Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: EgoBrain    19/10/2014    2 recensioni
In un universo in cui le ore durano pochi istanti e millesimi di secondo appaiono a nostri occhi come frammenti d'eternità, scoprire di poter amare in un battito di ciglia spaventa più del solito. Eppure succede. Accade, ogni tanto, che in seguito ad un fugace incontro di sguardi, ci si accorga di non di non bastare più. Succede in luoghi come altri e non ci si accorge quasi mai della magia. Capita che gli universi che ruotano attorno a due persone, per ciò che potremmo definire un momento, si confrontino e si confondano. Non è una cosa da tutti i giorni, no.
Fu per un pretesto futile che si incontrarono.
Uno era un tatuatore, niente di così esilarante, pensandoci bene.
L’altro si limitava ad andare a scuola ogni mattina; una persona come tutte.
Ma le storie non sempre partono da particolari esilaranti per trasformarsi in qualcosa di indimenticabile.
A metà tra un ragazzo incasinato che ha un aspetto che gli chiude molte strade ma che ti mozza il fiato e un secondo ragazzo incasinato che si ostina a indossare una stupida coroncina di fiori fra i capelli c’è un abisso. Ma i ponti servono per questo.
Larry
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

«Louis?!»

«Eleanor?»

«Ma cosa?»

«Louis?»

«Cosa succede?»

«Cosa?»

«Eleanor?»

«Cosa?»

«Lei».

«Chi?!»

«Eleanor!»

«Cosa c’entra ora?»

«Come “cosa c’entra?”, dovresti dirmelo tu!»

«Io? Eleanor cosa?»

«Perché è qui?»

«Ma di che parli?»

«È qui!»

 

«Louis stai bene? Il bacio deve averti dato alla testa. Su, scendi da Harry, ricomponetevi e entrate in casa» concluse Zayn, un’espressione tra il confuso è l'estremamente allarmato per l’ilarità della situazione. Il tutto mascherato da un velo d’affetto; insomma, in fondo aveva o non aveva assistito a una scena emotivamente struggente? Non sarà stato il tipo che si mette a piangere guardando film romantici, ma quando situazioni simili a quelle si ripresentavano nella realtà, perché no? E poi, non è che stesse piangendo. Stava sorridendo. Solo che tanto. «E Gretchen, entra anche tu, dai» aggiunse, con un sorrisetto, facendole segno di entrare. Lei annuì quasi impercettibilmente, disorientata ma intenzionata a orientarsi.

 

Dopo essersi confusamente guardato intorno, Harry aveva superato la soglia della porta e si era avviato verso il divano, continuando a tenere Louis stretto a sé non solo perché lui non sembrava volersi scollare (“neanche morto” gli aveva sussurrato all’orecchio quando lui aveva cercato di farlo scendere), ma anche perché sarebbe scontato dire che non gli dispiaceva affatto. Il ragazzo dagli occhi sorprendentemente azzurri era esile e piccolo e il suo corpo era avvinghiato attorno al suo con così tanta naturalezza che Harry si era quasi dimenticato di averlo addosso. In più il suo profumo di sigaretta gli riempiva i polmoni, e—lui di solito non lo apprezzava, sia chiaro. Solitamente ne era anzi infastidito e chiedeva spesso a Zayn di fumare lontano da lui o in sua assenza, se proprio ci teneva. Ma in quel momento era un po’ come se l’essenza di Louis purificasse il fumo trasformandolo in una sinfonia dei sensi, un leggero brivido di benessere. Prima o poi lo avrebbe supplicato di smettere giustificando la richiesta come un egoismo provvidenziale

 

Si lasciò cadere sul divano—che si scoprì essere una sorta di catapecchia non appena emise un tonfo tutt’altro che sordo. Louis sobbalzò, stringendosi con le braccia attorno al collo di Harry.

 

«Haz, se hai spaccato il divano ti giuro che non vedrai più la luce del sole».

«Se anche avessi spaccato il divano—cosa che escludo nel più assoluto dei modi—è solo colpa tua che ti sei accollato. E poi è casa mia, che t’importa?».

«Ah, ora è anche colpa mia eh?»

«Ovviamente».

«No, no, figurati, non colpa tua che ci baciamo e fuggi via come Cenerentola quando scocca la mezzanotte lasciando il tuo eccelso e splendido principe a chiedersi cos’ha sbagliato (non trovando alcuna risposta poiché effettivamente refrattario agli errori in genere) e scrivi una lettera che farebbe piangere il sole—ma non me, chiaramente—e entri in casa come niente fosse e sei troppo meraviglioso? Non colpa tua? No infatti, perché io mi sono accollato. Capisco, principessina. Allora tolgo il disturbo» fece per alzarsi bruscamente, fingendo con forza d’animo di volerlo davvero fare. 

 

«Ho capito a che gioco stai giocando, sai?» ridacchiò. «A fare la sassy queen permalosa» gli fermò il braccio. «E tutto questo per cosa? Per un divano che non è neanche tuo?»

«Odio la gente che spacca i divani» si lasciò scappare un sorrisetto «E “queen” lo dici a tua sorella».

«Quindi “sassy” è ok?»

«Ormai ci sono abituato, è il modo in cui voi persone inferiori definite la mia magnificenza».

«Se faccio parte delle “persone inferiori” allora perchè continui a baciarmi?»

«Perché le persone inferiori sono le uniche disponibili» si chinò per baciarlo, premendo dolcemente le labbra contro quelle di Harry. «E perché sei importante».

 

«Su, basta vuoi due con ‘ste smancerie da coppietta felice. Prima realizzate che non durerete meglio è» esordì Liam con tono serio, guadagnandosi uno sguardo di arrabbiata disperazione da parte di Zayn, che si avvicinò a lui, fino a sussurrargli nell’orecchio «Che cazzo di problemi hai, eh, Lee?»

 

«Però basta davvero voi due—vi shippo eh, ma continuate dopo. Io non ho capito nulla di tutto questo e vorrei una spiegazione perché la scenetta di prima in cui ci ha inondato uno tzunami di confusione generale è stata divertente, ma piuttosto incomprensibile. E io amo le trame intricate» rise «quando le capisco».

«Pure tu, adesso?» chiese esasperato Louis. 

«Cosa?»

«Lo sapevo che tu e Niall non avreste dovuto diventare così amici! Lo sapevo! Shippare, termine ignoto alla popolazione mondiale nonché unico termine nel vocabolario di Niall».

 

«Così amici? COSI’ AMICI? Questa me la spieghi, Zay» intervenne Liam, a cui non fregava niente di ciò che aveva detto Louis in sé ma che non reggeva proprio la gelosia che continuava a provare da quando era tornato a casa. Sapeva che il suo comportamento poteva sembrare infantile e fastidioso, ma non poteva proprio evitarselo. Liam Payne non era una persona insicura. Non poteva esserlo. Non doveva esserlo. Sapeva di esserlo, in realtà, ma realizzato di essere fin troppo sensibile, puntava tutto sul non farlo capire agli altri. Cercando di paragonare il mattino del giorno precedente con la sera stessa, il suo comportamento si era completamente alterato. Era passato dal non vedere l’ora di abbracciare Zayn e Harry all’assillare Zayn perché aveva legato troppo con Harry e aveva paura che questo potesse in qualche modo penalizzare il suo, di rapporto con Zayn. Il rapporto che avevano prima che partisse. Quel rapporto che aveva un significato immenso per Liam. Era confuso. Ma Liam Payne non era mai confuso. Liam Payne aveva le idee chiare. Oh, come le aveva chiare. Così splendenti da accecarlo e privarlo della vista. Era così che si sentiva in quel momento: non sicuro, non composto, non sereno; cieco. Non riusciva a ritrovare la sua strada. Prima di partire era quello sempre disposto a offrire una mano per aiutare, perché la soddisfazione di essere utile era estremamente gratificante per lui, era quello a cui chiedere consigli se ci si trovava nella confusione più totale. Era quello che faceva le stronzate con classe, quello che gli altri invidiavano perché faceva bene ogni cosa, perché sapeva spianarsi le strade ed era amico di tutti. In quel momento però si sentiva una persona completamente diversa, alienato, disperso, fragile. E per cosa? Perché Harry e Zayn avevano legato? Perché Zayn sembrava aver rimpiazzato la sua presenza con molteplici nuove amicizie? Perché ora lui e quel Niall erano così amici? Per cosa? Tutta questa gelosia solo perché voleva avere Zayn tutto per sé? E allora perché non lasciava che Louis e Harry si sbaciucchiassero? Perché?

 

«Ci risiamo Lee, ci risiamo» sbuffò Zayn «Non ti ricordavo così insistente».

«Zayn, io—»

«Ho un serio bisogno di fumare, zitto».

«Non in casa, Zay» sussurrò Harry. Il moro lo sentì. Sorrise, ironico.

«Ma siamo sicuri che sia questa la mia vita? Mi sto spazientendo. Sono bastati due giorni è la mia esistenza si è ribaltata; nuovi nomi e nuove identità spuntan fuori come funghi, assurdo! Gretchen che si scopre aver una gemella che si chiama Eleanor, convintissima di essere fidanzata con Louis, che però è follemente innamorato di Harry, Perrie che mi chiede di uscire, Liam che non sembra più lui, che è convinto che mi piaccia Harry e che si ingelosisce ad minchiam, Niall che mi chiede di fare le illustrazioni per la storia che stanno scrivendo lui e Aga, Harry che continua con ‘sta storia del non fumare in casa e insiste pur rendendosi conto che sto dando di matto, e bla bla bla, questa vita è un purgatorio» si buttò sul divano, che come volevasi dimostrare, emise nuovamente un tonfo che sapeva di rotto

 

«Odio la gente che spacca i divani» commentò Louis, per il gusto di parlare a sproposito. 

«Ti ci metti pure tu ora?»

«Doveroso».

 

La scena, per quanto estremamente drammatica, era a dir poco comica. Harry, le guance rosse e la coroncina di fiori malmessa, era accasciato sul divano con un braccio attorno alle spalle di un Louis tutto soddisfatto, con le gambe di questo poggiate sulle cosce. Zayn era seduto rigidamente all’altra estremità del divano, una mano fra i capelli e l’altra impegnata a giocherellare con la sigaretta che nonostante le richiesta di Harry aveva tirato fuori. Liam era in piedi con un’espressione da cavallo addormentato, a riflettere sulla sua stupidità e su ciò che aveva detto Zayn. Gretchen era l’unica realmente divertita (Non ridere delle disgrazie altrui, dicono), e, ancora a qualche metro dalla porta, aveva osservato tutta la scena da una prospettiva ottimale per godersela al 100%. Non che fosse così certa di ciò che era appena successo, ma fatto sta che il risultato era stato glorioso. 

 

Old yellow bricks, love's a risk

Quite the little escapoligist

Looked so miffed, when you wish

For a thousand places better than this

 

«Guai in vista, ragazzi» rise Louis, sentendo il suo cellulare esordire in una suoneria fin troppo nota, per poi leggere il nome sullo schermo. «Niall e Old yellow bricks non vanno affatto d’accordo» si portò il telefono all’orecchio. 

 

«Arriviamo noi, adesso».

«Chi? Dove?» fu colto alla sprovvista. 

«Io e Aga, al vostro servizio».

«Guarda che non sono al lavoro, fesso».

«Oh, lo so, piccioncino».

«E allora di che parli?»

«Dico che ci pensiamo io e Aga a districare i vostri dubbi».

«Cos’è, uno scherzo alla Horan? Di quelli farciti di idee malsane?»

«Sveglia, Watson. Pensavo avessi una mente più brillante».

«L’unica cosa a brillare saranno le stelline che gireranno attorno a quella testa di legno che ti ritrovi, se non ti spieghi meglio» rise. D’altronde lui e Niall erano così. Dei completi coglioni. E tutti gli insulti che si dedicavano, e tutte le minacce di morte, non erano altro che un rituale di consolidamento della loro amicizia.

 

«Tu inizia a dire a Zayn che quando si risponde a una chiamata sarebbe anche opportuno parlare con chi ti chiama, invece di fargli sentire tutti i tuoi monologhi frustrati» ridacchiò. «O più propriamente, digli di non rispondere con parti strane del corpo senza rendersene conto, perché Niall Horan è una creatura curiosa, e non chiude la chiamata se ha la possibilità di assorbire dati di estremo valore».

«Merda».

«Oh, penso che “figo” sarebbe stato più appagante, ma felice di sapere che la prospettiva di vedermi ti rende gioioso».

«Che relazione ha questo con quell’arriviamo di prima?»

«Che stiamo effettivamente venendo».

«A casa di Harry?»

«Grazie per aver confermato la mia tesi. Decisamente sì».

«‘Fanculo, tu e i tuoi espedienti. Chi siete, tu e Agnieszka?»

«Beh, a dire il vero siamo passati da Chris e le abbiamo detto che se ci avesse fatto un vassoio di dolci gratis l’avremmo fatta venire con noi e lei ha accettato!»

«Christina? Jeff?»

«Esatto! Le ho detto che ci saresti stato tu e visto che non vi parlate da secoli ho pensato che sarebbe stato carino che venisse».

«Santo sciacallo blu» si portò una mano alla fronte, generando lo scompiglio generale tra le persone attorno a lui (più per le parole usate che per il concetto in sé), ancora ignare del loro destino, ma intenzionate a carpire quante più informazioni possibile dalle sua parole. «Non che mi dispiaccia, ma siamo un bordello di gente! E a fare che, poi?»

«Ehi, questa è una sorpresa fratello».

«La mia vita è finita».

«Ebbene sì» scoppiò in una risata solare, di quelle che solo Niall riusciva a fare. «Ebbene sì».

