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Autore: lunaticalsole    13/10/2014    1 recensioni
tratto dalla storia:
"Andava alla stazione ogni giorno, aveva le cuffie alle orecchie e quasi non faceva caso a ciò che le succedeva intorno, ogni giorno la guardavo salire alla stessa ora, tutti dicevano che era pazza ma io non gli credevo. Una volta l’avevano trovata nello sgabuzzino della scuola a piangere, era il periodo in cui le foglie cadevano e insieme a loro anche lei era crollata, ma nessun vento l’aveva aiutata a scendere dal suo ramo, era caduta in un tonfo sordo, ferendosi e non rialzandosi più, semplicemente calpestata e rovinata, non più apprezzata."
spero vi piaccia l'introduzione e vi abbia colpito abbastanza da entrare e leggere, grazie mille.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Andava alla stazione ogni giorno, aveva le cuffie alle orecchie e quasi non faceva caso a ciò che le succedeva intorno, ogni giorno la guardavo salire alla stessa ora, tutti dicevano che era pazza ma io non gli credevo.

Una volta l’avevano trovata nello sgabuzzino della scuola a piangere, era il periodo in cui le foglie cadevano e insieme a loro anche lei era crollata, ma nessun vento l’aveva aiutata a scendere dal suo ramo, era caduta in un tonfo sordo, ferendosi e non rialzandosi più, semplicemente calpestata e rovinata, non più apprezzata.

Il mio hobby era collezionare foglie appena cadute fra pagine di libri ormai già letti e ogni tanto tornare a vedere se erano spezzate, rotte o rovinate.

Lei non era la solita foglia, lei era già stata calpestata e non era per niente un hobby, ricordo la prima volta che la vidi, eravamo appena usciti da scuola e lei iniziò correre, stava perdendo il suo primo treno, e così andò a finire in una piccola pozzanghera bagnandosi, tutti la fissavano e ridevano, io sorrisi, tentava di pulirsi in un modo così goffo e dolce allo stesso tempo, imprecava sotto voce riuscivo a leggere le sue labbra, troppo secche e poco apprezzate, ero di lei che mi ero innamorato, l’uragano che aveva investito quella pozzanghera e la fragilità che aveva quando nessuno l’osservava e tutto si annullava, decisi di seguirla in silenzio, non cogliendola da terra, cercare prima tutti i suoi pezzi e rimetterli insieme ammirando da lontano la meraviglia che era e che sarebbe diventata.

Questo era il giorno numero 42 che la seguivo, più di un mese che seguivo lei, o meglio dire, la parte rimasta di lei, mi curavo di vederla salire e scendere ogni giorno senza che le accadesse niente, senza che nessuno osasse avvicinarsi e insultarla, spesso ho fermato dei ragazzi con la scusa di chiedere informazioni stradali, anche se in una stazione era un po’ da pazzi, ma essere pazzo non mi era mai dispiaciuto, non se la causa era lei.

Il giorno 42 era diverso, l’avevo persa di vista all’uscita ma avevo comunque raggiunto la stazione e lei c’era, solita panchina e solite cuffie, guardarla mi provocava sensazioni che non pensavo si potessero provare prima, vedevo solo lei che fissava le rotaie e canticchiava mentre qualche passante la guardava, oggi avevo anch’io il biglietto, avevo messo i soldi da parte negli ultimi giorni, dovevo parlarle.

Vidi arrivare il solito treno, pieno di graffiti e scritte di ogni colore, non era il massimo dei treni e spesso non era neanche preciso neanche negli orari, ma se c’era lei era perfetto.

Salii su quel treno e come avevo programmato mi misi accanto a lei e decisi di parlarle .

“ciao” fu l’unica cosa che riuscii a dire, non avevo calcolato il sudore delle mie mani e il battito del cuore accelerato, l’avevo sempre osservata da lontano e credo che lei non mi abbia neanche mai notato

“ciao -  mi disse lei togliendo una cuffia - ti sei perso?” mi disse quasi ridendo e lì mi sciolsi in un sorriso, non era per niente pazza, l’unico pazzo ero io

“ti vedo sempre a scuola, non ti ho mai visto ridere -  le dissi senza pensarci e lei si incupì, non dovevo parlarle della scuola così mi affrettai a correggermi – nono, non sono qui per insultarti o altro è solo che ho bisogno di parlarti” lei mi guardò in modo strano e poi scoppiò in una risata cristallina

“Tu devi essere veramente parecchio strano, sei diventato completamente rosso” e continuò a ridere, la risata più bella mai sentita, credo che sia una sorta di canto delle sirene che ti attira a sé ma il problema non era quello, non ero pazzo, forse un po’, ma dopo questa risata ne ero completamente cotto, scottato, bruciato da una piccola foglia ridotta in pezzi, in quell’istante i ruoli erano invertiti, lei era un fiammifero e io una foglia appena caduta per ascoltare la sua risata

“Non sono strano – le dissi facendo una faccia buffa, il mio obbiettivo ora era farla ridere ancora e ancora – posso venire con te in qualsiasi posto tu stia andando?”

“È un posto parecchio silenzioso, se vuoi” io annui e lei mi sorrise, ci sedemmo uno a fianco all’altro, lei con le cuffie alle orecchie a fissare qualcosa fuori dal finestrino e io a fissare ogni tratto del suo splendido viso, passammo circa 45 minuti così e pensai che ammirarla da lontano non era più abbastanza e mentre lei toglieva le cuffie e scendeva dal treno decisi che avrei fatto qualsiasi cosa per renderla felice, l’avrei protetta a costo della mia stessa vita, avrei messo la sua felicità prima della mia, l’avrei accompagnata ogni volta in ogni dove mentre scendevo poco dopo di lei la vidi dirigersi verso una di quelle bancarelle che vendono libri per poi girarsi verso di me, sorridere e indicarmi un piccolo cartello che recitava “i libri hanno bisogno di silenzio per esprimere il meglio di sé”
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angolo d'autrice:
spero vi piaccia, se vi va lasciatemi una recensione, grazie mille. c:
Alla prossima su #lunaticalsole-channel

  
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