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Autore: babastrell    14/10/2014    0 recensioni
Jason è in cerca dell'assassino di sua sorella Lottie e per trovarlo dovrà ingoiare il suo odio per la Città Vecchia e addentrarsi a fondo nei suoi vicoli bui, costretto ad affrontare fantasmi del suo passato e orrori della sua mente
Genere: Angst, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Triangolo
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Bene, oso presentarmi anche in questa sezione...
Avevo già intenzione di scrivere una storia ambientata a Sin City quando ho visto il primo film, ma a causa della mancanza di idee e della pigrizia ho finito per accantonare tutto. Però qualche giorno fa ho visto Una Donna Per Cui Uccidere, che ha fatto riaffiorare l'amore che ho per quella pellicola e mi ha spinto a scrivere finalmente questa fanfiction. In realtà era già pronta qualche giorno fa, ma l'ho riletta e modificata fino alla nausea, poichè ci tenevo che fosse proprio come l'avevo immaginata; tutto sommato sono soddisfatta.
Ho scelto di dividerla in due parti più per amor di suspence che per effettiva lunghezza, ma il secondo capitolo è già pronto quindi arriverà a breve.
Spero vi piaccia quanto piace a me.

LA NOTTE DI SANGUE DEL FOLLE BASTARDO - Prima Parte


Una chiazza di sangue si allarga sotto i miei piedi. Non è la prima volta che accade in questa schifosa catapecchia, ma è la prima volta che mi interessa. Mi è sempre piaciuto vedere scorrere quel liquido rosso e viscoso, ma ora mi sale qualcosa di acido e disgustoso nella bocca.

Sfioro con la mano il viso di Lottie, il mio sguardo indugia sui suoi occhi spalancati e spenti e sulla sua pelle ancora più pallida del solito.

Oh, sorellina, che cosa ti hanno fatto?

Guardo fuori dalla finestra mentre prendo il lenzuolo e copro il suo corpo freddo e rigido, per non vedere lo squarcio che attraversa il suo stomaco coperto dal corsetto ora macchiato di rosso.

Chiunque l'abbia uccisa di sicuro non era un esperto: il taglio è profondo ma approssimativo, Lottie è morta di emorragia e sicuramente ha sofferto.

Hai lottato, vero? Certo che hai lottato, si vede dalle macchie di sangue sulle pareti e sul pavimento e dai mobili spostati o distrutti. Raccolgo una cornice spaccata dal pavimento: rappresenta noi due, Lottie, quando ancora vivevamo con mamma e papà nella magione di famiglia, prima della strage che ci ha portati a cercare rifugio proprio a Sin City, nel posto più putrido e marcio che potessimo trovare.

I ricordi scivolano nella mia anima, raggiungendo quel punto di me che cerco di tenere nascosto. Mi avvicino ancora al corpo e accarezzo il suo braccio inerte.

I miei occhi si posano sulle mie dita sporche del sangue di Lottie.

Non vedrò mai più il sorriso che avevi in quella foto, sorella.

Porto le dita alle labbra e sento quel sapore metallico che tanto amo e odio. La mia mente si annebbia.

No. Mantieni il controllo, folle bastardo, non è ancora il momento.

Esco in strada e la pioggia sul viso sembra una cascata di proiettili che mi colpiscono senza ferirmi. Ed è una cosa che detesto.

Lascio che siano i miei piedi a decidere dove andare, tanto non ho la minima idea di dove cominciare a cercare quel figlio di puttana che ha ucciso Lottie, può darsi che il mio istinto per una volta sappia dove mi sta portando.

L'insegna al neon del Kadie's appare davanti ai miei occhi come una luce divina nel buio del mio animo. Entro quasi di riflesso, non sto pensando a cosa faccio.

L'odore acre e pungente di fumo e alcool mi colpisce come i pugni che ho preso nella mia vita. Mi siedo al bancone gettando uno sguardo al palco. Nancy è bella come sempre, non è una novità, ed è per questo che mi piace questo posto: alcune cose sono sempre le stesse, proprio come dovrebbero essere, e posso illudermi di avere qualche certezza.