 

***

 

«E quindi è così che Harry Styles e Louis Tomlinson, la cui unione dà origine allo ship Larry Stylinson, nonché la coppia più meravigliosa mai esistita sulla faccia dell’intero universo, si sono conosciuti!» esclamò Niall, per poi dare un altro morso al krapfen al quale non era riuscito a resistere. 

«Riesci a usare terminologia forbita solo fangirlando, incredibile! Scommetto che se avessi mai deciso di laurearti, a meno che non avessi fatto una tesi sui Larry sarebbe andata parecchio male» ridacchiò Agnieszka, seguita da Christina. 

«Ma mi sembra anche normale!»

«Che matto».

«Se non mi sono laureato è solo perché non c’erano materie interessanti».

«E quali materie avresti seguito?» chiese Christina. 

«Questa sì che è una bella domanda! Ecco, Aga, vedi di seguire il suo esempio invece di punzecchiarmi di continuo!» si girò verso di lei, puntando gli occhi nei suoi, e dandole un colpetto sulla spalla. Sorrise. «Comunque direi: “L’arte del registrare sextape in HQ” (mi servirà presto per i Larry), “Sbattere in faccia al tuo migliore amico che lo shippi tantissimo con il tizio che gli piace senza venire uccisi perché questo è casualmente di malumore”, “Far diventare reali i personaggi delle serie TV”, “Come disegnare e scrivere smut soddisfacente”, “Riuscire a non mastur-”».

«Vabenebastacosì» scoppiò a ridere Aga, lanciando un’occhiataccia al biondino dalle mani imbrattate di zucchero a velo. 

«Oh, è lei che me l’ha chiesto!»

«Bisognerebbe che ci fosse un filtro per i tuoi pensieri...»

«Se avessi un filtro probabilmente non sarei quel Nialler che ami tanto». 

Aga alzò gli occhi al cielo, continuando a sorridere. Insomma, conoscere Niall era sinonimo di sentirsi bene. E lei non aveva mai conosciuto qualcuno come lui, in grado di scacciare qualsiasi nuvola dai suoi pensieri, in grado di farla ridere in quel modo: con così tanta spensieratezza, con così tanta serenità. 

«Penso che un giorno mi farò tatuare “Nialler” sulla chiappa».

«Woaaah! Grande idea! Questa è l’Agnieszka dei miei sogni! È forse il caso che io mi tatui “Aga” sulla fronte?»

«Come minimo!»

«Però mi prometti che sarò sempre sempre io a farti i tatuaggi, vero?» chiese, ammiccando.

«Perchè fai una domanda del gen—NIALL!»

«Dai, sono un ragazzo, non dovresti stupirti!»

«Ma hai distrutto tutta l’atmosfera del momento! Stavo per dichiararti il mio amore!»

«Puoi farlo lo stesso, mia principessa».

«Chiamami principessa e ti meno».

«Ma guarda che il mondo è strano. Tommo chiama Harry ‘principessa’ e Harry finge di essere triste ma in realtà sorride come uno svitato, e tu, che avresti tutto il diritto di essere chiamata così, dici che mi uccidi?»

«Cosa cosa cosa? Louis chiama Harry ‘principessa’? Dove? Quando? Morirò».

«Ho dato una sbirciatina ai messaggi di LouLou. Testuali parole: “Urgh, capisco! Affronterò draghi e streghe pur giungere in suo aiuto, mia meravigliosa principessa”».

«Ho bisogno di acqua».

«Ho bisogno di the».

«Te?»

«The»

«Me?»

«THE».

«Ah, the!»

«Ti acca e, the».

«Così sembri un cheerleader».

«Sono una cheerleader dentro».

 

«Ma state insieme?»

«Chi, io e lei?»

«Sì, te e lei».

«The e lei?»

«No, non me e lei».

«E chi, allora?»

«Voi due!» La situazione era così ridicola che Christina non aveva fatto che ridere dall’inizio. Sentendo quella conversazione potreste pensare che fosse una ragazza seria e silenziosa, ma la verità è che i suoni non si possono raccontare più di tanto. Ma vi assicuro che se foste stati lì con loro avreste  di certo notato un costante sottofondo di grasse risate interrotte ogni tanto da intervalli di rifornimento aria vitale. Ebbene, ecco. Christina non è che fosse propriamente silenziosa. 

«State insieme?» ripeté.

 

Niall e Agnieszka si guardarono per diversi minuti, prima perplessi, poi sempre più straniti, fino a che la loro espressione si tramutò, in uno spasmo di follia. 

 

«Sì».

E fu così che diventarono una coppia.

 

***

 

Gretchen si era seduta al centro del divano. Osservava e origliava pubblicamente le conversazioni delle persone intorno a lei. Era un po’ stupita del fatto che Harry non le avesse più rivolto la parola da quando aveva visto Louis, e che Zayn l’avesse abbandonata a sé stessa, ma era tutto comprensibile, d’altronde; avrebbe solo voluto capirci di più. Alla vista di questo fantomatico Louis di cui Harry parlava tanto, le si era accesa come una lampadina. L’aveva già visto a qualche altra parte. L’aveva già visto, ma non lo conosceva. L’aveva già visto e non lo riconosceva. Dapprima non ci aveva fatto tanto caso—le capitava spesso, d’altronde—ma alla fine le era venuto in mente che quel Louis, era lo stesso di cui le parlava tanto Eleanor, lo stesso Louis di cui Eleanor sosteneva di essere fidanzata. Gretchen non era mai stata una profonda conoscitrice della vita privata di sua sorella, né le interessava poi così tanto. Era felice che si fosse trovata un ragazzo, ma era finita lì. Però c’era qualcosa che non andava. O Louis stava vivendo due vite separate—e in  quel caso sarebbe morto presto—o le era sfuggito qualcosa. 

 

«Un ultima cosa, Zayn, ti prego» chiese Liam, poggiando la mano sulla coscia del ragazzo che stava fumando una sigaretta, stringendo appena la presa.

«Se poi la pianti di parlare di Harry e di assillarmi, va bene».

«Scusa. Sai che non è mia intenzione... è che è più forte di me... non so... mi sembra tutto così cambiato rispetto a quando sono partito».

«Sei tu che vedi le cose in modo diverso».

«Prima non eri così affiatato con Harry, non eri affezionato a lui a questo modo; prima non eri così amico di Niall, prima non ti fumavi una sigaretta con Louis parlando come foste intimi, prima dedicavi più tempo a me».

Zayn si portò la sigaretta alla bocca, portando la testa indietro, a guardare il soffitto. «Lee, come faccio a dirtelo? Sei tornato da appena un giorno, è normale che in sei mesi le cose siano un po’ cambiate, è normale che abbia conosciuto nuove persone, è normale che per riprendere da dove eravamo rimasti ci metteremo un po’, ma questo non vuol dire che non voglio più passare il tempo con te. È che questa tua improvvisa gelosia mi mette in imbarazzo e mi fa innervosire. È completamente fuori luogo, mi infastidisce».

«Io–»

«E non puoi paragonarti a Harry, non puoi paragonarti a Louis, a Niall o a chicchessia. Siete persone diverse, avete ruoli diversi e caratteristiche diverse. Non ci sono termini di paragone» per un attimo aveva anche pensato di dirgli che non poteva paragonarsi a loro perchè lui era diverso, lui era tutt’un’altra storia, lui era Liam, e non era né rimpiazzabile nè comune. Aveva scartato l’idea perchè in realtà non gli sembrava affatto opportuna e non era sicuro della reazione che l’altro avrebbe eventualmente potuto avere.

«Zay–»

«Vedi di farmi finire, eh, Leeyum, così possiamo ripartire da zero».

«Va bene».

«Quando ieri ho scoperto che eri tornato, che ti ho visto nella tua stanza, avrei voluto picchiarti, perchè mi hai fatto prendere un infarto, non ero pronto al tuo ritorno, e tuttora non ho ancora veramente realizzato che tu sia qui. Con me. Però è stata una cosa fantastica. Poterti riabbracciare dopo mesi e mesi di lontananza mi ha reso felice, e averti qui, di nuovo, è meraviglioso».

«Posso parlare, ora?»

«Dai, parla» prese a guardarlo negli occhi, interrogativo, ma allo stesso tempo un po’ seccato dalla sua freddezza. Come se quelle parole non le avesse nemmeno pronunciate. Zayn non era solito esprimere i suoi sentimenti di fronte ai diretti interessati, e si aspettava una reazione diversa da quello stesso Liam che non faceva altro che assillarlo da  un giorno ormai, a quel punto volendo sentire solo apparentemente parole come quelle. 

«È che devo dirti una cosa che mi è venuta in mente».

«Ti ho detto che puoi parlare, sputa il rospo».

«Mi sento in colpa».

«Dai, parla, l’ho capito che la cosa ti turba».

«Sai che ieri sera ci siamo praticamente ubriacati, no?»

«Già, brutte cose... ‘sta mattina mi sono svegliato col mal di testa».

«Vabeh, non è questo il punto. Ti ricordi di cosa abbiamo parlato?»

«Tenendo conto della monotematicità delle nostre conversazioni ultimamente, direi di sì».

«No, voglio dire: ti ricordi?».

«No».

«Zapevo io» ridacchiò, teso, portandosi una mano sulla fronte, mantenendo pur sempre un fare ironico.

«Ehi, non mi rubare le battute, sono io che lo dico!» si finse offeso. 

«Ma se una cosa ci sta, ci sta!»

«Eh, ma tu non sai dirlo con quell’aria da extracomunitario immigrato fuori dal mondo».

«Già, non sei proprio il migliore dei maestri».

«Comunque».

«Ecco».

«Infatti».

«Allora...»

«PARLA».

«Io ti ho baciato».

 

***

 

«Louu, io ho paura di Niall, e chi è questa Jeff, poi?» sussurrò Harry sulle labbra di Louis, che era seduto a cavalcioni su di lui, con le ginocchia piantate nel dorso del divano e le mani ad accarezzare i ricci disordinati di Harry. 

«Una mia compagna di classe del liceo».

«E che viene a farci a casa nostra?»

«Non lo so».

«Non hai paura anche tu di Niall?»

«Non è tanto Niall che mi fa paura... sono le sue idee».

«Quindi hai paura di lui».

«Non sono tanto io che ho paura, quanto la mia reputazione».

Ridacchiò. «Ah, è vero, scusa, Louis non ha mai paura di niente» si avvicinò piano alla sua bocca e morse lentamente il labbro inferiore del ragazzo seduto sopra di lui. 

«Harry...»

«Lou-eh!»

«Non puoi fare così».

«E perchè, poi?»

«Perchè io ho ventidue anni e tu diciassette e io ho già avuto delle esperienze sessuali e...»

Harry abbassò lo sguardo, cominciando ad arrossire. Non avendo mai avuto un ragazzo, gli era sempre venuto facile ridere di battute a sfondo sessuale o farle in prima persona, anche se non ne andava pazzo (di solito il suo forte erano i doppi sensi e i giochi di parole), ma stando lì, con Louis, e sperando che la loro relazione potesse svilupparsi in tutti i suoi sensi, la sola parola ‘sesso’ lo faceva rabbrividire. Era un po’ inquietante per lui. Imbarazzante e inquietante. Carino, però. Era carino e forse un po’... eccitante. Ma solo poco. Pochino. Pochissimo. Neanche un po’  (aveva difficoltà ad ammettere di sentirsi caldo e terribilmente su di giri). «Insomma, se tu mi mordi il labbro io... voglio dire: è una cosa che mi eccita...» sospirò, guardando Harry negli occhi, o meglio, fissandogli le palpebre abbassate cercando di comunicargli il suo desiderio di guardarlo negli occhi. 

 

«Scusa» fu l’unica cosa che riuscì a dire Harry, mantenendo nonostante tutto lo sguardo basso. 

«No, non scusarti» gli lasciò un bacio sulla punta del naso. «So che è una cosa imbarazzante da dire, ma hai un certo impatto anche fisico sul mio corpo...» portò una mano sotto al mento di Harry e gli alzò il viso. «Adoro baciarti, adoro passare le mano fra i tuoi capelli e sedermi su di te, accarezzarti, guardarti, parlarti, ascoltarti, abbracciarti, sentire il tuo respiro sulle mie labbra. Adoro tutto di te, e continuo a non spiegarmi come sia stato possibile innamorarmi così perdutamente in così poco tempo, ma sai cos’ho imparato? A fregarmene della razionalità. Se provo questo amore o qualsiasi cosa sia per te, non ha senso farmi troppe domande o chiedermi se non sia troppo presto per parlare di amore o per baciarti. Ti amo e basta, e queste sono solo parole; il sentimento è tutt’un’altra storia; è molto più di questo, è libero, è genuino, è sincero. Ma non voglio farti fretta. È questo il punto. Io in passato ho fatto degli errori, ho fatto sesso parecchie volte per sfogo, e ho molta più esperienza di te. Non voglio farti pressione, e se ti ho chiesto di non farlo, prima, è solo perchè ho paura di reagire in modo inopportuno a certe provocazioni. Tu sei bellissimo, Harry. Sei meraviglioso» sussurrava quelle parole accarezzando lentamente col pollice la zone intorno allo zigomo del riccio. «E baciami quanto vuoi, mordimi, stringimi, parlami, accarezzami, ma non fare mai niente che non sei convinto di volere». 

Harry, leggermente spiazzato dalle parole di Louis ma ricoperto di felicità dalla testa ai piedi, sorrise e morse nuovamente il labbro inferiore a Louis, guardandolo di sottecchi, per poi aumentare la potenza del morso, sperando con tutto se stesso di non fargli male. Insomma, non aveva mai morso le labbra a qualcuno, un po’ di comprensione

 

«Ma allora mi vuoi proprio stuzzicare, tu eh? Non hai paura che il principe si trasformi in un mostro?» rise, chiudendo gli occhi perchè quello che aveva detto prima era vero. Se non si fosse trattato di Harry e se non fosse stato innamorato di lui (insomma, era impossibile che succedesse) lo avrebbe svestito lì, sul colpo, e si sarebbe lasciato travolgere dal desiderio. Si era appena reso conto dell’effetto che l’altro aveva su di lui. Era spaventosamente disumano. 

