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Autore: Lurilala    19/10/2014    2 recensioni
{Partecipa al contest La vita è una rete di piccoli, invisibili appuntamenti indetto da OttoNoveTre sul forum di Efp}
[Jonathan era frustrato ed incredulo.
Non era riuscito ad affascinare quella ragazza e, quel che è peggio, era a piedi, bagnato fradicio, lontano almeno venti chilometri da casa sua.
-Non puoi lasciarmi qui!- esclamò stizzito e la ragazza inarcò appena le sopracciglia, continuando a sorridere come una bastarda. Non avrebbe mai detto dal suo visetto tenero che avesse un animo così malvagio.]
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Nome Account Forum e Efp: Lullopola
Titolo: § Sicura di non aver dimenticato niente? §
Prompt:
1. Rombe strane: Una strada ben indicata che non porta da nessuna parte
2. Citazione: "Non ho mai avuto paura del vento"
3. Oggetti: Una sciarpa
4. Personaggi: Avrebbe potuto stare zitto
5. Luoghi: Vagone ferroviario
6. Tempo: Quello in cui piove troppo
Raiting: Verde
Introduzione: {Partecipa al contest La vita è una rete di piccoli, invisibili appuntamenti indetto da OttoNoveTre sul forum di Efp}
[Jonathan era frustrato ed incredulo.
Non era riuscito ad affascinare quella ragazza e, quel che è peggio, era a piedi, bagnato fradicio, lontano almeno venti chilometri da casa sua.
-Non puoi lasciarmi qui!- esclamò stizzito e la ragazza inarcò appena le sopracciglia, continuando a sorridere come una bastarda. Non avrebbe mai detto dal suo visetto tenero che avesse un animo così malvagio.]








Jonathan stava mollemente appoggiato al sedile, con aria assonnata.
Il suo sguardo era distrattamente rivolto verso il finestrino, che rifletteva il paesaggio sfocato dalla pioggia che continuavano a cadere, con ritmata insistenza.
Il ticchettio delle gocce si mischiava allo sferragliare del treno sulle rotaie, che somigliava a una ninnananna in quel tardo pomeriggio freddo e pigro.
Il ventenne si raddrizzò sullo schienale, soffocando uno sbadiglio e strofinandosi le dita sugli occhi.
Si stava recando in città, dove si era dato appuntamento con George; l'amico l'aveva chiamato quella mattina, per avvisarlo che era stata aperta una nuova discoteca, dove si diceva andassero molte ragazze carine.
Ovviamente Jonathan non si sarebbe fatto sfuggire una simile occasione per nulla al mondo; neanche se diluviava e c'era un vento che portava via, assolutamente.
Il ragazzo se lo ripetè mentalmente, che lo faceva solo perchè quella era un'occasione imperdibile, che gli altri giorni avrebbe dovuto studiare per l'università e che non si sarebbero presentate occasioni per andarci per chissà quanto.
Per uscire con un tempo così brutto serviva una grande dose di autoconvincimento.
Jonathan si sfregò le mani intirizzite dal freddo, chiedendosi chi fosse l'idiota che apriva una discoteca in pieno inverno, costringendo poveri ragazzi single come lui a sfidare l'aria gelida in quel modo.
Un vero bastardo, non c'è che dire.
Socchiuse di nuovo gli occhi. "Ancora due fermate" si disse, mentre il treno strideva sulle rotaie, fermandosi.

Claire diede un frettoloso sguardo all'orologio che teneva al polso.
Era in ritardo, dannazione!
Affondò il viso nella sciarpa, maledicendo la sua collega Annie per averla trattenuta in ufficio più del necessario e inziando a correre.
Lei abitava lontano dall'azienda per cui lavorava e doveva prendere il treno ogni giorno per partire e tornare a casa.
Una vera seccatura, anche perchè doveva rispettare orari molto stretti.
Il vento gelido le graffiava il viso arrossato per il freddo, mentre correva schivando pozzanghere per il binario.
Claire odiava l'inverno, l'aveva sempre odiato.
E poi, finché si trattava di neve, poteva anche sopportarlo; ma la pioggia era davvero una piaga, qualcosa di veramente odioso.
Sentì la sciarpa allentarsi intorno al collo e la trattenne prima che il vento la trascinasse via.
Riuscì a salire sul treno appena in tempo; quando fu entrata, le porte si chiusero e il mezzo partì con uno sbuffo.
La ragazza lasciò scivolare il cappuccio del cappotto nero sulla schiena, scoprendo i capelli e sospirando infreddolita.
Entrò nel vagone e fece vagare lo sguardo per i sedili, cercando un posto libero.
Appena lo ebbe trovato, si sedette sollevata, senza prestare attenzione al ragazzo che stava scompostamente seduto davanti a lei.
Si tolse la sciarpa, che aveva minacciato di caderle durante la corsa, e la posò sul posto libero accanto a lei.
Si appoggiò allo schinale e sospirò: ce l'aveva fatta.

