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Autore: SakiJune    23/10/2014    0 recensioni
"Gallifrey si era risvegliata con un ruggito di dolore, non con uno sfarfallio di ciglia. La pace futura doveva fondarsi su un ultimo, necessario atto di violenza. Ma il Dottore non ne fu testimone né causa. Non sentì le voci stridule risuonare nelle strade, le voci gravi sillabare con prudenza all’interno di stanze sigillate, né le voci amiche chiamare il suo nome, i suoi tanti nomi, in un tono che non attende risposta ma ne ha bisogno, ne ha sete. Non sentì giungere chi, fuggito o intrappolato all’inizio della Guerra del Tempo, si era rifugiato in differenti linee temporali e ora aveva sentito il richiamo, sempre più forte, giungere da casa. Erano tornati - gli spauriti e i vili, i saggi e gli idealisti..."
Sequel di "A Taste of Honey".
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altri, Doctor - 12, Jenny, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'From Lungbarrow to Trafalgar Square'
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Thistle, attraversando il corridoio in punta di piedi, stava per mettere in atto i suoi piani diabolici quando sua madre l’aveva fermata: - Kew è al telefono, non disturbarlo. - I modi di dire terrestri di Ada non erano cambiati. Il Dottore sogghignò, facendole il verso mentre sorseggiava il suo tè.

- Telefono, nientemeno.

- Tu come lo chiami? - replicò Ada, le mani sui fianchi e un’aria di sfida.

- Sessione telepatica transtemporale, ma in fondo non è così diversa da un’interurbana, a parte la cera sciolta sul tavolo. Carciofina, vai a cercare tuo fratello. Se è di nuovo giù al torrente a infangarsi, stavolta lo chiudo fuori.

Quel giorno Thistle fece una cosa inaudita: disubbidì a suo padre.

Le era successo varie volte di ignorare un consiglio o un ordine di sua madre o di Innocet, anche se si era sempre trattato di cosucce di poca importanza, e in un’occasione - se ne vergognava parecchio - aveva imbrogliato durante un compito in classe. Ma quando il Dottore apriva bocca era come se la sua volontà di adolescente venisse meno, e si affidava a lui come seguendo un flauto magico. Era sempre stato così. Non si era mai chiesta il perché, le veniva naturale, proprio come a Jack veniva naturale dare contro a tutti e tutto.

Questa volta fece tutto il contrario di ciò che lui le aveva raccomandato, e si nascose dietro le spesse tende amaranto nella stanza dei ritratti.

 

- Tesoro, va tutto bene? - Alla strana luce della stanza virtuale, a Vastra non era sfuggita l'eccitazione del figlioletto.

- Volevo chiederti una cosa, mamma. Mi piacerebbe… ecco, mi piacerebbe tanto…

- Cosa, Kew? Vuoi tornare a casa adesso?

- No! - Arkhew si rese subito conto di averlo pronunciato con troppa forza, dimenticando di bilanciare. In tutti i suoi dodici anni di vita, che in termini umani corrispondevano a non più di nove, aveva dovuto dividere il cuore e la mente in due metà distinte e perfettamente identiche. Iniziava a ribellarsi, in qualche luogo nascosto del suo animo ormai non più interamente infantile, e con la ribellione si presentava ad ondate il senso di colpa nei confronti di entrambe le sue madri. Non desiderava rinunciare alla sua vita su Sto, agli amici del quartiere popolare di Grad, ai resoconti dei casi misteriosi che mamma Vastra e zio Alonso risolvevano. Ma Lungbarrow e i suoi abitanti gli erano ormai familiari e si sentiva ugualmente a casa; vi era inoltre l’enorme attrattiva che l’Accademia, un luogo a lui proibito e potenzialmente meraviglioso, rappresentava ai suoi occhi. Non si era mai davvero illuso di poterla frequentare, almeno finché quel pomeriggio non aveva origliato una conversazione tra Jenny e Innocet. Lei era convinta di riuscire a porre Vastra davanti ad un ultimatum, spaventandola con la minaccia di non tornare affatto.

“Sarà costretta a venire qui, e capirà che può fidarsi di mio padre. Non è ancora diventato l’uomo che lei odia…”

“Finora ti sei attenuta strettamente alla legge. Cosa pensi che farà se sospetterà che tu voglia infrangerla? Ti ripagherà con la tua stessa moneta. Rischi di perderlo per sempre, e non soltanto lui; anche la credibilità di cui hai assoluto bisogno per iniziare la tua carriera.”

