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Autore: Rowan936    17/10/2014    1 recensioni
C’erano volte in cui si sentiva sconfitto.
Ogni mattino, quando il sole sorgeva illuminando la stanza di luce fioca, Vegeta si vestiva e se ne andava, dandogli le spalle e negandogli un saluto meno freddo di un “a ’sta sera”.
A Gohan andava bene.
Lo conosceva, rispettava i suoi spazi e il suo orgoglio, il suo bisogno di libertà e menzogne – non voleva credere di essere coinvolto, chiamava “sesso” ciò che c’era tra loro, ma Gohan sapeva che fosse molto di più, lo leggeva nei suoi occhi e nel proprio cuore.
A Gohan andava bene.
Ma una piccola ferita si apriva ogni volta che lo vedeva andare via e la pelle si preparava a ospitare una nuova cicatrice.

[Vegeta/Gohan][accenni Gohan/Videl][human!AU][Angst]
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Gohan, Vegeta
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer » Dragon Ball © Akira Toriyama.
______________________________________________
 
It will take a lifetime
[before I love again]
 
 
 
 
 
All the broken pieces' shattered all around me.
They've been lying there since the day that you left me.
Last goodbye” – Dead by April
 
 
 
[ 11 Settembre 2013 ]
 
« Gohan! »
Il ruggito di Videl lo fece sussultare.
Gohan lasciò cadere il telecomando che teneva in mano, voltandosi di scatto verso la porta.
Biascicò il nome della fidanzata, senza capire quale fosse il problema, quella volta.
« Ti avevo chiesto di andare a fare la spesa! » sbottò la ragazza, puntandogli contro l’indice accusatorio mentre gli occhi assottigliati emanavano scintille.
« Oh… » disse Gohan, con automatico dispiacere. « Deve essermi sfuggito– »
« Di mente, lo so! » lo interruppe Videl, portando le mani ai fianchi. « Ti sfugge sempre tutto di mente, Son Gohan. Sei l’essere più idiota e insopportabile che io abbia mai conosciuto! »
« Dai, Videl, non esagerare… » tentò di rabbonirla il ragazzo, con un lieve sorriso conciliante.
« Adesso tu esci e vai a comprare da mangiare. Subito. » lo ignorò completamente Videl, così Gohan, senza alcuna voglia di discutere, si limitò ad annuire e alzarsi in piedi, andando in camera a cambiarsi e afferrando le chiavi della macchina.
Videl lo amava.
Gli urlava contro, lo insultava anche, ma lo amava dell’amore profondo che lega una donna a suo marito.
Gohan si rendeva conto di apparire – essere – distratto a volte, di perdersi troppe volte nel vortice dei suoi stessi pensieri, di non mostrare verso la sua fidanzata quell’interessamento e quelle attenzioni che avrebbe meritato, ma non poteva farne a meno.
Gohan amava Videl.
Non la baciava mai di propria iniziativa, non ricordava il giorno del suo compleanno o del loro anniversario, ma l’amava dell’amore sincero che si prova nei confronti di un’amica, di una persona che nonostante i tuoi difetti e le tue mancanze ti è rimasta accanto per tanto tempo.
Forse non era giusto, che le tacesse l’assenza di passione tra loro, almeno da parte sua. Forse non era giusto, che continuasse a vivere con lei, raccontando silenti bugie, senza chiudere tutto in nome di una sincerità e una voglia di vivere che aveva perduto tempo prima.
 
« Ti dimenticherai presto di tutto questo. »
 
Quella dolce bugia risuonava ancora nella sua mente, mentre metteva in moto l’auto.
 
« No. Non potrei mai. »
« Invece lo farai. E t’innamorerai di nuovo. Presto. »
« Mi occorrerebbe una vita intera per innamorarmi di nuovo. »
« Sentimentale. »
 
Accese la radio con un gesto veloce, nell’illusione di mettere a tacere il fantasma che gli sussurrava nell’orecchio – che ancora stringeva in mano i resti del suo cuore spezzato.
 