Harry gli morse ancora il labbro. 

«È che da quando mi hai detto di non morderti il labbro non riesco a smettere di desiderare di farlo».

«E allora—»

 

Il citofono. 

«Gret, puoi andare tu ad aprire?»

«Ah, quindi ora ti ricordi della mia esistenza eh?»

Harry ridacchiò, leggermente imbarazzato. «Ero preso da—»

«Sì, sì, capisco eh, discorsi e morsi e baci eccetera, non c’è bisogno di dirlo».

Il riccio arrossì, facendo segno a Louis, a malincuore, di spostarsi e tornare seduto affianco a lui. Louis lo ascoltò. «Mi dispiace... “Gret”, non lo vedevo da—»

«Ieri sera. Mi ha raccontato, tranquillo».

«Ah, ok».

«Vado ad aprire, allora».

 

***

 

«Obbligo o verità?»

«Seriamente ho accettato di giocare a questo gioco?»

«È quello che mi chiedo anch’io».

«Ma in realtà è quello che ci chiediamo tutti...»

«Bastava che non accettaste».

«Ci avresti assillato Niall, ammettilo».

«Certo che l’avrei fatto. Scusate, vi offro la possibilità di chiarire tutti i vostri dubbi—dai più insulsi ai più fastidiosi e importanti—sottoponendo le persone a cui siete interessati a tutte le domande che volete senza che loro si possano rifiutare di rispondere e vi lamentate anche? Insomma, chi sarebbe così stupido da declinare l’invito?» affermò il biondo con malcelata eccitazione.

«Ma io mi vergogno!» sbottò Harry.

«Perchè, Harrieeet?» chiese Louis, poggiando la schiena contro il divano. 

 

Per giocare si erano seduti tutti in cerchio in mezzo alla sala, spostando il divano un po’ più indietro del solito in modo da avere più spazio. I posti migliori se li erano guadagnati Harry e Louis, che in effetti erano già seduti sul divano e non avevano fatto altro che sedersi a terra—pretendendo di svaccarsi occupando anche i posti che sarebbero spettati a Liam e Zayn—e poggiare la schiena sul morbido. A tutti gli altri sarebbe presto venuta una scoliosi. 

 

«Giocando a “obbligo o verità” le domande o gli obblighi sono sempre imbarazzanti...» commentò, abbassando lo sguardo e arricciolandosi dei ciuffi di capelli più lunghi accanto al collo. Aveva sempre trovato imbarazzante giocare a “obbligo o verità”, ma allo stesso tempo non voleva ammettere di sentirsi piuttosto eccitato dall’idea di ricevere delle domande più intime e personali. Era una di quelle sensazioni che a raccontarla a qualcuno non avrebbe avuto affatto senso, ma per lui ce l’aveva. Da un certo punto di vista, il sentirsi obbligato a dover ammettere qualcosa di privato, andava oltre il mero sentirsi in imbarazzo: era così fastidioso da diventare quasi appagante.

«È questo il bello».

«Lou-eh».

«Non vedo l’ora che capiti il mio turno».

«Ho paura».

Ma era felice che la gente—e in particolare Louis—si interessasse a lui.

 

«Quindi come giochiamo?»

«In che senso?»

«Voglio dire, col la bottiglia a decidere per noi o no?»

«No, a ‘sto punto, già che ci siamo facciamo senza» disse Zayn, accendendosi un’altra sigaretta.

«Ma dannazione, Zay!» ridacchiò Harry «Non riesci proprio a farne a meno!»

«A quanto pare no».

«Almeno cambia marca di sigarette» sbuffò. «Queste fanno proprio schifo».

«Su questo devi dargli ragione Zayn, e poi il tabacco è buono quando è forte».

«A parte che daresti ragione a Harry qualsiasi cosa dicesse, ma ok».

«Nah, non sono il tipo da farsi mettere i piedi in testa dall’amore».

«E comunque se vuoi delle sigarette che ti sballano, tanto vale che ti fai una canna».

«E infatti spesso opto per quello».

«Ah si? Me lo dici e la prossima che la facciamo insieme».

«Affare fatto, bro, affare fatto».

«E comunque io fumo solo per stress».

«Ah, non perchè fa figo? Ammettilo che sei quel tipo di persona».

«Aspetta, non perchè fa figo».

«Perché allora?»

«Per stress».

«A parte quello, cazzone». 

«Perchè è figo».

«Ah, le strade sono diverse, ma il risultato è lo stesso».

«E sarebbe?»

«Sei un cazzone».

«Anche tu».

«La differenza sta nello stile. Io sono molto più -»

 

Vennero interrotti da del tutto casuali colpi di tosse. 

Harry rideva, con affetto, guardando Louis che parlava.

«Che dite, iniziamo?»

«E sia».

«Chi comincia?»

«Christina» suggerì Harry, riscuotendosi dalle sue fantasie. «Anche se non la conosco».

Lei gli sorrise, felice. Pur non conoscendo praticamente nessuno in quella stanza, già si sentiva a suo agio. Le sembravano tutte persone sincere e di cui potersi fidare; entrambe cose che riteneva estremamente importanti se si voleva averla in simpatia. Perchè se c’erano delle cose che lei si rendeva seriamente conto di odiare, tra queste figuravano sicuramente la falsità e il tradimento. In ogni caso era felice di aver colto l’occasione e di trovarsi lì, in quel momento. 

 

«Vado io?»

Gli altri annuirono, un po’ tesi. Lei sorrise, incrociando le gambe e portandosi la mano destra alla bocca, come per pensare. «Vediamo...» ridacchiò. «Harry. Così ti ricambio il favore... obbligo o verità?».

«Grazie mille!» rispose lui, ironicamente, sistemandosi nervosamente la coroncina di fiori. Tutti gli occhi erano puntati su di lui, e sapeva già che prima o poi sarebbe successo, ma si sentiva ugualmente a disagio. «Verità. Io scelgo sempre verità».

«Tanto dopo due volte che la scegli devi dire per forza “obbligo”» gli sussurrò Louis, facendogli l’occhiolino. Harry arrossì, pensando a quanto gli piacesse quel Louis un po’ più intraprendente e malizioso del solito, a quanto lo facesse tremare dalla testa ai piedi, a quanto forte il suo cuore battesse a sentire le sue allusioni e i suoi giochetti, a quanto avesse voglia di baciarlo ancora, un’altra volta, per sempre. Prima di conoscere Louis—prima di baciarlo—pensava a quanto una relazione stabile dovesse portare monotonia nella vita delle persone. Certo, aveva sempre desiderato averne una, ma per contro, cercava di rasserenarsi al pensiero che l’aver sempre e solo una persona nella testa doveva essere monotono come passare le ore a contemplare un soffitto d’ospedale. Si era reso conto che nella testa delle persone innamorate doveva avvenire qualche strano intruglio alchemico, e il risultato era un’infatuazione perenne, un’eccitazione formidabilmente perpetua, come se il passare intere giornate insieme a baciarsi non fosse mai troppo, e ovviamente, non fosse neanche mai abbastanza. Harry conosceva Louis solo da due giorni, ma gli sembrava di conoscerlo da una vita intera, e di averlo amato anche per tutte le vite precedenti a quella. 

 

«E scommetto che casualmente capiterà al tuo turno».

«È facile che sia così» gli sorrise. Harry si voltò verso Christina, per non svenire. Si sentiva scosso fin nel profondo. 

«Beh, da quanto tempo vi conoscete tu e Lou? E cos’hai provato la prima volta che l’hai visto?»

«Sono due domande».

«Rispondi e basta» ridacchiò lei, alzando gli occhi al cielo. 

«C-Ci conosciamo da... beh, non ieri mattina, ma circa. Insomma, dall’altro ieri pomeriggio. Voglio dire, dal pomeriggio dell’altro ieri... non so più parlare».

«Aspetta, cosa?»

«Cosa cosa?»

«Vi conoscete da meno di due giorni?»

«A meno che non sia così confuso da non ricordarmi più nulla sì... circa».

«Dai, ma smettila» lo guardò con un’espressione tra il divertito e il confuso, come per sottolineare di aver capito che la stava prendendo in giro

«È vero».

«Ah ah ah, che simpaticone» scherzò, ironica, e il suo sorriso man mano si trasformò in una smorfia perplessa, per poi tornare a essere una semplice arricciatura di labbra come per sottolineare di aver fatto solo finta di essere convinta di aver capito che la stava prendendo in giro. «Ma com’è possibile?»

«Me lo chiedo anch’io...»

«State insieme?»

«Il gioco non si chiama “obbligo o intervista”» scherzò Harry, imbarazzato, abbassando lo sguardo, mentre le guance gli si facevano sempre più rosse.

Si sentirono delle risate sommesse provenire da tutto il cerchio. Louis grugnì. Gli sarebbe piaciuto sapere qual era la risposta di Harry a quella domanda. 

Il riccio era felice.

«Comunque la prima volta che l’ho visto... beh, ho pensato che non fosse per niente come me l’ero immaginato... cioè, io pensavo che essendo un tatuatore avrebbe avuto quaranta milioni di tatuaggi su tutto il corpo—cosa più o meno vera—e che sarebbe stato... un palestrato tipo, non so... vichingo... solo che poi l’ho visto e ho pensato che fosse piccolo per essere un vichingo, però grande, cioè, io mi sentivo minuscolo di fronte a lui e ho pensato che fosse... insomma, bello? Cioè, non bello e basta. Bello bello. Tipo, mooolto bello. Quasi, non lo so... etereo?»

«Di sicuro non etero!» urlò Niall.

Harry rise, per poi continuare. «Non mi prendete in giro, cioè, è che io sono rimasto... senza fiato. Era così... meraviglioso... non lo so. È imbarazzante» concluse, abbassando lo sguardo sul pavimento, dopo aver fissato Zayn negli occhi per tutto quel tempo. 

Louis lo stava osservando con gli occhi che brillavano. Amava tutto di Harry: dal modo in cui le sue mani si contorcevano dall’agitazione mentre parlava al colore dei suoi occhi che sembrava cambiare leggermente a seconda del suo stato d’animo, dai suoi capelli insensatamente irriverenti alle sue labbra che tremavano leggermente non appena smetteva di parlare, dalle parole semplici ma disordinatamente organizzate che utilizzava alle sue guance sopraffatte dal rossore, dalla sua timidezza alla sua forza d’animo—che forse non era subito sotto gli occhi di tutti, ma che Louis riusciva a scorgere con chiarezza frugando tra le insicurezze di facciata di Harry—dai sorrisi che cercava di nascondere a quelli che si sforzava di fare. Louis amava Harry—e basta

 

«Perchè si vede da come lo guardi» ammise Christina. «E ora è il tuo turno comunque. È finita la tortura» rise. «Per il momento». Harry alzo lo sguardo e accennò a un sorriso prima di chiudere gli occhi per pensare. 

«Zayn. Obbligo o verità?»

«Obbligo».

«Lo sapevo. E ora sono fregato perchè non so più che dire».

«Ti conosco troppo bene, bello».

«E basta però. Mo’ pure bello» farfugliò tra sé e sé Liam. Peccato che lo sentirono tutti. 

«Avevi detto che l’avresti piantata!» obiettò Zayn, sbuffando. 

«Scusa».

 

«Obbligalo a baciare qualcuno» suggerì Louis, beccandosi un’occhiataccia davvero inquietante da parte di Zayn. «Ou, guarda che si gioca così a “obbligo o verità”. Trovi i punti deboli degli altri e costruisci tutta la tua strategia su quello che hai scoperto».

«Ma i suggerimenti influenzano la mente di Harry!»

«Come se fossi un neonato che non è in grado di pensare per sé».

«Suvvia, non stavo dicendo questo, Harruccio».

«In ogni caso ormai il danno è fatto» concluse Harry, con un sorrisetto sul viso e i fiori sulla testa che gli davano un’aria ancora più da fuori di testa. 

«Louis io ti ammazzo».

«Harry ti amo con tutta la mia vita, mi vuoi sposare?» urlò Louis, abbracciandolo di slancio. 

«Ouch! Louis! I lividi!»

«Sorreh Harreh».

 

«Ti obbligo a baciare... uhm... Christina no, Gretchen no, Aga no, sarebbe troppo scontato, quindi o Louis o Liam o Niall... o me» rise, beccandosi un’occhiataccia sia da Louis che da Liam. «Beh, Louis no» lo guardò negli occhi. Poi sussurrò «Louis lo bacio io». Louis ridacchiò.

«Daje Haz».

«Liam o Niall?»

«Me o Niall?» commentò Liam, sarcastico.

«Scegli tu» concluse Harry, guardando Zayn. 

Il ragazzo ci pensò su per qualche istante poi «Niall» disse, aggiungendo mentalmente “tanto a quanto pare Liam l’ho già baciato ieri”. 

«Yas! Ho sempre desiderato baciare un ragazzo!» esultò il biondo. Si trovò sette paia di occhi puntati contro. Alcuni sguardi erano stupiti, altri divertiti.

«Ma sei gay?»

«Valà! Baciare un ragazzo sembra figo però!» scoppiò a ridere. «Mi piace provare cose nuove! Dai su, vieni qui Zayyyy» finse un tono effeminato. 

«Cristo santo, ma perchè cazzo ho scelto Niall?»

«Perchè mi ami».

Zayn rise, sarcastico, ma divertito. «Te piacerebbe, sì».

«In effetti sì». 