Jonathan aveva tenuto gli occhi socchiusi per tutto il tempo, sperando che il treno ripartisse in fretta con la sua dolce ninnananna.
Ma quando sentì qualcuno sedersi davanti a lui, non potè non aprire infastidito gli occhi.
Il respiro gli si mozzò in gola quando vide la giovane che stava seduta davanti a lui, con un'espressione sollevata.
Era bella, di un'eleganza accattivante ma non volgare. Una bellezza di quel genere era difficile da trovare, si disse.
I suoi capelli ricadevano dolcemente sulle spalle, di un raro rosso scuro, che si arricciavano vispi sulle punte; molti ciuffi le incorniciavano il viso candido e uno cadeva proprio in mezzo alla fronte, scivolando pigramente sul naso, fra gli occhi.
Il viso aveva tutte le fattezze di una bambola, se non per le chiazze rosse sulle guance, dovute probabilmente al freddo pungente, e le labbra carnose e rosee, troppo accattivanti per appartenere ad un viso di porcellana.
Jonathan si concentrò di nuovo su quel dondolante ciuffo che cadeva scompostamente in mezzo al viso. Non sembrava dar fastidio alla giovane, ma il ragazzo non pensava che fosse lì in mezzo alla fronte il suo posto.
Gli occhi della ragazza erano distratti e non erano rivolti verso di lui, ma quando ella gli dedicò uno sguardo sfuggevole, al ragazzo parve di avvertire un groppo in gola.
Erano occhi penetranti, troppo penetranti per passare inosservati.
Erano leggermente infossati e il loro colore era un delicato acquamarina, che però possedeva una luce forte e inusuale e dava l'impressione che potesse leggerti dentro.
Decisamente, si disse, erano gli occhi più inquietanti che avesse visto.
Sospirò, lasciandosi di nuovo scivolare pigramente nel sedile morbido, e posò lo sguardo sul cielo che si imbruniva sempre di più, senza però perdere di vista la ragazza.

Claire si disse che quel treno era troppo soporifero per i suoi gusti.
Aveva l'impressione che se avesse provato a chiudere gli occhi si sarebbe addormentata. E ciò non era decisamente un bene.
Non prestò la minima attenzione al giovane seduto davanti a lei, ma si lasciò cullare in un torpore da cui non sarebbe più voluta uscire.
Quasi quasi si sarebbe addormentata lì, se fosse stato per lei.
Fu felice e al contempo infastidita quando il treno stridette di nuovo sulle rotaie, fermandosi, dopo un indefinito tempo di dolce sferragliare.
Claire si alzò e si stiracchiò, sbadigliando.
Guardò affranta la pioggia che sferzava violenta fuori dal finestrino e raccolse la borsa che aveva posato a terra.
Uscì dal treno e si tirò di nuovo il cappuccio sopra la testa; doveva percorrere un pezzo di strada a piedi prima di raggiungere la sua automobile e riuscire ad arrivare a casa.
Rimpiangendo il piacevole tepore del vagone ferroviario, si incamminò per la strada spazzata dal vento e dalla pioggia e portò la mano a stringere la sciarpa che aveva al collo.
Ma non incontrò la lana calda dell'oggetto; sussultò e si voltò verso l'entrata della stazione.
Si maledì con tutte le sue forze; aveva dimenticato la sciarpa sul treno.
Sospirò sconsolata, stringendosi nel cappotto. Era troppo tardi per tornare nel vagone a prenderla, quindi rinunciò e si incamminò per la buia strada deserta.

