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Autore: flatwhat    15/10/2014    0 recensioni
Canon era. What If.
Dopo gli eventi della barricata, Enjolras si risveglia, ferito e dolorante, a casa di Valjean.
Alcuni dei suoi amici sono sopravvissuti, la maggior parte sono morti.
Come reagirà alla notizia? Non sarà l'unico a dover decidere cosa fare ora della propria vita.
(Enjolras/Valjean, Courfeyrac/Fantine, Grantaire/Javert; major character death; iniziata come una sfida con me stessa, opinioni/critiche/pomodori ben accetti)
Genere: Angst, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, Crack Pairing | Personaggi: Enjolras, Fantine, Grantaire, Javert, Jean Valjean
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Alcune note dell'autrice, prima di iniziare:
Come ho detto nell'introduzione, questa fic è una sfida con me stessa, nel riuscire a saper rendere le coppie in questione e a dare un motivo convincente alla sopravvivenza di questi personaggi. L'avvertimento OOC si riferisce al fatto che alcuni personaggi che non dovrebbero essere sopravvissuti, Fantine in particolare, potrebbero essere leggermente diversi di come li vediamo nel libro, a causa di character development precedente alla storia o di ciò con cui si dovranno misurare all'interno di questa. Cercherò comunque di attenermi sempre il più possibile ai loro personaggi nei libri, altrimenti la sfida non esisterebbe. 
Si tratterà della mia prima long in questo fandom. Sono un po' nervosa! Tenterò di aggiornare con una certa frequenza.
Un'ultima cosa, riguardo alle ship: no, non sono impazzita. Sempre riguardo alle ship, le principali sono quelle che trovate in descrizione, ma non ho voluto eliminare la possibilità di altre relazioni tra i personaggi, perciò ci sarà sicuramente anche un po' di ExR e, forse, un po' di Valjean/Javert o Valjean/Fantine.
Il raiting di questa storia è variabile e potrà alzarsi, se lo riterrò opportuno, o se lo riterrete voi.
Ciò detto, buona lettura.

 
Notre Vie
 
Capitolo 1: Risveglio

C’era un anziano signore, seduto accanto al suo letto. Leggeva silenziosamente.
Enjolras si guardò intorno. Questa non era la sua stanza e questo certamente non era il suo letto.
Fece per alzarsi, ma delle fitte di dolore accecante lo bloccarono immediatamente.
Quando riuscì a riaprire gli occhi, non senza addizionale dolore in tutto il corpo, vide che l’uomo si era avvicinato.
Ora lo riconosceva. Era il filantropo che era venuto alla barricata.
La barricata…
Un improvviso capogiro distolse Enjolras da questo pensiero.
“Siete sveglio”.
Il suo volto era impassibile e freddo, ma dal tono in cui aveva parlato, Enjolras si accorse di una punta di sorpresa nelle sue parole.
Immediatamente, l’uomo tese le mani in avanti.
Enjolras non si accorse subito che probabilmente sembrava chiedersi se avesse dovuto toccarlo o meno.
L’uomo lasciò cadere le braccia, evidentemente pensando che fosse meglio, ed Enjolras si prese qualche istante per guardarsi intorno, grato che il suo ospite avesse preso questa decisione.
Si sentiva in completa confusione.
Come mai si trovava lì?
“Perdonatemi”, sentì la voce dell’uomo assumere un tono molto calmo e conciliante. Quando ritornò a guardarlo, notò che anche la sua espressione era più dolce.
Sembrava felice.
“Speravamo che vi sareste risvegliato”, continuò lui. 
Speravamo?
“Potete parlare?”, chiese l’uomo. “Avete bisogno di qualcosa? Acqua?”.
Enjorlas si accorse di avere la gola arida e bruciante. Lentamente, e quasi con fatica, annuì.
L’uomo gli porse un bicchiere. 
Enjolras riuscì a mettersi seduto, benché l’uomo gli avesse fatto cenno che non c’era bisogno, e bevve avidamente. Sentì che un po’ di forze gli stavano ritornando.
“Scusatemi un attimo”, disse l’uomo, dopo che Enjolras ebbe bevuto una seconda volta. “C’è qualcuno che vuole vedervi”.
Con un gesto di congedo, uscì dalla camera, lasciando la porta socchiusa. Enjolras, che intanto si era rimesso coricato e stava tornando ad osservare la stanzetta, lo sentì allontanarsi a grandi passi. Non aveva idea di chi fosse quel qualcuno e la testa continuava a dolergli, quindi non ci pensò.
Vi erano delle cose che stava cominciando a capire, tuttavia.
Si concentrò invece sul crocifisso di legno appeso sulla parete di fronte a lui. Sotto di esso, stava un piccolo tavolo, sul quale erano posati due candelabri d’argento. La luce che si propagava da quelle candele lo rilassò al punto da fargli venire voglia di chiudere di nuovo gli occhi e rimettersi a dormire, quando sentì nuovamente dei passi avvicinarsi alla camera, con velocità maggiore di quelli che aveva udito prima. Anzi, con foga.
Un momento dopo, Courfeyrac spalancò la porta.
Enjolras fu fermato dal rimettersi subitamente a sedere solo da un’altra fitta di dolore.
Courfeyrac!
Il suo amico percorse la distanza che c’era tra la porta e il letto in un balzo e si gettò in ginocchio accanto a lui.
Gli prese una mano e se la portò al viso.
“Enjolras… Enjolras…”, sembrava sul punto di scoppiare a piangere. Enjolras provò una pesantezza al petto. Non avrebbe voluto vederlo in quello stato.
La mano febbricitante che Courfeyrac aveva stretto venne liberata con delicatezza. Enjolras la posò prima sulla guancia di Courfeyrac, ad asciugare una lacrima che era finalmente caduta dalle sue ciglia, e poi toccò le bende che gli circondavano la fronte.
Una domanda che non aveva ancora osato neanche fare a se stesso uscì dalle sue labbra prima che lui potesse frenarla.
“Cosa è successo?”, chiese, in un sussurro.
Courfeyrac sollevò la testa e incontrò il suo sguardo.
“Enjolras. Grantaire e Marius sono vivi”.
“Ah!”, fece Enjolras, emettendo una piccola risata. Era la cosa migliore che avesse sentito oggi.
“E Combeferre e gli altri?”.
Courfeyrac chiuse gli occhi.
“Credevo… li avessi visti morire”.
Era vero, li aveva visti.
Ora ricordava.
Sentì il cuore sprofondargli di nuovo, dopo il precedente, brevissimo momento di sollievo.
Courfeyrac si rialzò e si diresse verso la porta.
“Potete entrare, Monsieur, Madame. Non ci disturberete”.
Lentamente, fecero capolino l’uomo di prima e una signora dai capelli grigi. 
“Quest’uomo ci ha salvato”, disse Courfeyrac. L’uomo stava già cominciando a replicare, quando lo interruppe. “Ha portato Marius via dalla barricata e io l’ho seguito. Grantaire ha portato te”.
“Grantaire?”, ripeté Enjolras.
“La signora ci ha assistito in questi giorni”.
Enjolras, cercando di ignorare l’angoscia che sentiva sempre di più, fece un cenno di ringraziamento ad entrambi.
La signora posò una mano sul bracci di Courfeyrac.
“Forse sarebbe il caso di lasciarlo riposare un po’, ora”.
“Oh. Avete ragione, Madame Fantine”. Si avvicinò nuovamente al letto.
“Sei d’accordo, Enjolras? Non hai una bella cera…”.
Enjolras annuì distrattamente, non riuscendo a formulare parole di senso compiuto. Il suo pensiero era altrove. Alla barricata.
“Permettete che rimanga io a stargli vicino? Voi due avete già fatto tanto, e io ora sto bene”, stava dicendo Courfeyrac. I due ospiti avevano evidentemente acconsentito, perché fu Courfeyrac ad occupare la sedia che stava vicino al letto.
Enjolras fissava il soffitto.
Sentendo su di sé lo sguardo di Courfeyrac, si girò su un fianco, dandogli le spalle e chiuse gli occhi.