«Beh, sbrighiamoci così la facciamo finita».

«Ma tu sei gay Zayn?»

«A volte» rispose, quasi serio.

«Ah, lo sapevo! È che il mio naso è allenato a riconoscere odore di gay».

«Anche il mio!» si intromise Aga. «Però lui è chiaramente bi».

«C’hai preso, amiga».

 

«Baciatevi, idioti!» urlò Louis dall’altra parte del cerchio, con un sorriso stampato sul volto. 

 

Erano ormai vicinissimi l’uno all’altro e Zayn non riusciva ad avvicinarsi maggiormente alle labbra di Niall perchè sentiva lo sguardo di Liam puntato su di sè, e si sentiva giudicato, e a disagio. Forse infastidito, forse—più in fondo—lusingato. Dopo qualche secondo di indecisione però, portò le sue labbra a contatto con quelle del biondo, che sorrise, ricambiando il gesto. Rimasero lì per secondi che sembrarono eterni. Zayn si rese conto di quanto sarebbe stato facile per lui innamorarsi di ognuno dei presenti in quella stanza, di quanto sarebbe stato facile provare interesse per ciascuno di loro, di quanto sarebbe stato assurdo e intrigante provare a baciarli tutti. Alla fine, che cos’era un bacio? Perchè gli si attribuiva così tanto valore? Perchè non si poteva baciare chiunque si volesse senza necessariamente provare dei sentimenti per quella persona? Zayn non era mai stato un amante delle regole, e delle convenzioni, e delle definizioni. Erano tutte costrizioni, erano tutte chiusure mentali, erano tutte cose superflue, ottuse, superficiali. Si rese conto, ancora, che ogni persona aveva le potenzialità di diventare davvero importante nella sua vita, che sarebbero stati tutti in grado di stupirlo, che le persone erano concretamente complicate proprio per quello. Zayn amava le persone. Come concetto, come idea. Quel bacio gli era piaciuto e gli aveva spalancato le imposte della mente. Che senso avrebbe avuto mentire e dire che qualcosa non gli era piaciuto quando era stato tutto il contrario?  Che senso avrebbe avuto? Gli era piaciuto e basta. E chissenefrega di tutto il resto.

 

«Io ci shippo» esordì Niall. 

«Ma porco gay» urlò Zayn, tornando a sedersi.

«Ehi!» urlarono all’unisono Harry e Louis. 

«Chi shippa Ziall?» urlò, alzando la mano con estremo entusiasmo.

«Ziall?» chiese Harry,

«Me e Niall» rispose sbuffando Zayn, divertito.

«Senza offesa, ma io no». 

«Ma Harry!»

«Ho detto senza offesa!».

«Ma io e Zayn siamo bellissimi insieme» scherzò il biondino. «Anche se io e Aga siamo decisamente meglio».

«E come vi chiamate? Agall?» si intromise Louis.

«Certo, Agall e Agallin» ribattè il riccio, scoppiando a ridere. «La prima Agallin che canta ha fatto l’Auov».

«Sei veramente così squallido?» sbiancò Louis, portandosì le mani al viso, preso dalla disperazione di una battuta pessima.

«Mi scuso, signor io sono divertente e tu no».

«Naga, siamo i Naga». 

«Ou belli, per quanto mi piacerebbe continuare questa conversazione, ora tocca a me» li interruppe Zayn. «Liam. Obbligo o verità?»

«Che smania» commentò Niall.

«Verità». Liam aveva lo sguardo basso. Era indubbiamente infastidito dalla scena appena accaduta e lo dava fin troppo a vedere. Tra tutti, la persona che più di tutte era in silenzio, ma che stava osservando le scene con oggettività e stava cercando di apprendere i meccanismi di ognuna delle persone presenti, era Gretchen. Faceva sempre così. Il risultato era che se qualcuno gli avesse chiesto di analizzare la situazione e di trarne una sorta di un’analisi psicologica di gruppo, lei sarebbe sicuramente stata in grado di farlo.

«Perchè mi hai baciato?» tanto ormai Zayn era partito sulla linea del ‘dico quello che penso e vaffanculo’. Non gli importava che tutti li stessero guardando seriamente straniti e incuriositi, non gliene fregava un cazzo che Liam potesse essere in imbarazzo, non gliene fregava nulla che la situazione fosse più complicata del previsto. 

«Zayn—»

 

«Ma Ziall un par di palindromi! Ziam forever!» sbottò Niall, le mani al cielo, entusiasta, guardando prima Zayn e Liam e poi Aga, cercando supporto.

«Quindi ora le tue OTP sono?»

«La mia OTP migliore del mondo sempre è per sempre è Larry» la sua bocca si aprì in uno di quei sorrisi che solo il fangirlare—e forse Aga (e il fangirlare con Aga)—gli facevano spuntare. «Però anche Ziam non è male. E... uhm... Zouis as a bromance è troppo perfino per me. Una badass bromance. Oddio ti immagini se la canzone di Lady Gaga si intitolasse Badass Bromance? Sarebbe tipo troppo una canzone Zouis!»

«Ma cazzo Niall, come ti vengono certe idee?» sputò Louis. 

«Offuck. Me n’è venuta un’altra. Chi ci scrive una fan fiction? Oddio, troppo woah».

«Io sono già impegnata a scriverne una L-» Niall tirò un gomito in pancia ad Aga.

«Could you pwease keep it a secret?» le lanciò un’occhiataccia affettuosa.

«Of couwse, Nialler».

«Ohoh, ascoltiamo la risposta di Liam però!» le fece segno di star zitta, poi si convertì direttamente a metterle una mano sulla bocca.

 

«Zay io ti odio».

«Oh no, dov’è andata a finire la romance?» commentò ironico Niall.

«Rispondi. Sei stato tu a scegliere verità, e sono sicuro che sapevi che te l’avrei chiesto».

«Non lo so».

«Cosa?».

«Perchè ti ho baciato».

«Regà, ma vale come risposta?» chiese lui, spazientito, gli occhi socchiusi e la sigaretta in mano. «Pare proprio di sì» concluse notando che nessuno aveva intenzione di rispondergli. «Per questa volta l’hai scampata Lee-Yum, ma vedremo. Vedremo».

 

Liam tirò un sospiro di sollievo, felice di non aver dovuto rispondere, e che Zayn se la fosse bevuta, la storia del non lo so. Per quanto potesse essere ubriaco quando lo aveva baciato—alcune cose semplicemente non si fanno per caso. E poi Liam non era uno da fare delle cose solo perchè gli andava di farle. Certo, ciò che aveva provato non era esattamente stato previsto dalla sua mente, o pianificato, ma nel momento in cui l’aveva baciato era stato consapevole al 100% delle sue azioni. E l’aveva fatto semplicemente perchè voleva farlo. E dire che lo aveva fatto e basta non sarebbe stata la stessa cosa. C’è una colossale differenza tra voler fare qualcosa e farla e basta. Era andata così: Liam aveva provato un desiderio fortissimo di baciarlo, e se non fosse stato per l'alcol, non avrebbe seguito il suo istinto. Ma alla fine aveva ceduto, poggiando le sue labbra su quelle del ragazzo dagli occhi profondi e scuri. Suo malgrado, nonostante si ricordasse con chiarezza di averlo baciato, la memoria delle sensazioni che aveva provato era svanita senza lasciare una minima traccia, apparentemente. Come se la sbronza, tra tutto ciò che si erano detti, avesse deciso di privarlo della cosa a cui teneva di più. L’unico ricordo che gli era rimasto di quel bacio era la tensione e i brividi che lo avevano scosso così tanto da riuscire a sovrastare la mezza inconsapevolezza di ciò che stava facendo. 

Stava finalmente cominciando a pagarne le conseguenze. Avrebbe anche potuto non dirglielo in effetti, che lo aveva baciato, ma dopo tutto Liam era un ragazzo onesto—a parte quando si trovava a dover nascondere i suoi sentimenti dietro ad un mero non lo so. E il solo pensiero di tenere una cosa come quella all’oscuro dal suo Zayn lo faceva stare estremamente male. Si sentiva strano, e tutt’altro che vivo. Si trovava ancora totalmente immerso in quella fase d’evoluzione delle situazioni in cui la realtà non ti ha ancora travolto, e non ti sei ancora reso conto di ciò che è avvenuto in primo luogo. Per questo si può dire che fosse anni luce dal realizzare addirittura quali sarebbero state le conseguenze di quel gesto. E la cosa peggiore era che Zayn non aveva neanche ancora realmente compreso ciò che Liam gli aveva rivelato. Era ancora cieco, era ancora sordo, era ancora immobile; era fermo a un giorno prima, e la sua testa non voleva aggiornarsi, forse bloccata—come in una camicia di forza—dalla paura che la realtà l’avrebbe sconvolto più di quanto potesse immaginare. 

 

«Niall... obbligo o verità?» chiese con un tono estraniato, quasi non si trovasse nemmeno in quel salone a giocare a quello stupidissimo gioco, però dall’altra parte come se stesse pensando al modo migliore in cui agire, alla mossa perfetta da fare. Liam era bravo a giocare a scacchi. Pensava di poter adattare le sue strategie di gioco anche alla vita reale. Piuttosto, sperava che funzionassero, esattamente come funzionavano quando doveva fare uno scacco matto, o quando doveva convincere l’avversario a fidarsi—inconsapevolmente—di lui.

«Obbligo!»

«Baciami» ordinò con una forza d’animo che era più falsa che fondamentalmente ricercata.

«La prossima volta perchè non giochiamo a bacia Niall o penitenza? Ho capito che sono magnifico, ma non c’è bisogno di obbligarmi a baciarvi se proprio lo volete. Io sono qui, non accalcatevi!» scoppiò a ridere, seguito da Harry, a cui il biondo trasmetteva un’allegria immensa. Banale dire che quello fosse proprio l’effetto che Niall aveva su ogni persona. Era così: poche domande, pochi problemi, tanta allegria e voglia di vivere. Anche Louis lo apprezzava un sacco. Anzi, lo stimava. Niall poteva sembrare un bambino molto spesso, ma la cosa non era affatto importante se paragonata alla sua vitalità e alla gioia che trasmetteva. Il biondino era come un caricabatterie quando si trovava intorno agli altri. Bastava un suo sorriso, e i problemi scivolavano via. Agnieszka lo abbracciò, sorridendo. «Però non me lo portate troppo via, comincio a essere gelosa!» non lo era. O meglio, pensava che se lo fosse stata sarebbe stato di certo più romantico da dire, ma sapeva benissimo che dietro alla richiesta di Liam e all’obbligo di Zayn c’erano motivazioni del tutto innocue nei confronti di Niall. Ognuno voleva ottenere qualcosa con quelle determinate azioni, e Niall finiva per essere solo il mezzo attraverso il quale ognuno compiva la sua mossa. Sapeva riconoscere la differenza tra gelosia e inutile fastidio. Era tranquilla. 

 

«Ehi ciccio, guarda che quello magnifico qui sono io, mica tu. Cioè, come scusa? Il biondino dagli occhi felici ha seriamente anche solo provato a essere superiore a me, il perfetto ed eccelso Louis Tomlinson? Per quanto stenti a credere che le mie regali orecchie abbiano sentito male, dev’essere stato così... è per una buona causa» commento Louis, che ormai si sapeva, quella mattina si era svegliato col sasseggiamento facile. Harry sorrise; in effetti non faceva che sorridere da quanto Louis gli era saltato addosso appena rientrato a casa. Lo amava. È difficile non sorridere fissando la persona che si ama. 

«SASSY PASSY».

«Ehi, aspetta, aspetta, COSA?»

«Team Harry!Tops, adieu».

«Tu pensi che io stia sotto?» chiese, visibilmente irritato—o era un bravo attore.

«Al 100%» sorrise sfacciatamente, per poi ammiccare ad Harry, che stava iniziando a volersi sotterrare vivo nel pavimento del loro appartamento e passare il resto della sua esistenza a venire calpestato da un susseguirsi di persone insignificanti. Era rosso. Rosso fuoco. Stava praticamente prendendo fuoco. Aveva bisogno di un estintore. O di una doccia fredda. Sì, di una doccia fredda. Una doccia rinfrescante, una doccia che placasse i suoi ormoni. Perchè le guance non eran l’unica cosa che stava prendendo fuoco in quel momento. Era pur sempre un ragazzo di quasi diciotto anni. Non era un agnellino sperduto nel bosco. O meglio, era forse un po’ perduto in una sorta di metaforico bosco, ma non era un agnellino. Gli agnelli non portavano le coroncine di fiori, comunque. 

L’utopia della doccia fredda cominciò a distruggersi, frammento per frammento, e dopo pochi istanti Harry si rese conto che la voce di Louis gli rimbombava nella testa. 

«Sai che ti dico? Hai proprio ragione». 

E così a Louis Tomlinson, udite udite, piaceva stare sotto.

 

***

 

Non è che il fatto che Liam avesse chiesto a Niall di baciarlo lo infastidisse più di tanto. No. Giammai. A dire il vero, non lo infastidiva affatto. No, non era fastidio quello che provava. Non era gelosia. Non era irritazione. Era rabbia. E Zayn non si arrabbiava spesso, lui era più una persona da ti odio/ti ignoro. Zayn preferiva tacere e fare silenziosamente male, piuttosto che esprimere esplicitamente la sua rabbia. Aveva sempre fatto così. Se per altri versi poteva essere definito un ragazzo schietto, diretto e senza maschere, da quel punto di vista sarebbe stato più corretto riferirsi a lui come stratega, riflessivo, vendicativo. Non sempre. Qualche volta. In quel caso la sua mente era combattuta da due possibili reazioni che avrebbe potuto avere. Tirare un cazzotto a Liam e fargli male, tirargli un cazzotto e fargliela vedere, smettere di parlargli e farla finita, o, in un angolo remoto della mente, quasi al limite tra possibilità e fantasia, spingere via Niall e baciarlo lui, quel cretino di un Payne.

