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Autore: bloodred_rose    14/10/2008    4 recensioni
Cosa sarebbe successo se Raoul avesse aspettato, non dico tanto, ma almeno una decina di minuti prima di svegliarsi la mattina dopo il ballo in maschera? Sarebbe arrivato più tardi al cimitero e avrebbe lasciato il tempo a due personaggi che conosciamo bene di chiarirsi. O almeno di provare a chiarirsi. Perché tutto nella vita è solo una questione di tempo...//Ok, non ho ancora idea di come continuerà questa cosa, ma posso assicurarvi che continuerà (ho parecchie idee a proposito) e temo di essere costretta a dirvi che quasi certamente mancherà un vero e proprio lieto fine... Io vi ho avvisati... Ricordatevi che una recensione (anche negativa) non ha mai fatto male a nessuno^^.
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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FALLEN ANGEL

Desclaimer: ebbene no, i personaggi non mi appartengono nemmeno 'sta volta!

JUST A MATTER OF TIME

FALLEN ANGEL, TELL ME WHY?

 

 I am your Angel of Music…

Come to me, Angel of Music…

 Ferma tra la neve davanti alla cripta di suo padre, Christine aspettava, ancora sotto l’influsso ipnotico della voce del suo maestro. Inconsciamente, forse, era anche per quello che, all’alba e senza avvertire nessuno, si era fatta portare di nascosto al cimitero. Sapeva bene quello che il suo Angelo, o meglio, il suo Fantasma, era in grado di fare, ma sapeva altrettanto bene che mai e poi mai avrebbe alzato un dito su di lei con l’intenzione di farle del male. L’amava. Il temuto, misterioso Fantasma dell’Opera era innamorato di lei. Christine era riuscita a realizzarlo davvero solo dopo il ballo in maschera di quella notte, dopo aver visto i suoi magnifici occhi grigi carichi di desiderio e di nostalgia, di una profonda malinconia e di un amore forse ancora più profondo e certamente più dannato. Aveva visto quell’amore terribile anche nella sua rabbia, quando le aveva strappato dal collo la catenina con l’anello di Raoul. E ora aspettava che le si mostrasse di nuovo per dirgli… nemmeno lei sapeva esattamente cosa, ma doveva parlargli. Tra loro c’erano troppe cose in sospeso. Salì gli ultimi due gradini della scalinata guardandosi attorno per cercarlo.

«Non potrai mai liberarti di me, Christine!» Si voltò di scatto al suono della sua voce, trovandoselo di fronte e, istintivamente, arretrando di un passo.

«Che tu lo voglia o meno, Angelo,» proseguì, avanzando minacciosamente e costringendola, di conseguenza, ad arretrare fino a sfiorare il muro della cripta con le spalle «tu appartieni a me!» Sollevando il capo per fissarlo negli occhi, Christine si accorse con un accenno di panico della pochissima distanza tra di loro.

«Cosa ti fa credere che voglia liberarmi di te?» domandò con un filo di voce. Lui scosse il capo piegando le labbra in un sorriso amaro.

«Quanto sei ingenua, Christine! Credevo sapessi che in qualunque luogo, sia esso all’interno, sotto o sopra l’Opera Populaire, io sento e vedo tutto.» Lei spalancò gli occhi e iniziò a tremare, senza sapere se per il freddo all’esterno o se per quello che sentiva dentro. Li aveva sentiti, li aveva visti… il suo Angelo sapeva. Le prese il volto tra le mani costringendola a fissarlo, mentre la sua espressione lentamente cambiava in quella che sembrava disperazione.

«Perché?» le chiese «Ti ho dato tutto, la mia musica, la mia anima, per quanto nera possa essere…! Dimmi perché, Christine!» Lacrime silenziose cominciarono a rigarle il viso scendendo a bagnare anche le dita di lui. Chiuse gli occhi, senza il coraggio di guardarlo, mentre il suo corpo veniva scosso da violenti singhiozzi. Il suo Angelo aveva visto, il suo Angelo sapeva… il suo Angelo che, in realtà, tanto angelo non era.

«Forse dovrei essere io a chiederti il perché, Angelo…»

«Erik.» lo sentì sussurrare dopo un attimo di silenzio. Il significato di quel nome la colpì come un fulmine e riaprì gli occhi, sprofondando in quelli grigi e carichi di tristezza dell’uomo, niente di più, che le stava di fronte.

