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Autore: Atomic Chiken    11/10/2014    0 recensioni
La città di New York cade nel panico quando le persone iniziano a morire in circostanze molto strane. Il detective Harper farà di tutto per consegnare il colpevole alla giustizia, ma si ritroverà ben presto a combattere contro qualcosa che minaccia il mondo intero.
Genere: Horror, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Stranamente, dopo la strabiliante scoperta di Elizabeth, invece di sentirmi euforica rimpiangevo di aver insistito nel controllare i corpi delle vittime. Le risposte che cercavo avevano scaturito un miliardo di domande in più.
Melanie non ha ucciso Richard e non si è tolta la vita. Un assassino ha fatto fuori tutti e due.
Chi era quest'altro assassino? Lo avevo già incontrato o era un uomo nascosto nell'ombra?
Stavo tralasciando anche il fatto che potesse essere una donna. Ce ne sono di signore robuste e forti quanto un uomo, in giro per il mondo. Dannazione! Eravamo ad un punto morto, e notiziona ancora più bella, il Gran capitano era venuto a conoscenza del nostro incontro.
Proprio per questo ero diretta nel suo ufficio. "Voglio parlarti a quattr'occhi" era stato il messaggio. Avevo tappato la bocca con le mani per evitare di mandarlo a quel paese.
 Un brivido mi percorse la schiena quando toccai la maniglia. Era seduto come suo solito dietro alla scrivania, le mani incrociate sotto il mento. L'ufficio era privo di personalità, vuoto come quell'essere.
"Siediti". Obbedii cercando di sembrare disinvolta. In realtà stavo morendo dalla paura. Quell'uomo sa il fatto suo, quando si tratta di spaventare qualcuno.
"Vorrei sapere cosa ti è passato per la testa quando hai deciso di opporti alla mia decisione". Si appoggiò allo schienale e mi squadrò. Schiarii la voce lasciando trasudare per un attimo il tremore.
"Il caso su cui stiamo lavorando in questi giorni è stato archiviato come suicidio. Ieri ho scoperto il contrario, e ho anche le prove".
"Non hai risposto alla mia domanda" disse secco. Ebbi l'impulso di mollargli un pugno.
"Avevo...Una sensazione". Jacob mostrò un sorriso degno di un cazzotto.
"Una sensazione..." soppesò le parole.
"E tu per una sensazione hai voluto mettere a repentaglio il posto di lavoro? L'hai combinata grossa Harper".
All'improvviso sbattei la mano sul tavolo facendo volare un paio di fogli.
"Questo maledetto caso deve essere riaperto! Non potete fregarvene quando ci sono tutte le prove che dimostrano che siamo di fronte ad un omicidio!". Jacob non mosse un muscolo.
"Harper. Sei uno dei detective più competenti di questo distretto. Anzi, direi il migliore. Ma ti consiglio di stare alla larga da questo caso. E' chiuso, fine della discussione".


Tornai a casa ancora più depressa. Era già da un bel po' che soppesavo l'idea di abbandonare il mio lavoro. Era stancante, stressante, e pesava anche sul rapporto con gli altri. Il volto di Melanie, gli occhi pieni di speranza, la sua vita troncata sul nascere mi fecero cambiare idea. Era per quello che ero diventata detective, e volevo andare fino in fondo. A fanculo gli ordini di Jacob, avrei trovato il colpevole anche da sola.
Diedi da mangiare a Clara, la mia gattina grigia di tre anni. Feci la doccia e mangiai dei cornflakes scaduti. Guardai un po' di televisione, lessi un libro senza capire una parola. Alla fine decisi di chiamare Dave. Fui percorsa da un brividio di piacere quando sentii la voce all'altro capo.
"Mi manchi da morire" dissi. Era la verità. Il lavoro mi stava uccidendo, e vedere Dave mi avrebbe sicuramente fatto bene.
"Ci vediamo al Marta's?" chiesi riferendomi al bar sottocasa.
"Che ne dici se vengo lì a casa tua?" domandò a sua volta. Un sorriso malizioso si stampò sulle mie labbra.
"Ti aspetto".


Le ore passate con Dave ebbero l'effetto di una bella bibita fresca in mezzo al deserto. Eravamo effettivamente andati al Martha's, ma una volta finito di mangiare avevamo fatto dietrofront a casa. Tra baci e coccole ci eravamo ritrovati nella camera da letto. Il resto preferirei lasciarlo all'immaginazione.
Quando fu il momento di salutarci provai una stretta al cuore. Andai subito a dormire e mi svegliai allo squillo di un cellulare. Era Elizabeth.
"Ti farebbe piacere un bell'appuntamento?".
"E' un appuntamento amichevole o devo aspettarmi altri colpi di scena?" ironizzai più sveglia che mai. Avevo proprio bisogno di vedere qualcuno.
"Un po' tutte e due le cose. Ti va bene il Bigmeal?".
"Sarò lì tra dieci minuti".


In realtà impiegai cinque minuti. Elizabeth era seduta ad un tavolo ad aspettarmi. Era intenta a parlarle con un uomo...Kowalski?
"Non sapevo che voi due aveste una relazione segreta" esordii sedendomi. Kowalski rise di gusto.
"Lo ammetto, stravedo per lui da quando l'ho conosciuto" rispose Elizabeth aggiungendosi alla risata. M'intromisi anch'io, sollevata di essere lì e non tra le coperte fredde di casa alle quattro di pomeriggio.
"Tornando seri, ho un'altra notizia in arrivo". Kowalski e io ci lanciammo un'occhiata. Che dio avesse pietà di noi!
"Dimmi che non è spuntato fuori un secondo assassino" la pregai. Elizabeth scosse il capo.
"Si tratta sempre del nostro colpevole invisibile. Credo di aver trovato un legame tra lei e la ragazza deceduta". Sgranai gli occhi scioccata.
"L'ultima volta non ci avevo fatto caso, ma questa volta ho notato un capello, come incollato alla maglietta della ragazza. Ho pensato che appartenesse alla vittima, vista la somiglianza, ma mi sono comunque decisa ad analizzarlo".
"Andiamo Elly, arriva al punto" la spronai.
"Ho scoperto un possibile legame di parentela diretta con Melanie".
"Vuoi dire padre o madre?". Elizabeth annuì.
"Hai già interrogato i suoi genitori?" mi chiese Kowalski. Effettivamente sì, l'avevo fatto, ma non avevo di certo fatto caso ai capelli.
"Ripasserò da loro, anche se Jacob mi ha vietato di lavorare al caso".
"Quindi ha parlato anche con te" disse Kowalski con una nota di rabbia.
"E' arrivato fino alla sottoscritta" ci informò Elizabeth. Quell'uomo era una serpe vera e propria. Rimanemmo in silenzio, sorseggiando di tanto in tanto dal bicchiere.
"Io continuerò lo stesso" affermai sicura d'un tratto. Se proprio nessuno voleva alzare un dito per far luce su quel caso, io ero pronta a correre il rischio.
"Chi è con me?" domandai. Non dovetti aspettare troppo per ricevere il consenso degli altri. Sapevo di potermi fidare di loro. Sapevo di potermi fidare solo di loro.
"Buona fortuna a noi, allora".

  
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