La cosa bella era che non aveva la minima idea del perchè provasse quella rabbia oscena. 

Non riusciva tuttavia a concentrarsi così tanto sui suoi pensieri da poterlo scoprire. Le uniche cose che sapeva erano prima di tutto che Liam gli aveva lanciato una sfida non appena aveva cominciato a fissarlo durante il bacio con Niall, e poi che forse, quel bacio a Liam era inaspettatamente piaciuto, perchè ad un tratto, mentre Zayn era sicuro che quello avesse obbligato il biondino a baciarlo per vendetta, aveva abbassato lo sguardo, chiuso gli occhi e accarezzato la guancia di Niall, come se significasse davvero qualcosa. Forse era in quel momento che si era davvero arrabbiato.  

 

***

 

«Perchè sei uguale ad Eleanor?»

«Perchè sei uguale al ragazzo di Eleanor?»

«Sei tu che devi dire la verità».

«Mentire non è comunque una cosa nobile da fare».

«Ok, ma perchè ti chiami Gretchen e sei uguale ad Eleanor?» ribadì Louis, con un sorrisetto divertito sul volto. 

«Hai mai sentito parlare di gemelli?» assunse un tono acido per caso. Le veniva bene.

Finse di essere assorto nelle più complesse riflessioni. «No, non credo».

«Allora qualcuno veda di illuminarlo, poverino».

«“Gemello: aggettivo singolare maschile ad alto uso. Uno. Che, chi è nato con uno o più fratelli da uno stesso parto: fratello gemello, sorella gemella, partorire tre gemelli. Due. Genitivo, estensivo, di ciascuno di due elementi che presentano le medesime caratteristiche o sono destinati al medesimo uso: letti gemelli. Tre-”»

«Ve bene GRAZIE, Liam alias: vocabolario».

«Dizionario».

«Ma sentilo... “Dizionario”» lo scimmiottò facendo una voce stupida. 

«Che sa—»

«Basta stai zitto, io voglio ancora capire che cazzo è successo».

Gretchen rise, poi riprese a parlare, rivolgendosi a Louis come se fosse un bambino con dei problemi di comprensione. «Allora, vediamo se riesci a capire» sospirò. «I miei genitori si sono sposati e hanno fatto sesso. Hai bisogno che ti spieghi anche in cosa consiste il sesso o ci puoi arrivare? Beh, presumo che tu ci possa arrivare. Ecco, mia madre è rimasta incinta e ha scoperto che stava aspettando tre gemelle».

«Chi?»

«Me, Eleanor e Christina».

Niall si voltò stupefatto verso Chris, indicando con furore prima Gretchen e poi lei, spalancando la bocca in un’espressione incredula. «Voi... siete sorelle? Ommioddio ma siete delle attrici troppo brave! Giuro che non l’avrei mai sospettato! Siete davvero troppo avanti! E io che pensavo non vi conosceste! Che ingenuo che sono stato... non è vero Agatona? Oh tra parentesi ti piace questo soprannome? Perchè io avevo una gatta che si chiamava Agatona! Era obesa. Ma non ti offendere, non è per quello, mi è solo venuto in mente così a caso, ma comunque stavo dicendo che ora che ci penso vi assomigliate anche! E io che pensavo di non aver bisogno di occhiali. Salutate il vecchio Niall per l’ultima volta amici, ormai la vecchiaia lo sta raggiungendo e avrà bisogno del sostegno di tutti voi per sopravvivere ai grandi impedimenti del futuro! Oltre al fatto che fangirlare col bastone e la barba non sarà più la stessa cosa. Anche se il bastone si potrebbe rivelare di enorme successo per spingere con violenza le coppie a baciarsi e anche la vecchiaia in sé in effetti. Chi negherebbe a un povero vecchio morente di esaudire il suo ultimo desiderio? Diventerò un mostro a inventare ultimi desideri che possano avvicinare le vittime della mia fangirlazione! Dio, che bello essere vecchi, Agatona, non piacerebbe anche a te essere vecchia?» 

Il silenzio che riuscì a far nascere nella stanza dopo quel discorso poteva essere paragonato al freddo tacere che si concretizza solo in chiesa nel momento della preghiera personale, a meno che a qualche sciagurato vecchiardo non spunti un’improvvisa bronchite contagiosanel qual caso l’unica cosa che si propaga è un delirio di tosse e germi.

Le gaffe di Niall erano così madornali che ridere sarebbe stato un eufemismo. Nonostante ciò, nel limite dell’umano, dopo qualche secondo di imbarazzante e tombale quiete, iniziarono a sentirsi sommessi risolini che, in un climax epidemico, diventarono grasse risate da parte di tutti. E potrei sentirmi in dovere di soffermarmi sul modo in cui ognuno dei presenti esprimeva l’ilarità della situazione, perchè penso rispecchiasse anche e soprattutto la loro filosofia di vita, in piccola parte, o il loro modo di vivere le situazioni prive di logica; non ci vorrebbero tante parole. Solo quelle giuste e strettamente necessarie; ma a volte le parole sono semplicemente troppo. E descrivere una risata sarebbe come appropriarsi dell’eccentrica peculiarità di una persona che non vive per essere studiata e raccontata, ma solo per il vivere in sé. Sarebbe come infangare la naturalezza di un’espressione. Come disprezzare un pensiero genuino formatosi nelle nostre menti in risposta allo stimolo che una parola senza aspirazioni ci ha dato.

 

«Nialler» tossicchiò Christina. «Non siamo gemelle».

 

***

 

«Louis. Obbligo o verità?» chiese Gretchen. 

«Non vale! Te l’ho appena chiesto io!»

«Ci sono forse regole che lo vietano?» si guardò intorno, contando nella risposta negativa del gruppo.

Louis sbuffò. «Verità».

«Ora mi spieghi perchè Eleanor e Harry sono entrambi fidanzati con te?»

Harry sbiancò. A metterla così suonava proprio male. E si fidava di Louis. Sapeva che se gli aveva detto di non essere davvero fidanzato con Eleanor, allora doveva essere così. Sapeva che se gli aveva detto di amarlo, era perchè lo amava davvero. Tuttavia le parole a volte ti si insinuano negli angoli più esposti della mente, e per quanto la tua fiducia possa essere grande, il timore che le persone ti distruggano è persistente. 

«Allora, mia cara, innanzitutto that’s utter bullshit. Non puoi mettere Eleanor e Harry nella stessa frase, per tanto pure nominando Harry per secondo. E capisco che Eleanor sia tua sorella, ma capiamoci bene, ha rotto un po’ i coglioni».

«Oh ma lo so benissimo questo».

«Sapevo che Harry non poteva che avere un’amica ragionevole! Comunque non siamo mai stati insieme, non mi è mai piaciuta, non le ho mai detto che stavamo insieme e a quanto pare lei ha frainteso ogni singola cosa. Caso chiuso».

«Ti va dietro che è una meraviglia però».

«Direi piuttosto un insopportabile fardello».

«Dai, non è poi così male. In fondo è come se tu andassi dietro a Harry e lui per una cosa o per l’altra ti facesse pensare che state insieme ma in realtà lui sta con Nick».

«Chi è Nick? Gli spacco la faccia» si voltò verso Harry, con un’espressione interrogativa, ma turbolenta. Il fatto che a Gretchen fosse venuto con così tanta naturalezza un nome qualsiasi da attribuirsi a una persona qualsiasi gli stonava un po’. Nick doveva essere qualcuno. Qualcuno dalla morte imminente “se tanto gli dava tanto”.

Harry gli sorrise, non sapendo minimamente di chi stessero parlando, senza chiederselo neanche, tanto concentrato sulla reazione ingelosita di Louis. Gli accarezzò una ciocca di capelli sulla fronte, mordendosi il labbro, non dando alcun segno di reattività. Gli occhi gli brillavano ed era immerso nei suoi pensieri al settimo cielo, ma anche estremamente agitati. Da come questa storia viene raccontata sembra che il tempo non passasse mai, ma che allo stesso tempo si fossero innamorati troppo in fretta. Non sarebbe fondamentalmente errato appoggiare o criticare entrambe le affermazioni. Si limiterebbe ad essere superficiale. Perchè ciò che gli occhi vedono non è sempre ciò che il corpo prova, ciò che l’oggettività percepisce non è sempre ciò che la mente percepisce. 

E il tempo è solo un numero. 

Harry Styles non era mai stato fidanzato. In diciassette anni di vita mai una volta aveva baciato qualcuno, mai una volta aveva sentito il suo corpo fremere alla sola vista di un sorriso, mai una volta era rimasto minuti interi a fissare il mondo di fronte ai suoi occhi. Poi era arrivato Louis. E nessun’altra parola—se non “Louis”—sarebbe stata in grado di descrivere il vulcano di pensieri che  si era risvegliato dentro di lui. Pensava che da un momento all’altro avrebbe aperto gli occhi, constatando che “la realtà fa schifo”, pensava che se non fosse successo, tutto avrebbe comunque trovato un modo di finire al più presto. D’altronde, in due giorni era cominciato, e in due giorni poteva finire. 

Però Harry non ci credeva. 

Harry amava Louis.

E l’amore, s’è vero che può nascere in due giorni, di certo non si spegne in due.

 

«Uh, già, oggi quando sei svenuto non sono stata io a ritrovarti, ma un certo Nick, della quinta G, dovresti ringraziarlo poi. Mi ha detto che quando ti ha visto a terra, non volendo che qualcuno come Eric e la sua gang ti trovasse, ti ha preso in braccio e ti ha portato dove ci troviamo di solito».

«Nick?»

«Non lo conosci?»

«No».

 

«Quindi non stavate insieme? Non ti è mai piaciuto? Non vi siete mai baciati? Non avete fatto se—»

«NO!» urlò Harry, coprendosi il viso con le mani. 

«Neanche un-»

«No, Lou. Non so neanche che faccia abbia».

«Meno male».

«Però dovresti ringraziarlo» si intromise Gretchen. 

«Cosa vuoi che sia! Ha solo fatto il suo dovere. Se l’avessi visto io a terra non solo non l’avrei riportato da te, ma l’avrei preso in braccio e portato in un angolo nascosto della scuola, l’avrei svegliato con dei baci sulle labbra e l’avrei stretto a me fino a che non si sarebbe calmato e gli avrei regalato una coroncina di fiori e l’avrei baciato fino a che non gli sarebbe scappato un sorriso».

«Ma io mi sarei svegliato sorridendo» mugugnò Harry, con lo sguardo basso e il cuore in subbuglio. Perchè doveva essere così? Perchè Louis passava dal dire cose stupide e acide e maliziose a—senza preavviso—uscirsene con delle trovate di romanticismo tenace? Harry non avrebbe retto un giorno in più. Non avrebbe potuto farne a meno.

«Allora ti avrei morso il labbro e ti avrei abbracciato e ti avrei baciato lo stesso fino a che non ti saresti messo a ridere e io avrei baciato anche le tue fossette».

«E io sarei morto».

«Dannazione».

 

«Puoi farmi solo un favore, Louis?» li “interruppe” Gretchen. 

«Solo perchè mi stai simpatica».

«Puoi dirglielo tu esplicitamente a El, che non state insieme?»

«Bello scherzo».

«Seriamente».

«Ma se mi avvicino a lei quella mi salta addosso».

«Manco fosse un leone a digiuno da mesi».

«È pur sempre convinta di essere la mia ragazza e tu hai visto cos’è successo a Harry appena ha messo piede in casa».

«A me sembra che sia stato tu a saltargli addosso».

«Dettagli».

«Ti prego. Se glielo dico io non mi crede e ti assilla ancora di più».

«Solo perchè mi stai simpatica, Gretchen, solo perchè mi stai simpatica».

 

***

 

«Harry. Obbligo o verità?»

«Verità».

«‘Sta sera vieni con me in un posto?»

Louis guardò Harry, che guardò Zayn, che guardò Niall, che guardò Louis, che sorrise. 

Niall face un cenno a Zayn, che fece un segno ad Harry, che arrossì, e poi «Sì».

E il bacio che avevano posticipato per tutta la durata del gioco finalmente trovò la sua strada. 

 

***

 

«Facciamo il punto della situazione».

«Vai Agatona».

«Ti distruggo la vita se non la pianti con questo soprannome». 

«Ma Agatona! Ti dona!»

«Ma non credo... Alfredo!» ridacchiò.

«Alfredo?»

«Faceva rima».

«No, veramente brava. Clap clap» fece un’espressione ammirata. 

«Facciamo il punto della situazione, vah».

«Vai Agatona».

«Mo’ ricominciamo tutto da capo?»

«Sei te che hai ricominciato».

«Va bene».

 

«Facciamo ‘sto punto della situazione sì o no?»

«È da dieci minuti che mi fai questa domanda e ti rispondo va bene. Penso sia giunto il momento di proseguire!»

«Dobbiamo chiarirci un po’ le idee sulle coppie da shippare».

«Ne stanno spuntando fuori troppe».

«E anche altamente shippabili».

«Abbiamo bisogno di fondare un fan club».

«Dobbiamo troppo farlo».

«Ci sono già dei membri che potrebbero farne parte. Indovina».

«Gretchen e Christina!»

«Oddio, hai fatto di nuovo rima! E comunque pensi che Christina e sua sorella Gretchen sarebbero adatte?» ridacchiò.

«Oh, ancora con ‘sta storia? In ogni caso sì».

«Sono simpatico, lasciami vivere!» sbuffò.

«Come vuoi Nialler; ma come lo chiamiamo il fan club?»

Niall afferrò il dizionario. 

