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Autore: _joy    14/10/2014    4 recensioni
«E di me ti fidi?»
«Posso fidarmi?» rispondo «Dimmelo tu» 
«Sì» risponde senza esitazione. 
 
Gin/Ben
[Serie "Forever" - capitolo IV]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Forever'
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Devo dire una cosa: guardare Ben recitare dal vivo, su un set, è un’esperienza unica.
 
Oltre ad essere bravissimo, è anche educato e gentile e tutti gli vogliono bene (e non è vero che io sono di parte).
E, quando si cala nel personaggio e si estrania dal mondo, è eccezionale.
Non so come faccia ad ignorare tutta la gente che gli gravita attorno: anche se in scena è solo, o con un collega, qui gira gente di ogni tipo. È un delirio.
Io sarei imbarazzatissima, ma Ben è sempre a suo agio.
Adoro guardarlo.
 
Mi sistemo meglio sulla sedia, soddisfatta, e subito una premurosa ragazza mi si avvicina.
«Hai fame?» chiede, solerte «Sete? Posso portarti qualcosa?»
Scuoto il capo, ringraziandola a bassa voce.
Ecco, se c’è una cosa che mi sembra eccessiva è questo zelo.
Gente che ti ordina una macchina quando tu non ti sei nemmeno ancora alzato dalla sedia, o ti ha ordinato il pranzo quando tu stesso non sai neppure se hai fame.
Insomma.
Che esagerazione.
 
Questo dà fastidio anche a Ben, lo so.
Quando ne parliamo, anche lui è esasperato.
Poi, alla fine, ci ridiamo su.
A volte medito di chiedere qualcosa di davvero difficile (tipo pesto fatto con basilico coltivato espressamente sul terrazzo di casa mia), giusto per vedere fino a dove queste assistenti possono spingersi, ma alla fine lascio perdere e, al massimo, chiedo che mi trovino giornali italiani, così leggo notizie nella mia lingua.
 
 
Siamo a Budapest, dove Ben sta girando una miniserie storica per la televisione.
Trovo estremamente affascinanti le serie in costume e qui tutti sono gentili e amichevoli, per cui ci troviamo molto bene.
È una fortuna, visto che siamo qui da due mesi e dobbiamo restarci ancora parecchio.
Ben è felicissimo di questo lavoro: quando abbiamo letto insieme la sceneggiatura era entusiasta.
Adora la storia.
 
 
La regista urla proprio adesso uno STOOOOP! e tutti (operatori, fonici, macchinisti, addetti ai lavori, attori) riprendono a parlare tutti insieme, come se fino a un attimo prima fossero congelati.
Vedo Ben slacciarsi velocemente la redingote, parte del costume di scena, e sfilarsela dalle spalle mentre cammina a grandi passi verso di me.
Una costumista la acchiappa al volo per evitare che finisca per terra.
In maniche di camicia, Ben mi tende le braccia mentre io gli corro incontro.
«Ehi, ehi!» mi rimprovera, mentre gli stringo le braccia al collo «Cosa avevamo deciso a proposito del fare tutto con calma?»
«Tu lo hai deciso! E comunque io faccio tutto con calma!» ribatto, stringendolo.
Restiamo per un po’ zitti, abbracciati e fermi in mezzo a un turbinio di gente che corre in tutte le direzioni.
Poi Ben mi allontana appena da sé e mi bacia sulle labbra.
Ci stiamo ancora baciando, quando una voce gioviale ci richiama all’ordine:
«Ehi, voi due!»
Noi ci voltiamo, sorridendo, ancora abbracciati.
«Ciao Kari» la saluto.
 
