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Autore: morgana85    15/10/2008    13 recensioni
Dal testo:
(...) Vi siete mai chieste se esiste davvero l’uomo perfetto?
Io ci ho provato, ma forse allora ero troppo giovane per riuscire a trovare una risposta adeguata, tanto che ben presto non ci avevo più pensato. Poi la guerra era diventata qualcosa di più che una semplice minaccia, ed il tempo che ogni normale adolescente avrebbe trascorso a sospirare per un nuovo amore o piangere per le prime delusioni, io l’ho vissuto tra piani di battaglia ed esercizio di sempre nuovi incantesimi di attacco e difesa.
E anche quando ogni cosa ha avuto fine, non mi sono mai soffermata per più di un istante all’idea di trovare qualcuno che mi restasse accanto in maniera differente dal semplice amico o collega di lavoro.
Fino a questa mattina. (...)
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger | Coppie: Harry/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Buongiorno a tutti!!
Vi rubo solo qualche secondo per una piccola precisazione. Questa fic non è nient’altro che la trasformazione in pagine e parole della splendida idea di Daphne_91. E’ stata proprio lei a chiedermi di scriverla, anche se all’inizio doveva essere una fic a quattro mani.
Quindi, la ringrazio dal profondo del cuore per l’immenso onore che mi ha dato, permettendomi di postarla. Vi consiglio di andare a leggere i suoi scritti, sono davvero meravigliosi! ^^
E ora, come sempre, spazio alla lettura!
Aspetto i vostri commenti, le vostre critiche, i vostri consigli…siate numerosi!!
Morgana
 
 
 
 
 