«Ho un’idea, chiamiamolo tipo: G.A.Y.O. Gigantesco Adamante Yuppy Orémus» rispose leggendo la prima parola che trovava aprendo il dizionario sulla pagina di una determinata lettera.

«Oppure “Sgretolio di Ossequiose Ecletticità: S.O.E”».

«Itinerario Verso la Nottolata: I.V.N».

«Giuria Concentrata sulle Ovaie: G.C.O.»

«Questo è epico, ma non fa al caso nostro».

«Allora “Ponzare Mammut Resistenti: P.M.R.”»

«O “Flettere Dispense sulla Cocuzza: F.D.C”»

«No Al Flipper: N.A.F.»

«Cesso Melanconico Psichiatrico: C.M.P.»

«Reincarnarsi in un Lucano Triste: R.L.T.»

«Solita Fottuta Migrazione: S.F. M.»

«Persona Trentenne Piuttosto Quattordicenne: P.T.P.Q.»

«Non penso che questo metodo stia funzionando molto» scoppiò a ridere Aga. 

«Come no! È stupendo!»

Agnieszka aveva un’espressione corrucciata e pensierosa. Ma ad un tratto il suo viso cambiò totalmente cera. Si illuminò. 

«ODDIO MI È VENUTA IN MENTE LA SIGLA DELLA VITA».

«TI AMO AGATONA!»

«SESSO!»

«Sesso? Che c’entra ora? Mi hai guardato negli occhi e hai scoperto che è questo che vuoi?» aggrottò le sopracciglia, sorridendo, sghembo. 

«SESSO! SESSO SESSO SESSO!» si alzò in piedi e strinse le spalle di Niall fra le mani.

«Ossantocielo devo chiamare un’ambulanza, devo fare qualcosa, non stai molto bene; se qualcuno stesse mai scrivendo una fan fiction su di noi—cosa che dubito altamente—temo che dovrà tagliare questa parte per “contenuti inadatti ai minori di diciotto” e per colpa tua se la pubblicasse su Wattpad probabilmente alzerebbe il rating a R, il che non mi sembra il caso».

«Ma che dici! Stalkerare E Shippare Solo Omosessuali!»

«È il mio CREDO, ok, ma ora che c’entra?»

«SESSO! Non capisci?»

«Oddio, calmati. Non che non capisco. Passi dall’essere maniaca all’essere la voce della verità! Wait a minute. Slow down babe».

«Come non capisci?! È la sigla della vita! S.E.S.S.O. “Stalkerare E Shippare Solo Omosessuali”».

Niall abbassò lo sguardo, pensieroso, poi guardò Aga negli occhi, sorridendo senza un minimo di contegno.

«Ommioddio, SESSO! Aga sposami o sarò costretto a sposarti io!»

 

***

 

Pochi attimi di euforia, pochi attimi di eccitazione, un pomeriggio intero di agitazione infernale. Ogni volta che chiudeva gli occhi vedeva il buio. Ogni volta che li apriva c’era solo Louis. E non è che Louis fosse stato lì davanti a lui per tutto il pomeriggio. Louis c’era. Nella sua testa. E i suoi occhi avevano marchiato la memoria, e la sua risata si era sostituita al vano tentativo di godersi il silenzio. Dei brividi gli percorrevano tutta la superficie delle braccia, fino a fargli contorcere lievemente le labbra ancora calde, fino a fargli chiudere gli occhi e incontrare quel precipizio—l’assenza, il bisogno—fino a tingere le sue guance di una sfumatura così calda da risultare viola, fino a immobilizzarlo nella sua tensione, fino a costeggiare i lineamenti del suo collo, delle sue spalle, del suo petto, delle sue mani, tracciando repentine cicatrici, riducendo il suo respiro ad un affannoso ripetersi di agitazione e tranquillità, sconforto e passione, amore e timore. 

Ormai anche chiudendo gli occhi vedeva Louis, ma non solo. C’era anche la nebbia. La nebbia e degli anfibi nel fango. Era il suo palazzo mentale, quello. C’era disordine anche lì. Il caos non gli dava pace. 

 

Era pieno pomeriggio, e Harry Styles aveva paura. Aveva passato due irrazionali giornate e mezza a convivere con i suoi sogni—e qualche incubo, eclissato anch’esso dalla surreale consapevolezza che era tutto vero—e ora, ancora una volta solo, tutti quei baci gli avevano lasciato una sensazione di dispersione e lacrime. Aveva sempre avuto la tendenza a piangere nelle giornate più felici. E, diversamente dalle aspettative, le sue non erano affatto lacrime di gioia. Erano lacrime e basta. E non era felice. Era perso. E non era elettrizzato, era spaventato; e non era sbagliato, era innamorato.

 

La sua forza consisteva nel lasciare che le sue gote si bagnassero di lacrime. 

La sua debolezza era piangere per troppo poco. 

 

Aveva freddo, come al solito, e la pelle d’oca aveva ricoperto l’intera superficie del suo corpo. Strinse le braccia attorno alle ginocchia, poggiando la schiena contro il muro della sua stanza. Doveva trovare un modo. Non poteva lasciare che la sua vita si frantumasse sotto ai suoi occhi per delle sue scelte consapevoli. Perchè qualsiasi cosa mentre la fai è consapevole. Il suo istinto lo avrebbe portato a scappare ancora una volta e non sapeva che c’avesse di rotto il suo istinto, a quel punto. Continuava a pensare a Louis, a quanto avrebbe voluto correre da lui, a quanto avrebbe voluto vederlo, stringerlo, guardarlo, anche solo sentire la sua voce, a quanto fosse sbagliato che si sentisse apatico senza di lui—ma che allo stesso tempo fosse così cieco e sconvolto—ai suoi sorrisi, alle sue labbra, alle sue braccia strette attorno al collo—le gambe a cingergli i fianchi—alle sue parole, ai sui capelli, a quei tatuaggi, all’azzurro. E poi piangeva.

 

[A: Lou-eh]

Ti voglio bene.

 

[Da: Lou-eh]

Anch’io, principessa xx

 

[A: Lou-eh]

Ti voglio un mondo di bene.

 

[Da: Lou-eh]

Io un universo.

 

[A: Lou-eh]

L’universo mi spaventa.

 

[Da: Lou-eh]

Di cos’altro hai paura, H?

 

[A: Lou-eh]

Del fatto che ti voglio troppo bene.

 

[Da: Lou-eh]

Haz?

 

[A: Lou-eh]

Si?

 

[Da: Lou-eh]

Ti fidi di me?

 

[A: Lou-eh]

Anche questo mi fa paura, ma sì.

 

[Da: Lou-eh]

E allora non avere paura. 

 

[Da: Lou-eh]

Ti voglio bene anch’io, Harry. 

Un mondo di bene.

Un universo di bene, anche se l’universo ti spaventa.

E spaventa anche me.

E so che non dovrei dirtelo, ma è così.

Ciò che importa è che ti voglio bene anch’io, Harry.

 

[Da: Lou-eh]

E ti amo.

 

Piangeva ancora.

Sorrideva. 

 

***

«Secondo te che vuole fare Louis, ‘sta sera?»

«Se c’è una cosa in lui che mi porta a fidarmi, è quella sua luce negli occhi, quel bagliore che ti dice chiaramente che tiene a Harry. E non so cosa voglia fare, ma mi fido».

«Zay, ma se Harry non se la sentisse? Se Louis non fosse quello che sembra?»

«So che potrebbe sembrare difficile da credere, ma Harry riesce spesso a superarli i suoi disordini interiori, ma non ho ancora trovato un modo per farglieli lasciare definitivamente alle spalle. E Louis è a posto».

«È che prima è andato in camera sua e si è chiuso, e pensavo che forse dovremmo andare da lui».

«Tu sei strano».

«Non si stava parlando di me, comunque».

«Fino a pochi istanti fa non fai che lamentarti del mio rapporto con Harry, e ora sei addirittura preoccupato per lui! Mi sembra di sognare».

«Sono solo... è solo che... non ce l’ho con lui in generale».

«Ce l’hai con me per averlo fatto sentire meglio e aver stretto un legame con lui?»

«No».

«Ce l’hai con me perchè durante “obbligo o verità” ho baciato Niall».

«No, quello è il motivo per cui tu ce l’hai con me. Perchè anch’io ho baciato Niall».

Zayn sospirò. 

«Lee?»

«Sì, Zay?»

«Sono felice che tu sia tornato».

E si gettò fra le sue braccia, sul divano su cui fino a qualche ora fa erano appoggiati da Harry e Louis. Respirò aria di casa, aria di ritorno, aria di felicità, aria di legittimità, profumo di Liam. Ritrovò in quelle braccia strette intorno alla sua vita, un motivo per voler ricominciare da capo con lui. Gli cinse il collo e nascose il viso nell’incavo della sua spalla, sorridendo. E Liam fu scosso fa un brivido. Scoppiò in una risata calda, felice, stringendo ancora di più il corpo dell’altro ragazzo fra le braccia. 

 

«Possiamo ripartire da zero?»

«Da zero?»

«Da quando sei tornato».

«Da quando sono tornato?»

«Da quell’abbraccio».

«Va bene» sorrise. «Tutto da capo».

 

***

 

«Ommioddio, credo di star morendo».

«Tranquillo, se stai per morire ti avviso io. Ma non è questo il caso».

«E se invece lo fosse? Io mi sento morire».

«Respira».

«Ogni volta che respiro è come se mi sottraessi aria vitale. È come se respirassi lo stesso ossigeno che mi servirebbe respirare, senza riuscirci. Senza respirare. Aiuto».

«Ora espira».

«Ho freddo».

«Mettiti qualcosa di più pesante».

«Ho caldo».

«Oddio, Zayn vieni qui!» Liam si avvicinò ad Harry e lo abbracciò, per scaldarlo. Per confortarlo, per sostenerlo, per aiutarlo, qualsiasi fosse il suo problema. 

 

«Eccomi».

«Non so che fare. Harry è strano» sussurrò Liam.

«Non sono strano, sto morendo» cominciò ad ansimare, per poi sedersi sul letto e fissare lo sguardo a terra, cercando di non dar retta ai brividi che lo scuotevano regolarmente. 

«Harry?» Zayn si sedette accanto a lui. 

«Zayn, aiutami».

«Sono qui per questo».

«Ok, grazie».

«Ma dimmi cos’hai».

«Sono agitato». 

«Per l’appuntamento?»

«Non è un appuntamento».

«Lo è».

«Ecco perchè sono agitato; grazie per avermelo ricordato».

«Oh».

«E grazie per l’aiuto».

«Non dovresti essere agitat—».

«E invece...»

«Fammi finire Haz, non complicare le cose».

«Va bene, sto zitto. Morirò in silenzio. Senza ultime parole. Sarà una morte noiosa».

«Harry, calmati, davvero. Non c’è niente di cui essere preoccupati».

«Allora le mie sono preoccupazioni insulse giusto?» sussurrò.

«Non—»

«Ah ok, certo. Non è che visto che mi stanno uccidendo, per quanto possano sembrarti insulse, abbiano un valore, per me. No, figurati. Mica è importante la pistola che ha ucciso un uomo, mica è importante il suo assassino. È tutto insulso».

«Harry».

Il riccio si allungò verso il lato opposto del letto per afferrare BooBear. Lo strinse e ci immerse la faccia dentro. 

«Scusa, non volevo dire questo».

«Ti scuso».

«Ciò che volevo dire è che hai passato un’intera giornata con Louis, e non mi sei sembrato affatto teso. Vorrei solo sapere perchè ora sei così in panico».

«Non lo so».

«Sono passi avanti» ridacchiò Zayn, accendendosi un’altra sigaretta. Non è che ne fosse dipendente, eh. Lui fumava solo quando era agitato. E quel giorno era molto agitato.  

«Zayn, perchè?»

«Haz, sai, anch’io ho i miei problemi, le mie esigenze e le mie debolezze. E per quanto stia cercando di aiutarti in ogni modo possibile, a volte non ti capisco».

«Ma perchè fumare? Capisco una volta o due, ma io ho paura per te Zay. E poi, io non voglio che tu mi capisca, vorrei solo non sentirmi così!».

«Hai paura che Louis ti lasci?»

«Sì, ma non penso che lo farebbe, se a fidarmi di lui non faccio una cazzata».

«Hai paura che le cose stiano succedendo troppo in fretta?»

«No. Ma lo stanno facendo».

«Ok. Hai paura che lui possa non volerti più da un momento all’altro?»

«Sì».

«L’idea dell’appuntamento di oggi ti fa paura?»

«No. Mi uccide».

«Sei felice?»

«Sì».

«A che ora devi uscire?»

«Mi passa a prendere alle otto e mezza».

«Che ore sono?»

Harry spostò lo sguardo sull’orologio poggiato sul suo comodino. «Le otto».

«Realizza ciò che hai detto. Senza morire sul colpo».

Harry spalancò gli occhi. «Oddio, le otto! La mia vita è finita. Grazie Zayn. Addio vita» si accasciò sul letto, con le mani fra i capelli spettinati.

«Sono le otto. Il che vuol dire che Louis arriverà tra venti minuti-»

«Trenta».

«Credimi, non vede l’ora di vederti; venti».

«Oh criminal minds».

«Stavo dicendo che col tempo che ti rimane tra le tante cose che puoi fare “star sdraiato sul letto” non è un’opzione. Ora, alza quel culo che ti ritrovi dal materasso e vestiti».

«Oh, che bello avere un amico fine».

«Bello vero?»

«Bello» si alzò dal letto. «Ah, grazie Liam».

Il ragazzo sorrise, in risposta, portandosi il braccio dietro la nuca. «Di niente».

«Mi eri mancato un po’, devo ammetterlo».