Ma oggi non sono in vena di sedermi accanto a Marv in mezzo agli altri idioti che fantasticano su quella dea illudendosi di poter avere una possibilità anche solo per un secondo.

«Vuoi qualcosa?» chiede una voce acuta distraendomi dai miei pensieri su Nancy.

Mi volto verso la cameriera e vengo quasi accecato dai suoi capelli chiari. «Il solito, Shellie»

«Ricevuto, dolcezza» sorride mentre si allontana.

Avverto lo sguardo di qualcuno sulla schiena. Mi volto e incontro un paio di occhi scuri che mi fissano in cagnesco.

«Datti una calmata, Dwight, non te la rubo». Lo liquido e mi metto a fissare il bicchiere che Shellie mi ha portato. In un altro momento probabilmente ci avrei provato con la sua ragazza solo per vedere come avrebbe reagito, ma questa sera ho altri pensieri.

Qualcuno si siede accanto a me. Non alzo lo sguardo, non mi interessa.

«Jason» mi chiamano due voci orribilmente familiari.

Mi volto e incontro quattro occhi blu.

Selvaggia e sensuale Cherry.

Sarcastico e indomabile Seth.

Sbuffo e torno a guardare il palco. Nancy ha finito il suo numero e un'altra ragazza è salita sul palco. Non conosco il suo nome e il suo balletto non mi comunica niente, ma mi fingo interessato solo per non dover guardare i due gemelli dagli occhi di ghiaccio.

«Come sta Charlotte?» mi chiede Seth con il suo tono calmo e ironico.

Mi volto di scatto verso di lui. Ha un sorriso sardonico scolpito sulle labbra.

Cherry scoppia a ridere sadicamente. «Sono sicura che stesse meglio prima».

Per fortuna ho giusto due mani e quando si chiudono sulle loro gole candide finalmente le loro risate si chetano. «Siete stati voi?» sibilo.

Cherry tossisce. «Puoi risponderti da solo».

No, non sono loro i responsabili. Chiunque abbia squarciato il ventre di mia sorella non aveva idea di come si usasse un coltello, a differenza di queste serpi che si contorcono sotto la mia stretta.

Dovrei lasciarli. Eppure il suono dei loro respiri spezzati solletica quel punto particolare dentro di me. Basta muovere appena i pollici verso l'alto e sentirei quel delizioso suono di ossa che si incrinano.

Molla la presa. Molla la presa. Non sono loro i tuoi obiettivi.

Le mie mani si stringono ancora di più.

«Non vuoi farlo davvero, Jason» ansima Seth.

No, non voglio. Molla la presa, folle bastardo.

Trattengo il fiato, staccandomi di malavoglia dai loro colli, su cui le mie dita hanno lasciato dei segni scuri.

Cherry si accascia sul bancone del bar e mi sorride. «Hai fatto la scelta giusta, tesoro»

«Levatevi dai piedi» ringhio.

Lei si avvicina al mio viso, accarezzandomi con il suo respiro. «Non essere troppo precipitoso. Noi sappiamo cosa cerchi e possiamo aiutarti a trovarlo».

La guardo dritta nei suoi occhi glaciali. «Ti ho detto di sparire».

I gemelli ridono.

«Come sei focoso» mi apostrofa Seth, appoggiandosi alla mia spalla e sussurrandomi all'orecchio. «Sei come noi. È questo che mi piace di te». Mette un braccio attorno alle spalle della sorella e la accompagna verso l'uscita. Sulla porta, si volta verso di me. «Noi sappiamo. Quando vorrai conoscere la verità, sai dove trovarci».

Sono rimasto solo, seduto a questo piano-bar in un locale marcio. Fisso ancora per un attimo il bicchiere intatto che avevo ordinato. Poi ne butto giù il contenuto in un solo sorso, lascio i soldi sul bancone ed esco.

