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Autore: ethelincabbages    23/10/2014    6 recensioni
Piccolo sguardo sulla bizzarra convivenza tra Oliver e Felicity, con le loro duplici identità, una canzone alla tv, un porcellino di peluche, un report impossibile da leggere e un bagaglio infinito e confuso di sentimenti irrisolti (AU dall’episodio 2x23).
Olicity | Slice of life, Commedia, Fluff | Verde | One-shot, (Poco più che) Flash-fic
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Felicity Smoak, Oliver Queen
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Titolo della fanfiction: Just wanna make you smile
Personaggi: Oliver Queen, Felicity Smoak
Pairing: Olicity
Generi: Slice of life, Commedia, Fluff
Rating: Verde
Capitoli: 1 – One-shot, (Poco più che) Flash-fic
Beta-reader: Vannagio
Introduzione:  Piccolo sguardo sulla bizzarra convivenza tra Oliver e Felicity, con le loro duplici identità, una canzone alla tv, un porcellino di peluche, un report impossibile da leggere e un bagaglio infinito e confuso di sentimenti irrisolti (AU dall’episodio 2x23).
Note personali: Prima storia scritta di mio pugno nel mondo di Arrow, è stata ideata durante il periodo di pausa, quando in parecchi accarezzavano l’idea di una possibile convivenza tra Oliver e Felicity.
Ringrazio di cuore Vannagio e Lights <3
Disclaimer: I personaggi di Oliver Queen e Felicity Smoak appartengono alla CW, WB, e DC e chiunque altro ne detenga i diritti. “Classic” appartiene agli MKTO e chiunque altro ne detenga i diritti. “Porky” è un salvadanaio porcellino divenuto peluche che appartiene a me e solo Felicity e Oliver ne detengono i fittizi diritti.

Just wanna make you smile

Nei suoi ventidue anni di vita Oliver Jonas Queen non era mai riuscito a comprendere del tutto come fosse possibile condurre una vita soddisfacente e tranquilla in meno di trecentocinquanta metri quadri, senza una Raisa in giro che gli stirava le lenzuola e inamidava le camicie. Ma sette anni in più regalano tutta un’altra prospettiva e Oliver Arrow Queen non sa neanche più cosa potrebbe voler dire l’espressione vita tranquilla e soddisfacente, a parte, forse, riuscire a dormire più di tre ore in una notte, senza incappare in qualche pazzo maniaco che vuol distruggere la città.

Ogni tanto, quando è spossato e nervoso e le chiamate di Thea si fanno sempre più rare, gli mancano un po’ le lenzuola stirate e i trecentocinquanta metri quadri. Ma per quanto i muri dell’appartamento 1074 di William Street sembrino piuttosto costrittivi, c’è qualcosa di incredibilmente ordinario e naturale nello svegliarsi al suono della tv della stanza accanto. Con la voce di Felicity Smoak che balbetta qualcosa al telefono, lamentandosi, con buona probabilità, del suo sciocco coinquilino.

“This world might’ve gone crazy, the way you save me, who can blame me when I just wanna make you smile? ”, canta qualcuno da qualche parte, con Felicity che segue il motivetto canticchiando e sbattendo qualche stupido cassetto. Sembra quasi che rumori e suoni corrano insieme, sempre più simili, sempre più domestici, sempre più vicini. Ordinario e naturale.

Oliver si lascia riportare piano alla veglia dalla voce di Felicity che continua a ripetere parole a caso seguendo la canzone alla tv. Si rifiuta di aprire gli occhi, fa caldo e si sta bene. Dormire è un lusso che si concede poco. Si è addormentato direttamente sulle trenta pagine di report – “Ma è scritto così piccolo! Fronte-Retro?! Felicity!” – sull’attuale situazione della Queen Consolidated e le sue chance di riacquistarla all’asta. Con buona probabilità, dev’essere crollato nel mezzo della lettura di un lunghissimo termine giuridico o qualche incomprensibile tabella finanziaria, il porcellino giallo di Felicity deve avergli fatto compagnia nel sonno, come ora nel risveglio. Un bel tenero amico, quel Porky, morbido, colorato e con un buon profumo – qualcosa di fruttato e forte. Molto da Felicity.

