Anime & Manga > No. 6
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Autore: acchiappanuvole    22/10/2014    1 recensioni
“Fai sul serio?”
“Ho la faccia di qualcuno che non fa sul serio!?”
“Ma non ha senso!”
“Dovresti parlare con Nezumi riguardo le cose senza senso.”
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Inukashi
Note: Missing Moments, Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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-Ningen-
-Fai sul serio?-
-Ho la faccia di qualcuno che non fa sul serio?-
-Insomma…non ha senso…-
- Dovresti parlare con Nezumi riguardo le cose senza senso-
- Credo che se tu fossi ragionevole converresti con me che si può trovare di meglio-
- Ti assicuro che questo è il meglio! Non avrà mai crisi di identità-
-Oh ne avrà eccome! Sbaglio o lo stai facendo allattare da un cane?!-
-Un motivo in più per avvallare il fatto che “ningen” va benissimo-
- Ma…-
-Hai rotto le palle! Se ci tieni tanto trovaglielo tu un nome io ho ben altro a cui pensare-
- Il tuo carattere fa schifo così come il nome che vuoi mettere a questa povera creatura-
-Disse il maiale-
-Adesso basta! Non me ne starò qui a farmi insultare. Piccolino zio Rikiga ha molta pena per te  ma c’è  un limite di sopportazione. E per quanto ti riguarda non so chi fra te e Eve abbia il carattere peggiore-
-Amen fratello. E ora vattene devo lavare i cani-
-Addio-
-Si, si. Tanto appena ha bisogno di qualcosa quel porco si farà rivedere senza tanti problemi-.
 
