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Autore: melianar    19/10/2014    12 recensioni
Dopo il disastroso tentativo della scorsa settimana, torno a pubblicare il primo capitolo di questa raccolta. Mi scuso immensamente con chi avesse provato a leggerla, purtroppo ho avuto qualche problema con l'HTL. E' solo la seconda storia che pubblico e sono piuttosto imbranata. Scusatemi!
Quella che vi propongo è una raccolta di one-shots dedicate alle figure femminili dell'universo tolkieniano, in particolare quelle donne di cui poco ci viene detto ma che, a mio avviso, hanno molto da raccontare. Ogni capitolo sarà incentrato su una donna diversa, quindi su vicende e epoche differenti. Prenderò in esame personaggi poco noti delle opere di Tolkien, spero possano risultare affascinanti per voi quanto lo sono per me. Buona lettura!
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Il battito del mio cuore riecheggia solitario, unico suono nella notte silenziosa.
Se solo sapessi placarlo.
Se solo riuscissi a prender sonno, ignorando il sangue che scorre nelle mie vene più rapido delle acque del Narog lasciandomi debole, sfinita come un giunco alla deriva.
Anche stanotte ti ho sognato, Adanedhel.
I tuoi occhi come gemme ardenti, la tua voce profonda e gentile che sussurrava parole che non riuscivo a cogliere.
E le tue mani… Oh, le tue mani strette nelle mie… Mi sono svegliata di soprassalto, turbata, con il cuore che batteva all’impazzata e ancora non accenna a smettere.
Piacere, disgusto… Non so più neppure cosa provo, ormai.
Vorrei poter essere come le altre fanciulle.
Spesso le osservo, mentre camminano con passo leggero per i corridoi di Nargothrond, scuotendo le lunghe chiome ed emettendo risate allegre e tintinnanti.
Non ero diversa da loro, una volta. Ma quanto tempo è trascorso, da allora?
Anche i loro occhi si illuminano al tuo passaggio, Adanedhel.
Ma gli sguardi che ti rivolgono non esprimono altro che quieta ammirazione, mentre con gioia sincera si stringono più forte ai loro amati.
Le guardo, e il petto mi si serra in un’acuta fitta di invidia e di rimpianto.
Non sarò mai come loro… Mai più.
Vorrei saperti amare come meriti, Gwindor.
Come ti amavo prima che la Nirnaeth Arnoediad ti portasse via da me, prima che il dolore della tua perdita giungesse come una nube gelida a coprire il ricordo del nostro tempo insieme, offuscando in me la speranza di un tuo ritorno.
E invece sei tornato, alla fine. Hai sfidato il potere di Angband per ritrovare la tua terra, per ritrovare me.
Ma la mia gioia nel rivederti era velata dallo sgomento: possono anni tanto brevi trasformare il più fiero dei principi, ridurlo a una pallida ombra di ciò che è stato?
Così mi domandavo, vergognandomi dei miei stessi pensieri.
 Eppure ancora oggi non posso fare a meno di notare il tremendo mutamento che la prigionia ha prodotto nel tuo corpo e nel tuo spirito.
 Morgoth ha rubato il tuo sorriso, la fiamma guizzante dei tuoi occhi, la grazia sicura dei tuoi gesti, il tocco leggero delle tue mani.
Ma sarebbe facile, troppo, attribuire al Nero Nemico la colpa di tutto.
Sono io a non saperti più amare, Gwindor.
Sono io a provare nei tuoi confronti quel sentimento misto di tenerezza e compassione che mi disgusta e mi riempie di vergogna, quando in ogni piaga del tuo corpo dovrei riconoscere un segno tangibile del tuo valore.
Sono io, Finduilas, e nessun’altra.
E sono sempre io, sì, la tua Faelivrin, a volgere i miei occhi e il mio cuore verso il Mormegil senza riuscire a opporre alcuna resistenza.
Perché Adanedhel è giunto come una tempesta, un vento improvviso, impetuoso, che mi ha sconvolto l’anima lasciandomi sgomenta.
Spesso mi scopro a osservarne il volto nobile, regale, gli occhi splendenti di coraggio e determinazione.
E’ rapida a bruciare, la sua fiamma.
Ma perché dovrei temere il destino funesto, se prima di me anche Luthien la bella poté amare  un mortale?
Dalle labbra mi sfugge un sospiro spezzato, quasi un singhiozzo.
Sorella.
E’ così che mi chiama, il fiero Adanedhel.
E non sa quanto quell’unica parola, pronunciata con rispetto e tenerezza, mi riempia di dolore.
Se solo mi bastasse esserti sorella, Adanedhel, allora forse potrei amarvi entrambi. Nessuno, allora, soffrirebbe a causa mia. Ma non ci riesco.
E Gwindor… Oh, Gwindor, come potrei volgerti le spalle?
Quando scorgo nei tuoi occhi incavati la scintilla di ciò che sei stato il mio cuore sobbalza ancora come un tempo.
E come un tempo mi sento avvampare ogni qual volta odo la tua voce sussurrare quel nome: “Faelivrin”.
Faelivrin, un nome che non merito.
Non più.
Non sono degna di portarlo.
Non sono degna di te, Gwindor.
Non sono degna dell’ardito Adanedhel.
Biasimo e disprezzo, ecco cosa merito.
Già una nuova alba sta sorgendo all’orizzonte.
Quante altre notti insonni occorreranno, prima che io riesca a porre rimedio alle mie pene?
E quante lacrime dovrò piangere ancora, prima che qualcuno possa conoscere la ragione del mio dolore, portandomi parole di conforto?
Non ho risposte, per le domande che implacabili mi affollano la mente.
Soltanto il tempo, forse, saprà donarmi sufficiente chiarezza da permettermi di scorgere la soluzione al male che mi affligge.
Soltanto il tempo, forse, recherà pace al cuore di Finduilas.       
           