“E se le proponessi una volta per tutte di trasferirsi qui? Non è un segreto che la politica del vostro Lord Presidente non mi entusiasmi, e che mi legga pure nel pensiero, non ho paura. Ma Grad non è esattamente un luogo privo di pericoli e strade troppo facili.”

“Siamo abbastanza corazzate mentalmente per parlarci senza eufemismi. Quando ascolto i comunicati giornalieri dalla Cittadella, mi ritengo fortunata del mio ruolo di Governante e di non essere costretta a mettere piede in quel luogo. Sono semplicemente disgustata delle controriforme degli Arcaliani in questi ultimi anni e per quanto Sto possa essere un pianeta corrotto, non lo sarà mai quanto Gallifrey. Non c’è più un futuro per voi, qui. E te lo dico con dolore, perché voglio bene ad entrambi.”

Arkhew non aveva ascoltato le ultime parole di Innocet, che distruggevano brutalmente le loro speranze e mettevano ogni cosa sotto una luce disumana. Era già corso a mettere in pratica quelle speranze, convinto che si reggessero su una base solida e che fossero finalmente possibili da realizzare. Voleva anzi essere lui a convincere Vastra, voleva averne il merito, voleva che il profumo delle aiuole fiorite del giardino di Lungbarrow risvegliasse i sentimenti che le sue mamme dovevano, dovevano provare ancora l’una per l’altra. Il Dottore e Ada si amavano. Zio Alonso e lo sconosciuto dagli occhi blu si amavano, senza alcun dubbio, anche se quando lo sconosciuto ripartiva lo lasciava nella depressione più nera. Perché loro non potevano vivere insieme?

Ma Thistle aveva sentito tutto, anche alla fine, ed erano due i pensieri che si agitavano dentro di lei.

Il primo era “Non voglio che Kew si illuda inutilmente”

Il secondo era apparso come un’ombra nera nella sua coscienza, e non si era nemmeno resa conto di averlo formulato: “Non voglio correre il rischio che Jenny viva qui per sempre”.

 

Per questo, non appena Arkhew aveva stabilito il collegamento con Vastra, Thistle aveva concentrato tutte le sue energie mentali per insinuarvisi. Lei si stupì, ma all’inizio non le mostrò ostilità. Nonostante i suoi rancori verso il Dottore, non voleva essere scortese con una ragazzina. Kew però era contrariato da quell’intrusione.

- Thistle, perché sei qui?

- Devo dire due parole a tua madre. Da sola.

- Ma io, veramente…

- Ti sveglierai comunque tra cinque secondi, ti ho allontanato la candela prima di connettermi.

- Va tutto bene, tesoro, ci sentiamo più tardi - lo rassicurò Vastra, cercando di nascondere il proprio turbamento.

Arkhew le fissò stralunato e svanì dalla stanza virtuale.



- Esattamente, cosa le hai raccontato?

- Tutto. Che vorresti convincerla a venire qui ma sarebbe la scelta peggiore in assoluto. Vuole parlare con te, subito.

Jenny era impallidita. - Thistle, non capisco. Perché ti sei immischiata in questa situazione? È la mia vita. Sono i miei problemi, e cerco di risolverli come posso. Tu non puoi sapere cosa provano gli adulti, non ancora.

Lei si infuriò. Certo che sapeva cos’era l’amore! Perché la trattava sempre come una bambina? Dal loro primo incontro, erano partite con il piede sbagliato. “Sei deliziosa, sorellina” “Sei così intelligente, piccolina” “Quando sarai grande, diventerai bellissima”.

No, no, no! Voleva essere bellissima adesso! Voleva che il professor Kedred guardasse lei, e non Jenny! Il bacio a cui aveva assistito qualche giorno prima l’aveva sconvolta e indispettita sino a farla sragionare.

- Vi ho visti, al dirupo! Sembravate così intimi...

- Come osi! Non sai niente, non era niente! Non dovevi permetterti!

