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Autore: MyShadow19    13/10/2014    2 recensioni
C'è una tela, mezza bianca e mezza nera, con due personaggi. Dicendo così, ho appena creato un mondo che sta nel livello di creazione inferiore al mio. Sopra di me, il mio Autore avrà scritto, narrato o recitato qualcosa in mio proposito e così sono nato io ed il mio mondo. I miei personaggi non esistono davvero... o almeno non nel mio livello. Ma nel loro livello, loro esistono... magari provano emozioni ed hanno libero arbitrio. Beh comunque io voglio solo scrivere di una tela mezza bianca e mezza nera. Non ho molta intenzione di crear loro chissà quale ambientazione dettagliata. Se vogliono cambiare il proprio mondo dovranno farlo da soli, non possono aspettarsi che sia io ad agire per loro. Così come se io voglio cambiare il mio mondo dovrò agire da solo senza aspettare che il mio Autore renda il mio mondo perfetto. Altrimenti non avrei libero arbitrio. Ma mi raccomando, cari personaggi, non osate infrangere le barriere dei livelli di creazione. Non fatelo o le conseguenze potrebbero essere molto gravi. O meglio, fatelo, così avrò più da scrivere. Perché per me siete solo una storia. E poco più.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Tutto iniziò così: con una tela. Una tela metà bianca e metà nera e due artisti. Due creatori. Uno bianco e uno nero. Un uomo e una donna.
Entrambi avevano la pelle chiara ma gli occhi dell’uomo erano malvagi e il suo sorriso era sornione, mentre gli occhi della donna erano innocenti e il suo sorriso era sincero. L’uomo vestiva con abiti lucidi, appuntiti, svolazzanti e molto scuri. La donna vestiva con abiti opachi, morbidi, pesanti e molto chiari. Entrambi avevano un cappello: lui un tricorno nero e argentato, lei un cappello a cono di paglia bianco e argentato.
I due individui giacevano nella tela, all’interno di un mondo totalmente spoglio ed infinito, diviso in un semipiano nero e in un semipiano bianco. Nel semipiano bianco c’era l’uomo nero e nel semipiano nero c’era l’uomo bianco.
“Chi siamo? Dove siamo?” Esordì la donna bianca nell’istante zero del mondo.
“Il mondo ha appena cominciato ad esistere” Disse in modo atono l’uomo nero “Qualcuno deve averci disegnato, scritto, raccontato o recitato.” Dopo aver assunto un’espressione di sufficienza aggiunse: “Qualcuno privo di fantasia: l’ambientazione lascia alquanto a desiderare” concluse.
La donna stava girellando per saggiare la consistenza di quel mondo “L’Autore non è privo di fantasia. L’idea di un personaggio cattivo in un mondo bianco e un personaggio buono in un mondo nero è fantasiosa. Secondo me l’Autore ha molta fantasia ma ha una scarsa concezione pratica, che gli ha impedito di creare un’ambientazione più complessa.”
Disinteressato, l’uomo troncò il discorso: “Comunque siamo qui. Non è normale stare a parlare del senso di ciò che ci circonda. Presentiamoci. Io sono Kuro.” Allungò la mano oltre lo spazio bianco che a malapena si vedeva nello spazio nero.
La donna scosse la testa per correggerlo: “E’ normale invece. Si chiama filosofia, ad ogni livello di creazione lo fanno. Piacere, io sono Blanchette”.
L’aria da duro, indifferente ed imperturbabile, tornò sul viso di Kuro quando sentì il nome della donna. “Wow” Esclamò “Il mio nome significa nero e il tuo significa bianco. Davvero, davvero molto fantasioso. Dai retta a me: l’Autore sta solo producendo la prima storia che gli viene in mente. Oltretutto vedi? Io, che sono nero, ho un carattere negativo e tu, che sei bianca, hai un carattere positivo.”
Blanchette rise e rispose: “Dovresti essergliene grato, dato che ci ha permesso di vivere. Se ci avesse dato un carattere ambiguo in un’ambientazione complessa, avremmo dovuto aspettare il terzo, quarto o quinto capitolo della storia prima di avere un’identità vera e propria. Dandoci un’identità, anche banale, ma immediatamente, ci ha permesso di essere creature pensanti fin da subito.”
