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Autore: alteria95    24/10/2014    0 recensioni
Scarlett si allontanò, nascosta nell’ombra della notte. Era sola, non c’era anima viva in giro: l'unico suono che tradiva la sua presenza era il rumore dei passi affrettati sul cemento. Qualche cane rabbioso abbaiava, rinchiuso dietro a un cancello. La luna rifletteva la sua pallida luce sulle strade semibuie. In lontananza si udiva il rumore delle macchine che scorrevano nel traffico cittadino. Scarlett tremava, terrorizzata dal suo stesso respiro. Si girò: due occhi verdi la fissarono nell'oscurità. Una mano le afferrò un braccio e la trascinò di peso dietro una porta socchiusa di legno rovinato.
Sam correva a perdifiato: ispira, espira, ispira, espira. Un passo dopo l’altro, fuggiva dalla sua stessa vita, priva di senso e piena di ricordi. Aveva il fiatone, ma ogni passo era una conquista verso quel futuro in cui sperava da anni. Era stufo di aspettare. Lo scorrere dei giorni, uno dopo l’altro, monotoni, assurdi, privi di vita, lo logorava. Il grigiore lo stava uccidendo, la sua intera esistenza era un disperato grido in cerca di aiuto. Era talmente schiacciato dalle menzogne e dalle ipocrisie che respirava per miracolo.
Genere: Introspettivo, Science-fiction, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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CAPITOLO TERZO: IL SILENZIO
 

Sam si destreggiava fra i tavoli con tre vassoi in mano. "Cameriere, una bottiglia d'acqua, grazie!", "Mi scusi, posso avere un'insalata?", "Hey ragazzo, portaci il conto." Era difficile concentrarsi: doveva portare i piatti in tavola, ricevere le ordinazioni e ascoltare le lamentele dei clienti scontenti. "Ragazzo?" Una donna isterica, seduta da sola a un tavolo in fondo alla sala, continuava a chiamarlo per motivi inutili. Trattenendo un sospiro, Sam si avvicinò a lei per la milionesima volta in venti minuti.
"Mi dica signora, desidera?"
"Questo arrosto non è abbastanza caldo. Non sono per niente contenta del servizio. Fammene preparare un altro, e non pensare che pagherò questa porzione!" Pensa allo stipendio, Sam, pensa allo stipendio.
"Certamente, vado subito a reclamare in cucina".
"Bravo, e vedi di fare in fretta!" Sam sbuffo silenziosamente e portò l'ennesima lamentela ai cuochi stremati.
"Scusate ragazzi, ma l'insalata è scondita, la zuppa è insipida, le patate sono crude e l'arrosto non è caldo."
"E' insopportabile! Facci un favore, sopprimila con un tovagliolo".
"Ahahaha, magari potessi. Non vale la pena di darle un'altra porzione, riscaldate questa. Non se ne accorgerà neanche, posso scommetterci una mano."
Come volevasi dimostrare, quando Sam le porse il piatto fumante la donna sorrise soddisfatta.
"Molto meglio. Vedi ragazzo, quando si insiste si ottiene qualcosa di buono anche dai giovani svogliati come voi." Sam sorrise fra se e se. Sapevo che non te ne saresti accorta, vecchia acida.
"Certo signora, come darle torto. Vorrebbe ordinare qualcosa d’altro?"
"Per ora va bene così. Torna al lavoro, ragazzo." Sam trattenne a stento le risate fino alla cucina.
"Ve l'avevo detto. Non ha battuto ciglio." I cuochi scoppiarono a ridere e non smisero di scherzare fino alla chiusura. Sam salutò, afferrò la giacca e tornò in albergo. Appeso sulla bacheca del bar c'era un cartello interessante. "Affittasi piccola villa in mezzo alla natura. A dieci minuti dalla città, offre una fantastica vista sul verde, lontano dallo smog quotidiano. Per informazioni chiamare il numero 034587691." Sam strappò il foglio e lo mise in tasca. Prese le chiavi della camera e aprì la porta. Una casa in mezzo alla natura. Devo telefonare subito, prima che a  qualcun altro venga la mia stessa idea. Si sdraiò sul letto e afferrò la cornetta del telefono. Una voce femminile rispose dopo pochi squilli. "Pronto?"