Il Dottore, profondamente turbato, si offrì di partecipare al confronto. - Però, Jenny, ritengo sia sciocco continuare con questa guerra fredda. Forse, se conoscessi il motivo della sua rabbia verso di me, Vastra e io potremmo accomodare la cosa; non è necessario creare un paradosso, saprò recitare bene quando verrà il momento…

- Scusami, papà, questo non c’entra nulla con te. Non c’entra nulla con nessuno di voi. - La voce di Jenny era dura come mai prima. Frugò nella borsa alla ricerca di un’altra candela e uscì dal soggiorno con passo risoluto.

 

Thistle sentì tutti gli occhi puntati su di sé. La stavano giudicando severamente: i suoi genitori, Innocet, persino Jack che era rispuntato in casa chissà quando; ed era sicura che, se si fosse voltata, avrebbe trovato Dorium nella sua postazione a rivolgerle quella stessa occhiata.

- Papà…

Il Dottore era immobile, lo sguardo glaciale, la mascella contratta. Teneva le mani intrecciate davanti a sé, così strette che le nocche erano diventate bianche. - Zitta, Thistle. Mi hai deluso davvero. Aspettiamo di sapere cosa succederà.

Lei tentò di nuovo di parlare, ma capì che non sarebbe servito. Era ancora convinta di aver agito per il meglio, ma non era opportuno sfidare oltre la pazienza di suo padre. Quegli occhi la raggelavano.

Ada la capiva, in un certo senso. Era stata lei stessa la causa dell’ira del Dottore, tempo prima, per aver rivelato a Clara certi dettagli sulla sua vita con troppa leggerezza. Ed era stato paradossale, perché proprio quell’incidente le avrebbe portate a condividere lo stesso corpo e quell’intera biblioteca di ricordi… Avrebbe voluto dirle che si sarebbe aggiustato tutto, ma non poteva. Non era una sua amica, era sua madre, ed era giusto che le permettesse di rendersi conto dei propri errori.

Attesero, alcuni trattenendo il respiro, altri spiando nel corridoio il ritorno di Jenny. per poi rincantucciarsi in una poltrona o accanto alla finestra.

Finalmente ella apparve di nuovo nel vano della porta. Aveva gli occhi umidi.

- Abbiamo avuto un chiarimento. Ci siamo dette quello che per tutti questi anni non avevamo osato confessare. Ci ha fatto bene, credo… - Sospirò. - Credo che proveremo ad essere di nuovo una famiglia.

I volti degli abitanti di Lungbarrow si distesero in un sorriso, ma Jenny continuò: - Non penso che torneremo.

La reazione di Ada fu più che mai umana; sgomenta, strinse il braccio del Dottore e lo guardò sperando che dicesse qualcosa, che le facesse cambiare idea… ma lui continuava a tacere, gli occhi bassi e un’espressione rassegnata.

Jenny sembrava davvero determinata. - Io l’amo ancora. Mi dispiace, è meglio così. Non c’è futuro per noi qui. - La Governante ebbe un sobbalzo, ma nonostante Jenny l’avesse guardata brevemente, nessuno intuì che stesse citando le sue parole. - Forse io riuscirei a trovare un impiego, dopotutto ho sangue gallifreyano. Ma lui no, ed è profondamente ingiusto. Tu critichi sempre la società di Sto, papà, mi chiedi come facciamo a viverci, fai battute… ma non ti rendi conto che comunque là abbiamo una vita. Abbiamo dei vicini di casa a cui chiedere lo zucchero e Kew ha dei compagni di scuola che magari scherzano sulla sua razza, ma non si sognerebbero mai di pensare che non dovrebbe stare in classe con loro. Ci sono aziende che assumono soltanto umanoidi, e altre che preferiscono gli Zocci. E quindi? Si può comunque lottare per avere maggiori diritti, maggiore uguaglianza. Pensi che questo possa succedere su Gallifrey? Pensi che il nuovo Lord Presidente e i suoi amichetti dalle tuniche verdi un giorno si sveglieranno con una linea politica meno restrittiva?

Il Dottore scosse la testa. - No, non credo che succederà. Tuttavia stiamo cercando di...

- Ho voce in capitolo?

Tutti si voltarono verso Dorium, sbigottiti. Jack fischiò.

Jenny si avvicinò e deglutì: - Pensi di averne?

- Mi domando perché tutti credano che io sia stupido - rispose, apparentemente calmo.

