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Autore: Itsakira    20/10/2014    0 recensioni
Una storia di chiunque e di nessuno, una storia di dolore e di speranza, una storia da leggere con le lacrime agli occhi e col cuore sognante, una storia che non ha inizio e non ha fine, una storia che t'accarezza la pelle mentre cambi, mentre la vita va avanti così veloce che cresci, muti, che ti guardi allo specchio e non sai chi sei, esattamente un istante prima di sapere cosa sarai. E non sarai più la stessa persona. Hai nuovissimi occhi.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Giorni appannati

 
Giorno 1 ____
Mi hanno chiamata Cecilia, ma io non sono Cecilia.
Cecilia è cieca, non sa vedere le cose, non riesce, vede solo quello che è in superficie, non sa cogliere il fondo, non percepisce le correnti sottomarine dell’oceano.
Cecilia è invisibile, non vede e non è vista. E’ uno spettro di cui ti accorgi per caso e da cui scappi, è il vento freddo da cui ti copri con sciarpe e cappotti.
Cecilia è azzurra, come la superficie dell’oceano che non conosce, come il cielo con cui si mimetizza.
Cecilia non sono io, io riesco a vedere e io sono vista, mi conoscono tutti, mi cercano tutti. Io non sono azzurra, l’azzurro è una sfumatura timida e gentile, presente solo con il tuo permesso, io no. Io entro nella tua vita con prepotenza, io sono l’onda anomala che non riesci a evitare. Io sono nero, nero come la pupilla dei suoi occhi nei quali mi voglio infiltrare.
Lui non può evitarmi, Emanuele, lui che porta un nome che chiama Dio, lui che non lo vuole chiamare, lo vuole lasciare fuori dalla sua vita, dicendo che con uno come Lui non vuole avere niente a che fare. Non può evitare l’onda anomala, io sono la schiuma che gli bagna i piedi quando non se ne accorge.
Lui è arancio ed è sole, io sono il nero e sono notte. Siamo gli opposti e siamo gli uguali, siamo il mare in tempesta e il cielo senza nuvole.
Vedi? I nostri corpi si incastrano perfettamente, le nostre anime combaciano senza esitazioni. Me lo fa notare anche lui, con la sua erre moscia distratta, con la sua statura che è il doppio della mia.
Lui ha chiesto il permesso di entrare nella mia vita, io ci sono rimasta con prepotenza.
Lui mi ha trattata con dolcezza, io l’ho fatto sorridere nel buio quando non lo notavo.
Vedi? Lo vede quando gli regalo lo yin, glie lo metto al collo senza chiedergli se posso, lui mi attacca lo yang e, contento, sorride e tace.
Lo conosco troppo bene per non dire che siamo lo yin e lo yang. Lo dico, lo urlo in silenzio, siamo la somma di una vita, siamo lo spazio di un pianeta. Mi accarezza il viso, non gli ho mai visto quest’espressione sulla faccia, glie la stropiccio, non va via, ha qualcosa di prepotente anche lui: c’ha l’amore appiccicato sul viso. E sono io ad averci messo la colla.
Lo bacio mentre parla, ha il sapore delle rondini e del vento, dei fiori di campo, delle emozioni che non può controllare.
Non ha amato mai così, non ho amato mai così.
Abbiamo visto la torre di Parigi restando fermi, abbiamo visto la neve in una località di mare, abbiamo viaggiato per l’universo senza spostare le stelle.
“Ti prego, resta” gli direi, ma lui resta già, tra i miei resti ci ha costruito un castello, una fortezza, una casa da vivere e da consumare. Ero un mucchietto di macerie e lui ci hai fatto nascere una città di sussurri e pelle e brividi.
Per questo, non ci credo, quando lo vedo con lei.
Lei è cieca, lei non vede, non gli vede l’anima come faccio io: lei non sa niente di lui, lei vuole solo la parte più sporgente del suo corpo, io voglio rovistargli nel cuore.
Ma lui la bacia, lui la desidera: era me che voleva, solo due ore fa.
Cos’è cambiato?
“Niente è cambiato” gli dico dopo che li ho fatti lasciare, io ed Emanuele duriamo da una vita, lei e lui da due settimane. Sono delusa, ma lo conosco, lui resta, lui ha l’amore per me appiccicato sul viso. “Possiamo rivivere tutto” gli ricordo, ma lui l’ha scordato, lui non vuole saperlo ancora.
E così se ne va, ma sì, va da lei, dimmi che non mi cancellerai mai, dimmi che ti ho dato più amore di chiunque altro, dimmi che a lei hai mentito, dimmi che ti ho dato tutto e che mi hai amata come non hai fatto mai, ma se ne va, in silenzio, mentre dormo, mentre lo sogno, se ne va e non chiude la porta e io sento gli spifferi.
E mi alzo, mi sveglio, fa freddo in questa stanza.
Poi lo scopro ed è allora che comincio a chiamarmi Cecilia.
Cecilia è cieca: anche se vede l’anima delle persone, non vede quando queste dicono parole d’addio, le scambia per un dolce monologo di chi vuole restare.
Cecilia è invisibile: gli altri la vedono, la apprezzano, ma quando hanno una scelta lei non c’è tra le opzioni, non è nemmeno tra le alternative. E’ invisibile, è il solco della penna che non scrive più. La vedi solo se vuoi. E’ il vento freddo da cui ti copri, è l’aria gelida e lui cerca il caldo.
Cecilia è azzurra, facile da colorarci sopra, da sostituire il disegno; non è nera, ma il nero della notte la inghiotte.
Cecilia sono io, sto morendo nelle stelle e affogando nello yang che ho attaccato al collo.
Ti prego, vienimi a prendere. Urlo ad Emanuele.
Ti prego, torna.
Ma non torna, non mi prende, mi lascia, cado, cado nel vuoto, cado nel buio, nel nero, nel silenzio, nel solco delle sue bugie.
L’ho amato, mi ha amata, e non è bastato.