 
*    *    *
 
 
[ 2 ottobre 2011 ]
 
C’erano volte in cui si sentiva fiero di sé.
Vegeta Prince era una bestia indomita, un animale solitario che non voleva essere avvicinato da nessuno. Eppure lui era riuscito a entrare nelle sue simpatie – a guadagnarsi il suo rispetto –, era riuscito ad attirarlo a sé, a stringerlo senza che lo mordesse.
Aveva molte cicatrici, segno dei fallimentari tentativi di tenerlo ancorato a sé, perché Vegeta non voleva essere chiuso in una prigione, e quando si accorgeva di essere troppo dentro a quella situazione mordeva e graffiava – scappava.
C’erano volte in cui si sentiva sconfitto.
Ogni mattino, quando il sole sorgeva illuminando la stanza di luce fioca, Vegeta si vestiva e se ne andava, dandogli le spalle e negandogli un saluto meno freddo di un “a ’sta sera”.
A Gohan andava bene.
Lo conosceva, rispettava i suoi spazi e il suo orgoglio, il suo bisogno di libertà e menzogne – non voleva credere di essere coinvolto, chiamava “sesso” ciò che c’era tra loro, ma Gohan sapeva che fosse molto di più, lo leggeva nei suoi occhi e nel proprio cuore.
A Gohan andava bene.
Ma una piccola ferita si apriva ogni volta che lo vedeva andare via e la pelle si preparava a ospitare una nuova cicatrice.
 
« Resta. »
Quel sussurro fendette l’aria, giungendo alle orecchie di Vegeta come un soffio di vento – ma nonostante questo, poteva benissimo sentire la speranza e la preghiera mischiarsi in quell’unica parola, la testardaggine di quel ragazzo che continuava a illudersi di poterlo tenere accanto a sé.
« No. » disse, continuando a dargli le spalle.
« Perché? »
Gohan non si era mosso dal letto, lo sentiva immobile tra le lenzuola, poteva immaginare l’espressione sul suo volto e la speranza – il dolore – nei suoi occhi.
« Perché non voglio. » rispose Vegeta, con fredda semplicità – eppure continuava a dargli le spalle.
« Dimmelo guardandomi negli occhi. »
Decisione e testardaggine, una buona dose di coraggio, voglia di lottare per ciò in cui credeva.
Erano tante le cose che lo avevano colpito di Gohan – cose che trasudavano da quella semplice frase pronunciata a voce alta, con chiarezza –, tante le cose che lo spingevano a considerarlo degno di passare la notte con lui – tante le cose che lo rendevano un pericolo, un possibile legame in quel mondo che nulla di buono gli aveva mai regalato.
« Non vedo perché dovrei. » disse, in tono annoiato – incerto.
« Perché altrimenti crederò che tu voglia stare con me. E non ti lascerò mai andare. »
Un lieve sorriso increspò le labbra di Vegeta.
 
 
*    *    *
 
 
[ 8 Dicembre 2011 ]
 