"Buonasera, chiamo per avere un'informazione riguardo  un annuncio: si tratta di una casa in affitto. Spero di non disturbare a quest'ora."
"Non si preoccupi, sono sempre disponibile. Stava parlando di un annuncio: è interessato alla villetta?"
"Si, mi riferivo a quella. Lei è la proprietaria?"
"Si, sono io. Desidera fissare un incontro informativo?"
"Volentieri. Che ne dice di domani pomeriggio alle quattro?"
"Va benissimo. Venga in Ridget Road al numero 18 e le mostrerò la casa."
"Ok, a domani. Buona serata." Sam attaccò sorridendo. Forse ho trovato una casa.
 
Sam si svegliò riposato. Per la prima volta dopo molto tempo era riuscito a dormire una notte intera senza svegliarsi. Si stiracchiò e si avvolse nelle coperte: era la sua giornata di riposo. Nel pomeriggio sarebbe andato a vedere la nuova casa. Dopo qualche minuto si alzò e spalancò le finestre sul mare. Si sedette sul davanzale: la vista come sempre era stupenda. L'odore di salsedine pervadeva l'aria, le onde investivano gli scogli affilati. Quella mattina non si riusciva a distinguere l'orizzonte: il cielo e il mare si confondevano in un'unica infinita pennellata cobalto. Mi sento così piccolo davanti a tutto questo. La vita stessa sembra insignificante. Fece una doccia fredda, si vestì e scese le scale. Harry, il proprietario del bar, gli sorrise allegro. "Bella giornata, vero Sam?"
"Bellissima giornata!" Il profumo di caffè gli stuzzicò le narici. Lo stomaco brontolò affamato.
"Cosa ti preparo questa mattina?"
"Per ora nulla, aspetto Scarlett." L'uomo esplose in una corpulenta risata rude. "Scarlett è venuta due ore fa. Ha chiesto di te e io le ho detto che eri ancora in camera. Non ha avuto il coraggio di svegliarti."
"Cosa? Due ore fa? Ma che ore sono?"
"Sono le dieci passate, ragazzo. Ieri sera hai fatto bagordi?"
"Ma va, ho lavorato fino a tardi. Adesso capisco perchè mi sento così riposato: ho dormito più di nove ore."
"Ne avevi bisogno, negli ultimi giorni sembravi molto stanco. Allora, vuoi un caffè e una brioche vuota, giusto?"
"Già, il solito. Grazie Harry, oggi ho proprio bisogno di una dose di caffeina."
Sam soffiò sulla tazza e sorseggiò la bevanda bollente. Prese il cellulare e chiamò Scarlett. La ragazza rispose con voce indaffarata. "Pronto?"
"Ciao, sono Sam. Scusa se stamattina non ho fatto colazione con te, mi sono svegliato solo ora."
"Però, che dormita! Stai tranquillo, non me la sono presa. Sono contenta che per una volta tu sia riuscito a dormire come si deve." 
"Ahahaha, in effetti mi sento benissimo. Allora, ci vediamo per pranzo?"
"Si, certo. Chiudo il negozio fra un paio d’ore e vengo da te."
"Perfetto, a dopo."
Sam finì di fare colazione e andò a pagare il conto.
"Quanto ti devo?"
"Il solito, ai migliori faccio sempre lo sconto." 
Il barista gli strizzò l'occhio con fare scherzoso.
"Ahahaha, sempre troppo gentile. Ascolta un attimo, tu per caso hai visto chi ha attaccato questo annuncio per l'affitto di una casa?" Sam tirò fuori dalla tasca il biglietto spiegazzato e lo aprì davanti al barista.
"Mi dispiace, non ci ho fatto caso. Qui è sempre pieno di clienti e fra una cosa e l'altra non ho mai tempo di fermarmi. Vuoi già abbandonarmi?"
"Ok, grazie lo stesso, nulla di importante. Comunque vado oggi pomeriggio a dare un’occhiata."