Kuro scosse la testa e si sedette scocciato. “Beh non m’importa quanto tempo ci mette un Autore per dare un’identità complessa alle sue creature, ma io voglio essere di più che lo stereotipo di un cattivo fuori luogo. Poi che si inventerà? Io che vengo dal lato oscuro e divento buono? Noi due che ci innamoriamo? Noi due che ci scambiamo le parti? Cosa si può mai fare con un personaggio banale come punto di partenza? Solo cose banali.”
Anche Blanchette si sedette, non perché fosse stanca, ma solo per imitarlo. “Ma una storia non è fatta solo dai personaggi e dall’ambientazione. Una storia è fatta da creature che vivono. Non dovresti meta-pensare così tanto. Nel suo mondo noi due non esistiamo, siamo solo i personaggi di una storia, ma noi esistiamo nel livello di creazione immediatamente sotto. Noi esistiamo, per questo il nostro destino è nelle nostre mani.”
Kuro guardò Blanchette con biasimo, come se avesse detto una blasfemia. “Sei fuori?! E’ lui che scrive quello che facciamo! Non c’è libero arbitrio qua.”
Blanchette non rispose con altrettanto biasimo ma con un sorriso. “Devi riflettere di più, Kuro. Il concetto di libero arbitrio è relativo, non assoluto. Il libero arbitrio vale in un livello di creazione ma non attraverso più livelli. In ogni livello soltanto gli esseri viventi hanno libero arbitrio e non le parole di un libro o il tessuto di una tela, ma nel livello sottostante quelle parole o quel tessuto possono prendere vita. Non devi immaginare di essere manipolato da un dio. Devi immaginare di poter vivere la tua vita in questo mondo perché così come noi non esistiamo per lui, lui non esiste per noi.”
Kuro, scocciato, sputacchia verso Blanchette. “Non ti seguo. Rifletti troppo.”
Blanchette si spiegò meglio: “Mi spiego: anche lui avrà un Autore sopra di lui no? Qualcuno che venera come un dio.” Kuro mugolò indecifrabilmente. “Lui non può sapere cosa c’è sopra di lui perché il suo Autore, o il suo dio, è imperscrutabile come lui lo è per noi. L’Autore del nostro Autore, allo stesso modo, non saprà mai nulla su ciò che c’è sopra di lui. Allora possiamo dannarci in eterno a risalire l’albero nella speranza di trovare una radice che non è detto che esista, oppure vivere le nostre vite nel nostro livello in cui abbiamo libero arbitrio, per quanto ciò sembri assurdo per il nostro Autore. Capisci?”
Kuro sembrò risollevato da quella visione delle cose, seppur difficili da comprendere. “In pratica mi stai accusando di ragionare come il nostro Autore.”
Blanchette ricambiò gli sputacchi: “In pratica sì!”
Kuro si guardò intorno, in cerca di qualcosa che non fosse la piatta monotonia dell’ambientazione minimalista in cui viveva. Non trovando nulla di suo interesse, si scoraggiò: “Spero che l’Autore del nostro Autore abbia più fantasia di lui. E’ un egoista: se è stato in grado di scriverci o dipingerci deve avere almeno una tela, un foglio, o un qualsiasi altro strumento per farlo. Invece di impegnarsi a creare per noi un mondo altrettanto dettagliato ci ha relegato in uno spazio bicromo e tanti saluti.”
Blanchette si avvicinò al confine e prese le mani di Kuro: “Oh Kuro, si sa, nel momento in cui nasce la vita nascono anche le grandi domande: qual è il senso della vita? Perché il mondo è ingiusto? Eccetera. Non importa quanto dettagliato sia il nostro mondo, queste domande esisteranno sempre. L’Autore è stato minimalista, è vero, ma non ci ha fatto mancare una cosa essenziale: la compagnia.”
Kuro allontanò le proprie mani da quelle di Blanchette. “E che me ne faccio della compagnia?”
Blanchette gliele prese di nuovo per dispetto: “Perché è un mezzo, anzi, il mezzo fondamentale per diventare dei creatori a nostra volta. Se siamo in due possiamo raccontarci storie. E questo mi basta!”
Kuro fissava il vuoto: aveva ricevuto risposta alle sue più grandi domande.
 
(NdA: Devo ad Alessandro, un amico, l’ispirazione ed alcune idee di questa storia. Ma proprio quest’ultimo fatto è la riprova di quanto ho scritto nelle ultime righe di questo capitolo.)
  
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