Certo che sei davvero brutto, i cani da cuccioli sono decisamente più gradevoli e manco a dirlo puzzano meno. Tu sei un affarino dalle gengive rosa e le mani come piccole morse. Frigni ogni due secondi e le mammelle della povera Haru saranno molto presto sacchetti di pelle tanto ti ci attacchi vorace. Ma è tipico degli esseri umani avere una propensione a disfare tutto. Ningen è un buon nome, è quello che sei, e se non ti piace potrai cambiarlo una volta che avrai facoltà di scelta, tanto i nomi sono come i guanti e a conti fatti non interessano a nessuno. E’ solo un modo per identificarsi. Se e quando, oltre ad emettere versi, riuscirai a formulare anche qualche parola potrai chiamarti in qualunque modo vorrai. A me non importa. Dopotutto non si sceglie di venire al mondo, non si sceglie il posto, il mese, l’anno, l’ora. Siamo sparati come capsule nello spazio, c’è chi fa un atterraggio nella regola, chi va a finire contro un asteroide e chi in qualche cesso nero.  Il nome quantomeno te lo concedo. Potrei anche chiamarti semplicemente “coso” fino ad allora. Decisamente credo che la mia di madre questi problemi non se li sia mai posti, non serviva avessi un nome, lei mi riconosceva dall’odore. Poteva trovarmi anche quando finivo nei posti più impensabili. Mia madre non aveva un nome. Glielo davano gli altri, come han fatto con me. Ma a lei questo non importava, sapeva riconoscere i suoni, quelli che volevano  dire “cena” e quelli “gira al largo”.  Aveva un occhio color pece mentre l’altro era sbiadito come un tessuto troppo esposto al sole. Camminava sbilenca la mia mamma, qualcuno mi disse in seguito che era perché aveva passato buona parte della sua vita a girare su se stessa dentro una gabbia. Il nome “mamma” l’ho imparato molto dopo, stando in mezzo agli esseri umani. Prima anche lei era solo un verso, un richiamo che mi partiva da dentro le viscere e usciva in tutta la sua disperazione. Probabilmente è lo stesso che fai tu quando ti attacchi al mio dito e inizi a piangere perché vuoi esser certo che io sia qui. Onestamente però questo ruolo mica mi piace. Dovrebbero essere i due colombi  a farti da genitori monosesso o in qualunque altro modo si dica. Boh io non lo so. Non ho tempo per pensare a te come probabilmente non ce l’aveva la mia prima madre, quella che mi ha espulso tra sangue e liquidi disgustosi.  Io non so chi o come fosse. Non era necessario saperlo.  A che pro? Che mia madre fosse una santa, una puttana, un ibrido… quale differenza dovrebbe comportare nella mia esistenza. Ningen capirai più avanti quel che intendo, anche se ci metterai un sacco di tempo. Ed anche in  questo i cani sono meglio. Nel tempo in cui imparerai a stare sulle due gambette sghembe questi cuccioli qui sapranno già procurarsi un pasto da soli, saranno in grado di difendersi, e di capire il mondo molto prima di quanto ci metterai tu. E se te lo dico io puoi ben crederci. Il buffo, Ningen, è che alla fine, per quanti anni passeranno non ci riuscirai mai, morirai con quella stessa insoddisfatta sensazione di inconcludenza e te ne starai a pregare qualcosa o qualcuno, tra la speranza di poter vedere un'altra primavera e quella di poter rivedere chi hai perso nel grande condominio paradiso.
Io non starò a raccontarti tante favole. Quelle le lascerò a Shion se le vorrai sentire. Io ti indicherò un muro crollato, proprio laggiù,  quell’ammasso di pietra che divideva chi stava bene da chi stava ne più ne meno come stiamo ancora adesso. Una magia vero? Bè, Ningen. Una volta che abbatti un muro ti ritroverai sempre a doverne abbattere un altro e un altro ancora, ed ogni volta che crederai di aver raggiunto la tregua  ci sarà sempre qualcun altro della tua stessa razza a farti meditare che forse il tuo destino è quello del demolitore a vita. Se ne vale la faticaccia onestamente io ho qualche dubbio. Ma anche questo lo deciderai tu. Se c’è una cosa che ho imparato da mia madre e i miei fratelli è che di sopravvivere vale sempre la pena, e questo te lo ricorderai ogni volta che gusti un buon pasto e butti giù acqua fresca.
Per me è iniziata nel vento, Ningen. E non c’è nulla di melodioso in questo, il canto di Nezumi è ancora lontano ed anche questo luogo lo è.  Un vento e un cielo grigio come metallo bagnato. La vedevi vorticare la polvere e le radici dei pochi alberi combattevano per non farsi strappare dal suolo. Noi stavamo sotto alcune lamiere, mamma era troppo malata per muoversi.  Avevo da poco visto sei inverni, ma ero abile come qualunque cane di quell’età. Le avevo procurato il cibo e l’acqua, e difendevo quel bottino letteralmente con i denti. Non c’è da mettermi alla prova perché potrei staccare un braccio a morsi. Mamma però non mangiava ne beveva, mi guardava con quel suo occhio slavato e sollevava appena il petto. Mamma sapeva di dover morire, lì in quel momento, con il vento che martoriava le lamiere e l’acqua sempre più simile a fango nero. C’era tanta dignità silenziosa nella mia mamma. Ma io seguitavo a guardarla, pensavo, nella mia stupida natura umana, che se fossi rimasta a fissarla lei non avrebbe potuto lasciarmi e morire. Come se i miei occhi avessero potuto arpionarla a questa terra arida. Naturalmente non fu così. E pochi giorni dopo un uomo dai baffi unti mi disse “ ti conviene seppellirla prima che faccia i vermi, non senti che odore tremendo”. Ed io che a mala pena capivo la lingua di quella mia specie d’appartenenza gli addentai un polpaccio che ancora oggi se lo ricorda. Alla fine però ho dovuto seppellirla davvero la mia mamma. Tempo dopo, appresa la lingua che parlerai anche tu, domandai ad un uomo di fede, come li chiamavano qui, se anche per la mia mamma c’era posto in quell’atmosfera azzurra che ci fa a tutti da cappello. Ma quello mi disse che i cani non ci vanno nei paradisi, che quello è riservato agli uomini perché sono superiori e figli di non so chi. Stronzate! Vuoi che te la dica tutta Ningen? Per me lassù ci sono molti più cani che uomini.  Ad ogni modo sta bene, ne sentirai a vangate di verità personali. Tutti le abbiamo. Tu cerca di avere buon senso. E’ l’unico sistema.  Che tu creda in api giganti o nel sorgere del sole a me sta bene, Ningen. La vita è la tua.  E se ora ti stringo non ti ci abituare troppo, è solo per evitare di sentire quei tuoi strilli fastidiosi.
-Ma guarda che bel quadretto-
-State parlando di voi stessi?!-
Nezumi canterà per te stasera, glielo chiederò perché i cani ne hanno bisogno, e forse tu ed io pure.
-Cresce bene, eh-
-Facile fare i compiaciuti dopo aver scaricato i fardelli agli altri-
Se dovessi somigliare a qualcuno, Ningen, magari è meglio che tu prenda da Shion. Questo ragazzo dai capelli come i vecchi che fissa il mio corpo senza forme ma non fa domande e non vuole risposte. Accetta quel che sono, come lo fanno i miei fratelli e come alla fine sarà meglio faccia anche tu con te stesso. Qualunque cosa sceglierai d’essere.

-Allora alla fine come si chiama?-
-Ningen-
-Eh? Che razza di nome è?-
-Perché il tuo che razza di nome è, Nezumi?! Vai a squittire da un’altra parte-
- Va al diavolo Inukashi-
-A me piace-
E questo scemo di Shion è sempre onesto, quindi ti puoi fidare. Di lui puoi.
-Ningen è perfetto-.
 
 
Questa storia è vecchia vecchia, non sapevo se buttarla o meno ma, alla fine, Inukashi a me piaceva molto quindi non sono riuscita a cestinarla.
 
 
 
  
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