Sam sorrise, si vestì e uscì a passeggiare sulla spiaggia. Prese una sigaretta dal pacchetto e, seduto sugli scogli, si mise a pensare. Guardando il mare scuro e tempestoso provò una strana sensazione: era come se si fosse accorto per la prima volta dello scorrere del tempo. Era da molto che non pensava alla sua adolescenza. Veniva considerato “quello strano” da tutti: amava la musica metal, i fantasy e la filosofia. Se ne stava per i fatti suoi, le persone sembravano spaventate da lui. Aspettava il futuro splendido che lo attendeva lì fuori, senza rendersi conto di doverlo costruire. I vestiti neri e i capelli lunghi erano una scusa, un modo per tenere lontane le persone. Si sentiva un cliché ambulante: immaginava le madri agitate dei suoi coetanei dire ai figli: “Stai lontano da quel Sam, non mi sembra affatto un tipo raccomandabile!” I suoi amici erano degli sbandati, ogni uscita era una scusa per spaccarsi di canne e alcol. Si sentiva come un topo in gabbia e faceva di tutto, qualunque cazzata, pur di liberarsi dalle cinghie che lo stritolavano. L'unica persona con cui riusciva davvero a parlare era Nick, un amico d'infanzia. Per qualche tempo tutto continuò così, ma presto Nick trovò una ragazza e non ebbe più tempo per lui. Sam si sentiva più solo di prima e l'idea lo faceva sentire ancora più stupido. Era arrabbiato: come aveva fatto il suo migliore amico a dimenticarsi così in fretta di lui? Contava così poco? Da quel momento Sam si isolò dal mondo, una bolla di sapone lo distaccava da tutto e da tutti. Era emotivamente spento. Usciva con gli amici, stava con qualche ragazza, ma non era più lo stesso: ogni cosa gli era indifferente, non gli importava di nulla. Nessuno riusciva a penetrare la sua barriera e lui era convinto che nessuno ci provasse. I suoi genitori se ne fregavano, si accorgevano a malapena della sua presenza, o per meglio dire della sua assenza. Vedeva sua madre ogni due settimane, ma quei momenti erano sempre imbarazzanti e tediosi, pieni di finzione, e ogni volta che tornava a casa si sentiva come se avesse inghiottito un bicchiere di vetriolo. Suo padre, con cui divideva la casa, era sempre fuori per lavoro, così impegnato da non avere più lo spazzolino in bagno. Sam doveva arrangiarsi e fare i conti con la solitudine quotidiana. Pensava tutti i giorni al modo più indolore per suicidarsi: a cosa serviva vivere, in fondo nulla aveva un senso. Le giornate, l’una identica all’altra, cambiavano di mese in mese, mentre lui rimaneva immobile ad aspettare che la bufera finisse, un povero viandante perso nella nebbia. L'esistenza che viveva era un lento cammino insensato, un minuscolo granello di sabbia trasportato dal vento. Sam riusciva a vedere il terribile squallore delle vite che lo circondavano, ognuna abbandonata a sé stessa. A che scopo continuiamo a respirare se sappiamo che prima o poi saremo cibo per i vermi? Questo genere di pensieri lo tormentava, non gli permetteva di respirare. Come mille adolescenti prima di lui, era ossessionato dall'idea di trovare un senso al grande mistero, di riuscire a sbrogliare il gomitolo che rispondeva alla grande domanda. Un giorno una ragazza si sedette al suo tavolo nella mensa della scuola. Era bella: lunghi capelli castani le lambivano i fianchi, penetranti occhi dorati erano incastonati sul viso più dolce che avesse mai visto. Sam la guardò storto: nessuno osava avvicinarsi a lui e al suo gruppo. Lei, facendo finta di non essersene accorta, appoggiò il vassoio sul tavolo e cominciò a mangiare. "Ciao, io sono Emma. Ho sentito molto parlare di te. Ti chiami Samuel, vero? Ti ho visto seduto qui e ho pensato di fare due chiacchiere."
Sam la fissò stranito. Emma rimase con lui per tutto l'intervallo, parlando senza sosta di cose inutili. Al suono della campana, Sam scostò rumorosamente la sedia e si allontanò. Emma lo seguì e gli toccò una spalla: lui la fulminò con lo sguardo. "Allora ci vediamo domani Samuel, buon pomeriggio!" Il ragazzo si voltò a fissarla mentre se ne andava. Si incamminò verso l'aula di chimica. I suoi amici ridacchiarono tutto il tempo, sfottendolo senza pietà. "Sam Sam ha trovato un ragazza. Sarai capace di starle vicino o scapperà urlando a squarciagola? Magari puoi sacrificarla in uno dei nostri rituali oscuri!"