Apre gli occhi di malavoglia e scuote la testa verso il porcellino. Oliver Arrow Queen non si addormenta nel mezzo del pomeriggio abbracciando un pupazzetto. Anche se giallo acceso, anche se allegro e morbido, anche se profuma di frutta e di Felicity.

“I wanna thrill you like Micheal, I wanna kiss you like Prince, dadada like Marvin Gaye, like Hathaway dudududududu,” continua a cantare Felicity, con qualche nota fuori posto e forse più energia del dovuto. “One of a kind living in world gone plastic, baby you’re so-”, tutta persa nel suo universo musicale, scuote la testa seguendo il ritmo della canzone e bofonchia le ultime parole del ritornello, invadendo la camera di Oliver – ovvero ex-ripostiglio-eventuale-stanza-per-gli-ospiti.

Saltella tra la poltrona e il comodino, alla probabile ricerca di qualcuna delle sue diavolerie elettroniche, una penna in bocca, un libro tra le dita e lo sguardo disteso. Multitasking anche quando ha il tempo per rilassarsi, Felicity Smoak. Poi intercetta lo sguardo vagante e assonnato di Oliver: “Ehi, bell’addormentato, qualcosa non va?” Si avvicina alla mensola sopra il letto e posa il libro, facendo vagare lo sguardo tra dischi, cavi, peluche e alcuni dei suoi ‘aggeggi’. “Mi spieghi com’è che ti scazzotti in continuazione con tutti i cattivi dell’universo e non ti si scalfisce neanche lo sguardo e invece un’innocua relazione amministrativa ti stende come niente?” chiede, acciuffando soddisfatta un hard-disk.

Oliver non sa cosa rispondere. Strizza gli occhi, “Be’, sono tan… te pagine,” biascica, con la voce ancora impastata dal sonno.

Felicity alza gli occhi al cielo, poi gli si avvicina con fare cospiratorio, lo sfiora con l’indice sulla spalla. “Fatti aiutare da Porky,” gli sussurra nell’orecchio, con un sorriso pericolosamente canzonatorio sulle labbra.

Ad Oliver viene da ridere e sorridere. All’inizio dell’anno precedente, non avrebbe mai scommesso su questa bizzarra convivenza, con la doppia vita e quel bagaglio infinito e confuso di sentimenti irrisolti tra di loro. “Il tuo porcellino profu-” vorrebbe spiegarle ma si ferma a metà frase.

Felicity alza le sopracciglia e si morde il labbro inferiore in attesa di una qualche chiarificazione. Gli occhi blu diretti su Oliver conservano il sorriso di poco prima.  
Oliver si alza a sedere, continuando a fissarla. Sorride. “Io…” Due parole gli corrono sulla bocca, pronte a scappare, semplici e dirette come un Grazie alla fine di una nottata alla Fonderia, come un Buongiorno accompagnato da un caffellatte. Due sole parole. Ma ha giocato fin troppo con il loro significato per lasciare che fuggano ora, con così tanta leggerezza. Non è questo il momento. Sentimenti irrisolti o meno, il loro equilibrio, adesso, è troppo importante. Un giorno, promette a se stesso.

Salta in piedi e corre ad acciuffare il telefono. “Messicano stasera?” propone. “Lavo io i piatti,” spiega, facendole l’occhiolino e sfoderando il suo sorriso alla Oliver Queen, quello con le fossette e tutti-tutti i denti. Quello che solo lei sa strappargli.

 
[Felicity per un nanosecondo si lascia fregare dal cambiamento repentino di tono. C’era qualcosa in quel suo sguardo addormentato, qualcosa di tenero e privato, qualcosa da custodire. Una promessa?

Poi vede Oliver salterellare via, “… quattro enchilladas picc- …”

Quell’incredibile faccia di bronzo! E spalle… di bronzo. E braccia, e fondosch- !

“Ehi,” gli urla dietro, “il menù lo scelgo io!”]
 
   
 
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