aveva fatto incrinare qualcosa, in lei. Qualcosa si era spezzato. Questa volta definitivamente. “Mi… Mi dispiace, Allison. Mi dispiace davvero io… Io avrei voluto salvarti. Avrei voluto essere in grado di salvarti. Non sono stata abbastanza brava da rendermi conto di quello che sarebbe successo. Mi chiedo… Io mi chiedo cosa mi servano questi poteri, queste doti, se non so usarle, Als” le lacrime iniziarono a rigarle il viso e i singhiozzi si fecero più forti. “Tu me l’avresti saputo dire, Allison” continuare a ripetere il suo nome la faceva sembrare, in qualche modo, più presente. “Tu hai sempre saputo dire tutto e io… E io invece facevo disastri e non ti ascoltavo e… Allison, mi manchi così tanto” guardò verso l’alto e trattenne il respiro per qualche secondo, la voce le tremava terribilmente; sembrava che non avesse le forze per pronunciare quelle parole. “Mi sento così in colpa” scosse la testa. “E’ tutta colpa mia, non avrei… Non avrei dovuto mettermi in quel casino… Io… Allison, è colpa mia, mi sento così in colpa, mi dispiace così tanto. Ti ho fatto del male, Allison. Io non volevo. Ti giuro che non volevo” si inginocchiò e pianse, troppo forte e troppo a lungo, tanto che per un momento ebbe paura di terminare l’acqua nel suo corpo. Si coprì il viso con le mani, per nascondersi e per qualche minuto stette in quella posizione, senza il coraggio nemmeno di respirare.
Tu sei la mia nuova migliore amica.
Sono qui per salvare la mia migliore amica.
Ti voglio bene.
Lei è la mia migliore amica.
E il suo grido, così straziante, così doloroso, che sentiva ogni notte, ogni volta che chiudeva gli occhi.
Il suo nome.
Quello della ragazza che era stata una sorella e che ora non lo sarebbe stata più, non concretamente, almeno.
Non fisicamente.
Non l’avrebbe più stretta a sé, non l’avrebbe più consolata, non le avrebbe più dimostrato quanto bene le volesse, non avrebbero più scherzato tra di loro, non avrebbero più lottato insieme.
Lydia si era ritrovata a dover lottare da sola, perché nessuno era più lì per lei.
Stava combattendo i suoi demoni senza nessuno al suo fianco.
Stava piangendo da sola in un cimitero perché nessuno l’aveva accompagnata, perché nessuno era stato pronto a stringere la sua mano.
Lydia non aveva più nessuno.
Ma, soprattutto, non aveva più Allison.
“Non volevo farti del male, Als” ebbe il coraggio di dire poi, quando si calmò un poco. “Ti prego” sussurrò, così a bassa voce che non fu sicura di averle davvero pronunciate, quelle parole. “Ti prego, Allison: perdonami” accarezzò la superficie bianca che riportava il suo nome e si alzò, lentamente.
“Non ti abbandonerò mai” disse con tono flebile. “Non ti dimenticherò mai”
Aveva iniziato a far freddo.
Gli occhi e le guance continuavano a non essere mai asciutte.
Le labbra tremavano.
“Sarai sempre la mia migliore amica” accennò un sorriso devastato dalla sofferenza.
Guardò quella lapide per cinque minuti buoni, finché non si decise.
Finché non ebbe il coraggio di dire ‘arrivederci’.
Finché non ebbe il coraggio di accettare.
Ti voglio bene” disse.
Si voltò.
Mentre si avviava verso l’uscita, per un momento, una frazione di secondo, fu quasi sicura di aver sentito: “Non piangere, qualcuno potrebbe innamorarsi del tuo sorriso”.
E, così, sorrise.




 
  
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