"Dai ragazzi, smettetela." Al loro passaggio un chiacchiericcio denso di pettegolezzi si sollevò. Qualcosa in quel momento era cambiato.
 
Sam si alzò dalla scogliera e si avvicinò al bar. Era passato parecchio tempo da quando era uscito, Scarlett sarebbe arrivata da un momento all'altro. Spalancò la porta: un'ondata d'aria calda lo investì. Entrò sgranchendosi le membra. Si guardò intorno, ma non c'era ancora traccia della ragazza. Si sedette a un tavolo e si mise a osservare la gente seduta. Dopo qualche minuto sentì una voce familiare risuonargli nelle orecchie. Sollevò la testa: Scarlett lo fissava con i suoi occhi di brace. "Ben svegliato! Sono qui da cinque minuti e non te ne sei nemmeno accorto."
"Oh, scusami. Ero sovrappensiero."
"Ma dai? Non l'avrei mai detto."
Ordinarono due panini e un'insalata e si misero a chiacchierare.
 
                                                  
Scarlett per la prima volta da molto tempo sorrideva felice: la sua vita era cambiata dal giorno in cui aveva conosciuto Sam. Lui era un ragazzo particolare, strano, come lei del resto. Erano simili sotto molti punti di vista, eppure erano irrimediabilmente diversi. Quando erano insieme, non si accorgevano del passare del tempo. Seduti al tavolino del bar, o su una panchina di fronte al mare, parlavano per ore. Sam adorava il mare. Il suo sguardo d'amore verso l'orizzonte era lo stesso che la ragazza sperava di ricevere prima o poi. Davanti a un caffè amaro, con la bocca sporca di briciole, Sam creava qualcosa a cui Scarlett aveva smesso di credere. Era come se nulla al mondo importasse davvero, come se Josh e la sua vita intera non fossero mai esistiti. Una piccola parte della sua anima stava tornando a vivere, ma ogni volta l'orologio scorreva troppo in fretta e per lei arrivava il momento di tornare al lavoro. Sam la accompagnava in autobus, poi andava a distribuire volantini di ristoranti e trattorie a gente disinteressata alla vita. Scarlett si ripeteva ogni giorno Basta, la devo smettere. Ho un ragazzo a cui voglio ancora bene. Non posso comportarmi come una scolaretta alle prime cotte. Sam era diventato parte integrante delle sue giornate. Finalmente aveva ripreso a pensare e a capire: non riusciva a rinunciare all'ossigeno proprio ora che poteva respirare a pieni polmoni. Non riusciva a immaginare la sua vita senza lui, non ricordava nemmeno cosa provasse prima di conoscerlo. La mattina facevano colazione insieme, poi lei andava in negozio e lui a cercare lavoro. Scarlett avrebbe passato la sua intera esistenza con lui, ma ogni giorno tornava a malincuore da Josh e Sam spariva nella nebbia: le sembravano momenti persi quelli passati senza lui. Tornare a casa e trovare Josh che l'aspettava con uno sguardo d'amore era una sofferenza. Le faceva male vederlo lì, seduto sul divano, mentre lei passava le sue giornate pensando a qualcun altro. Avrebbe voluto cambiare la situazione, ma tutto sembrava così difficile... Si sentiva intrappolata dalla sua stessa vita, non riusciva a distaccarsi dalla quotidianità. Non sapeva nemmeno cosa provasse Sam nei suoi confronti. All'inizio le era sembrato interessato, ma con il passare del tempo i loro ruoli si erano scambiati. Anche se avesse lasciato Josh, Sam non l'avrebbe mai voluta in quel modo. Era straziante vivere dilaniata in quel modo, ma almeno aveva trovato un motivo per cui sorridere, qualcosa da aspettare con ansia, un appiglio a cui aggrapparsi sul precipizio della vita. Non avrebbe rinunciato a Sam per nulla al mondo: questa era l'unica certezza.
  
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