Jonathan rimase fermo, osservandosi pigramente intorno.
Ancora una fermata e avrebbe potuto uscire da quel treno; non che ne avesse tanta voglia, ma l'aveva promesso a George e non avrebbe mancato all'appuntamento.
Lo sguardo gli cadde sul sedile vuoto davanti a lui, dove prima si era seduta quella graziosa ragazza.
Appoggiata al bracciolo c'era una sciarpa.
Il ragazzo la prese. Era un'oggetto molto semplice e caldo; la lana bianca era intrecciata manualmente e numerose perline del medesimo colore erano ricamate fra la stoffa.
La bella giovane doveva averla dimenticata lì.
Si morse stupidamente le labbra, colpito dal pensiero che avrebbe potuto portargliela.
Dopotutto, lui non era uscito per andare a caccia di ragazze?
E quella era una ragazza davvero carina, come non ne avrebbe trovate molte.
Valeva la pena rinunciare a quell'appuntamento per attaccare bottone con lei?
Rivide il viso candido della giovane e si disse che sì, ne valeva la pena.
Si alzò, afferrò saldamente la sciarpa e uscì.
Una volta fuori, il freddo lo investì con molta più violenza di quanto si sarebbe aspettato.
Il tempo peggiore di tutti, si disse, era quello che c'era quella sera, quello in cui pioveva troppo.
Si guardò intorno spiazzato: la ferrovia era deserta e non c'era traccia della giovane.
Il treno ripartì, lasciandolo solo in mezzo alla burrasca.
Si avviò verso l'uscita, sperando che lei si fosse attardata un po' e avesse potuto trovarla facilmente.
Sospirò di sollievo quando vide la sua minuta figura dall'altro lato della strada.

Claire camminava lenta, sovrappensiero, dondolandosi un po'.
Aveva freddo, senza la sua sciarpa a tenerle caldo al collo. Si diede dell'idiota.
Le parve quasi di sentire una voce chiamarla, ma si disse che doveva essere il vento.
Non c'era nessuno per strada e la ragazza si innervosì un poco; odiava le strade deserte, la inquietavano.
I suoi incubi erano sempre popolati di strade deserte.
Strade vuote, strade con cartelli e frecce che le costeggiavano, strade ben indicate che non portavano da nessuna parte.
Strade deserte dove lei camminava da sola.
-Ma salve.-
Quasi non gridò di spavento, quando sentì una voce alle sue spalle.
Sussultò e si morse la lingua per non urlare; si voltò di scatto e incontrò un viso divertito.
Lo scrutò qualche istante, guardinga; poi si ricordò dove l'aveva già visto.
Era quel giovane che era seduto davanti a lei sul treno; Claire si concesse qualche attimo per osservarlo bene.
Aveva occhi castani, ridenti e luminosi, un po' come quelli di un bambino; non aveva nè cappucci nè ombrelli e la pioggia lo investiva in pieno.
La ragazza pensò che doveva essere una persona masochista per non portarsi dietro nemmeno un ombrello con un tempo del genere.
I suoi capelli erano bruni e lisci e ricadevano fradici sulle orecchie.
Osservandolo bene, Claire notò che era vestito da festa, con le scarpe dalle suole lisce e i vestiti leggeri, che erano bagnati anch'essi e gli si erano appiccicati al corpo.
Non aveva nemmeno un cappotto. Gli fece quasi pena.
-Ciao.- rispose. Il ragazzo doveva avere qualche anno più di lei e la superava di una decina di centimentri.
La cosa la infastidì non poco.
-Cosa ci fa qui da sola una ragazza così carina e indifesa?- domandò lui con voce cantinelante, un sorriso spavaldo sulle labbra carnose.
Claire si trattenne da alzare gli occhi al cielo. "Che idiota" pensò, stringendo i denti.
-Non sono affari tuoi.- e fece per voltarsi e andarsene, ma la voce di lui la bloccò.

-Sicura di non aver dimenticato niente?-
Jonathan era divertito. Molto divertito.
Era sempre stato un dongiovanni, pronto ad attaccare bottone con ogni ragazza possibile.
E non aveva perso questa capacità crescendo.
Era diventato un po' più responsabile -poco, a dire il vero-, ma non aveva smesso di divertirsi ogni volta che ci provava con una.
Se poi erano belle come quella che aveva davanti, era ancora meglio.
La ragazza si voltò osservandolo diffidente. -Cosa vuoi dire?-
Lui sorrise, socchiudendo elegantemente gli occhi. -Quello che ho detto, altrimenti avrei usato parole diverse.- ribattè, scostandosi alcuni ciuffi bagnati dalla fronte e ammiccando.
Lei si morse l'interno della guancia e sbuffò. -Non so di cosa parli.- ribattè cupa e si voltò di nuovo.
Jonathan ne approfittò per allacciarle al collo la sciarpa e chinarsi in modo da sussurrarle all'orecchio: -Sicura?-
La giovane sussultò e si ritrasse di colpo, un piacevole rossore che le tingeva le gote.
Il bruno sorrise malizioso. Certo che era bellissima, quando arrossiva.
-Dove l'hai trovata?- chiese lei guardinga, con una punta di curiosità che traspariva dal tono scontroso.
Jonathan sorrise. -L'avevi dimenticata sul treno.- disse semplicemente, aspettandosi un grazie in risposta.
Ma invece non arrivò niente. La giovane si voltò impettita e si incamminò verso il parcheggio.
Il ragazzo era stizzito. Non poteva andarsene così! La inseguì.