« Perché non mi dai una mano? »
« Perché no. »
Gohan sbuffò, scendendo dalla scaletta che stava usando per sistemare una ghirlanda in cima alla parete.
Vegeta sedeva sulla poltrona del salotto, lo sguardo fisso sulla tv che trasmetteva una partita di basket.
« Sai benissimo che “perché no” non è una risposta soddisfacente. » disse Gohan, accomodandosi accanto a lui. Attese il grugnito che sapeva sarebbe giunto come risposta, poi prese in mano il telecomando che il Prince aveva appoggiato accanto a sé e spense la tv.
« Ma che fai?! » esclamò Vegeta, indignato.
« Perché stai facendo il musone? Più del solito, intendo. Potresti darmi una mano. »
Erano ormai un paio di mesi che lo aveva convinto a venire a vivere con lui, a essere una vera coppia. Nonostante Vegeta si ostinasse a chiamare tutto quanto “sesso”, quelle parole suonavano solo come bugie, quando al mattino facevano colazione insieme o quando passavano le serate abbracciati, Gohan che parlava e il Prince che ascoltava silenziosamente.
E non importava che durante i litigi volassero insulti di ogni tipo, che le prime settimane Vegeta non facesse altro che scattare a ogni situazione troppo intima in senso affettivo e non sessuale, buttando a terra oggetti e urlandogli che non fosse altro che la sua puttana. Non importava, perché Gohan gli urlava contro di rimando, insulti e ingiurie di cuore ferito, Vegeta allora imboccava la porta e se ne andava sbattendola alle proprie spalle, ma poi tornava, una volta smaltita la rabbia, e anche se diceva “Non mi fraintendere, sono solo venuto a prendere la mia roba”, il Son poteva leggere le scuse nel suo sguardo e, alla fine, il Prince restava.
Non era tutto perfetto, anche se ora i litigi erano notevolmente diminuiti e Vegeta aveva smesso di sbottare “È solo sesso!” ogni cinque secondi, ma non per questo a Gohan piaceva meno.
Non importavano i mille difetti del Prince, la sua incapacità di relazionarsi e aprirsi in tempi ragionevoli, perché Gohan lo amava ed era paziente, conosceva l’arte dell’attesa e aveva ormai capito come infiltrarsi nelle piccole crepe che, mano a mano che divenivano più uniti, si aprivano nel muro eretto dall’altro.
C’erano momenti di buio assoluto, momenti in cui Vegeta si rifugiava al bar, magari dopo una notte in cui i fantasmi di quel passato di cui Gohan conosceva solo sprazzi gli facevano visita con più insistenza del solito, e tornava nel cuore della notte, talmente ubriaco che a malapena poteva reggersi in piedi, e il Son doveva sostenerlo, ascoltandolo gorgogliare ingiurie contro suo padre che lo aveva mollato con “quel maledetto”, contro il mondo che era un “posto di merda”, e poi predizioni sul loro futuro, sulla tragedia che la loro storia sarebbe diventata, perché prima o poi il ragazzo, secondo il suo parere, lo avrebbe mollato lì, perché era così che doveva andare.
Gohan cercava di negare, ma Vegeta pareva non ascoltarlo, così alla fine rinunciava con un sospiro rassegnato.
In mezzo alla loro vita così incasinata, era dunque troppo da parte di Gohan chiedere di poter trascorrere qualche momento in più nella semplicità, come qualunque altra coppia?
« Non voglio darti una mano. » gli disse Vegeta, incrociando le braccia in attesa che gli venisse reso il telecomando.
Il Son assunse un’espressione scontenta.
« Sì, lo immaginavo. » rispose « Ma perché no? Che ti costa aiutarmi con gli addobbi di Natale? »
« Il Natale è per i bambini. » disse il Prince, secco, con disprezzo.
« Il Natale è per la famiglia. » fu la risposta di Gohan, sicura, calda di un affetto che Vegeta non sapeva come gestire – non era certo che sarebbe mai riuscito a imparare.
« Allora ti suggerisco di telefonare a tua madre e a tuo fratello. »
Il Son sbuffò sonoramente, ma non si rassegnò.
« Anche tu sei la mia famiglia. Mi rifiuto di credere che tu non l’abbia ancora capito. »
« Sei tu quello che non capisce che tra noi– »
« “C’è solo sesso.” » lo scimmiottò Gohan, per poi lanciargli uno sguardo stanco. « Mi chiedo quando smetterai di raccontarti menzogne. »
Gli restituì il telecomando e tornò ad addobbare la casa.
Si sforzò di mantenere lo sguardo fisso sul proprio operato, tendendo inconsciamente l’orecchio per ascoltare cosa l’uomo stesse guardando non appena riaccese la tv, finché, forse dieci minuti scarsi più tardi, non sentì la televisione spegnersi nel bel mezzo della partita, dal momento che non aveva udito il fischi finale.
Sentì dei passi alle proprie spalle, ma si sforzò di non voltarsi, almeno finché non si vide porgere una pallina.
« La partita era finita. » mentì spudoratamente Vegeta, non appena il ragazzo gli ebbe regalato un sorriso contento. « Non c’era nulla d’interessante da guardare. »
 
 
*    *    *
 
 
[ 11 Settembre 2013 ]
 
Era probabilmente una sua mera impressione, ma pareva quasi che ogni volta che i suoi pensieri rimanevano troppo fissi su Vegeta il mondo si riempisse di coppie felici, che camminavano mano nella mano per le strade, che si baciavano di fronte alle vetrine dei negozi, che vivevano la loro storia con la convinzione che sarebbe durata in eterno.
Solitamente al supermercato incontrava nulla più che madri di famiglia, anziane signore o padri di famiglia, taluni accompagnati da bambini che correvano allegramente tra i corridoi o sedevano dentro i carrelli, indicando i dolci che avrebbero voluto comprare.
Quel giorno, invece, c’erano mogli in compagnia dei mariti, ragazzi accompagnati dalla fidanzata, quasi nessuno camminava da solo.
Il mondo aveva sempre avuto un dubbio senso dell’umorismo.
 