Non ho intenzione di cedere a quei due, troverò l'assassino di Lottie da solo.

Era da tempo che non bazzicavo la Città Vecchia, più o meno da quando la mia adorata sorellina era entrata a far parte della comunità di incantevoli guerriere conosciute semplicemente come “le signore”. Da allora avevo cominciato a odiare quel luogo di vizi e piaceri, ma se voglio scovare chi ha ucciso Lottie dovrò ingoiare il mio disprezzo.

Mi rendo presto conto che non so dove andare. Ho bisogno di una pausa, il mio cervello lavora troppo in fretta, non sono in grado di ragionare lucidamente.

Mi siedo su una transenna abbandonata, stringendomi le tempie con le mani.

Lottie, temo di non essere in grado di vendicarti. Non senza un segno.

Il ticchettio di tacchi a spillo mi fa alzare la testa. Due donne mi passano davanti senza degnarmi di uno sguardo, troppo prese a parlare tra loro. Il terrore nei loro occhi mi incuriosisce.

È il segno che ti ho chiesto, sorella mia?

Le seguo senza farmi notare. Mi guidano fino al confine della Città Vecchia, dove altre ragazze formano una piccola folla.

Allungo il collo per sbirciare tra quei corpi perfetti.

No.

Non è possibile.

Quegli occhi, quei capelli, il volto contratto in una smorfia di sofferenza.

Lottie, che ci fai in questa strada? Non eri a casa?

Mi guardo intorno, cercando una via di fuga da questa scena raccapricciante. Nell'ombra di un vicolo due sagome scure mi stanno guardando. Prima che spariscano riesco a vedere solo una sfumatura blu ghiaccio che si volatilizza nel buio.

Le signore mi hanno notato. Il capannello si allarga, per fare passare quella che sembra il capo. Si ferma davanti a me, guardandomi dispiaciuta con i suoi grandi occhi neri. «Jason...»

«Avevi promesso che l'avreste protetta!» la aggredisco.

«Non abbiamo potuto fare niente» cerca di giustificarsi.

Ma io non sono in vena di sentire scuse. Le afferro il polso e glielo immobilizzo dietro la schiena, bloccandole il collo con un braccio.

«Avevi promesso» ripeto.

Lei mi rivolge uno sguardo rabbioso con la coda dell'occhio, ma nel battito del suo cuore sento la paura. Ho imparato a riconoscerla in questi anni.

Potrei spezzarle la spina dorsale con un solo movimento. Le altre sono pietrificate.

Sento qualcosa di freddo e appuntito in mezzo alle spalle. Guardo dietro di me.

«Non preoccuparti, Miho. Non mi farà del male» dice la donna tra le mie braccia.

Miho però resta immobile, il viso inespressivo e la katana puntata sulla mia nuca.

Che schifo. Di malavoglia lascio andare la signora, che si accascia ai miei piedi.

«Gail!» grida una delle donne precipitandosi ad aiutarla.

«Sto bene» la rassicura lei. Si alza e mi guarda. «Charlotte aveva questo addosso». Mi porge un oggetto piccolo e lucido.

È un distintivo.

«Mi dispiace» dice Gail.

Non le rispondo.

Mi giro e corro. Corro fino a sentire i polmoni bruciare, fino alla nostra casa. Mi fa male la testa mentre salgo le scale ed entro nella camera dove ho trovato Lottie. Il letto è vuoto e la finestra frantumata.

Lottie.

Perché prenderti dal tuo letto e portarti in quella strada?

Esamino il distintivo che mi ha dato Gail. È stato dunque uno sbirro a mettere fine alla tua vita?

Non posso credere a quello che sto per fare.
 

Ecco, il primo capitolo si chiude qui. Spero che abbia in qualche modo stuzzicato il vostro interesse e che lasciate una recensione, anche critica, per farmi sapere cosa ne pensate

  
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