Vi siete mai chieste se esiste davvero l’uomo perfetto?
Io ci ho provato, ma forse allora ero troppo giovane per riuscire a trovare una risposta adeguata, tanto che ben presto non ci avevo più pensato. Poi la guerra era diventata qualcosa di più che una semplice minaccia, ed il tempo che ogni normale adolescente avrebbe trascorso a sospirare per un nuovo amore o piangere per le prime delusioni, io l’ho vissuto tra piani di battaglia ed esercizio di sempre nuovi incantesimi di attacco e difesa.
E anche quando ogni cosa ha avuto fine, non mi sono mai soffermata per più di un istante all’idea di trovare qualcuno che mi restasse accanto in maniera differente dal semplice amico o collega di lavoro.
Fino a questa mattina.
Ho una strana sensazione, qualcosa che non so spiegare a parole. È come se ad ogni respiro dovesse accadere un non so che di inaspettato. Da quando mi sono alzata ho la testa piena di tutto e di niente, con i pensieri che sfuggono al mio controllo ogni volta che cerco di dare loro un ordine preciso.
Forse è solo un po’ di stress.
Scorgo il sole brillare oltre la foschia umida di questa mattina d’autunno, mentre il vento freddo e scostante gioca con le foglie ormai cadute al suolo. Cammino a passo spedito verso il Ministero, nonostante sia abbondantemente in anticipo. Sono sempre stata una maniaca della puntualità.
Quando però giungo di fronte ad un’insegna cigolante e un po’ sbiadita, mi fermo. Con una leggera spinta apro la porta di legno scuro dai vetri opachi, mentre l’allegro tintinnio di una campanella appesa sopra l’uscio mi dà il consueto benvenuto nella piccola libreria. Inspiro a fondo l’aria un po’ polverosa, dall’odore di cuoio e pergamena, che mi è tanto familiare.
«Oh, buongiorno signorina Granger», un uomo non molto alto, dalla faccia paffuta e la voce squillante, compare dietro una pila di libri.
«Buongiorno a lei».
«E’ un piacere vederla. Iniziavo a chiedermi che fine avesse fatto», mi sorride con calore, aggiustandosi gli occhiali sul naso.
«Ho chiesto qualche giorno di permesso. Avevo bisogno di un po’ di riposo».
«Stava cercando qualcosa in particolare?», chiede incuriosito, osservandomi con gli occhi azzurri e incredibilmente vispi.
«A dire il vero no. Posso dare un’occhiata?».
«Ma certo, fate come se foste a casa vostra. E non esitate a chiedere», con un piccolo cenno della mano e un sorriso sempre più grande, mi indica la strada che ormai conosco a memoria.
Mi muovo lentamente lungo il corridoio stretto, tappezzato di libri dal pavimento fino al soffitto. Ogni volta è come se entrassi in un universo a se stante, fatto di luce soffusa e morbido silenzio. Quasi fosse l’ultimo, piccolo angolo di mondo in cui il tempo si è fermato a secoli lontani, di cui non restano che leggende. Sfioro qualche copertina, avvertendo il cuoio liscio sotto le dita, o il freddo del metallo che le impreziosisce. Lascio che gli occhi scorrano un titolo dopo l’altro, cercando qualcosa che attiri la loro attenzione.
Riesco appena in tempo ad accorgermi di una bambina, seduta nel bel mezzo del corridoio con un libro aperto sulle gambe incrociate, fermandomi prima di caderle addosso. Mi accuccio accanto a lei, scrutando la sua aria concentrata, «Ciao piccola».
Alza appena lo sguardo, osservandomi quasi infastidita con due splendidi occhi color cobalto striati d’argento, «Ciao». Senza degnarmi della benché minima attenzione, torna a immergersi nuovamente nella lettura.
Un piccolo e tenero sorriso mi incurva le labbra, ricordando quanto ero simile a lei quando avevo la sua età. «Cosa stai leggendo di bello?».
«Un libro di fiabe».
«Davvero? Anche io quando ero piccola adoravo leggere i libri di fiabe», mi siedo di fronte a lei, sopraffatta dal ricordo di tempi che ormai sembrano appartenere ad un’altra vita. «Mia madre me li leggeva spesso la sera, per farmi addormentare. Oppure davanti al camino, quando fuori nevicava».
«A me invece le racconta il mio papà. È più bravo della mamma», afferma, annuendo convinta con la testa. «Ti va di leggere un po’ con me?».
«Ma certo, molto volentieri». Comincio così a leggere ad alta voce, poggiando la schiena contro l’alto scaffale alle mie spalle, lasciandomi trasportare dalle parole che veloci scorrono davanti ai miei occhi. Fino a quando non incontro uno splendido disegno di un principe azzurro, in sella al suo bianco destriero. Ed un’insolita malinconia mi invade, ripensando alle infinite volte in cui avevo sperato che esistesse davvero un principe azzurro anche per me, nascosto in chissà quale terra lontana e sconosciuta. Ed ecco ancora quella domanda risuonare come una continua eco nella mia mente, che questa mattina sembra non volermi lasciare in pace. Esiste davvero l’uomo perfetto? «E vissero felici e contenti», chiudo con un piccolo tonfo il libro, alzando lo sguardo sulla mia piccola ascoltatrice.
La vedo osservarmi con un’espressione strana, prima di sorridermi in maniera dolce e allegra, «Sai, anche tu saresti una bellissima principessa».
«Oh, ecco dove ti eri cacciata. Spero che mia nipote non vi abbia disturbato, signorina Granger», si scusa il libraio, avvicinandosi.
«Assolutamente no», afferro la mano che gentilmente mi porge per aiutarmi ad alzarmi, «Al contrario, mi è stata di compagnia. Ora però devo andare». Raccolgo la borsa e sistemo velocemente il cappotto, prima di abbassarmi nuovamente al livello della bambina, «E’ stato un vero piacere…».
«Mi chiamo Brianna».