Una volta portata la spesa a casa, annunciò di dover fare una commissione, quando in realtà ciò di cui aveva bisogno era prendere un po’ d’aria.
Camminò distrattamente lungo le strade, finché non arrivò davanti all’insegna di una biblioteca. Come ogni volta, si fermò, osservandola combattuto tra la voglia di entrare e quella di fuggire a gambe levate.
In tutto quel tempo non vi aveva più messo piede, per futile codardia e infantile bisogno di serrare gli occhi di fronte ai ricordi. Quel giorno, però, senza sapere per quale motivo, si avvicinò alla porta ed entrò.
L’odore familiare di quel posto gli disegnò un lieve sorriso sulle labbra, poi venne investito da una donna sulla cinquantina, dai capelli castani tendenti al rossiccio e due enormi occhi verdi.
« Gohan, benedetto ragazzo! Sono mesi che non ti vedo! »
« Signora Kimura, salve. » mormorò il ragazzo, soffocato dall’abbraccio della donna.
« Quante volte ti ho detto di chiamarmi per nome! » esclamò la donna, il cui nome era Ayame, lasciando andare Gohan. « Come mai non ti sei più fatto vedere? »
« Ho avuto… Qualche problema… » tentennò il ragazzo, abbassando lo sguardo.
La signora Kimura era la proprietaria della biblioteca che Gohan frequentava ormai da anni e nella quale aveva trascorso infiniti pomeriggi. Era una donna paffuta, dal volto severo di madre che spesso si stendeva in calorosi sorrisi. Era molto chiacchierona, e ogni volta che aveva un cliente fisso ci faceva amicizia. Era accaduto anche con Gohan.
Se non era più tornato, era solo perché lì aveva incontrato Vegeta, tempo prima, e vi erano tornati insieme più volte. Codardo, non aveva avuto la forza di affrontare i ricordi.
« Ah, capisco. » rispose Ayame, cercando di intuire in qualche modo quale fosse il problema. « E Vegeta? Come mai non è con te? »
« Ci siamo lasciati un po’ di tempo fa » disse Gohan, in fretta e in tono incolore, cercando di sputare fuori le parole senza concentrarsi sul loro significato.
« Oh, mi dispiace, figliolo. » disse la bibliotecaria, strofinando le mani sulle braccia del ragazzo. « Magari era semplicemente così che doveva andare. »
Gohan annuì distrattamente.
« Forza, ci sono tanti bei libri che ti attendono, ci sono un sacco di nuovi arrivi, non crederai ai tuoi occhi! » esclamò allora Ayame, prendendolo gentilmente per un braccio e guidandolo verso una delle poltroncine.
 
 
*    *    *
 
 
[ 21 Gennaio 2012 ]
 
« Dove sei stato? »
Vegeta alzò lo sguardo sul ragazzo, che lo aveva atteso seduto sul divano, imbottito di caffè per non cedere al sonno.
« Non ricordavo di averti chiesto di aspettarmi alzato. » constatò il Prince, senza rispondere alla domanda e appendendo la giacca con fare disinvolto.
« Non ricordavo di averti sentito dire che saresti uscito ’sta sera. » replicò Gohan. « Dove sei stato? »
« Dovresti imparare a farti i fatti tuoi. » disse semplicemente Vegeta, incamminandosi verso le scale. Il ragazzo si alzò in fretta dal divano, raggiungendolo per sbarrargli la strada.
« Questi sono affari miei. Che cos’hai a che fare con quell’evaso di prigione? » domandò Gohan, e notò istantaneamente come gli occhi del Prince si assottigliarono.
Una settimana prima, era stato annunciato al telegiornale che un pluriomicida, Freezer Ice, fosse evaso di prigione. Il ragazzo aveva subito notato i muscoli tesi del compagno, che aveva preso a fissare lo schermo con sguardo talmente freddo da farlo spaventare, ma al suo “Va tutto bene?” aveva risposto con un secco “Certamente” a cui Gohan aveva finto di credere.
Ma da quel giorno l’uomo spariva di sera o di pomeriggio per rincasare a orari improponibili, e quando Gohan, il giorno prima, glielo aveva fatto notare, aveva negato spudoratamente, per poi fingere di andare a letto e sgattaiolare fuori quando il ragazzo si era addormentato – salvo poi svegliarsi pochi minuti dopo.
Aveva notato la reazione di Vegeta ogni volta che quel criminale compariva in televisione, e voleva capire quale fosse il problema. Aveva paura che si fosse cacciato in qualche guaio.
« Non so di cosa tu stia parlando. » disse il Prince, lentamente, scandendo ogni parola e assumendo quello sguardo gelido che ogni volta faceva salire un brivido lungo la schiena di Gohan.
Questi, tuttavia, non indietreggiò.
« Invece sì che lo sai. » continuò, cercando di mostrarsi sicuro. « Pensi che non abbia notato le tue reazioni ogni volta che vedi la sua foto? Ti prego, dimmi dove vai e cos’hai a che fare con quel criminale. » Sono preoccupato per te. Non lo disse, ma quelle parole aleggiarono nell’aria come se le avesse pronunciate.
Vegeta parve ignorarle spudoratamente.
« Ti stai facendo troppi filmini mentali. » annunciò, per poi scostare Gohan con un gesto secco e salire le scale senza voltarsi indietro, ignorando i numerosi richiami del ragazzo.
Il Son ponderò per un istante l’ipotesi di corrergli dietro, ma, sapendo che non avrebbe ottenuto nulla se non altre risposte che vere risposte non erano, decise semplicemente di dormire sul divano, quella notte.
 