- No, non lo credo - chiarì Jenny, con una voce sbrigativa che nessuno le riconobbe. - Ho cercato di tenertelo nascosto esclusivamente perché è pericoloso svelare avvenimenti non ancora accaduti, ma immaginavo che avessi scoperto la verità. E la risposta alla tua domanda è sì, hai molta, moltissima voce in capitolo. Puoi fare ricorso. Potresti persino… non farmelo dire.

- Tu credi che voglia rendervi infelici? Tutti e tre? Non sono tanto crudele. Un giorno vi rivedrò… un giorno saprò tutto ciò che c’è bisogno di sapere.

Lei annuì. - E ti chiedo scusa già da ora.

Lo sportello si richiuse di scatto. - Ma non posso dirgli addio, non ci riesco. - La luce rossa lampeggiò e si spense.

 

Per quanto fosse mortificata, Thistle tentò comunque di giustificarsi con Arkhew.

- Forse torneranno insieme. Non ne sei contento?

- Sì. Tantissimo. Ma tu non ti sei intromessa per farle tornare insieme. Io… non so che cosa avessi intenzione di fare, ma non mi piace. Non ci volevi qui, vero? Non ci hai mai voluto bene.

- Non sono io che non vi voglio qui. È il governo - replicò lei con aria saputa. Era lontano il tempo in cui lo proteggeva dagli sbalzi d’umore di Jack, ora sembrava ansiosa di sbattergli tutta la verità in faccia perché crescesse in fretta senza farsi più illusioni, proprio come era accaduto a lei. - Gli Arcaliani hanno chiuso l’Accademia ai non-Gallifreyani, è per questo che tua madre ha potuto dare gli esami ma tu… mi dispiace, è una cosa ingiusta e mi fa arrabbiare, ma non possiamo cambiarla.

- Non sono più un bambino piccolo! Le capisco, queste cose; non mi piacciono, ma le capisco. Ci sono persone razziste, a Grad, ce ne sono dovunque, credo… non m’importa. Non potrei lo stesso imparare le cose che studi tu, perché non sono intelligente. Non mi importa neanche questo. Però mi fa male sapere che tu non mi vuoi qui.

Non era vero e non voleva che lui lo pensasse: - Non sei tu! Non sei per niente tu!

- Allora è con mamma Jenny che ce l’hai? Cosa ti ha fatto?

Thistle sospirò. Tanto valeva dire la verità, o almeno una parte. Non gli avrebbe parlato del bacio, non era crudele a quel punto: - Mio padre le vuole più bene che a me.

- Ma Thistle, è impossibile! Il Dottore ha abbastanza amore per tutto l’universo, è una stupidaggine quella che dici!

- Sei figlio unico, non puoi capire - tagliò corto lei. Stava peggiorando la situazione, ma tutto sarebbe andato comunque da schifo e non poteva più rimediare… tanto valeva gettare via ciò che restava.

- Io capisco, invece - replicò Arkhew, le crestine che tremavano e i pugni contratti. - Capisco che non torneremo più. Non ti dispiace almeno un pochino?

Thistle scrollò le spalle. Certo che le dispiaceva! Ma a che serviva? - Sì. Mi dispiace che dispiaccia a lui, perché non voglio vederlo triste. Ma non state andando a morire, perciò se ne farà una ragione.

Arkhew si arrese. Cosa le insegnavano all’Accademia? A diventare di ghiaccio? Forse allora era fortunato a non poterla frequentare. Era fortunato ad avere un altro pianeta su cui vivere. - Ciao, allora. - Lei non rispose nemmeno, mordendosi il labbro e guardando da un’altra parte.

Corse da Jack e lui sì, lo abbracciò e aveva persino gli occhi lucidi. Questo gli diede coraggio per affrontare un argomento che non aveva mai osato prima: - Ci ho pensato tanto… questa è l’ultima occasione che ho. Io penso che tu debba parlare con tuo padre della cornacchia.

- Di cosa stai parlando?

- Il corvo fantasma… quando non sembravi più tu. Quando…

- Non capisco.

Arkhew aprì la bocca per chiedergli se davvero avesse dimenticato ciò che era successo anni prima tra le rovine di Oakdown, ma Jenny si era avvicinata e gli aveva messo una mano sulla spalla, ricordandogli che era ora di andare.

Non avrebbero più rivisto Gallifrey per molto, molto tempo...

 

 

   
 
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