Kari Skogland è la regista della serie e io la trovo davvero simpatica e paziente.
Per gran parte è merito suo se il clima qui sul set è così allegro e tranquillo.
È una donna dai modi spicci, ma è affezionata a Ben e me in modo sincero.
«Tutto bene?» mi dice ora, saltando i saluti «Quando abbiamo iniziato a girare questa mattina non c’eri…»
Malgrado le mille cose di cui deve occuparsi, è sempre premurosa con me.
«Solo perché avevo sonno e sono rimasta a letto» le sorrido «Davvero, sono solo pigra!»
Rivolgo un’occhiata significativa a Ben e aggiungo:
«Non dovete preoccuparvi. Nessuno di voi. Siete molto cari e dolci, ma anche alquanto assillanti e a me non serve una balia»
Stempero il rimprovero baciando Ben sulla guancia e lui sorride pentito, mentre la sua mano sinistra scende ad accarezzarmi la pancia.
Kari sorride, notando il gesto.
«Hai ragione, non dobbiamo starti addosso: sei perfettamente in grado di dosare le forze. Certo, hai sposato l’uomo più preoccupato e assillante del mondo, ma immagino che tu già lo sappia!»
Io scoppio a ridere e Ben fa una smorfia.
«Io non sono preoccupato né assillante!» esclama.
«Sì, è vero» concordo «È premuroso ma rigidamente inglese nel lasciarmi i miei spazi… O almeno, lo era finché non sono rimasta incinta»
Lui mette un finto broncio.
«Quante storie! Potrò preoccuparmi per mia moglie e mio figlio, o no?»
Kari scuote il capo.
«Gin, non so come fai. È dolce e tenero… Ma non so proprio come fai!»
Le sorrido.
Lei è nervosa e brusca come io non potrei mai essere.
«Veramente l’ho sposato perché è così meraviglioso… Ma non dirglielo, ok?»
Ridono entrambi e Ben mi bacia la fronte.
«E non ti ha detto quanto ho dovuto faticare per farle dire di sì» commenta.
«Mmmm… veramente ho ceduto subito» dico io.
Poi noto l’occhiata di lui, dolcemente esasperata, e rettifico:
«Quasi subito»
Ben – che è sempre stato l’inglese compassato che in pubblico è la discrezione fatta persona, almeno fino al matrimonio – mi bacia di nuovo.
Ci sorridiamo, guardandoci negli occhi, e Kari sbuffa, divertita.
«Ben, quando scendi sulla Terra potresti portare tua moglie a mangiare. Va bene che è forte ed energica, ma comunque deve mangiare per due!»
Lui annuisce e la ringrazia.
Kari gli dà sempre delle pause lunghe quando io sono in circolazione e cerca di condensare le scene girate in notturna da quando ha notato che io tendo a seguire Ben sul set.
Davvero, sembrano due chiocce.
Non vogliono che mi alzi presto (anche se, ad essere sincera, ho sempre un sonno incredibile, quindi spesso mi perdo le scene che girano all’alba), né che faccia tardi la sera o che non mi riposi dopo pranzo.
E fortuna che erano tutti preoccupati che la vita su un set cinematografico, per una donna incinta, poteva essere troppo stressante!
A tratti mi sembra di avere uno stuolo di balie qui raccolto solo per me.
 
Adesso, la regista mi fa una carezza sui capelli e si allontana.
«Hai fame, amore?» mi chiede Ben «Andiamo a mangiare? O vuoi tornare in albergo?»
«Dipende da quanto sei stanco tu» rispondo, intrecciando le dita alle sue «Giri da ore… Io invece non faccio che dormire!»
«Piccola, è normale che tu sia stanca, lo sai. E meno male, perché ero così preoccupato all’idea che queste riprese ti stancassero troppo…»
«Tesoro, ma se non faccio che passare dal letto a comode sedie e dalle sedie al letto! Non preoccuparti!»
Lui ha sempre un’espressione tormentata.
«Ma durano tanti mesi e siamo lontani da casa e poi…»
Gli poso un dito sulle labbra.
«Sì, e poi è un’occasione fantastica, il clima è bello, il progetto è interessante, le persone sono fantastiche e mio marito ha la possibilità di ricoprire un ruolo intrigante. In più io e tuo figlio stiamo benissimo e non vorremmo essere da nessun’altra parte, per cui non vedo cosa ci sia da preoccuparsi»
Lui sorride.
«Va bene, la smetto»
Ci sorridiamo, guardandoci negli occhi e, come sempre, il mondo circostante scompare.
Ho ancora le farfalle nello stomaco (oltre al bambino) ed è una cosa meravigliosa.
 
«Ehi, piccioncini!»
Ancora?
Ecco… L’altra cosa di cui potrei lamentarmi del set è che non c’è privacy.
Non che io e Ben dobbiamo nasconderci, è chiaro.
 
È Neal Cassidy, un collega di Ben.
Ci si avvicina e mi sfiora la pancia.
«Ehi, ciao, bambino misterioso!» dice «Allora, di’ la verità: sei un maschio o una femmina?»
Io e Ben ridiamo.
Abbiamo deciso di non chiedere il sesso del bambino, ma qui tutti fanno scommesse a ripetizione.
Neal mi chiede come sto, poi intavola con Ben una conversazione sulla prossima scena che gireranno insieme.
Mio marito mi abbraccia e all’improvviso, nel mezzo di una frase, si zittisce.
Sposta una mano sulla mia pancia e io la copro con la mia.
Ci rivolgiamo uno sguardo di adorazione pura.
«Scalcia?» ride Neal.
«Eccome!» sorrido io.
Ben mi stringe forte.
«Allora, Barnes, che effetto fa?» chiede l’altro.
Ben sembra faticare a trovare le parole:
«È come se… Non so, sai che il bambino c’è, ma è come un’idea astratta. Voglio dire, io sono sempre io, non lo sento dentro di me. E poi lo sento scalciare e…»
Non trova le parole, ma Neal sorride.
«Bene, vi lascio soli. Il vostro tempo insieme è già abbastanza contato senza che io vi tenga qui, in piedi. E poi, Gin, devi riposarti»
 
Io roteo gli occhi.
Un altro.
 