Claire era infastidita. Molto infastidita.
Non solo quel ragazzo aveva un comportamento da idiota ed era più alto di lei, ma ora gli doveva anche qualcosa!
Si morse seccata le labbra quando sentì uno scalpiccio di piedi alle sue spalle.
Ma non aveva niente di meglio da fare quello sciocco? Doveva proprio seguirla?
Resistette all'impulso di girarsi e dirgli di lasciarla stare. Dopotutto, era stato carino da parte sua riportargli la sciarpa e non poteva essere scortese.
L'avrebbe voluto, oh se l'avrebbe voluto, ma non poteva.
Però in fondo lei non gli aveva chiesto di farle quel favore. Possibile che i ragazzi non sapessero mai farsi gli affari propri?
Fece un respiro profondo, costringendosi a calmarsi.
Il bruno intanto l'aveva raggiunta e parlava, cercando di fermarla.
Claire non si dette nemmeno la pena di starlo a sentire e appena individuò la sua macchina parcheggiata accellerò visibilmente il passo, desiderando ardentemente che quel seccatore di fianco a lei prendesse fuoco.
Cercò le chiavi dell'auto nella borsa e fu piacevole sentire che quel ragazzo si aveva smesso di parlare.
Aprì la portiera dell'automobile e fece per infilarsi dentro.
-Ehi aspetta! Non puoi lasciarmi qui!-
Claire gli indirizzò uno sguardo altero, mentre un sorrisetto divertito le increspava le labbra carnose.
-Dici?- ribattè sarcastica e estremamente soddisfatta nel vedere un'espressione quasi supplichevole sul viso del ragazzo.
Gli faceva talmente pena, con i vestiti fradici e le gote arrossate dal freddo, che ormai era certa che l'avrebbe accompagnato in un posto possibilmente asciutto dove avrebbe potuto chiamare qualcuno che lo venisse a recuperare.
Però decise di non dargliela vinta subito. L'avrebbe fatto supplicare ancora un po', giusto per ripagare l'umiliazione di essersi fatta riportare la sciarpa come una bambina smemorata.

Jonathan era frustrato ed incredulo.
Non era riuscito ad affascinare quella ragazza e, quel che è peggio, era a piedi, bagnato fradicio, lontano almeno venti chilometri da casa sua.
-Non puoi lasciarmi qui!- esclamò stizzito e la ragazza inarcò appena le sopracciglia, continuando a sorridere come una bastarda. Non avrebbe mai detto dal suo visetto tenero che avesse un animo così malvagio.
-Ho perso il treno per te, di sicuro mi prenderò una polmonite e quel che è peggio è che sto perdendo una serata stupenda in un locale pieno di ragazze fighe! Tu non puoi lasciarmi qui, me lo devi!-
Nel momento stesso in cui Jonathan pronunciò quelle parole, capì che avebbe potuto stare zitto.
Gli occhi della bella ragazza si incrinarono e parvero accendersi di una luce di folle collera.
-E allora perché sei uscito da quel treno, eh?! Nessuno ti ha obbligato ad ammazzarti per me! E sai cosa ti dico? Ci vai a piedi da quelle ragazze fighe che probabilmente non aspettano che un idiota pervertito che se le porti a letto!- sbottò furente e si sedette con un movimento seccato al posto di guida e fece per chiudere la portiera.
Se lei lo lasciava davvero lì, si disse Jonathan, era fottuto.
Si fiondò sull'auto e riuscì a bloccare la portiera prima che si chiudesse.
-A-Aspetta... Io non volevo, ecco... Offenderti, io...- provò ad articolare, lottando contro i gesti furiosi della ragazza che tentava di chiudersi dentro e partire.
Poi, all'improvviso, lei smise di cercare di spingere la portiera verso di sè e Jonathan, per riflesso, cadde lungo disteso a terra.
Un ghigno apparve sulle labbra della ragazza, mentre lui si rialzava, coperto di fango e emettendo gemiti di disgusto.
Lui cercò di pulirsi le maniche della maglia dal fango e assottigliò le labbra in una smorfia umiliata e arrabbiata.
Che diamine, ma non poteva lasciarlo entrare in macchina e basta?
"Le donne" pensò seccato, alzando gli occhi per incrociare quelli acquamarina della ragazza.

