LA ROSA
Lentamente il segretario uscì dall'ufficio chiudendo la porta alle sue spalle e lasciandolo solo. Solo. Era la condizione nel quale aveva vissuto da sempre; non aveva famiglia, non aveva una moglie che l'amasse e, con la donna che aveva amato per tutta la vita si era sempre nascosto, ogni giorno, dietro una sempre diversa stupidissima rosa anonima. Nella sua solitudine, in quella stanza, con i pensieri che gli si affollavano nella sua ormai stanca mente, decise che forse non era troppo tardi. Prese una rosa, stavolta rossa, di un rosso bellissimo, scarlatto, e la fece mandare alla sua amata Fiorenza, ma accompagnata da un biglietto che recitava: "Fra tre giorni sulle rive della laguna di Venezia". Si sarebbe presentata? L'avrebbe riconosciuto? Avrebbe capito o sarebbe fuggita via? Erano cinquant'anni che aspettava quel momento, e non poteva farsi sopraffare dalle emozioni. Tre giorni dopo era seduto sulla stressa panchina di molto tempo fa; lui l'aveva voluta  portare a vedere Venezia perchè era il suo sogno, anche se a stento poteva permettersi il viaggio, non poteva neanche comprarle un'insulsa rosa, non l'aveva baciata e lei se n'era andata, ma forse non per sempre. Ad un tratto scrutò nella nebbia un'esile figura che si stava facendo strada per raggiungerlo. Cinquant'anni erano passati, e per lui, lei,  era sempre bellissima. Il neo antico sulla guancia, la frangetta ribelle che assomigliava ancora ad uno spartito; nulla era cambiato, se non qualche lecita ruga giustificata dall'età. Fiorenza rigirava fra le mani la rosa che il suo vecchio amico le aveva donato e stranamente, si faceva pungere dalle sue spine. 
-Lo sapevo che eri tu, lo so da cinquant'anni ormai.-
-Beh meglio tardi che mai, come stai Fiorenza?-
-Sono contenta- disse lei; non disse sto bene e nemmeno che era felice, solo che era contenta.
-Sono felice per te- disse il vecchio scrutando le livide mani di Fiorenza e notando con suo grande sconforto che portava al dito una fede nuziale. 
-Vedo che ti sei sposata..-
-Già, tutto per colpa tua- disse Fiorenza girando le pagine dello spartito.
-Colpa mia?- chiese il vecchio dubbioso.
-Si colpa tua. Proprio non capisci eh? Ero davvero innamorata di te, amavo il tuo modo di essere così meravigliosamente diverso dagli altri. Quando eravamo qui, cinquant'anni fa, aspettavo solo che tu mi baciassi e avrei trascorso tutta la mia vita con te-.
Il vecchio non riusciva a smettere la guardarla, o forse non la guardava proprio, molti pensieri e ricordi presero a galleggiare nella sua mente e quando riuscì a metterli in ordine disse: -Ma ora sono ricco e sono qui, solo per te Fiorenza-
-Continui a non capire eh? Dei soldi non m'importava allora e non mi importa nemmeno adesso. Avremmo  potuto vivere in una modesta casa di campagna, avremmo potuto insegnare ai nostri figli e nipoti come ci si arrampica sugli alberi.-
-Io ti ho aspettato- continuò lei con le lacrime agli occhi cambiando ancora la pagina dello spartito -Ti ho aspettato fino al giorno del mio matrimonio, aspettavo che entrassi da quella porta ed io sarei venuta via con te. Ma tu non arrivavi, ed io ho imparato ad amare mio marito, a stargli accanto. Ora ho figli e nipoti, non posso abbandonare tutto per te.-
Fiorenza gli rivolse uno sguardo dolce, lo stesso di cinquant'anni fa , gli restituì la rosa scarlatta e con la dolce voce gli sussurrò un breve "ADDIO".
Il vecchio rimase a guardarla mentre scompariva nella densa nebbia di Venezia e lui rimase lì, su quella panchina, solo.