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Autore: Lost on Mars    21/10/2014    2 recensioni
"Se ti fossi mai girato a guardarmi, ma a guardarmi veramente, a guardarmi dentro e a capire quello che non avevo il coraggio di dire, le cose sarebbero cambiate? [...]
Pensai che la mano che adesso stavi stringendo per strada avrebbe potuto essere la mia, o magari no, perché non amavo particolarmente mostrare il vero me stesso a tutti, anche se con te avrebbe acquistato una nota diversa; pensai che a bere le cioccolate calde di tua madre in camera tua, sul tuo letto, mentre parlavamo di tutto e di niente, avrei potuto esserci io; pensai che sarebbe stato bello sapere che per me avresti rivoltato il mondo, che avresti fatto qualsiasi cosa; pensai che forse mi avresti amato e che un giorno avrei trovato il coraggio di dirti che, sì, anche per me era esattamente la stessa cosa.
E allora avremmo potuto essere felici, Percy."
Genere: Angst, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nico di Angelo, Percy Jackson
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Cloudy sea, cloudy mind
 
Stare da solo era probabilmente uno dei miei passatempi preferiti, se non l’unico. Era incredibilmente rilassante. Potevo fare tutto quello che volevo senza che nessuno mi chiedesse nulla, potevo smettere di fingere, di dire bugie, di assumere un comportamento diverso a seconda delle situazioni. Potevo essere me stesso e continuare ad odiare il resto del mondo senza che nessuno se ne accorgesse. Stare da solo era incredibilmente utile, ma aveva anche i suoi svantaggi: pensavo troppo. Troppi pensieri cominciavano a vorticare veloci non appena mi allontanavo dal resto del mondo e lo osservavo vivere, incurante della mia esistenza. A dire la verità, i pensieri mi coglievano anche se stavo in mezzo alla gente, e non che la cosa mi piacesse tanto, ma bastava volgere lo sguardo su una persona a caso e pensare a qualsiasi altra cosa, o almeno provarci. E poi, c’è da dire che da qualche tempo a quella parte, anche stando fisicamente da solo, c’era sempre qualcosa a tenermi una fastidiosa compagnia.
E quel qualcosa eri proprio tu, Percy Jackson.
Il pensiero di te, la tua immagine, il tuo ricordo vivido e luminoso mi seguivano ovunque io andassi. E se da una parte trovassi incredibilmente fastidioso e frustrante il fatto di averti nella mia testa quando non ti volevo affatto, dall’altra mi piaceva in un modo che non sapevo spiegarmi logicamente. Sapevo che continuando a portarti con me mi sarei solamente fatto del male: ero caduto tante volte in vita mia e mi ero sempre rialzato  con le mie sole forze, ma una piccola parte di me continuava a suggerirmi fastidiosamente che, se fossi stato tu a buttarmi giù, stavolta, solo tu saresti stato capace di rimettermi  in piedi.
E faceva male sapere che non l’avresti fatto.
Faceva male da morire sapere che avresti sempre scelto lei prima di qualsiasi altra cosa. Non potevo fare molto, però, eccetto stare da solo e perdermi dentro me stesso, mentre cercavo di seppellire nella parte più profonda di me il tuo viso, i tuoi occhi, la tua voce, la tua risata e tutto quello che ti apparteneva. Il tuo profumo, la tua stramaledetta allegria, che contagiava tutto e tutti e che aveva quasi contagiato me, quando avevamo passato i nostri pochi – ma unici – momenti insieme. Ci avevo provato innumerevoli volte, ma tu eri sempre riuscito a tirarti fuori, a sfuggirmi dalle mani. Eri incancellabile, Percy Jackson.
Rimanevi sempre, eri come un tatuaggio. Impossibile da togliere e da nascondere. Sbucavi fuori nelle parti più improponibili del mio cervello, del mio cuore, e ricominciavi a mettere tutto sottosopra senza pensare alle conseguenze.
Sorridevi per sbaglio e io ti guardavo anche senza volerlo, tutto ricominciava dall’inizio. Era un circolo vizioso, Percy, dicevo sempre di volerti fuori da ogni mio pensiero eppure non mi adoperavo poi così tanto per chiuderti la porta in faccia, semplicemente perché non ne avevo la forza. Perché il problema continuavo ad essere io, io che come uno stupido continuavo a portarti con me, io che avevo sempre troppa paura a lasciarti andare, perché pensavo che prima o poi avrei raccolto le briciole del mio coraggio e ti avrei detto la verità. Mi illudevo soltanto, perché sapevo benissimo di non potercela fare, perché immaginavo la tua reazione: avresti spalancato gli occhi sorpreso, e io, magari, mi sarei perso troppo in quel verde marino per sentirti sospirare sconsolato e dirmi che sarebbe passato tutto, che ero un bambino, che tu amavi lei.