Claire finse un sorriso angelico, godendosi quegli attimi di vittoria.
Gli occhi di lui scintillavano di umiliazione, ma in un certo senso la ragazza sentiva che se non si era ancora arreso, probabilmente l'avrebbe tenuta lì finché non l'avesse fatto salire, anche a costo di sedersi sul cofano per bloccarla.
Era divertente e questa ostinazione da entrambi le parti la eccitava.
Decise che ora ci avrebbe parlato -giusto per lasciarlo sotto la pioggia ancora un po'- e si sistemò con grazia la sciarpa, che si era allentata leggermente.
-Allora... Hai finito di sguazzare nelle pozzanghere?- chiese angelica e lui la fulminò con lo sguardo.
Claire si disse che lo preferiva così, arrabbiato ma non seduttore. Era decisamente meno fastidioso e più divertente.
La competizione l'aveva sempre esaltata, fin da piccola, e quella era un po' una competizione. Come se giocassero al "chi si arrende per primo".
-E tu, hai finito di cercare di spaccare la portiera?- ribatté sprezzante lui e il sorriso di Claire si delineò ancora di più.
-Mh, penso di sì. Dunque, mi stai chiedendo un passaggio? Hai paura di restare qui solo soletto?- chiese malignamente e l'ombra di un ghigno apparve sulle labbra del ragazzo.
Claire si sorprese a considerare che fosse molto carino quando sorrideva in quel modo.
-Non ho mai avuto paura del vento.-
Quella risposta la inacidì un poco. Odiava essere ripiccata in quel modo, ma in un certo senso era divertente trovare qualcuno che le tenesse testa con ribattute così impeccabili.
Lo guardò ancora: i vestiti appiccicati al corpo erano sporchi di fango qua e là, il viso era bagnato e rosso e dai capelli fradici cadevano goccioline che scivolavano lungo il collo.
Con un brivido, immaginò quanto freddo potesse avere, senza nemmeno un cappotto e bagnato in quel modo.
Si concesse un sospiro e si disse che si era vendicata abbastanza per qualcosa che in realtà non era nemmeno un affronto. Si domandò distrattamente se ci si dovesse veramente vendicare quando uno sconosciuto ti faceva un favore.
Non ci pensò molto e si raddrizzò sullo schienale.
-D'accordo, d'accordo, hai vinto tu. Sali.-

Jonathan quasi non riuscì a credere alle sue orecchie quando la giovane pronunciò quelle parole.
Sgranò un poco gli occhi e un sorriso entusiasta gli affiorò sul viso; gli parve di veder sussultare un po' la ragazza quando incrociò la sua espressione, ma non ci badò.
-Grazie grazie grazie!- esultò e fece il giro della macchina, per poi salire nel posto di fianco a quello di guida.
Lei gli indirizzò un'occhiata divertita e mise in moto, per poi partire con uno sbuffo sulla strada deserta.
Ormai era notte; il cielo scuro, coperto dalle nuvole, rovesciava pioggia copiosa sulla strada luccicante dall'acqua, ma Jonathan era più tranquillo, sapendo che non avrebbe più dovuto stare sotto quelle gocce gelide.
Rimasero in silenzio ancora un po', la radio spenta, l'unico rumore quello del motore e della pioggia.
-Grazie, eh. Per la sciarpa.- disse lei, senza staccare gli occhi dalla strada.
Lui sorrise. -Di nulla, ma petite princesse.-
La ragazza sussultò ma, al contrario di quello che si aspettava Jonathan, si sciolse in un sorriso dolce e imbarazzato.
Con quel sorriso, sembrava un angelo.
Al diavolo George e le ragazze belle di un locale qualunque, si disse il giovane. A me basta questo sorriso.
Dopo qualche attimo però, Jonathan si ricordò improvvisamente di una cosa importantissima che si era dimenticato. Si diede dell'idiota.
-Comunque io sono Jonathan. Jonathan Weathersby.-
Lei sorrise. -Claire Silverston. Piacere.-
Un sorriso. E poi, il resto è storia.

 
  
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