 

***

 

Seduto su un muretto, in un parco leggermente illuminato da lampioni decisamente troppo distanti, con al suo fianco un Louis che non la smetteva di parlare, Harry sorrideva. E forse aveva freddo, ma  non lo sentiva. E forse si sentiva felice. Di sicuro lo era. 

 

Seduto su un muretto, con le gambe a penzoloni e la luna sulla testa, Harry si sentiva un bambino. E Louis, beh, lui per Harry era come fosse il primo fidanzatino della scuola materna, quello che, quando ti chiedono se hai mai avuto un ragazzo e tu in cuor tuo sai che la risposta sarebbe no, usi come scusa per rispondere di , sperando che non ti facciano altre domande. Louis era come il primo amore delle elementari, quello che si spendono intere giornate a fissare, quello a cui si scrivono lunghe e infantili lettere d’amore, quello con cui si scambiano i primi innocenti baci, sentendola come una cosa proibita. Louis era come il primo amore delle medie, quello che ti sembra finalmente una storia seria, quello da cui non riesci a staccare gli occhi di dosso, quello che se riuscite a mettervi insieme ti giura amore eterno, quello che ti bacia e ti senti già grande. Louis era come il primo amore del liceo, quello che ti rendi veramente conto che è importante, quello per cui provi un sentimento che hai paura a chiamare amore, quello che per tre anni non fai che osservare, e quando finalmente lui ti nota, siete inseparabili, quello che ti bacia e ti lascia senza fiato, quello con cui passi le prime serate in un locale, quello che ti fa dimenticare di aver avuto una vita prima di lui, quello con cui puoi parlare di tutto. Louis era come ogni primo amore; come ogni singola prima volta. Ma allo stesso tempo come qualcosa di continuo, di eterno, di presente. Era come vivere un sogno e non svegliarsi mai, ed è un bel sogno, e non ti svegli e poi scopri che non è un sogno, e che sei felice, e la felicità rimane lì, perchè è reale, e la possibilità che sia un sogno è solo un incubo ormai innocuo e lontano.

 

«Louis?» si voltò verso di lui, le gambe ancora a penzoloni, il viso concentrato sul petto dell’altro, trattenendo il respiro, non sapendo esattamente cosa dire, eppur sapendolo benissimo. 

«Sì, H?» rispose sorridendo, e avvicinandosi leggermente alla figura assorta del riccio.

È che Louis era felice. Era estremamente felice. Non avrebbe saputo descrivere ciò che provava per Harry perchè non era mai stato abile con le parole, non come lo era lui, le parole che usava non erano mai adatte, le frasi che pronunciava erano sempre troppo dirette, o audaci, o forti. Avrebbe tanto voluto essere più poetico, ma non faceva parte di lui probabilmente, o faceva parte di lui—ma veniva fuori in qualche altro modo. Tutto ciò che Louis aveva di poetico lo doveva a Donnie. Era stato Donnie a farlo riflettere per la prima volta. Per la vera prima volta. Era stato Donnie a insegnargli ad amare, era stato Donnie a fargli capire che non si doveva sentire in colpa per provare ancora qualcosa per lui, perchè “amore” è solo una parola, e le emozioni e i sentimenti sono molto più di mere parole, di semplici suoni, e che il fatto che Donnie fosse importante non escludeva il fatto che anche Harry fosse importante. Chiuse gli occhi e in una frazione di secondo, mentre i pensieri scorrevano veloci e disordinati nella sua mente, si sentiva nel posto giusto al momento giusto, con la persona giusta, e lo spirito giusto. Non aveva mai attribuito alla parola “giusto” un vero significato. Non aveva mai creduto che ci fossero cose giuste e sbagliate da fare; pensava puttosto che fossero tutte scelte e basta e che la giustizia per una persona esistesse soltanto in caso di libertà limitata. Ma si stava ricredendo in quel momento. Se ci fossero davvero stati un ordine di cose giuste e uno di cose sbagliate, quel momento, come tutti quelli passati con Harry, avrebbero sicuramente fatto parte del gruppo dei giusti. O dei perfetti. Probabilmente le cose erano suddivise in giuste, sbagliate e perfette

 

«Perchè mi hai portato qui?»

«Perchè è ancora troppo presto per il gran finale».

«Ma se il gran finale è ciò a cui punti, per tutto il resto del tempo cosa pensi di fare?»

«Parti da un presupposto sbagliato».

«Cioè?»

«Che ciò a cui punto è passare una serata con te, il gran finale è solo il gran finale».

«Sai che oggi sono andato in panico?»

«Per colpa mia?»

«No, per colpa mia che pensavo a te».

«Quindi per colpa mia!»

«Beh, più o meno».

«Mi sarebbe piaciuto esserci».

«Per cosa? Per vedermi impanicare?»

«No, perchè se soltanto pensando a me andavi su di giri avrei voluto vedere cosa avresti fatto se fossi stato lì» ridacchiò. Come al solito la sua risata fece arrossire Harry, che pensava fosse la cosa più aggraziata e meravigliosa del mondo.

Harry incrociò lo sguardo di Louis. Lo osservò, stranito, con una punta di ironia. «Non ho mica detto che sono andato su di giri».

«Oh, meno male che non l’hai detto, se no sarei andato su di giri anche io!» 

«Ma—»

«E poi l’importante è che tu l’abbia pensato. Tra l’altro, come potresti non averlo fatto?»

«Magari perchè oggi hai fatto la sassy tutto il tempo e la cosa mi ha infastidito?» giocò.

«No no, principessa» gli scosse l’indice di fronte al viso. «So che ti piace quando faccio la sassy. E so anche che ti piace quando faccio qualsiasi altra cosa, perchè sono divino» si mascherò di un’espressione seria. 

«Oh, no. NON ancora. Pensavo fosse un tuo riflesso alla troppa gente! E ora siamo soli, quindi no gente no sassy. O c’è qualcuno di cui senti la presenza ad osservarci?»

«Non è un mio riflesso alla gente, è solo un modo per dimostrare la mia superiorità».

«Oh, capisco, signorino “sono superiore”».

«Chiamami Tommo» gli fece l’occhiolino e gli soffiò un bacio. 

«Oddio» ridacchiò.

«Al tuo servizio» e si lanciò su di lui stampandogli un bacio sulla guancia. 

 

***

 

«Harry?»

«Hmmm?» mugugnò il riccio sulle labbra dell’altro.

«È quasi l’ora del gran finale».

 

Avevano passato tutto il tempo da quando erano arrivati al parco a quando erano scoccate le dieci a camminare mano nella mano per le strade, quell’atmosfera buia e suggestiva a incorniciare i loro volti di bellezza, a rendere i loro sorrisi più luminosi, a rendere i loro baci più suggestivi. E ogni cosa ricordava loro la sera del giorno prima, passata quasi allo stesso modo, al Luna Park, l’uno con la mano intrecciata in quella dell'altro, a parlare di cose insulse e dirsi parole importanti, a prendersi in giro e a dirsi ti amo. Si erano fermati qui e là, talvolta su un muretto, talvolta ai piedi di una fontana maestosa, su una panchina, come sulle scale di un monumento. Avevano riso, si erano baciati, si erano innamorati ancora una volta l’uno dell’altro e avevano lasciato che il tempo scorresse, senza un apparente senso, senza un’apparente destinazione. 

Ma Louis aveva tutto nella testa. Alle dieci e mezza, nel locale

Ed erano le dieci. 

Ed erano lì di fronte. 

E Harry neanche se ne accorgeva.

E Louis era agitato, emozionato, impaziente. 

 

Harry e Louis erano così. Forse un disastro, forse un miracolo. Ma funzionavano. Stavano funzionando. Non parlavano di nulla, eppure ogni parola era importante, non sapevano con certezza cosa stessero facendo, ma avevano una meta; erano un casino, ma erano in orario—per cosa?—erano felici, ma erano molto più che semplicemente felici. Stavano vivendo. E quando si riesce a vivere essere felici non ha più nessuna importanza perchè stai provando la vita, perchè la stai assaporando, perchè sai di esserci anche tu. Loro c’erano. C’erano insieme, ma c’erano anche come Louis e Harry. Come un amore, ma come due identità. Chissenefotte della felicità se si può avere questo.

 

«Tu Harry ce le hai delle abitudini?»

«S-Sì?»

«Quei riti che devi compiere perchè ti tranquillizzano, o ti caricano, o ti fanno stare meglio».

«Come addormentarmi abbracciando BooBear?» abbassò lo sguardo, arrossendo.

BooBear. Un giorno gliel’avrebbe detto che era il suo soprannome.

Sorrise.

«Non so se si possa già classificare come un’abitudine visto che hai passato solo una notte con lui, ma sì, come addormentarsi abbracciando il tuo BooBear».

«Allora sì, direi che ho delle abitudini. Perchè me lo chiedi adesso?»

«Perchè vedi, prima di suonare io di solito mi fumo una sigaretta» si appoggiò al muro dietro di lui, infilando la mano destra nella tasca interna del suo giubbotto di pelle consunta. 

Si trovavano nel retro di un locale. Harry non lo sapeva neanche. Louis lo sapeva fin troppo bene.

 

«Prima di suonare?»

Louis alzò gli occhi al cielo. «Beh, in genere. Fumo una sigaretta prima di fare ogni cosa».

«E...?» sussurrò il riccio, trattenendo il fiato. 

«Sto per fare una cosa ora. Quindi devo fumarmi una sigaretta» ridacchiò, tirando fuori dalla sottile busta che aveva in mano una sigaretta già rollata. La strinse fra indice e medio—nella mano destra—e la accese. Si avvicinò le dita alla bocca, per poi fermarsi e fare un passo verso Harry, che qualche secondo prima si trovava giusto accanto a lui, le spalle al muro, il braccio sinistro a sfiorare il lato destro di Louis, ma che presto si ritrovò—sempre spalle al muro—fronteggiato dall’altro, sentendosi estremamente piccolo pur essendo più alto di qualche centimetro. Ora i loro corpi quasi si sfioravano, eppure sembravano ancora così distanti. «Ma ho bisogno di te» mugugnò Louis, avvicinandosi pericolosamente alle labbra dell’altro, per poi privarlo del piacere di poggiarle sulle sue, allontanandosi altrettanto pericolosamente, per gli ormoni di entrambi, ovvio.

 

«Per cosa?»

«Devi stare zitto solo un attimo» sogghignò, nascondendo il viso nell’incavatura del collo di Harry, per poi lasciarci un bacio leggero e fin troppo veloce. Si riconcentrò sulla mano che stringeva la sigaretta e questa volta, deciso, se le portò alle labbra, schiuse leggermente, e, prima di fare un tiro si soffermò a osservare i lineamenti di Harry. Tra i capelli aveva ancora una volta una coroncina di fiori, ma invece di essere bianchi come quelli di quella mattina, erano rosa “perchè si intonano meglio con la notte” aveva detto il riccio. Era un po’ storta e confusa fra i ricci scompigliati dal vento e dalle mani del maggiore. Gli occhi verdi avevano un bagliore ambiguo, e Louis non era in grado di interpretarlo perchè non era mai stato capace di leggere le persone. Però gli sembrava che quella luce potesse avere a che vedere con con quell’insicurezza che sapeva essere uno dei problemi più difficili da affrontare per lui. Erano occhi bellissimi. La bocca era inconsciamente spalancata, in quel modo in cui sembra rimanere aperta per dimenticanza, come quando uscendo di casa si lascia aperta la porta del balcone. Sorrise e assaporò il gusto di quella dipendenza mortale che teneva intrappolata fra le dita pur essendo lei, per ironia, a tenere lui in trappola. Si avvicinò nuovamente al viso del riccio, e i suoi occhi vagabondavano a destra e sinistra, confusi, eccitati, persi. Innamorati. Quando venne il momento di soffiar fuori tutto quel fumo che gli riempiva la testa e i polmoni, schiuse nuovamente le labbra e, sempre più vicino alla bocca aperta e carnosa dell’altro, soffiò; piano, con lentezza, con gli occhi fissati su quel gesto. Tremando, col petto che esplodeva. E il fumo, disordinatamente, accarezzò il viso e le labbra dell’altro, facendolo rabbrividire di piacere ed eccitazione non appena entrò nella sua bocca e la riempì del residuo di un sapore che non gli era familiare e che aveva evitato in tutti i modi che lo diventasse. Eppure in quel momento sembrava così legittimo. Così meraviglioso. 

 

«Vuoi provare tu?» sussurrò Louis, facendo per passargli la sigaretta e contro ogni aspettativa Harry la afferrò, tra pollice e indice—come faceva Zayn—le dita tremanti ed agitate. 

«Non ho mai fumato» commentò, sempre con la voce che era un mormorio sommesso e forse un po’ agitato. Ma il riccio stava sorridendo, non riuscendo a contenersi. Forse era solo un po’ in imbarazzo—e l’auto-ironia era la sua arma difensiva, in genere. 

«C’è sempre una prima volta». Lo sapeva Harry che Louis era il ragazzo delle prime volte. Quello che gli avrebbe fatto scoprire mondi nuovi ogni istante.

 

Socchiuse gli occhi, portandosi le dita alla bocca proprio come aveva fatto il maggiore qualche breve secondo prima, gli occhi lucidi e il freddo che sembrava volerlo investire fermandosi però di fronte al suo calore corporeo in quel momento—quello di un’irrefrenabile fornace. 

«Solo, se non vuoi farlo davvero, non farlo».