«E io Hermione. È stato un piacere conoscerti Brianna. Spero di poter leggere qualche altra fiaba insieme a te», le scompiglio appena i capelli, «Arrivederci».
Sto per chiudere la porta, quando una voce mi chiama, «Hermione, aspetta!». Vedo la piccola Brianna corrermi incontro con qualcosa tra le mani. Quando mi è vicina, mi porge un libro, «Hai dimenticato questo. Te lo regalo».
«Ma è il tuo libro di fiabe. Sei sicura?».
«Si, voglio che lo tenga tu».
Alzo gli occhi verso il libraio, che mi sorride da lontano, annuendo con il capo. «Allora grazie», la saluto con un cenno della mano, allontanandomi con un sorriso sulle labbra.
Solo pochi minuti più tardi sono immersa nel vociare costante e nel via vai frenetico che ogni mattina popola il Ministero. Raggiungo la porta del mio ufficio nel Dipartimento Auror, fermandomi qualche istante con la mano posata sulla maniglia di ottone, immersa in chissà quali pensieri. Con un profondo sospiro mi convinco ad entrare.
Ed è il finimondo.
La scrivania è completamente sommersa da fogli di carta, ammucchiati in un numero esorbitante di pile dalle diverse altezze. I raccoglitori sullo scaffale in fondo alla stanza sono aperti o riposti in ordine sbagliato, mentre molti fascicoli dello schedario ricoprono il pavimento come un morbido ed improvvisato tappeto.
Sembra passato un uragano.
E pensare che mi sono assentata solo qualche giorno.
Cerco di raggiungere la poltrona dietro la scrivania, facendo attenzione a non calpestare niente o inciampare in qualcosa. Mi lascio poi sprofondare nel morbido velluto verde, abbandonandomi contro lo schienale alto e confortevole. Passo distrattamente una mano tra i capelli, sbuffando sonoramente, prima di rimboccarmi le maniche. Con rapidi movimenti di bacchetta riesco a donare all’ufficio un aspetto quantomeno dignitoso, ma la lunga trafila di pratiche sulla scrivania richiede la mia personale attenzione.
I minuti, così some le ore, trascorrono senza che io me ne renda realmente conto, trovandomi ancora china sull’ennesima pratica ormai conclusa. Mi concedo qualche attimo di riposo, stiracchiandomi pigramente sulla poltrona e rilassando le dita intorpidite dal continuo scrivere.
Socchiudo appena gli occhi, lasciando lo sguardo libero di vagare senza in realtà fissare niente, attirato però da una cornice di legno scuro e pregiato posata in un angolo del tavolo, dove è racchiusa la fotografia di tre giovani adolescenti, ancora ignari del loro destino. Sporgendomi leggermente per poterla sfiorare, la prendo poi tra le dita, avvicinandola.
Harry è dietro di me e le sue braccia mi circondano la vita, in una stretta di cui ricordo ancora perfettamente il calore e l’intensità, mentre Ron è al suo fianco, circondandogli le spalle con un braccio. Un sorriso dolce dalle sfumature malinconiche incurva le mie labbra quando scorgo la felicità nei nostri occhi. Perché eravamo insieme, ed il mondo era solo nostro. Con nessun’altro mi sono più sentita protetta come quando ero con loro. Amata per quello che ero, senza condizioni.
Ciò che mi consola veramente, è il fatto che niente è cambiato.
Ron è sempre quel calore spontaneo donato con un abbraccio che sa di freschezza e ingenuità. Ed Harry è rimasto quel mistero che deve ancora essere svelato.
Ma c’è qualcosa che è sfuggita al mio controllo, lasciandomi incredula e terribilmente fragile. È lo sguardo di Harry, così diverso ultimamente, così intenso. Sa di parole e silenzi, che in qualche modo sono svelati a me soltanto, ma con un loro particolare linguaggio che ancora fatico a comprendere. O che molto probabilmente non voglio comprendere.
Perché sfiora inevitabilmente quel piccolo rifugio che ho scoperto in fondo al cuore, in cui è custodita una verità così semplice e disarmante da incutermi terrore al solo pensarci, insieme a domande a cui non ho mai trovato risposta.
Esiste davvero l’uomo perfetto?
Questa è una di quelle domande.
Riflettendoci, non ho mai seriamente pensato ad un ideale di uomo. Molte volte ho ascoltato i vaneggiamenti delle mie compagne di dormitorio ai tempi della scuola, ma li ho sempre trovati inutili e privi di senso. Credo non si possa scegliere a chi donare il proprio cuore e tutta te stessa basandosi solamente sul colore degli occhi, dei capelli o sulla lussuosità degli abiti di qualcuno.
Per quanto mi riguarda, non l’ho mai fatto. Non che abbia avuto chissà quali stravolgenti storie d’amore, non sono mai andata oltre qualche uscita. Perché ogni volta era come se mancasse qualcosa, quel palpito veloce e improvviso dell’anima che ti fa venire voglia di piangere e ridere allo stesso tempo, quella necessità inspiegabile e travolgente di posare le labbra su quelle di lui, assaggiandone il sapore sconosciuto e inebriandoti del suo profumo, che immancabilmente cercherai nell’aria ogni volta che penserai a lui.
E ad essere sincera, sono stanca. Stanca di essere sola, di non avere accanto qualcuno a cui stringere la mano quando la terra sembra sfaldarsi sotto i miei piedi. Stanca di essere così irraggiungibile agli occhi di tutti, spaventati dal mio passato e dal mio nome, così dannatamente conosciuto.
Forse è giunto il momento che metta ordine ai miei pensieri, cercando di capire una volta per tutte chi sto cercando e che vorrei fosse al mio fianco.
Prendo un foglio di pergamena, trovando poi nella confusione la mia piuma d’aquila. Per qualche istante non faccio altro che fissare il bianco immacolato della carta, non sapendo neanche da dove cominciare.
Dunque, vediamo…
 