E allora, ritornavo sempre sui miei passi. Lasciavo sempre correre, mi limitavo a guardarti da lontano e a pensare che andava bene così. Tutti dicevano che un cuore spezzato faceva male da morire, ma io non sentivo niente. Allora supposi di non avere un cuore, ma poi pensai che per amarti, Percy, un cuore dovevo avercelo per forza. Non faceva male perché tu l’avevi rubato e lo tenevi nascosto da qualche parte, in un posto a me irraggiungibile.
Ti pregai di ridarmelo, anche se poi te lo avrei donato mille e mille volte ancora, senza pentirmene mai davvero. Ti pregai di restituirmi anche il tempo speso a cercare di scacciarti dalla mia vita, ma quello non lo avrei mai ricevuto indietro perché non l’avevi rubato tu, l’avevo sottratto a me stesso mentre cercavo di compiere una missione impossibile.
Eri un ladro, Percy Jackson. Un maledetto ladro. Non ti eri mai scusato – ma forse perché non avevo mai avuto abbastanza spavalderia da dirti che mi avevi fatto più torti – avevi sempre continuato ad andare avanti per la tua strada, ed essere l’eroe, a combattere, a cercare di conquistarla. Mai ti eri voltato indietro e mai avevi visto ciò che il resto del mondo ti offriva, ciò che io ti offrivo.
Mi chiesi molte cose, nei giorni in cui in ti vedevo da lontano. Se ti fossi mai girato a guardarmi, ma a guardarmi veramente, a guardarmi dentro e a capire quello che non avevo il coraggio di dire, le cose sarebbero cambiate?
Ci pensai veramente per la prima volta, e forse, fu l’errore più grande della mia vita.
Pensai che la mano che adesso stavi stringendo per strada avrebbe potuto la mia, o magari no, perché non amavo particolarmente mostrare il vero me stesso a tutti, anche se con te avrebbe acquistato una nota diversa; pensai che a bere le cioccolate calde di tua madre in camera tua, sul tuo letto, mentre parlavamo di tutto e niente, avrei potuto esserci io; pensai che sarebbe stato bello sapere che per me avresti rivoltato il mondo, che avresti fatto qualsiasi cosa; pensai che forse mi avresti amato e che un giorno avrei trovato il coraggio di dirti che, sì, anche per me era esattamente la stessa cosa.
E allora avremmo potuto essere felici, Percy.
Cercavo di resistere, mentre le immagini di un presente parallelo mi facevano davvero troppo male. Certe volte era difficile riuscire a tenersi aggrappato alla realtà, era difficile rimanere con i piedi per terra e resistere al vortice dell’immaginazione e dell’illusione che, più potente di qualsiasi cosa, mi attirava verso di lui. Sapevo più di ogni altra cosa che se avessi ceduto sarei diventato pazzo.
Pazzo d’amore. E sarebbe stata comunque colpa tua.
Feci lo stesso bellissimo errore numerose volte. Poi smisi di tenermi appigliato al mondo reale. Fu allora che cominciai più spesso ad estraniarmi da tutto ciò che mi circondava, a passare sempre più tempo da solo, accompagnato solo dal tuo sorriso che non se ne voleva andare dalla mia testa. Ma andava bene, ci avevo quasi fatto l’abitudine ed era diventato parte integrante di me, tant’è che non riuscivo più ad immaginare un risveglio senza pensare prima di tutto a te. Eri diventato il mio punto focale, quello intorno al quale ruotava la mia intera esistenza. Continuavo a cadere giù, sempre più giù, era l’unica via che potevo percorrere.
Possiamo lasciare tutti quelli che ci amano, Percy. Possiamo farlo, tu sei l’unica cosa di cui ho bisogno.
Non riuscivo più a capire dove finisse il sogno e iniziasse la realtà, e la cosa mi spaventava da morire. Mi resi conto di esser parte di uno spettacolo messo in atto solo per me stesso. Il che non aveva senso, ma dato che tutte le mie azioni avevano smesso di avere uno scopo che non fosse finalizzato a te, e dato che tu sembravi irraggiungibile, non avevano alcuno scopo e basta. Ma lo spettacolo doveva finire, le tende dovevano chiudersi per sempre e io dovevo ritornare alla realtà.
Ritornare a respirare, fuori dall’acqua. Fuori da te.
Perché pensarti era diventato troppo bello, e separarmene così repentinamente faceva quasi male. Avevo ripromesso di non farlo mai più, ma pensai che sarebbe stato davvero meraviglioso se a chiudere quello spettacolo ci fossi stato tu, insieme a me. Se fossi stato tu a riportarmi in superficie.
Riposa i tuoi occhi stanchi, mi avresti sussurrato. E io ti avrei contraddetto, mentendoti, dicendoti che non ero stanco, che stavo benissimo e che non potevo chiudere gli occhi, perché più istanti di te catturavo, meglio stavo.