«Non sono un angelo, Christine, dovresti averlo capito ormai. Gli angeli non hanno bisogno di mentire per sentirsi amati. E, soprattutto, non devono nascondersi dietro una maschera.» La malinconia che impregnava le sue parole era tale che per un attimo, un attimo soltanto, Christine fu convinta di aver visto l’ombra di una lacrima scivolare silenziosa sotto la stoffa bianca che copriva la parte destra del suo volto. Eppure, per la prima volta nella sua giovane vita, il rancore prese il posto della compassione.

«Mi hai ingannata.»

«Ti ho ingannata.» ammise senza vergogna «E ti ho mentito. Mi chiedi il perché…» Lo sentì ridere, una risata completamente priva di allegria «Se ti avessi detto la verità fin dall’inizio saresti fuggita senza guardarti indietro. Per questo, solo per questo. Mi sono finto un angelo, pur sapendo che non sono altro se non il figlio del Diavolo, e ti ho insegnato a cantare. E ora tu mi ripaghi così…» La sua mano scese alla gola di lei, stringendo senza farle del male in una muta minaccia. Si avvicinò ancora, spingendola di più contro il muro, intrappolandola con il suo corpo. Chinò il capo sul suo viso, la distanza ormai solo una questione di centimetri, puntando gli occhi offuscati quasi da una nube di rabbia in quelli scuri e profondi di Christine.

«Io ti ho ingannata…» sibilò «ma tu mi hai tradito!» Strinse la presa sulla sua gola e istintivamente le mani di lei raggiunsero la sua nel tentativo di fermarlo. Christine cominciò ad ansimare, un po’ per la paura di quell’attacco che non si aspettava e un po’ per la stretta, mentre il suo viso perdeva il poco colore rimasto. Tremando, piangendo, ma senza mai distogliere lo sguardo da quello infuriato di lui, si ritrovò a pensare che forse si era sbagliata sul conto del suo Angelo maledetto: il Fantasma era perfettamente in grado di farle del male.

«Erik…» sussurrò, assaporando, nonostante la situazione, la sensazione del suo vero nome sulle proprie labbra. Lui sembrò fare lo stesso, rilassando la sua espressione e allentando la presa sulla sua gola. Con la punta delle dita sfiorò delicatamente i segni rossi che la sua stretta le aveva lasciato ai lati del collo. Vedendo la tristezza emergere dalla grigia tempesta degli occhi dell’uomo, Christine si chiese, con una punta di preoccupazione e una di paura, come potesse cambiare radicalmente umore in così poco tempo. L’istante successivo si rese conto che non le importava, perché, nonostante tutto, lui era ancora il suo Angelo, l’uomo che aveva messo le ali alla sua voce, l’uomo che l’amava… anche fino al delitto. Dolcemente gli strinse la mano tra le proprie, muovendo inconsciamente un passo per avvicinarsi di più a lui.

«Ti prego,» sussurrò tra le lacrime «cerca di capirmi. Per anni non sei stato altro che una voce. E poi, appena dopo aver scoperto che eri un uomo in carne ed ossa, un uomo che avrei potuto amare…» un singhiozzo spezzato interruppe la frase «Che altro avrei potuto fare? Ero terrorizzata! Avevi appena ucciso un uomo sotto ai miei occhi, temevo che potessi far del male anche a Raoul…» Al nome del visconte l’espressione di Erik si irrigidì, mentre lei continuava a stringergli convulsamente la mano senza smettere di piangere e di tremare. «Ho avuto paura, Erik. Tanta. E non avendo più il mio Angelo a proteggermi sono corsa dall’unica altra persona in grado di farlo.» Lo vide chiudere gli occhi e trarre un profondo sospiro, scuotendo ripetutamente il capo con aria colpevole. Dopo quella che le sembrò un’eternità, risollevò finalmente lo sguardo su di lei prendendole il viso tra le mani e cercando, per quanto possibile, di asciugarle le lacrime.

«Potrai mai perdonarmi, Christine?» domandò, la sua voce angelica atrocemente triste. Istintivamente, senza riflettere, lei gli gettò le braccia al collo, nascondendo il volto contro il suo petto, continuando a piangere. Dopo un primo attimo di esitazione ricambiò l’abbraccio, stringendola a sé tanto da arrivare quasi a farle male, seppellendo tra i suoi capelli quelle lacrime che ora, mentre lei non poteva vedere, scivolavano dai suoi occhi  libere e silenziose. Avrebbe potuto passare l’eternità così, avvolto nel suo dolce profumo, riscaldato dal calore che il suo corpo sottile emanava. Aspettò che smettesse di piangere, desiderando egoisticamente che non lo facesse mai per non essere costretto a lasciarla andare, poi, quando la sentì sospirare contro il suo collo e rilassarsi poggiando la testa alla sua spalla, le baciò i capelli, mormorando un debole «Perdonami…» tra la massa dei suoi ricci castani. Christine si limitò a stringerlo di più, lasciandosi cullare dal battito leggermente accelerato del suo cuore.

