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Autore: Mia Renard    14/10/2014    2 recensioni
Quando si trovò davanti alla persona che la nipote aveva portato con sé, gli si gelò il sangue.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Charlie Matheson, Miles Matheson, Sebastian Monroe
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Era stato felicissimo di rivedere Charlie. Era come una figlia per lui, ora che Ben non c’era più. Si sentiva responsabile nei suoi confronti.
Aveva capito il suo bisogno di allontanarsi. Sarebbe stato inutile cercare di fermarla. Erano successe troppe cose: la morte del padre, la madre creduta morta e poi ritrovata, alleata con quello che lei aveva considerato il suo peggior nemico, la morte di Danny, la separazione da Jason, quando la porta della Torre si era chiusa e lui era rimasto bloccato fuori con suo padre.
Aveva avuto bisogno di staccare la spina, di lasciarsi tutto e tutti alle spalle, per ritrovare una stabilità mentale, una sorta di ordine interiore.  Miles era stato in pensiero per lei, ma lei non era più la ragazzina sconosciuta che era andata a cercarlo a Chicago. Gli eventi l’avevano resa dura, forte, una combattente. Sicuramente sarebbe stata capace di badare a sé stessa.
Ma ora che la stava riabbracciando si sentiva sollevato. Gli era mancata terribilmente. Ma non era tornata da sola. Si era portata dietro qualcuno.
L’aveva informato che esisteva una taglia sulla testa di Rachel, oltretutto da parte di quelli che si facevano chiamare patrioti, cha avevano appena preso possesso della città. Doveva avvertirla e capire perché, pur essendo ricercata e avendola trovata, ancora non avessero deciso di arrestarla. Cosa poteva esserci di più urgente?
Quindi si era stupito quando lei, prima di decidere di avviarsi verso casa, gli aveva detto:
-Vieni, voglio mostrarti una cosa.-
-Charlie, dobbiamo parlare con tua madre.-
-E’ importante- aveva insistito lei.
L’aveva condotto fuori città. Quando si trovò davanti la persona che la nipote aveva portato con sé, gli si gelò il sangue. Una stilettata nel petto, come una pugnalata, e un brivido lungo tutta la spina dorsale. Il battito del cuore gli era spaventosamente accelerato. Quando lui disse : -Miles- in segno di saluto, gli sembrò di impazzire. Nella sua mente esplosero mille scintille. Quella voce che pronunciava il suo nome. Dal momento che ancora non aveva avuto alcune reazione evidente ma la ragazza notò il panico e l’incredulità negli occhi dello zio, tentò di addolcire la pillola:
-Mi ha salvato la vita- dichiarò guardando Miles.
 
Era un posto malfamato, ma avrebbe davvero dovuto mangiare qualcosa. Era troppo che camminava senza sostentamento.
 Mentre era al bancone, era stata avvicinata da un uomo, che aveva tentato di adescarla con un viscido: - Mi piacciono le donne che reggono l’alcool. Te ne va un altro? Offro io.-
Lei si era guardata in giro. Nel locale, oltre a questo tizio, c’era un tavolo occupato da alcuni  altri individui, per niente raccomandabili, che la guardavano con interesse.
Ma lei non aveva il minimo timore, sicura di saperli gestire. Si era alzata:
-Ho un altro impegno- aveva affermato semplicemente.
Si era avviata verso l’uscita, ma la porta era stata chiusa con un lucchetto.
-Vi conviene lasciarmi andare- li aveva avvisati.
-Non ancora- aveva detto il primo uomo, avvicinandosi con i compagni, ignari del fatto che lei era una capacissima di difendersi.
In pochi attimi ne aveva stesi due. Si era voltata pronta ad affrontare il terzo e, improvvisamente, gli si era sdoppiata la vista. Non riusciva più a mettere a fuoco e la gambe non la reggevano. Aveva capito con orrore di essere stata drogata.
-Cosa mi avete messo nel vino?-
-Allora non reggi così bene l’alcool come credevo- l’aveva schernita il tizio.
In quel momento Charlie pensò di essere veramente nei guai.
Ma poi era successa una cosa che mai si sarebbe aspettata: la porta del locale era stata sfondata con un calcio e, sulla soglia, era comparso Bass Monroe. Doveva averla seguita. Con sguardo di fuoco aveva sguainato le spade ed in pochi minuti era riuscito, da solo, ad affrontare tutti i brutti ceffi e ad ucciderli uno per volta. Charlie lo guardò estrarre la lama dall’ultimo uomo, poi la vista le si annebbio e perse i sensi.
 
