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Autore: Carlos Olivera    23/10/2014    2 recensioni
Storia partecipante al contest Fantasy a Volontà di _Roxanne
Anno 0
Uno dei "blocchi" contenenti i coloni dell'astronave Chelokev scompare nel nulla durante la fase di atterraggio sul pianeta Celestis assieme ai suoi 12 occupanti.
Anno 9
Un elicottero in volo da Eyban a Caldesia precipita nel cuore dei Monti Volkof, nelle gelide montagne eybaniane. Una squadra speciale al comando del capitano Anya Polikovka viene inviata sul posto per recuperarne il preziosissimo carico, da cui dipende il destino di tutti gli umani di Celestis, e salvare gli eventuali superstiti.
In quell'inospitale angolo di inferno bianco, il Capitano ed i suoi uomini scopriranno un segreto antico come l'universo, liberando dalla sua prigione un potere che travalica i limiti dello spazio e del tempo.
Genere: Fantasy, Horror, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Tales Of Celestis'
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PROLOGO

 

 

Sasha Lokov aveva aspettato quel momento per tutta la vita.

Era andato contro tutto e tutti, e rinunciato ad ogni cosa, per poter essere lì.

La sua casa, i suoi genitori; persino la sua ragazza, troppo timorosa e spaventata per volerlo seguire. Molto presto avrebbe lasciato ogni cosa.

Anzi, in realtà aveva già abbandonato tutto, nell’istante in cui era salito sulla navetta che dalla base Alekova nel Kazakistan lo aveva portato insieme ad altri fin sulla stazione spaziale, da dove la nave coloniale avrebbe preso il volo alla volta di Celestis, la sua nuova patria.

Il suo essere uno stregone aveva reso più facile la selezione, anche se per riuscire ad aumentare le sue possibilità di venire scelto si era visto costretto ad entrare nella MAB; era stato quello ad allontanarlo in maniera definitiva dai genitori, che di contro lo avrebbero sempre voluto vedere nell’esercito nazionale russo, come buona parte dei suoi antenati.

E in effetti, se non fosse stato per la voglia smisurata di far parte di quella spedizione, probabilmente sarebbe stata quella la sua strada, ma i posti disponibili per i militari erano molto pochi, e per buona parte prenotati. Di contro la cronica penuria di maghi nei Paesi di influenza russa e i molti posti riservati ai membri dell’Agenzia, tra l’essere uno stregone ed il fare parte della MAB l’ammissione era risultata molto più facile, praticamente una formalità.

Ora, era quasi tutto pronto.

La Chelokev non era l’Aurora, ma imbarcava quasi novecentomila persone, racchiuse in piccoli hangar da dodici posti ognuno raggruppati l’uno all’altro a formare una specie di gigantesco Cubo di Rubik nella pancia della nave; al momento dell’arrivo, e del successivo distacco dalla nave madre, ognuno di quegli scomparti si sarebbe tramutato in una unità abitativa autonoma, con un proprio sistema vitale e del tutto autosufficiente sia dal punto di vista energetico che da quello del sostentamento vitale dei suoi occupanti.

Sasha era stato assegnato al’Unità Y-2801, una delle più esterne dell’immenso blocco, subito sopra il ventre della nave, e dei suoi dodici compagni era l’unico dotato di poteri magici, tanto che, malgrado la giovane età, era stato nominato caposquadra. Nelle sue mani, fino al ripristino di una nuova istituzione democratica una volta instaurata una colonia fiorente, avrebbe tenuto il destino di quel ristretto gruppo di persone.

I Torkov, una famiglia di quattro persone originaria di Pietroburgo, erano l’unità più numerosa; poi c’erano i coniugi Batchenko, di Baku, Selim e Ludvika, lui azero musulmano lei russa ortodossa, neosposi alla ricerca di una molto speciale luna di miele e di un altrettanto speciale ed unico futuro su di un nuovo pianeta. Gli altri erano tutti piuttosto anonimi, eccezion fatta per il polacco Komski, un ingegnere informatico, e l’azero Savriv, un oligarca la cui famiglia aveva fatto i soldi con le centrali estrattive e che si era conquistato quel posto a forza di generosi finanziamenti al progetto.

Ormai la partenza era prossima.

Le operazioni di imbarco erano in corso già da diverse ore, e da poco era arrivata la notizia che l’Aurora, la sola delle tre navi coloniali a partire direttamente dalla superficie, era quasi pronta per il lancio, cui avrebbe fatto seguito anche quello delle sue due navi gemelle.

Sasha chiamò attorno a sé gli altri occupanti del blocco, scrutandoli uno ad uno con lo sguardo.

Indietro non si poteva più tornare, e lo sapevano molto bene.

Avevano scelto di fare il salto nel buio, e indietro non si poteva più tornare.

Se non altro, non si sarebbero accorti di nulla; le loro capsule criogeniche li avrebbero mantenuti in ibernazione per tutti gli oltre cento anni di viaggio necessari a raggiungere Celestis, dando loro la sensazione, al netto delle simulazioni e dei molti test già sostenuti, di chiudere gli occhi giusto per qualche secondo, il tempo di metabolizzare ciò che stava succedendo un attimo prima di addormentarsi e risvegliarsi.