1) Intelligente
Dote assolutamente indispensabile. Vorrei qualcuno che sapesse sostenere una conversazione quantomeno umana, possibilmente non basata sull’ultima partita di Quidditch. Ho sperimentato diverse volte il silenzio imbarazzante che cala quando ogni argomento sembra essere esaurito, e non è divertente.
 
2) Premuroso
Vorrei qualcuno che mi abbracciasse senza un reale motivo, solo per potermi sentire più vicina. O che mi accarezzasse i capelli per attirare la mia attenzione. O che restasse sdraiato accanto a me sul divano, avvolgendomi nel suo calore, quando fuori nevica.
 
3) Passionale
Ogni sua carezza deve essere un brivido violento lungo la schiena, ogni suo bacio la certezza del suo desiderio per me, ogni sussurro la conferma del suo amore.
 
4) Deve capirmi con uno sguardo
Vorrei qualcuno che sapesse apprezzare i miei silenzi tanto quanto le mie parole, senza inutili e scontate domande. Che sapesse lenire la mia tristezza o condividere la mia gioia semplicemente guardandomi. Che sapesse leggere nei miei pensieri senza alcuna magia.
 
Più vado avanti, più mi sembra di tracciare a chiare linee il ritratto di qualcuno che mi ha già dedicato tutto questo, ma che al momento non riesco a riconoscere. Come se il suo viso fosse offuscato da un velo opaco, oltre il quale riesco a distinguere solo vaghi contorni.
 
5) Deve saper sorridere
Ma non di quel sorriso d’ordinanza, sfoggiato davanti agli amici, per rendere evidente quanto siamo una coppia perfetta. Deve essere un sorriso per cui vale la pena respirare, a volte appena accennato sulle labbra, eppure in grado di riempirti il cuore di una gioia incontenibile.
 
6) I suoi occhi devono essere solo per me
Non m’importa se il suo sguardo dovesse cadere su qualche altra donna per apprezzarne la bellezza. Non sono gelosa fino a questo punto. Vorrei solo poter scorgere nei suoi occhi, quando sfiorano i miei, quella luce particolare, così calda e dolce, che testimonia il suo amore per me e nessun’altra. Vorrei che mi guardasse come se fossi il sole della sua alba e l’ultima stella della sua notte.
 