***

Tutto attorno a loro era fumo e morte. I soldati stavano lanciando l’ultimo attacco.
“Tutti verso il Corinthe!”, gridò Enjolras. Ebbe un attimo di esitazione quando vide Combeferre ucciso da tre baionette, poco lontano da lui. Mirò ad uno dei soldati, e riuscì a fare centro, prima che il fumo tornasse ad annebbiargli gli occhi.
Si appiattì al muro esterno della locanda, spronando quanti più sopravvissuti vedeva ad entrare il più velocemente possibile.
Quando sembravano essere finiti, si preparò ad entrare a sua volta, ma in quello stesso istante qualcuno uscì.
“Grantaire!”
Grantaire si era fiondato su uno dei soldati e, dopo averlo atterrato, si era messo a guardare di qua e di là.
“Enjolras! Dove sei?”, gridava.
“Grantaire! Sono qui!”, ma Grantaire non si voltava.
Enjolras gridò ai rivoluzionari dentro al Corinthe.
“Non c’è più tempo! Sbarrate la porta!”. Non appena ebbe finito di pronunciare quelle parole, udì il sibilo di una pallottola. L’improvviso dolore al braccio destro lo informò che il colpo era andato a segno.
Schivò una seconda pallottola e si gettò a sua volta nel fumo.
Raggiunse Grantaire e lo gettò a terra.
“Cosa fai, idiota?!”, esclamò.
“Enjolras… sanguini!”, era tutto quello a cui aveva fatto caso Grantaire.
“Perché sei uscito dal Corinthe? Avresti potuto salvarti!”. Enjolras lo spinse in un angolo della strada, scorgendo alcune ombre dei soldati passare davanti a loro rapidamente. Si stavano evidentemente dirigendo verso la locanda, ma senza dubbio sarebbero tornati indietro anche per loro.
“Sono uscito perché cercavo te. Dammi il fucile, sei ferito!”.
Enjolras non gli porse l’arma, anche se il braccio gli faceva un male cane.
“Ti prego, Enjolras”, disse Grantaire, angosciato.
“Forse c’è ancora modo di farti uscire di qui”.
“Non mi importa, Enjolras. Ascolta!”. Grantaire ebbe la discrezione di afferrargli il braccio sano.
“Voglio essere al tuo fianco. Parlo sul serio”, lo stava praticamente supplicando.
Enjolras ormai lo ascoltava ammutolito.
“Sei l’unico che mi fa credere in qualcosa. Voglio rimanere. Me lo permetti?”.
In quel momento, la percezione che Enjolras aveva di Grantaire cambiò.
Gli sorrise e posò la mano destra su quella di Grantaire, che la strinse.
“Grazie, Enjolras”.
“Grazie a te”.
All’improvviso, gemette di dolore. Altre due pallottole lo avevano raggiunto da chissà dove.
Si accasciò a terra, e vide Grantaire cadere con lui. Ebbe solo il tempo di sentire che il fucile gli veniva strappato dalle mani prima che tutto diventasse nero.

***

Questo era ciò che era successo.
Eppure Enjolras era vivo.
Era a questo a cui pensava, cercando di addormentarsi.
Sarebbe dovuto morire quel giorno, e invece era sopravvissuto.
Si dispiacque di ingannare Courfeyrac, ma non riuscì a dormire. 
Era affranto. 
  
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