*    *    *
 
 
[ 23 Gennaio 2012 ]
 
« Che accidenti ti è successo?! »
Gohan si sforzò notevolmente di non suonare isterico, ma alle sue stesse orecchie la sua voce parve molto più acuta del normale.
E come sarebbe potuto essere altrimenti, se quella sera Vegeta era tornato a casa con un taglio sanguinante sul volto e la maglia imbrattata di rosso?
« Niente di che… » minimizzò il Prince, ma Gohan non parve neppure ascoltarlo.
Gli si avvicinò a grandi passi, offrendogli il suo aiuto per salire le scale fino al bagno.
« Non sono ferito. » disse Vegeta, scostandosi leggermente.
« Raccontalo al taglio che hai in faccia e alla tua maglia insanguinata. » ringhiò Gohan, per nulla propenso ad accettare scuse di sorta.
« Per la maggior parte non è mio. » annunciò il Prince, in tono casuale.
Il ragazzo lo fissò a occhi sgranati, domandandosi per la millesima volta cosa stesse succedendo, in che cosa l’uomo che amava si fosse fatto coinvolgere. Tremava leggermente, Gohan, di paura e preoccupazione, ma quando parlò la sua voce era ferma.
« Adesso andiamo di sopra. » disse, in tono che non contemplava alcuna replica. « E ti disinfetto quel taglio. Poi mi spieghi tutto. »
 Vegeta aveva esclamato di non dovergli alcuna spiegazione, ma non si era opposto quando il ragazzo lo aveva portato al piano superiore e gli aveva silenziosamente disinfettato il taglio che partiva dal sopracciglio destro e arrivava fino al collo, attraversando tutta la guancia.
Quando ebbe terminato, Gohan mosse un paio di passi indietro e, fissando il compagno negli occhi, domandò: « Che è successo? »
Tremava ancora leggermente, mentre sentiva una forte nausea, un po’ a causa dell’odore di sangue emanato dalla maglia che Vegeta aveva malamente cacciato per terra, un po’ per il terrore che sentiva serpeggiare dentro di lui.
« Ti ho già detto che non ti devo alcuna spiegazione. » affermò il Prince, secco.
Gohan perse la pazienza.
« Adesso basta con questa storia! » sbottò, esasperato. « Devi piantarla di dirmi che non mi devi alcuna spiegazione e di farmi gli affari miei, perché viviamo insieme, sono il tuo compagno e gli affari tuoi sono anche miei! Ti ho sempre lasciato i tuoi spazi, ma non pensi che io abbia il diritto di sapere se ti trovi in qualche guaio?! »
Il ragazzo tacque, respirando affannosamente e sentendo gli occhi bruciare, ma non aveva nessuna voglia o intenzione di piangere.
Vegeta lo fissò in volto qualche istante, poi, senza tradire alcuna emozione, si alzò in piedi.
« No. » rispose, in tono incolore. « Non lo penso. »
Mentre Gohan lo fissava senza riuscire a replicare in alcun modo, il Prince uscì dalla stanza e quella notte fu lui a dormire sul divano.
 