Lo salutiamo e andiamo a mangiare.
Potremmo andare in mensa, con tutti, ma quando possiamo preferiamo salire in camera, in modo da stare un po’ soli.
Mangiamo e poi finiamo sdraiati sul letto, stretti uno all’altra.
Ben posa subito le mani sulla mia pancia.
«Che terremoto!» sorride, quando il bimbo tira un calcio.
Ho appena mangiato, quindi è iperattivo per via delle calorie.
Io mi rannicchio tra le braccia di Ben e sospiro, felice.
Lui mi prende una mano, la bacia, e raddrizza il solitario che brilla al mio anulare, vicino alla fede.
Poi infila una mano sotto gli abiti e si sfila la catenina sottile cui appende la sua vera nuziale quando recita.
Gli prendo l’anello di mano e glielo infilo all’anulare.
Lui mi sorride e si china a baciarmi.
«Mmm» mormoro, dopo un po’ «Resta qui con me, ti prego»
Lui affonda una mano nei miei capelli, chinandosi a baciarmi di nuovo.
«Se fai così» mormora, con le labbra sulle mie «Non scenderò più. Verranno a cercarci. Questa serie durerà all’infinito»
Io ridacchio.
«Bè, qui si sta bene…»
«Gin» fa lui, subito serio «Ancora due mesi e poi torniamo a casa. Non parliamo di ritardi perché uscirei di testa. L’ho già detto a Kari: altri due mesi e poi io ti riporto in Italia, riprese o non riprese»
«Ma lo sai che può succedere che le riprese accumulino del ritardo e…»
«Piccola» mi interrompe, categorico «Sei già di sei mesi. Tra due mesi sarai di otto e io non voglio rischiare che il bambino nasca lontano da casa. I tuoi e i miei ci uccideranno!»
«Uffa» borbotto io «Siete tutti dei rompiscatole. Io sto benissimo e il bambino anche, alla faccia delle tragedie che hanno fatto i nostri genitori quando siamo partiti»
 
Quando siamo arrivati a Budapest io ero già incinta di quattro mesi e le nostre famiglie hanno urlato allo scandalo all’idea che passassi quattro mesi su un set.
Invece è tutto meraviglioso e, fosse per me, ci passeri anche un altro anno.
Ma, ovviamente, il bimbo ha la precedenza.
Abbiamo deciso che partorirò in Italia e che staremo lì per almeno il primo anno del bambino.
Quando ci siamo sposati, un anno fa, abbiamo abitato per un po’ a Londra, mentre Ben recitava in teatro, e il resto del tempo lo abbiamo passato in Italia.
Però siamo consapevoli che dovremo garantire al bambino un po’ di stabilità.
 
«Io e il bambino possiamo venire con te sul prossimo set?» lo prego.
Ben mi accarezza la guancia.
«Amore, non voglio girare niente finché sarà piccolo… Per almeno un anno e mezzo o due voglio stare a casa con te»
Io sorrido.
«Ma dopo possiamo venire?»
Lui si appoggia sul gomito per guardarmi e i suoi occhi splendono d’amore.
«Certo» mormora «Io non voglio stare lontano da voi»
 
*
 
E così, alla fine, io e Ben ci siamo sposati.
 
La vera ansia era vivere senza di lui, me ne sono resa conto quasi subito.
Accantonata la rabbia e il desiderio di ferirlo, cosa restava?
Solo l’amore.
Mi sono re-innamorata di lui in un attimo, come la prima volta.
Dico re-innamorata, sebbene io non abbia mai smesso di amarlo, perché tutto quello che era successo a Los Angeles ci aveva allontanati e aveva scavato un solco tra noi, ma, una volta deciso che lui restava il centro del mio mondo, è svanito tutto ed è rimasto l’amore.
 
È rimasto lui.
 
Solo Ben, come sempre.
 
Perché, in fondo, c’è una sola ragione per tutto questo e la mia ragione, come sempre, è solo lui.
 
 
 
***
Questa è la storia più personale e introspettiva fra tutte quelle che ho scritto e la prima cosa che voglio dirvi oggi è che non riesco ad esserne soddisfatta.
Vorrei essere stata capace di dare a Gin tutt’altro spessore, di renderla più vivida e viva…
All’inizio era un tormento, poi semplicemente ho deciso di fregarmene e di lasciar correre le dita sulla tastiera del pc… Fino ad arrivare qui.
Non voglio sembrarvi a caccia di compimenti: davvero sono talmente coinvolta in questa storia da non riuscire a valutarla;
posso solo dire che il sostegno delle mie meravigliose amiche, dono di Efp, mi sono sembrato a volte così immeritato da confondermi, persino.
E sì, dico a voi, mie meravigliose Susan, Nadie e Clairy! 
Se non fosse stato per voi, questa stesura sarebbe stata ancora più faticosa.
Grazie per ogni istante che passate con me <3
E grazie a tutti voi che mi seguite, leggete o che siete capitati qui per caso: siete un vero, meraviglioso dono!
Gin e Ben al momento vanno in pausa… 
Questo percorso è stato catartico per certi versi e sebbene io sia convinta di aver scritto di meglio, il meglio avrei voluto darlo alla mia Gin.
Se saprò farlo in futuro ne sarò felice.
E spero sempre, e ancora, che sarete con me.
Grazie a tutti,
Joy
 
 
 
 

   
 
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