7) Potrebbe essere…
 
Quasi senza pensarci scrivo un nome accanto all’ultimo punto, prima che un deciso bussare alla porta mi faccia sobbalzare sulla sedia. Mentre cerco di sistemare velocemente la scrivania, nascondendo accuratamente il foglio su cui stavo scrivendo, sento qualcosa cadere con un tonfo sordo sul pavimento, accompagnato dal fruscio lieve della carta.
Senza curarmi minimamente di cosa possa essere, fingo di tornare al lavoro. «Avanti».
«Ciao Hermione. Posso?».
«Harry, che piacere!», gli vado incontro, abbracciandolo con calore. Rimango per qualche istante a crogiolarmi nella sua stretta dolce e decisa al tempo stesso, sentendo come ogni volta quella piacevole sensazione di protezione e tranquillità.
«Ti ho disturbata?».
«Ma no, certo che no», gli faccio cenno di porgermi il cappotto e la sciarpa, «Accomodati».
Lo vedo guardare con aria stupita e alquanto divertita la montagna di carte sulla scrivania «Stiamo battendo la fiacca, signorina Granger. Cos’è tutta questa confusione?».
«E’ solo il risultato della mia decisione di prendere qualche giorno di permesso, Capitano Potter», gli rivolgo un piccolo ghigno ironico. «Evidentemente sono diventata indispensabile».
«Questo è poco ma sicuro», ride divertito mentre si accomoda sulla sedia proprio di fronte alla mia. Per un attimo non faccio altro che ascoltarlo. Non credevo che la sua risata mi fosse mancata così tanto. È un suono cristallino e sensuale, assolutamente inconfondibile.
«E’ qualche settimana che non ti vedo. Cosa ci fai qui?».
«Dovevo consegnare il rapporto sull’ultima missione. Così ho pensato di passare a salutarti».
«Posso offrirti una tazza di caffè?».
«Molto volentieri, grazie». Con un rapido movimento di bacchetta faccio comparire due tazze di caffè bollente.
Rimaniamo in silenzio per alcuni minuti, sorseggiando lentamente la bevanda calda, godendo solamente del piacere di trovarsi nuovamente uno accanto all’altra. I suoi occhi non si allontanano un solo istante dai miei, quasi stessero cercando di leggere chissà quale arcano mistero custodito al loro interno. È qualcosa che mi fa tremare.
Nessuno mi ha mai guardata così. O forse, nessuno mi ha mai guardata come mi ha sempre guardata lui.
«E Ron come sta?», sono contenta di avere una qualunque scusa per poter parlare, perché in quel silenzio i battiti incontrollati del mio cuore sarebbero risuonati così forte da poter essere uditi anche da lui.
«Sta bene. Domani torna dalla Romania, è andato a trovare Charlie», ma sembra non ascoltarmi. Seguo il suo sguardo, fisso sulla cornice di legno scuro.
«La conservi ancora», la prende tra le mani, sfiorando i contorni delle figure con le dita. E poi sorride, con quel suo sorriso timido, che dona alle sue labbra una piega appena accennata ma tremendamente dolce. E mi manca il respiro. «Sembrano passati secoli da quando l’abbiamo scattata. Guarda come eri buffa!».
«Ehi, non ero affatto buffa!», incrocio le braccia sotto il seno, fingendomi offesa.
«No, hai ragione. Eri splendida. Lo sei sempre stata», mi sorride ancora in maniera disarmante, infrangendo ogni mia vana speranza di trovare derisione o ironia in quel sorriso.
Ancora silenzio.
E ancora una volta i suoi occhi nei miei.
Vi siete mai trovati sott’acqua, circondati da nient’altro che quella cristallina essenza e da una profondità di cui non vedete la fine? Dove il vostro corpo è più leggero, quasi inconsistente, come se fosse creato solo da aria e luce. E non potete fare altro che sentirvi parte di quell’immensità sconosciuta, avendone paura e allo stesso tempo sapendo che nessun luogo è più sicuro di quello.
Quando avrete provato, capirete quali sono le sensazioni che si risvegliano in me ogni volta che incontro gli occhi di Harry.
Ho sentito molte donne descriverli come smeraldi preziosi o incantevoli frammenti di giada. Ma in realtà sono molto di più. Quegli occhi verdi racchiudono in sé il calore del sole d’estate, l’inquietudine del vento del Nord, la delicatezza della pioggia primaverile e l’intensità di un fuoco perpetuo.
Ne sono rimasta folgorata in quel lontano settembre, guardando un bambino di soli undici anni, magro e con gli occhiali rotti. Da quel giorno, sono stati un pensiero costante che portava con sé consolazione e amore durante il giorno e sogni proibiti ogni notte.
«Ti ho detto una bugia».
«Come?», lo guardo confusa mentre si alza, ancora immersa in pensieri che pensavo non mi appartenessero.
«Ti ho detto una bugia». Si muove lentamente per la stanza, dandomi le spalle, «Non avevo nessun rapporto da consegnare. Avevo voglia di vederti».
Mi alzo anche io, girando attorno alla scrivania, «Questo mi fa piacere Harry, anche io avev...».