 
*    *    *
 
 
[ 24 Gennaio 2012 ]
 
Non si erano rivolti la parola per tutto il giorno.
Solitamente i litigi si rivolvevano quando entrambi cominciavano a fingere che nulla fosse accaduto, ma quella volta Gohan non aveva alcuna intenzione di passare sopra a quanto successo.
Non c’erano mai state ingiurie capaci di impedirgli di perdonare, ma quella volta non poteva semplicemente cedere, poiché aveva davvero il diritto di sapere cosa stesse succedendo. E se non ne aveva il diritto, Vegeta avrebbe comunque dovuto coinvolgerlo perché… Perché… Perché erano una coppia, dovevano affrontare la vita insieme, e questo comprendeva anche le difficoltà.
Sapeva che il suo compagno avesse una concezione particolare del rapporto di coppia, che non riuscisse ad accettare fino in fondo il proprio coinvolgimento sentimentale, ma non avrebbe soprasseduto su quel punto, non quando c’era un problema grave di mezzo.
Non quando rischiava di non vederlo tornare a casa la sera.
Vegeta si alzò dal tavolo strusciando rumorosamente la sedia, pulì la parte di tavolo dove aveva appena fatto colazione e se ne andò senza una parola.
Gohan ebbe la tentazione di seguirlo.
Non lo fece.
 
Quando, quella sera, Vegeta tornò, Gohan notò subito che ci fosse qualcosa che non andava.
Aveva imparato, col tempo, a distinguere le sfumature di dolore negli occhi dell’uomo, e quel giorno nel suo sguardo vedeva solo buio, la desolazione di chi è senza speranza, di chi ha perso tutto.
« Cosa ti è successo? » domandò, con un filo di voce, dimentico della rabbia e della presa di posizione che si era autoimposto.
Non ricevette risposta, solo quello sguardo intriso di oscurità.
Si avvicinò di qualche altro passo e ripeté la sua domanda.
Vegeta increspò le labbra in un ghigno amaro.
« Pensavo che saresti stato tu ad andartene. » disse. « Detesto avere torto. »
Gohan corrugò le sopracciglia, senza comprendere, e quando riuscì a capire quanto detto dal Prince, egli stava già salendo velocemente le scale.
« Vegeta! » esclamò il ragazzo, correndogli dietro. « Vegeta, che stai dicendo? »
Non ricevette risposta, poté solo fissare a occhi sgranati i gesti secchi con cui l’uomo afferrava una valigia e vi ammassava dentro tutto quello che poteva, senza guardarlo in faccia.
Gohan scosse leggermente la testa, senza capire cosa stesse succedendo, e si avvicinò al Prince, afferrandolo per i polsi di modo da impedirgli di continuare a prendere i suoi effetti personali.
« Che cosa sta succedendo? » domandò, in un misto di paura e confusione.
Vegeta incontrò il suo sguardo, con riluttanza.
« Mi pare evidente. » disse, senza risparmiarsi un altro ghigno tremendamente amaro.
Si ribellò alla presa di Gohan e riprese a infilare vestiti in valigia alla bell’e meglio. Il ragazzo tacque, incredulo, finché non lo vide chiudere la cerniera e controllare con lo sguardo di non aver lasciato nulla.
Lo sguardo del Prince vagava velocemente per la stanza senza posarsi su nulla ed evitando accuratamente il ragazzo in piedi a poca distanza da lui.
« Perché? » riuscì a mormorare Gohan, ingoiando saliva che pareva cemento e cercando di lottare per respirare mentre gli pareva di essere sul punto di morire per soffocamento.
« Uno dei due lo avrebbe fatto, prima o poi. » disse semplicemente Vegeta, evitando ancora il suo sguardo. « Credevo solo che saresti stato tu. »
Si lasciò andare a una risatina che a Gohan parve il suono peggiore del mondo. Era come un pianto mascherato da risata. Era dolore che voleva fingersi gioia.
« Ma cosa stai dicendo… » mormorò il ragazzo, senza dare alla frase l’intonazione di una vera domanda.
« Tranquillo. » ghignò, e Gohan ebbe l’impressione che le labbra tremassero leggermente. O forse erano solo i suoi occhi che cominciavano a offuscarsi di lacrime. « Ti scorderai presto di tutto questo. »
« No. » replicò il ragazzo, muovendo un passo esitante verso di lui. « Non potrei mai. »
Ancora non capiva bene cosa stesse succedendo, l’unica cosa che gli fosse chiara era che Vegeta se ne stesse andando. E lui non voleva perderlo. Non dopo tutto quello che avevano passato, non dopo tutti i litigi e la pazienza portata, che però venivano compensati da quei momenti, quelle ore, in cui tutto pareva tanto perfetto da poter essere scambiato per un sogno.
Non voleva che tutto quello che avevano divenisse un ricordo.
« Invece lo farai. » replicò Vegeta, e il ragazzo non poté non notare quant’amarezza ci fosse in quelle sillabe. « E t’innamorerai di nuovo. Presto. »
« Mi occorrerebbe una vita intera per innamorarmi di nuovo. »
Aveva risposto senza pensare, ma ciò che aveva detto era pura verità. Non sarebbe riuscito a lasciarsi tutto alle spalle, a fingere che nulla fosse accaduto. Non sarebbe riuscito ad andare avanti, lui non era forte. Resta con me.
« Sentimentale. » sbuffò Vegeta, e il sorrisetto che gl’increspò le labbra sapeva di pianto.
Prima che Gohan potesse osservarlo meglio, però, il Prince mosse un passo verso di lui e lo attirò a sé, rudemente, in fretta, stringendolo gli istanti necessari perché il ragazzo riuscisse a imprimersi il suo odore nella mente.
« Vegeta… » tentò Gohan, senza celare la preghiera nella propria voce, ma egli lo allontanò subito, afferrò la valigia e uscì dalla stanza senza neppure voltarsi.
Il ragazzo non lo seguì.
Tutto ciò che fece fu sedersi sul letto e nascondere il volto tra le mani.
 