«Perdonami, amore mio, perdonami…» ripeté in un sussurro quasi disperato. Lentamente lei sollevò il capo tornando a fissarlo negli occhi, mentre posava dolcemente la sua mano sulla parte scoperta del suo viso. Senza riflettere, ignorando il buon senso che le gridava di tornare da Raoul prima che scoprisse che se n’era andata, si alzò sulle punte dei piedi e, sotto lo sguardo sorpreso di lui, gli accarezzò le labbra con le proprie. Erik si ritrasse appena, come ustionato da quel lieve contatto, mentre il suo cuore traditore sembrava pronto a scoppiargli nel petto. Poi, con esasperante lentezza, si chinò su di lei, sfiorandola con un bacio identico a quello di poco prima. Christine socchiuse gli occhi, soccombendo alla marea di sensazioni che, ora riusciva a rendersene pienamente conto, solo lui riusciva a farle provare. Si sentiva bruciare, come se stesse per prendere fuoco dall’interno, dal suo cuore, o dai punti in cui le labbra di Erik entravano in contatto con le sue. Aveva la sensazione di cadere, precipitare in un vuoto oscuro, oscuro come l’uomo che le stava davanti, lo stesso a cui si aggrappava come se fosse l’unica ancora di salvezza. Ironicamente, forse, non sarebbe potuta essere più lontana dalla verità, in quanto il suo Angelo, il suo Fantasma, era probabilmente l’uomo più pericoloso che avesse mai incontrato. Eppure, anche con quella consapevolezza, non riusciva a rompere il loro bacio, un’armonia di toccate e fuga in costante crescendo.

«Christine…» lo sentì mormorare contro le sue labbra, mentre una voce completamente diversa gridava in lontananza lo stesso nome. Ancora abbracciata a Erik si voltò, perdendo completamente ogni traccia di colore in volto quando la voce risuonò più vicina chiamandola di nuovo.

«Raoul…» sussurrò sconvolta, spalancando gli occhi per la sorpresa. Un basso ruggito felino la costrinse a spostare nuovamente la sua attenzione sull’uomo accanto a sé, metà del suo volto contratto in un’espressione di rabbia, l’altra metà nascosta dalla fredda e impassibile maschera bianca.

«Ti prego, non fare follie…!» L’occhiata che le lanciò la fece tornare a tremare: nemmeno la notte precedente, durante il ballo, le era sembrato così infuriato e terribilmente potente.

«Follie, mon ange?» chiese con voce pericolosamente calma «Cosa ti fa credere che io possa commettere delle follie?» Avrebbe potuto rispondergli che era il bagliore omicida nei suoi occhi a farla preoccupare, ma temeva che dicendolo avrebbe solo peggiorato la situazione. E Raoul era sempre più vicino…

«Erik, ti prego…» Sentì le lacrime soffocarle in gola qualsiasi altra supplica, mentre l’ira sul volto del suo Angelo si scioglieva in una profonda, dolorosa delusione.

«Verrà il giorno, Christine, in cui sarai costretta a fare una scelta. È solo una questione di tempo.» E se ne andò, lasciandola sola a fare i conti con l’altra metà del suo cuore… una metà che non batteva più come prima.

xXx

NdA: Ebbene sì, ladies and gentlemen, sono tornata! Suppongo di non esservi minimamente mancata... ma questo non mi ferma dal ricominciare con un'altra follia! Questa volta niente miscugli assurdi tra libri e film (anche nella speranza che qualcun altro si accorga della mia misera esistenza...), ma solo un po' di sana pazzia! In teoria questa cosa (mi rifiuto di definire ciò che scrivo una storia...) è nata come one-shot... non so esattamente come è diventata quello che è diventata, cioè un gran casino con un finale probabilmente ultra drammatico... D'altra parte è saltata fuori all'improvviso dalla mia immginazione folle e con il tempo, crescendo e assumendo una volontà propria, ha ottenuto il completo dominio sul mio povero cervellino bacato che non ha avuto la forza necessaria per resistere ad un attacco di simile intensità... mi dispiace... Ad ogni modo, spero che vi possa piacere e/o interessare e che qualcuno recensisca (speranza inutile?)... Vi avviso fin da ora che purtroppo temo che non sarò in grado di aggiornare con costanza, un po' per la scuola e un po' per l'ispirazione che fa i suoi porci comodi. Bene, per ora penso di aver detto anche troppo. 

I remain your humble servant, 

bloodred_rose  
  
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