Giorno 2 ___ 
Dicono che lui è pazzo, dicono che non dovrei più vederlo, ma non si può, nelle leggi del mio muscolo cardiaco è vietato, c’è il massimo della pena per chi infrange la legge – è legge! – e quindi, Emanuele io non posso non lottare per riaverlo.
Ma lui sfugge dalle mie dita come l’acqua del mare, lui mi grida amore e poi non sa restare.
Non vuole vedermi, lui, se ne vuole stare a casa sua dove non sembra vero quello che c’è fuori, dove c’è tempesta e lui sta al camino in attesa. Dice che deve trovare te stesso, ma come fa, se lo ho incastrato nelle mie iridi color del prato dove abbiamo sognato? Cerco di dirglielo, vedi, ti ho proprio qui, tra i capelli color mogano, ti ho qui, vieni a prenderti, vieni a prenderci.
Ma lui finge di non capire, finge di non vedere, e allora mi chiedo se anche lui non è un po’ Cecilia: mi legge l’anima e poi non riesce a decifrare i miei messaggi tra le righe.
Oppure riesce, è in grado, ma non vuole, il danno è fatto, il vaso è rotto, i cocci sono troppi, non gli va di provare a riparare.
E allora le manda un messaggio, parole buttate come secchi d’acqua, acqua sporca, che non riesci a vedere il fondo. A lei bastano, anche la sua è acqua sporca, reclama quel che è rimasto di lui: solo la buccia del limone, solo la scorza, ruvida, fredda, senza sapore.
Ho io il succo, vieni da me, lo tengo nel mio barattolo di cristallo, lo tengo stretto al petto, lo stesso dove il tuo cuore batteva contro il mio, solo una settimana fa. Vieni, e ti amerò di più di prima. Già ti amo di più, ogni cosa amo di te, anche i tuoi sbagli, amo anche quelli, l’odio non me ne voglia.
E allora preferisce accontentarsi di piaceri fini a se stessi, preferisce la via breve perché io lo amo forte e lui ha paura, paura di essere troppo mio, che poi non riesce più a uscirne vivo.
Ed eccola, la via breve, sfila nei corridoi con le gambe senza curve e il sorriso di chi ha vinto una battaglia senza muovere un dito.
Non mi vuole più sentire, vuole soffocare l’amore per me con un sacchetto di indifferenza e apatia.
E allora mi piovono gli occhi, mi casca il cuore, mi si rompe la vita, la stessa che avevo messo nelle sue mani forti.
Lottare non serve a nulla, ha scelto lei, e io mi accascio a terra, pavimento freddo, cuore a pezzi, mente in tilt. L’atmosfera della sua assenza mi schiaccia forte la pelle e le ossa, spezzate, cedono senza opporre resistenza, mi sdraio sul dolore, che resta solo quello, resta solo un gemito, debole.
Crolli, polveri fini, detriti.



NOTA: I giorni così indicati (giorno 1, giorno 2, ecc...) non indicano che questi sono uno dopo l'altro, ma solo il modo in cui sono posti in ordine cronologico tra i giorni che la protagonista non scorderà mai. I primi due giorni, così come gli altri, potrebbero essere lontani settimane, mesi, o potrebbero anche essere vicini. Chissà.

ANGOLO DELL'AUTRICE
Questa è solo la presentazione di Cecilia, il suo animo tormentato dal dolore si presenta solamente. La storia vera e propria, però, è già cominciata, anzi, forse va avanti da sempre, come nella vita, è un continuo susseguirsi di capitoli e volumi.
Cecilia è il nome di uno dei miei demoni, canto di lei non appena posso, canto di lei quando, dentro di me, urla.
Accogliete Cecilia come il racconto di una sconosciuta che, a un altro sconosciuto, racconta di sè per non fargli ripete gli stessi errori, o per lasciare un segno. Accogliete Cecilia come la ragazzina alle prese con la vita che le sfugge dalle dita.
E' un racconto puramente Introspettivo come la categoria di 'Mentre cambio, nuovissimi occhi' e vi invito a ricambiare il racconto alla sconosciuta che vi racconta la sua storia. Avete mai vissuto una cosa simile? Cosa ne pensate?
Spero che seguirete la storia di Cecilia, così come lei seguirebbe la vostra.
Itsakira.
  
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