 
*    *    *
 
 
[ 11 Settembre 2013 ]
 
C’erano volte in cui riusciva quasi a illudersi di essere felice.
C’erano volte in cui stringeva a sé Videl, un sorriso sincero sulle labbra, e si sentiva nel posto giusto al momento giusto – blandi istanti d’illusoria pace.
Mentre sfogliava i libri della biblioteca, lo sguardo che correva tra le pagine, Gohan riusciva a entrare in mondi che lo accoglievano a braccia aperte e nei quali poteva sentirsi al sicuro per il tempo di un respiro.
Poi qualcosa attirava la sua attenzione, gli occhi lasciavano la carta e si posavano in quel luogo pieno di fantasmi del passato, e allora ricordava.
Ricordava le notti in cui il corpo di Videl non era sufficiente a scaldarlo, a colmare il freddo che sentiva dentro, e allora dietro alle palpebre lo attendeva il sorriso di un uomo le cui braccia erano prive di qualsivoglia delicatezza, ma la cui pelle lo scaldava meglio di qualsiasi camino.
Ricordava i momenti in cui si estraniava dalla realtà per vivere di ricordi, e sebbene si rimproverasse per quella mancanza di partecipazione al presente, una parte di lui bramava quella felicità in bianco e nero.
Capitava, durante quelle notti di rimpianto e dolore, che si sedesse per terra, davanti alla finestra, a fissare il cielo, chiedendosi se anche Vegeta lo stesse fissando, se anche lui sentisse la sua mancanza con egual intensità.
Poi prendeva il telefono e componeva quel numero che l’uomo non usava più da tempo, solo per sussurrare un breve messaggio che sarebbe rimasto registrato in quella segreteria – inascoltato, come tutti gli altri: « Mi manchi. »
 
 
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Angolo autrice
Ehilà, ciao a tutti! *saluta con la mano* Mmh, sì, ho scritto una one-shot, da unire alle millecinquecento raccolte su questa coppia con cui sto intasando allegramente il fandom. Si tratta, come avrete notato, di una human!AU decisamente angst. Mi è stata ispirata dalla canzone “
Last goodbye”, da cui sono presi sia il titolo che la citazione che trovate all’inizio. Mmh, c’è qualche precisazione da fare? Non so, non mi viene in mente nulla ^^” Boh, se qualcosa non fosse chiaro, chiedete pure :) E ovviamente non esitate a segnalarmi eventuale OOC dei personaggi (Gohan mi preoccupa particolarmente, in questa OS…) o errori che potrebbero essermi sfuggiti nonostante i numerosi controlli… Niente, grazie mille a chiunque sia arrivato fin qui :)
  
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