«Mi sei mancata in una maniera che non credevo possibile», un sussurro appena accennato che ha il potere di lasciarmi senza parole, mentre i battiti del cuore aumentano inesorabilmente il loro susseguirsi. «E ho una voglia incredibile di abbracciarti», si gira, permettendomi di poterlo vedere in viso. Ha un’espressione seria e convinta, e negli occhi vi sono gli infiniti riflessi di una luce nuova e misteriosa.
Si avvicina con passi misurati e prima che possa avere anche solo il tempo di pensare, mi attira contro di sé. Non è la prima volta che ci abbracciamo, ma c’è qualcosa di diverso. Perché nel preciso istante in cui le sue mani mi hanno sfiorata, in una stretta che sa di bisogno e intimità, ho capito che non vorrei essere in nessun altro posto al mondo se non tra le sue braccia. Perché è quasi violento il calore che riesce a trasmettermi, e il suo profumo è più intenso, così che possa inebriarmene fino a perdere coscienza di me.
Mi abbandono completamente a lui, posando la fronte contro la sua spalla e accarezzandogli la schiena. Mi viene quasi da piangere, sopraffatta da una felicità così completa da scuotermi ogni senso. Chiudo gli occhi inspirando profondamente, mentre un sorriso spontaneo sorge sul mio viso. «Hai combinato qualche guaio e vuoi che ti aiuti ad uscirne?».
«No», la sua risata si perde tra i miei capelli, mentre mi stringe di più.
«Hai qualcosa da farti perdonare?».
«No».
«Devo preoccuparmi allora?», mi scosto leggermente, guardandolo dubbiosa.
«Perché dovresti?», mi fissa incuriosito, aggrottano la fronte.
«Perché mi stai abbracciando… e non lo fai mai», vorrei che da questo momento non smettesse più di farlo.
«Non cercare una spiegazione a tutto, Hermione. Avevo solo voglia di sentirti vicina, come quando eravamo a scuola».
«Mi vuoi dire che sei venuto fino a qui solo per abbracciarmi? Non essere ridicolo!», c’è una strana speranza nella mia voce, che fatico a soffocare con pensieri che dovrebbero essere razionali. Ma che invece portano soltanto il suo nome.
Harry. Harry. Harry.
Sembra rifletterci qualche istante, prima di scuotere il capo, «No, in realtà non sono venuto solo per questo».
«Vedi che avevo ragione?», sollevo orgogliosamente il mento, ma il fiato si spezza e lucide lacrime fanno capolino, nascoste prontamente da un sorriso che vorrebbe essere beffardo «Cosa hai bisogno?».
«Vuoi farmi finire di parlare, una buona volta?», sbuffa sonoramente, con uno sguardo che è fuoco e ghiaccio al tempo stesso. Nonostante tutto, la sua presa su di me non si allenta, tenendomi ancora schiacciata contro il suo corpo e contro il suo calore inebriante. «C’è un’altra cosa che vorrei fare da molto tempo… e che non ho mai fatto per una serie di motivi che adesso riconosco come patetiche scuse».
«E sarebbe?». Nella frazione di uno sbattere di ciglia i nostri visi sono così vicini da poter percepire il suo respiro caldo infrangersi contro la mia pelle. Ed è naturale per le nostre bocche cercarsi, per poi congiungersi in un timido incontro, lasciandosi infine condurre da qualcosa che non può essere arginato.
Passione. Amore. Desiderio. Dolcezza.
C’è tutto in quel bacio, in quello sfregarsi di labbra che accende il sangue nelle mie vene e ridesta i sensi da un torpore che a lungo li aveva offuscati. Il tocco della sua lingua è delicato e sensuale, teso alla scoperta di ciò che in fondo già gli appartiene. Perché nonostante sia la prima volta che il suo sapore mi invade, è come se lo conoscessi da una vita intera. Le sue labbra sono esigenti e terribilmente dolci, tanto da non permettermi di allontanarmi nemmeno se lo volessi. Quello che non ha ancora capito, è che non mi allontanerei mai da lui. Allaccio le braccia dietro il suo collo, gelosa dell’aria che ancora ci divide.
Quando il ritmo del bacio si fa meno intenso, fino ad esaurirsi, riapro gli occhi quel poco che basta per incontrare i suoi. Ed è sconvolgente la luce che vi è imprigionata, che mi parla di un amore coltivato in anni di silenzio e vicinanza costante.
Non so quando mi sono innamorata di lui. Credo di esserlo sempre stata, fin da bambina. Da quando un ragazzino di undici anni mi aveva sorriso per la prima volta, legandomi indissolubilmente a lui e al suo destino.
Esiste davvero l’uomo perfetto?
Sicuramente Harry lo è per me.
 
Poco lontano, nascosto dall’ombra scura della scrivania, un libro giace aperto sul pavimento.
Appena illuminato, si riesce a scorgere lo splendido disegno di un principe azzurro. L’aria fiera e regale, lo sguardo dolce e innamorato, in sella al suo bianco destriero. Posato sulla pagina accanto, caduto forse per un segno del Fato, vi è un foglio su cui risalta una calligrafia minuta e ordinata.
Sull’ultima riga, vergata in tutta fretta, si legge un nome:
 
7) Potrebbe essere…
…Harry
  
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