«Lo so che siete preoccupati» disse sforzandosi di entrare il più possibile nel suo ruolo di leader. «Ma abbiamo preso tutti una decisione, e presto ne raccoglieremo i frutti.

Ci aspetta un nuovo molto, e per quanto vi sia stato detto, ci sia stato detto già molte volte, a scanso di equivoci voglio ricordarvelo ancora. Non sarà una passeggiata quella che ci aspetta. La civiltà non sarà lì ad attenderci, ma ce la dovremo costruire un pezzo alla volta.

È per questo che stiamo andando laggiù. Per dare vita ad un nuovo mondo. Con le nostre mani» quindi rivolse uno sguardo ai due figli maschi dei Torkov, due gemelli di undici anni dai cui occhi traspariva una grande emozione ma anche molta, moltissima paura. «E se il cielo lo vorrà, e ne saremo capaci, daremo vita ad un mondo così grande, prospero e pacifico da non far rimpiangere quello che abbiamo scelto di lasciare.»

A quelle parole tutti, benché nervosi, parvero tranquillizzarsi, e scambiatisi tra di loro un ultimo saluto entrarono ognuno nella propria capsula, sforzandosi di rimanere immobili mentre i portelli si chiudevano e le apparecchiature per il sostentamento vitale, non senza un certo fastidio, venivano collegate al corpo dal computer.

L’altoparlante montato all’interno di ogni scomparto comunicò che il distacco dalla stazione era imminente, scandendo il countdown per la somministrazione delle sostanze ibernanti all’interno del corpo, e Sasha ebbe appena il tempo di augurare un felice ritrovarsi a Celestis un attimo prima che la stanchezza avesse la meglio su di lui, costringendolo a chiudere gli occhi.

Dentro di sé, il giovane aveva sempre sognato il momento in cui li avrebbe riaperti, a viaggio concluso, immaginando con il suo ultimo pensiero di sentire quella stessa voce che annunciava l’agognato arrivo nella loro nuova casa.

Invece, il suono che ridestò violentemente Sasha dopo quello che, a dare detta alle sensazioni, era stato nulla più che un breve attimo di smarrimento, fu il suono incessante di una sirena, unito ad una terribile sensazione di oppressione che lo schiacciava senza speranza contro il fondo della capsula.

 

Dieci Anni Dopo

 

Travolto dalla più spaventosa tormenta di neve, vento e ghiaccio che si fosse mai vista, l’elicottero da trasporto sorvolava non senza difficoltà la sterminata distesa artica che come una linea invalicabile di alte montagne, interminabili ghiacciai e steppe congelate tagliava letteralmente in due il continente di Erthea, come era stato ribattezzato dai coloni a memoria di quella patria natia che da oltre un secolo avevano abbandonato.

Celestis era un mondo indubbiamente bellissimo, ma dove le forze della natura potevano arrivare alle loro manifestazioni più cruente ed estreme, dalle blitzstorm dell’oceano occidentale alle tempeste ghiacciate della catena del Volkof, alcune delle quali infinitamente più spaventose di quella che il velivolo stava ora faticosamente attraversando, con temperature che potevano raggiungere gli ottanta gradi sotto lo zero in pieno giorno e uragani nevosi talmente intensi da oscurare completamente la vista.

In cabina di comando, il pilota ed il suo secondo per orientarsi potevano fare affidamento unicamente sulla strumentazione di bordo, poiché neppure i potenti fari dell’elicottero riuscivano ad illuminare più in là della fusoliera, tale era la potenza e l’intensità della tormenta che si stava scatenando tutto attorno a loro.

«Hind03 a Comando Missione» disse alla radio il copilota. «Mi sentite, Volgorad

«Vi sentiamo, Hind03. La trasmissione è molto disturbata. Qual è lo status della missione?»

«Abbiamo lasciato da poco l’insediamento di Lubiana, e in questo momento stiamo sorvolando le Volkof.

O almeno, è quello che ci dicono gli strumenti. La tempesta in mezzo a cui stiamo volando ci impedisce persino di scorgere la linea delle montagne, passo.»

«Ricevuto, Hind03. Continuate con la missione. Il controllo meteorologico prevede che la tempesta è concentrata sulla parte centrale della cordigliera. Attraversatela e vedrete apparire di nuovo le verdi pianure di Erthea

«Allora vi porteremo un mazzo di fiori» sorrise l’operatore. «Hind03, passo e chiudo.»

Nel mentre, nell’area sedili, il dottor Kodrov sedeva in disparte, insensibile a differenza dei suoi quattro colleghi ai continui scossoni e movimenti improvvisi che facevano oscillare e tremare continuamente il mezzo, preoccupato solo di tenersi ben stretta la scatola metallica che aveva con sé; la stringeva come fosse stata un tesoro prezioso, lasciando scivolare di tanto in tanto la punta dell’indice lungo la scanalatura lunga e stretta del lettore di schede che fungeva da serratura, guardando continuamente ora l’orologio ora l’inferno bianco che si stagliava oltre l’oblò.

