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Autore: Aisidion    14/10/2014    1 recensioni
Viaggio stellare nelle inquietudini di due giovani studentesse di liceo. Io. E lei.
Genere: Introspettivo, Slice of life, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Si stava rivelando una giornata faticosa. La mattina avevo seguito le lezioni, riuscendo a 
malapena a percepire cosa fosse importante trascrivere sul quaderno degli appunti e cosa 
no. L'accecante sole romano mi stordiva con tutta la sua esuberanza. Fenomenicamente 
era ancora estate: lo avvertivo dal sudore esponenzialmente più copioso a mano a mano che 
la mattina si trasformava in pomeriggio, specie a quell'ora indefinita tra il mezzodì e le 
due. Ora in cui non c'è da preoccuparsi per nulla, dicono, che non sia il pranzo. Difatti 
tornai a casa, per poi ripiombare fuori, trangugiato un altro caffè, verso un quarto alle 
quattro. Questa volta, per avere informazioni su un corso di inglese.

Il colloquio non durò molto: il tempo di venire a sapere che la mia "idoneità linguistica di 
livello B2", strappata all'università e della quale tanto mi gonfiavo la coda di pavone, in 
quell'ufficio con le sedie rosso fuoco e le riviste scientifiche in inglese non aveva nessuna 
efficacia. Il distacco con il quale quella donna - mezza età, finto biondo, ingannevole parvenza 
britannica: in pratica, una menzogna vivente - me lo comunicò mi fece agitare. Forse ero 
stanca, forse era il caldo, le sedie di plastica rosse o la sindrome premestruale.
Per dissimulare sciolsi il braccio puntato ad angolo acuto verso di lei, e lo posi mollemente 
sul viso con fare fintamente meditativo. Reputavo ridicola quell' incongruenza tra 
strutture pubbliche e private, e saccente il suo modo di fare. Non volevo stare lì un minuto 
di più. Dissi che ci avrei pensato e scomparvi.

Di nuovo fuori, di nuovo vento, di nuovo nella frenesia socio-psico-scolar-burocratico-
lavorativa metropolitana. Avvertivo un'aria stanca in tutti i quartieri, il tirare avanti, 
pachidermico, di chi andava avanti per inerzia. In tram, la netta consapevolezza che anche 
quel giorno non avrei studiato fece annidare, da qualche parte dentro lo stomaco, un 
sottile senso di colpa. Sottile, ma fastidioso. Mentre ricordavo a quello che gli psicanalisti 
dicono essere il mio Super-Io che la mancanza di concentrazione era un sintomo più che 
accreditato della PMS, realizzai che mi ero dimenticata di scendere alla mia fermata.

Ecco, appunto.

E pensare che vivevo là da quando avevo tre anni. Ah!, ma sarebbe durato ancora per poco, 
ne ero sicura. Sarei andata in Erasmus, oh sì!, magari a Vienna o a Praga. Altro che corso di 
inglese!
La mente proiettata su quell'idea come fosse un dardo, attraversai la strada per pigliare il 
tram che andava dalla parte opposta. Vecchi, tanti, con le badanti, arabi che blateravano 
cose incomprensibili, adolescenti, le sacche per lo sport a braccio. Due ragazzini sui dieci, 
massimo undici anni. Avevo scordato le cuffiette, così mi sintonizzai, seppur 
involontariamente, sulla loro conversazione.

-Andiamo a piazzale Dunant!
-A fare cosa?
-Boh, a fare un giro! O scendiamo qui?
Ma ormai le porte si erano chiuse, stridendo atrocemente.
-Anzi!, scendiamo a S.Giovanni di Dio e ci facciamo tutta la scarpinata giù per la via! Che 
ne dici?
Il tram ripartì con qualche sobbalzo.
-Certo che è proprio handicapace questo tram.
-Hahaha, veramente!
-E se andiamo a stazione Quattro Venti? Ci sei mai stato?
-Dove? Ah, sì... La pista di pattinaggio,...!
-Ehi! Ho un'idea: andiamo dentro la stazione a guardare i treni che passano!

Di colpo quella mi sembrò l'idea più geniale di sempre. Quella semplicità, quel candore di 
pensiero mi avevano spiazzato.
L'immagine di due giovanissimi amici, seduti lì tra quello spiazzo erboso e quell'altro 
caseggiato urbano affumicato dallo smog, intenti ad osservare il passaggio di uno di quei 
disgraziati scalcagnati treni regionali che non passano mai, la luce ambrata 
del tardo pomeriggio, mi sembrò perfetta. Stavo vivendo la scena di un film, da comparsa però.

-Ciao, ATAC!
Esclamò il ragazzino più vivace al momento di scendere. Sorrisi. Loro due come un'iride nel 
grigiore in cui aleggiavano. La loro purezza mi aveva contagiato, rigenerato anzi. Arrivata a 
casa però, quasi piansi: quale era stata l'ultima volta in cui mi ero stupita per qualcosa? 
Stavo diventando parte del grigiore senza accorgermene.



   
 
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