Ma poi la realtà era ritornata, più dura di prima. Tu eri davvero felice, Percy, e io ero sempre più lontano. Non volevo intaccare la tua felicità con i miei sguardi tristi, non volevo impensierirti, non volevo in alcun modo essere un peso per te e per la ragazza che dicevi di amare, che non avevi paura di baciare una volta usciti dal cinema. Lei era fortunata, era a lei che avevi donato il tuo cuore e poi avevi preso il mio perché ti eri accorto che ti mancava un pezzo. Sperai con tutto me stesso che si rendesse conto di tutto ciò che le avevi messo a disposizione, che non ti facesse soffrire. Anche se dovevo ammetterlo, e tu avresti dovuto riconoscerlo: lei ti amava, vero, ma ti avrebbe mai amato come me?
Preferii ignorare sempre quella domanda, la risposta era troppo dolorosa, perché se da una parte pensavo che tu meritassi un amore ancor più grande del mio, allora pensavo anche che lei non te ne desse abbastanza, ma che nonostante tutto tu non l’avresti mai lasciata: eri come accecato, perdutamente innamorato.
Così simile a me.
E se mai il destino ci avesse portato di nuovo a percorrere la stessa strada, non avrei avuto il coraggio di cambiare direzione. Avrei all’istante dimenticato ogni cosa, avrei tentennato, avrei poi indossato di nuovo la mia maschera: tu avresti sorriso, e io avrei cercato di rimanere impassibile. Di non pensare a niente, di tagliarti via... avrei finto che non esistessi, nonostante tutto.
Perché ci saremmo detti solo bugie. Bugie a cui entrambi avremmo creduto.
E sarebbe stato quello il momento in cui avrei capito che non avrei mai potuto lasciarti al tuo destino, Percy Jackson. Semplicemente perché eri troppo importante, e forse eri troppo e basta, troppo per me, ma decisi che non m’importava più. Nella vita mi era stato insegnato a non arrendermi, a lottare per ciò che volevo, a rialzarmi ogni volta che cadevo, ma non eri tu a buttarmi a terra. Ero io stesso a farlo, inciampavo nel mio stesso autocommiserarmi, inciampavo nelle mie paure e non mi rendevo conto di quello che stavo perdendo.
La voglia di lottare per te.
Avrei fatto di tutto. Mi sarei immerso nell’acqua di nuovo, avrei setacciato tutti gli oceani per te, consapevole del fatto che nessuno lo avrebbe fatto per me, tantomeno tu. Ma avevo deciso che non m’importava. Rimasi intrappolato nella corrente di tutte le conseguenze che ci sarebbero state, mi lasciai trascinare da essa per un breve tratto, poi ripresi il controllo di me stesso.
Vieni anche tu, Percy, quanto dureremmo qua sotto insieme? Mi verrai a salvare?
Mi calai completamente in te. Mi avevi in pugno, ma non sapevi che qualsiasi cosa tu avessi fatto, io avrei agito di conseguenza. Solo e completamente in funzione tua. Essere innamorati era davvero così disarmante? Respiravo a fatica, mi sentivo privo di ogni armatura, privo del cuore che mi avevi rubato. Avevo smesso di chiedertelo indietro, potevi tenerlo, se volevi. Se ti serviva, potevi prendere quello che volevi da me, te lo avrei concesso.
Avresti potuto uccidermi, mi sarebbe andato bene ugualmente. Per te, mi sarebbe andato bene tutto.
Posso lasciare chi mi vuole bene. Tu lo faresti? Lasceresti lei perché hai bisogno di me?
Non ti mentirò più. Raccoglierò il mio coraggio e lo rimetterò in piedi, ti dirò qualsiasi cosa vorrai. Faresti lo stesso?
Affondo lentamente nel mare dei tuoi occhi, Percy, salvami.
Dove sei?
Scendi nell’abisso, rimani qui, affoga accanto me.
Ma lo sapevo, Percy, tu non potevi e non volevi affogare. Soprattutto insieme a me.


NdA:
È la prima volta che pubblico nel fandom e sono emozionata, aw. Che poi, il mio grande (?) ingresso con cosa potevo farlo se non una Pernico? Se non con la mia OTP tanto bellina quanto irrealizzabile? Spero ancora in BoO (sono al settimo capitolo, non spoileratemi nulla, pls), anche se so che non avrò mai la soddisfazione che cerco, ma pazienza. Mh, non so mai cosa dire e spero mi perdonerete: è una OS senza pretese che mi è venuta in mente un sacco di tempo fa, ascoltando "Drown Next To Me" dei The All American Rejects (se avete voglia e pazienza fatelo, perchè è una bellissima canzone), e che ho messo in atto solo ieri pomeriggio/sera. Infatti, gran parte delle frasi in corsivo sono riprese dai versi della canzone. E niente, io odio l'angst ma è l'unica cosa che mi riesce decentemente, quindi beccatevi l'angst e soffrite insieme a me (♥).
Levo le tende prima di dare prova della mia ulteriore non-sanità mentale. Spero vi sia piaciuta e non esistate a farmelo sapere, che non mordo mica! u.u
Baci,
Marianne

 
 
   
 
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