    
     
 Note
 
 
Sono ancora viva! Ebbene sì, incredibile ma vero! Di nuovo vi chiedo perdono per la lunghissima attesa: non ho scuse al riguardo, se non che il tempo e l’ispirazione ancora una volta non sono stati dalla mia parte. Questo capitolo, inoltre, ha avuto una gestazione lunga e complessa, tuttora non sono affatto convinta del risultato: al solito, l’ultima parola spetta a voi e ai vostri commenti, che sono sempre graditissimi.
La dama qui presentata è Finduilas Faelivrin, principessa di Nargothrond, figlia di Orodreth e nipote di Galadriel e Finrod Felagund. Ella era promessa sposa al nobile Gwindor il quale, dopo la Nirnaeth Arnoediad (Battaglia delle Innumerevoli Lacrime) fu catturato dai servi di Morgoth e tratto prigioniero in Angband. Gwindor riuscì a scappare e a tornare in Nargothrond recando con se Turin figlio di Hurin, a cui aveva prestato aiuto nelle selve. Nel rivedere Gwindor, l’amore che Finduilas nutriva per lui si mutò in pietà e compassione, a causa dei tremendi tormenti e della mutilazione alla mano sinistra che egli aveva subito in Angband. Pur provando ancora grande rispetto e affetto nei confronti di Gwindor, l’amore di Finduilas si volse a Turin, di cui ella ignorava la vera identità, poiché in Nargothrond era noto come Agarwaen figlio di Umarth (Macchiato di Sangue, figlio di Malasorte) ma anche con vari altri appellativi che io ho preferito usare nella narrazione perché più lusinghieri nei suoi confronti come Adanedhel, ovvero “Uomo-Elfo” oppure Mormegil “Spada Nera”.
Se escludiamo la complessa e delicata storia di Finwe e Miriel, possiamo dire che gli Elfi in genere sono prettamente monogami e che, quando si innamorano, difficilmente mutano parere. Questo rende, a mio giudizio, i tumulti d’animo di Finduilas molto più interessanti di quanto già non siano.
Qualche ultima precisazione qua e là: il nome Faelivrin è un “epesse” (soprannome) attribuito da Gwindor a Finduilas nei tempi felici del loro amore, e significa “lo scintillio del sole sugli Stagni di Ivrin”.
La questione della sorella non è farina del mio sacco: dai “Figli di Hurin” apprendiamo che Turin disse a Finduilas che avrebbe desiderato avere una sorella bella come lei, perché con la sua chioma bionda gli ricordava Lalaith, la sua sorellina morta in tenera età. Si tratta, a mio avviso, di una dellefrasi più infelici da dire a una donna innamorata, ma questa è un’altra storia.
Anche per questa volta suppongo di aver sproloquiato abbastanza. Ringrazio infinitamente chiunque si fermi a leggere la raccolta, ringrazio chi ha inserito la storia tra le seguite, tra le preferite o tra le ricordate e, come al solito, ringrazio in maniera speciale tutte le splendide persone che avranno tempo e voglia di lasciarmi un commento: conoscere la vostra opinione mi dà una gioia difficile da esprimere a parole!  
A presto, spero, questa volta sul serio!
 
Melianar                                             
  
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