Miles non sapeva come reagire. Aveva liberato Bass quando era stato fatto prigioniero dai suoi uomini. Ma dopo l’aveva lasciato andare via da solo. Lui non aveva potuto seguirlo. Con tutto quello che era successo sperava solo che fosse in salvo e che stesse bene. Più volte aveva meditato di andarlo a cercare, di mollare tutto e concentrarsi solo sul modo di tornare a stare con lui, ma era come se non avesse mai trovato il momento giusto. Troppe responsabilità, troppa gente che contava su di lui.
E ora l’aveva davanti, l’uomo che amava. Una parte di lui avrebbe voluto mettersi a piangere dal sollievo: Bass era vivo, stava bene. Ma d’altra parte, sapeva che non sarebbe potuto rimanere lì. La città era stata occupata dai patrioti e lui era ricercato. C’era una taglia sulla sua testa.
-L’hai portato qui?- ruggì verso Charlie.
-Ci serve- si giustificò lei.
-Ho fatto molta strada per venire ad aiutarti- si intromise Bass.
-Vuoi aiutarmi? Allora vattene!- gli ordinò in malo modo.
Ma dentro di sé pensava : -Ho bisogno di sparti al sicuro. Non puoi rimanere qui. Io mi sono costruito un’altra identità ma per te è pericoloso.-
Tentava di nascondere l’angoscia con la rabbia. Non voleva che la nipote capisse che, in realtà, era in pena per l’incolumità di Bass. Comunque fu costretto ad ammettere, anche con sé stesso, che un alleato in più non poteva che fare comodo,  e lui era sempre stato un abile stratega e combattente. Ma portarlo in città era fuori discussione.
Gli trovarono una momentanea sistemazione in una vecchia costruzione fuori dalle mura. Lì, per il momento, le sentinelle non l’avrebbero trovato. Poi tornarono verso casa per informare Rachel delle novità.
Lei diede in escandescenze, più per avere accettato Bass come alleato che per aver saputo di essere ricercata. Quando si comportava così,  Miles proprio non riusciva a sopportarla. Non voleva altro aiuto? Bene, che lo trovasse lei un modo per venire fuori dalla situazione in cui si trovavano. Bass era una risorsa preziosa, la cosa migliore che avessero a disposizione.
Infatti, alcuni giorni dopo, diede prova del suo valore: una sentinella si era spinta un po’ troppo lontana, fuori dalle mura, in esplorazione. Gli era stato ordinato di fare un giro di controllo. Bass l’aveva sorpreso catturato e, il fine giustifica i mezzi, interrogato. Il malcapitato aveva rivelato piani, coordinate, nomi. Aveva scoperto più lui in due ore che tutti loro in pochi giorni.
Trascorsero alcuni giorni, giorni durante i quali Miles aveva mangiato poco e dormito ancora meno. La preoccupazione per l’incolumità di Bass lo stava consumando e il pensiero di averlo così vicino e comunque essere costretto a stargli lontano, lo faceva impazzire.
Anche quella notte non riuscì a prendere sonno. Si rigirava continuamente nel letto, inquieto. In casa regnava un silenzio assoluto, così totale da essere assordante. Riusciva a sentire persino il battito del suo cuore. Quel cuore che da anni non gli apparteneva più. Gli era stato portato via, rubato e mai più restituito. Il suo pensiero andò a Bass: il ladro in questione.
Ora che c’era lui tutto era cambiato, erano in grossi guai il peso di questi era più sopportabile, adesso che c’era Bass. Quante volte erano usciti da problemi ancora più grossi insieme. Con lui avrebbe sopportato di tutto.
La sua immagine perfetta gli balenò nella mente. Miles non aveva mai smesso di amarlo. Aveva provato ad odiarlo, a non pensare a lui, a soffocare il suo ricordo in fondo a sé stesso fino a dimenticare, ma aveva fallito miseramente.  Improvvisamente, il bisogno di averlo vicino, divenne urgente, doveva avere almeno la certezza che stesse bene. Lo immaginò addormentato, su quel materassi polveroso e bucato che avevano rubato da un deposito. I riccioli biondi scomposti, gli occhi chiusi, girato sul fianco sinistro, come si metteva sempre quando gli aveva dormito accanto. Solo, nel buio, indifeso. Respinto ed allontanato anche da lui, l’ultima persona che gli era rimasta.
Il senso di colpa e l’angoscia divennero macigni sui polmoni che gli impedirono di respirare. Miles si tirò su a sedere di scatto. Doveva andare dall’uomo cha amava, subito. Assicurarsi che fosse al sicuro e parlare con lui, chiarire le cose. Adesso. Prese anche un lenzuolo pulito e una coperta e li mise nella sua sacca. Poi si vestì più in fretta che poté. Dovevano essere circa le due del mattino. Sentinelle pattugliavano le strade e le mura erano sorvegliate, ma questo non lo fermò.
Silenzioso come un gatto aprì la porta e si inoltrò nella notte. Sfruttando le ombre più scure, appiattendosi contro le pareti delle costruzioni, raggiunse le mura e sfruttò l’angusto passaggio che avevano scavato sottoterra, per oltrepassarle. Corse più veloce che poté nel buio, verso la boscaglia che poteva nasconderlo.  Non perse tempo per riprendere fiato  e si lanciò a tutta velocità verso il rifugio di Bass. Si fermò in vista della casupola. Restò in ascolto con i sensi tesi. Tutto tranquillo. Miles avanzò di soppiatto, aprì di poco la porta ed entrò in punta di piedi. Dentro era buio pesto, solo qualche debole raggio della luna penetrava appena attraverso le fessure delle imposta chiuse.
Mentre aspettava, col fiato sospeso, che i suoi occhi si abituassero all’oscurità, un sussurro lieve ruppe il silenzio:
-Miles?-
 
 
  
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