 

Inspirò il gusto forte e un po’ amaro di quella sigaretta, riuscendo ad individuare l’unico sapore che tra tutti quelli gli faceva dimenticare di essere contro il fumo, gli faceva dimenticare il suo ego, il suo nome. L’unico sapore che si dimostrò in grado di far riemergere il suo desideroso . Il sapore delle labbra di Louis; vago e leggero, ma persistente e buonissimo. Si avvicinò al viso di quest’ultimo e, seguendo il suo esempio anche in questo caso, schiuse poco le labbra in corrispondenza della bocca dell’altro e soffiò. Louis riemerse dal paradiso di quella scena poggiando le labbra su quelle del riccio e vi ci affondò di nuovo, in paradiso. Non aveva mai provato così tanta eccitazione in una sola notte, fumando una sola sigaretta, in compagnia di un solo ragazzo. Perchè ogni volta che il fumo, partendo dalle labbra di uno dei due andava ad accarezzare e insinuarsi nella bocca dell’altro, ciò che provavano era quel tipo di scossa elettrica di cui ti parlano come fosse mortale ma che, preso dalle tue convinzioni, hai sempre sottovalutato. Ogni volta era come rivivere quella sensazione fragile di quando ascolti una canzone che sfiora le note giuste, quelle note che ti fan venire la pelle d’oca, e volente o nolente le lacrime scrosciano sulle tue guance; calde, pesanti, piene. Come osservare il volo degli uccelli dalla cima di una montagna, mentre l’aria limpida ti avvolge, e la corona di neve che è tutta intorno a te è bianca, e senti la vita, e il cielo è azzurro. Come quando mentre sei a scuola rintoccano le undici e il sole filtra dalle grandi finestre attraverso il vetro, e senti quel formicolare sulle braccia, sul collo, sulla schiena, e sei combattuto tra l’assecondare i tuoi compagni e abbassare la tapparella, o lottare per quel momento di pace. 

 

Era come ritornare al presente, dopo essersi persi fra mille paragoni e accorgersi che nonostante tutto, la realtà aveva i piedi per terra e ti assicurava di esistere davvero. E nel buio della notte, con gli occhi lucidi, le labbra schiuse, i gesti esitanti e ricoperti da un’aura di estraniamento da tutto tranne che dal loro amore, la sigaretta che, brivido dopo brivido, si consumava e il fiato sospeso, quei due rimasero ipnotizzati l’uno dall’impossibilità dell’altro, l’uno dai gesti e la bocca dell’altro, l’uno dalla confusione dell’altro. Rimasero stregati dalla consapevolezza di essere perfetti.

 

***

 

Il locale era vuoto e Harry era solo, o sembrava esserlo. Seduto a un tavolino poco distante da una sorta di palchetto rialzato tenuto chiuso da pesanti tende rosse (anch’esso vuoto), con le mani che si contorcevano dall’agitazione, aspettava che Louis tornasse. Quello gli aveva detto di aspettarlo lì perchè conosceva il proprietario del locale e voleva salutarlo e chiedergli un favore. Ovviamente Harry non gli aveva fatto altre domande; non perchè non fosse curioso, ma piuttosto perché l’altro era stato chiaro e coinciso sul fatto di non volere che gli venissero fatte. Le uniche cose che gli aveva raccontato era che quello era un posto cui era particolarmente affezionato perchè aveva passato tutti gli anni del liceo a frequentarlo. Ultimamente però non ci era più entrato, e gli aveva anche riferito che provava una sorta di strana malinconia a metterci di nuovo piede dentro ed era felice di farlo accompagnato da lui. 

Dire che il riccio era agitato, sconvolto e curioso sarebbe un eufemismo.

Dire che non vedeva l’ora di vedere Louis tornare da lui sarebbe scontato.

 

Le cose non andarono esattamente come si aspettava però. Dopo dieci minuti di attesa, in cui inizialmente non si era accorto del tempo che passava—ancora preso da quella scena di prima che continuava a vorticargli in testa e da ogni piccolo e intenso bacio che si erano dati—ogni istante si fece un macigno e Harry sapeva che non c’era da preoccuparsi, ma non poteva farne a meno. Era una sensazione che gli era capitato di provare al supermercato, ai tempi delle elementari, quando sua madre gli diceva di aspettarla lì con il carrello perchè doveva andare a recuperare un alimento in chissà quale corsia ignota al mondo e non voleva farlo correre a destra e a manca. Di solito cominciava tutto bene, si sentiva tranquillo e rilassato, ma dopo già solo due minuti—che gli sembravano ore—iniziava a voltarsi in ogni direzione per cercare di assicurarsi che sua madre stesse bene e che non l’avessero rapita e che non fosse morta. Era più o meno quello che stava provando in quel momento. La noia sembrava volergli piombare addosso, e pensava a Louis, a che stesse facendo, a che stesse pensando, con chi stesse parlando. Per un attimo si sentì pure geloso, oltre che spaesato.

 

Poi ad un tratto, inaspettatamente, senza realmente rendersene conto, iniziò a percepire delle vibrazioni, basse, gravi, intense. Si voltò verso il palco. Assunse un’espressione confusa finché, lentamente, dolorosamente, con meticolosità, le tende cominciarono ad aprirsi, e ogni istante che passava rivelava un particolare in più, e il respiro di Harry si faceva sempre più irregolare, e il petto gli doleva, e le orecchie cercavano disperatamente di udire meglio, e gli occhi vagabondavano e divoravano il più velocemente possibile ogni atomo di ciò che avevano davanti, ogni atomo del corpo di Louis, al centro del palco, con un microfono in mano e lo sguardo puntato su di lui. Le sue mani esili e nodose torturavano il filo del microfono, e i suoi occhi azzurri rilucevano di una sfumatura dorata. Raccontare di com’era vestito sarebbe un’ingiustizia, perchè Harry oh, Harry non notò affatto com’era vestito. I suoi occhi vispi trotterellavano da un particolare all’altro, ma erano confusi, estasiati, eccitati. Avrebbe potuto riferire qualsiasi cosa sulla sua bocca, i suoi capelli, il suo naso, la luce che lo illuminava flebilmente, l’espressione sul suo viso, la sua postura, i suoi piccoli gesti. Avrebbe potuto riferire tutto. 

 

Si riscosse dai suoi pensieri non appena un ritmo confusamente regolare, frenetico e carico di adrenalina prese a saturare l’aria, e non si era neanche accorto che nel frattempo Louis aveva preso una chitarra, che le sue dita scorrevano velocemente da un tasto all’altro dello strumento e che il microfono era posato sull’asta, di fronte a lui. Non si era accorto delle quattro persone alle spalle di Louis, non si era accorto che Louis non era l’unico volto familiare, non si era accorto di null’altro al di fuori del ragazzo dagli occhi blu. Non se n’era accorto e non aveva importanza. 

 

[CANZONE]

 

One look sends it coursing through the veins oh how the feeling races

Back up to their brains to form expressions on their stupid faces

 

Harry ascoltava la voce di Louis estasiato, ancora una volta, incredulo, felice, elettrizzato. E ancora una la pelle d’oca si fece strada sulle sue braccia perchè non aveva importanza quanto tutto quello potesse sembrare banale, scontato, stonato o chissà che. Harry sorrideva e Louis cantando lo guardava negli occhi, e il fatto che ci fossero altre persone a guardarli, a guardarlo, e che avesse gli occhi di quel viso già conosciuto addosso, non era assolutamente importante in quel momento. Anzi, non faceva che rendere ogni istante che passava un ricordo in più di vita vissuta. 

 

They don't want to say hello

Like I want to say hello

Well, my heart beats at its peak,

When you're coming up to speak

 

C’era un’altra voce che risuonava nell’aria, che accompagnava quella di Louis, e quelle voci sembravano fatte l’una per l’altra, quasi come le loro due la mattina precedente, di fronte al piano forte. Ma per quanto Harry volesse staccare gli occhi di dosso a Louis, per quanto fosse veramente tutto ciò che in quel momento desiderava—doveva respirare—non ci riusciva, e ogni tentativo era vano. Non importa quanto la sua forza di volontà bramasse quella disconnessione. 

Ma non la bramava abbastanza.

 

And oh I'm so tense, never tenser

Could all go a bit Frank Spencer?

And I'm talking gibberish,

Tip of the tongue but I can't deliver it

 

...Properly, oh it's all getting on top of me

And if it weren't this dark you'd see how red my face has gone, yeah

 

Aveva la voce decisa, dolce, determinata e un po’ rauca, un mix che perfino a sognarlo sarebbe sembrato irreale, un mix di perfezione fosse in parte promossa dalle orecchie di parte di Harry, ma ancora una volta, non aveva importanza, finchè il risultato di tutto quello era una tale meraviglia. Louis si agitava sul palco, il sudore che dopo tre sole strofe, già si intravedeva, e Harry non sapeva più cosa guardare perchè si sentiva in un eden delle percezioni. Louis aveva grinta, saltellava con foga e si sporgeva leggermente verso il microfono, accarezzandolo con le labbra ogni volta che doveva cantare, e Harry moriva. Era passato un solo minuto dall’inizio della canzone ma a Harry fremevano le gambe e avrebbe voluto alzarsi e muoversi, e correre a baciarlo, o fare qualsiasi altra cosa, ma l’emozione lo paralizzava con un sorriso indimenticabile sul volto acceso, le gambe tremanti ma spinte a tenere freneticamente il tempo dall’inevitabile ritmo completamente incalzante della canzone.

 

Everybody's trying to crack the jokes and that to make you smile

Those that claim that they're not showing off are drowning in denial

But they're not half as bad as me say anything and I'll agree

'Cause when it comes to acting up, I'm sure I could write the book

 

E la cosa che lo faceva eccitare più di tutte era che Louis non aveva staccato per un solo istante gli occhi dai suoi, e gli stava dedicando ogni parola, ogni emozione, ogni sorriso. 

Harry non era mai stato un ragazzo prevedibile; più prevedibile nella sua imprevedibilità che nella vita di tutti i giorni, e ovviamente, la su reazione non fu quella di mettersi a saltellare, o alzarsi in piedi e avvicinarsi a Louis.

 

And now that you're more than a part in the play

It's slightly easier to think what to say

You had us all standing on our heads

Doing our best tricks, yeah

 

Non cominciò a muoversi a ritmo di musica come avrebbe voluto fare.

Ma neanche per scherzo mise di sorridere.

 

Never again, never again, oh, will there be another one quite as desirable as you

 

Non chiuse gli occhi neanche un istante, e non si mosse di un centimetro.

Ma neanche per scherzo mise di sorridere.

 

One look sends it coursing through the veins oh how the feeling races

Back up to their brains to form expressions on their stupid faces.

 

La musica si interruppe di colpo. 

E l’adrenalina accumulata era troppa, e l’amore raccolto non era fisicamente stipabile nel suo relativamente piccolo corpicino, e gli occhi di Louis non la smettevano di catturarlo, e i fiori nei suoi capelli sembravano voler sbocciare un’altra volta, e quel momento era come la primavera, e nella sua testa ricominciava tutto da capo, e le luci modeste e fiabesche accompagnavano il suo dare di testa. E ancora una volta, quel martedì 28 gennaio, Harry pianse.

Ma neanche per scherzo mise di sorridere.

 

 

————————————————————————————————————————————————————————————————————————

Angolo del "se mi uccidete non posso protestare"

 

Sono una persona schifosa, ok? OK.

Ora vi spiego un attimo la situazione. Come sapete pensavo che durante le vacanze avrei avuto più tempo per scrivere perchè rlax, sole e mare e blablabla, ma la ferità è che per tre mesi non ho toccato un computer. E sono terribile e penserete che sia una scusa, ma continuo a ribadire che ci tengo davvero infinitamente tanto a questa storia, e che non ho smesso di pensare a che scrivere e a come farla evolvere neanche per un giorno. Per questo ora, oltre a scusarmi, vi ho "regalato" questo capitolo, che è ben dieci pagine più lungo dell'ultimo pubblicato, e forse è stato pesante da leggere, ma come minimo, dopo tutto questo tempo dovevo dimostrarvi che non me ne sono dimenticata, non l'ho messo da parte e che soprattutto, tango a VOI. 

Non posso fare a meno di sperare che questo capitolo vi sia piaciuto, e, seppur non potendo promettervi la data esatta di pubblicazione del prossimo, posso dirvi che sto già iniziando a scriverlo. 

Come al solito mi farebbe piacere che recensiste per dirmi che ne pensate, se vi è piaciuto, se mi odiate, se nonostante il ribrezzo che provate nei miei confronti la storia vale la pena e robe varie.

Detto questo, come avrete notato Christina è un nuovo personaggio, e questo non è l'unico capitolo in cui comparirà, perchè mi piace andare in profondità per quanto riguarda i vari personaggi, e questo era solo il suo ingresso. Christina è Larry_is_true_love, una delle due persone che hanno indovinato la sorpresa di cui parlavo. L'altra, _Fux_ nel capitolo ho fatto "silenziosamente" il suo ingresso, e nel prossimo capitolo verrà fuori dall'ombra... uuh. Sfida per lei: scropri dove sei!

 

Detto ciuò la sorpresa è questa. 

Avete presente il libro che stanno scrivendo i Naga e che hanno intenzione di spedire a Harry a puntate a partire dal suo compleanno? Beh, sarà pubblicato per intero qui su EFP, su una storia a parte, che ovviamente verrà pubblicata ogni qual volta Niall e Agnieszka lascieranno un capitolo a Harry. Vi avviso già che è possibile che ciò non avvenga in corrispondenza con la pubblicazione dei capitoli di questa ff, perchè, primo, quella ff è più semplice da scrivere e più breve, di conseguenza richiede meno tempo, secondo: nonappena la situazione avrà preso il volo, è possibile che non se ne faccia sempre voce nel capitolo di questa. 

 

Vi dico già che la storia sarà molto incentrata sulla natura, e che si aggirerà intorno al tema di questi  tre disegni:

  

Disegni fatti in collaborazione da me e altre due artiste su Tumblr, e che potete trovare QUI.

 

Per il resto, su Twitter sono sempre @_egobrain

Un abbraccio, vi virtualAMO.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: EgoBrain