Tutti là dentro conoscevano bene l’importanza della missione, e del contenuto di quella scatola.

Il destino di milioni di persone, per non dire il futuro stesso dell’umanità che a Celestis aveva trovato una nuova casa, era nelle loro mani.

L’incarico da portare a termine era talmente vitale che, con il benestare dell’Agenzia e delle autorità di Volgorad, si era deciso di procedere con la missione nonostante l’allerta meteorologica per possibili tempeste nella zona dei Volkof, che puntualmente si erano verificate, ma questo, continuava a ripetersi il dottore, non avrebbe impedito a quella scatola di raggiungere Kyrador.

Il pilota ed il copilota facevano del loro meglio per tentare di mantenere stabile l’elicottero, ma neppure la più violenta delle tempeste terrestri era paragonabile a ciò che stavano attraversando in quel momento, ma per fortuna le nuove mappe satellitari si stavano rivelando incredibilmente accurate, abbastanza da permettere al pilota automatico che lavorava in parallelo con gli operatori umani di fare agilmente lo slalom tra le vette fino a ritrovarsi, ad un certo punto, a volare in una zona apparentemente priva di rilievi, come immersi all’interno di un sudario senza fine.

«Meno male, ero stufo di fare lo slalom» sorrise il pilota

Il suo secondo rispose con la medesima espressione, ma dopo poco un trillare della strumentazione catturò i suoi pensieri.

«Che succede?»

«Sto rilevando qualcosa.»

«Di che si tratta?»

«Si direbbe una fonte di energia. Qualunque cosa sia, è dritta davanti a noi. Aspetti, ora controllo.»

L’analisi, però, non risultò chiarificatrice, poiché la risposta risultò alquanto vaga.

«Il computer la classifica come campo magico.»

«Forse è una emanazione naturale. Non sarebbe la prima volta.»

«Però qui la classifica come artificiale.»

«Non capisco, non abbiamo antenne o ripetitori in quest’area, e tanto meno qualche centrale estrattiva.»

Poi, la situazione cambiò drammaticamente.

All’improvviso una specie di onda d’urto investì l’elicottero, sollevandolo violentemente di alcuni metri, e subito dopo i due piloti videro tutta la strumentazione andare in tilt, a cominciare dal pilota automatico.

«Ma che diavolo succede?» strillò il capitano afferrando la cloche

«Non lo so, il sistema elettronico è andato in tilt!» ribatté terrorizzato il suo vice cercando inutilmente di riavviarlo.

Il pilota tentò faticosamente di riacquistare il controllo del velivolo, ma le correnti e il vento erano talmente forti che l’elicottero oscillava in tutte le direzioni sballottato qua e là dalla tormenta.

«Maledizione, non riesco a tenerlo!»

Il copilota allora si attaccò alla radio, sperando che fosse ancora operativa.

«Mayday! Mayday! Hind03 a base! Siamo in avaria! Tutta la strumentazione fuori uso! Condizioni meteo proibitive! Non riusciamo a gestire il velivolo!»

Ma il peggio doveva ancora venire.

Come un cancro che divora un corpo al sopraggiungere di una seconda, violenta onda d’urto il danno, dai sistemi elettronici, si diffuse rapidamente anche a parte di quelli analogici, e quelle poche funzionalità ancora operative, a cominciare dal pilotaggio manuale, iniziarono a loro volta ad andare in avaria.

«Niente da fare, andiamo giù!»

«A tutto l’equipaggio, prepararsi per atterraggio di emergenza!» esclamò via altoparlante il copilota prima di spingere tutte le levette di una consolle davanti a lui. «Sistemi di sopravvivenza e anti-collisione attivati!»

Quando anche le pale ed il rotore si furono fermati l’ultima speranza per evitare la tragedia, oltre al lancio della radio-boa aerea di segnalazione, fu per il capitano lo spezzarsi le braccia facendo forza sulla cloche per cercare si portare l’elicottero quanto il più possibile a livello orizzontale.

Se non altro, intorno non si vedevano montagne, e per interminabili istanti il velivolo seguito a precipitare verso il basso a velocità sempre maggiore, fino a che il faro di posizione, miracolosamente ancora attivo, non giunse da un momento all’altro ad illuminare per un istante la superficie.

Sembrava un ghiacciaio. Il pilota ed il copilota ebbero appena il tempo di vederlo, poi tutto cessò in un assordante rumore di metallo accartocciato.

 

 

Nota dell’Autore

Salve a tutti!^_^

Eccomi con una nuova storia.

Non la chiamo ancora “breve” perché in realtà non ho la minima idea di quanto lunga potrebbe diventare, ma in ogni caso non credo arriverà al livello di “Megonia”.

Questo nuovo racconto, ambientato ad Eyban nel momento immediatamente successivo all’arrivo dei primi coloni, serve a raccontare un altro avvenimento di grande importanza nella storia di Celestis, ma la cui reale portata in realtà diventerà evidente solo in un secondo tempo rispetto agli eventi che si stanno attualmente dipanando nella storia principale.

A presto con il primo capitolo!^_^

Carlos Olivera

  
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