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Autore: skippingstone    25/10/2014    2 recensioni
"Mi avevano detto che pensare troppo fa male, mi avevano detto che sarebbe passato tutto eppure la testa mi scoppia, gli occhi bruciano e respirare sembra la cosa più difficile da fare. Rifletto sulla mia probabile morte e sorrido, almeno potremmo stare vicino. Posso affermare di aver combattuto per tutti quelli che non sono riusciti a farlo: ho combattuto anche per te.
Se, invece, riuscirò ad uscire da questa Arena, non sarò più lo stesso: tutte le cicatrici si stanno aprendo nell'interno della mia bocca lasciando un retrogusto di sangue e troppe sono nel cuore. Anche se uscissi da questa Arena, non ne uscirei vincitore. Ho già perso tutto.
Tutto tranne una cosa: la voglia di vendetta.
Possa la luce essere, ora, a mio favore!"
Genere: Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Altri tributi, Presidente Snow, Tributi edizioni passate
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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38. Possa la fortuna essere sempre a vostro favore
 
«So che è tardi ma...»
«Snow, tranquillo. Ricordo la notte prima dei Giochi come se fosse ieri e...»
«...anche tu sentivi che tutto questo è assurdo?» - rido incredulo.
«Ancora oggi credo che tutto questo sia assurdo. Ho visto troppe persone morire.»
«E perché tu mi volevi uccidere con quel veleno?»
«Possiamo parlarne? Con calma.»
«Non posso restare calmo, se penso a te.»
«Perché?»
«Perché mi ero fidato di te.»
«Ho fatto quello che ho fatto proprio perché anche io mi fido di te.»
«Hai un concetto tutto strano di fiducia.»
«Se solo mi lasciassi spiegare.»
Victor Vict mi guarda come se fossi la sua scommessa più grande. Già in qualche litigio precedente ha cercato di affrontarmi sulla questione veleno, ma io gli ho augurato tutto il male di questo mondo. Non credevo di aver esagerato, in quel momento.
«Spero che, in sogno, ti appaino tutti i volti dei tributi morti. Spero vengano, sempre, a farti compagnia.» - questo gli avevo detto in un momento di rabbia. Come può biasimarmi? Mi son svegliato, una mattina, nella sua stanza perdendo sangue dalla bocca. Avevo perso la sensibilità agli arti e un casino indescrivibile si era impossessato della mia testa che, da quel momento, non ha smesso più di tacere.
«Io posso capirti, Snow. Posso davvero. Certo, i nostri percorsi sono diversi, ma so quel che stai provando dentro e, per quanto tu voglia, non troverai mai riposo. Mai. Questo, però, non deve impedirti di vincere. Sono stanco di vedere ragazzini, doverli allenare e assistere alla loro morte. Per quanto tu possa essere speciale (perché sei speciale Snow) hai bisogno di qualcosa contro Capitol City. Soprattutto se il Presidente sta costruendo i Giochi su di te. Allora devi essere un passo avanti a loro. Nell'Arena ci saranno trappole, mille trappole di cui non sei neanche a conoscenza. L'Arena sarà piena di veleni e... se tu iniziassi a "giocare" con il veleno, potresti diventarne immune, almeno in parte. Gli effetti che il veleno potrebbe avere sugli altri non lo avrà su di te. Per questo ti ho fatto bere thè dall'inizio. Ho semplicemente esagerato l'altra sera. Non volevo succedesse quel che è successo, ma fidati quando dico che l'ho fatto per il tuo bene. Voglio che tu vinca, voglio tu possa riuscire a cambiare le cose.»
«Non sono così speciale.»
«Siamo tutti un po’ speciali. Sei speciale, davvero. C’è una luce in te. Tu non te ne accorgi, ma c’è. Chiediti perché il Presidente sta facendo di tutto per metterti Panem contro, chieditelo. Sei il Tributo a cui Capitol City si sta affezionando. Tutti sono interessati a te, anche i tuoi nemici.»
«E se io... morissi?»
«Facciamo di tutto affinché questo non avvenga.»
 
Busso alla porta di Victor.
Lui apre, mi abbraccia e mi lascia entrare.
«L’ho fatto!» – glielo dico subito, senza perdermi in chiacchiere.
«Cosa?»
«L’ho ucciso!»
Victor mi guarda incredulo, si chiede chi abbia ucciso.
«Ho ucciso il Presidente Morse!» – sorrido soddisfatto.
«Snow…» - lui, però, non sembra felice. Mi guarda come se stesse vedendo una persona pazza. Mi guarda come io guardavo Level.
«Che c’è? Me lo hai detto tu! Sono speciale, destinato a grandi cose. Tu mi hai salvato dall’Arena, il piano del veleno. Ero, in parte, indistruttibile. Quando, poi, mi hai inviato il thè con il veleno. Là ho trovato difficoltà con…» - non riesco a dire il nome di Søren e, infatti, evito di dirlo. – «…ma sono riuscito a portare a termine la nostra missione! Ho ucciso Morse!»
«Snow, la nostra missione non era uccidere Morse.»
Dov’è finito l’entusiasmo che mi ha mostrato quando mi avvelenava? Dov’è finito il mio Mentore?
«Ma l’ho fatto! Ho punito colui che se lo meritava! L’ho ucciso, e lo farei un milione di volte ancora! E, poi, qual era la nostra missione?»
«Vivere, salvarci! Questa era la missione. Andare via da questo mondo. Snow, credo tu debba riposare…»
«Scusa?» – perché, tutto d’un tratto, si comporta in modo così freddo e distaccato con me?
«Snow, hai ucciso il Presidente! Questo avrà delle cause e… lui è il Presidente. Ti sei abbassato ai suoi livelli, in un modo incredibilmente stupido.»
«Non se divento il prossimo Presidente di Panem!» – gli dico in modo risoluto.
«Snow…» - Lui sbarra gli occhi.
«Che c’è Victor?» – sto iniziando a credere che non sia più dalla mia parte.
«Perché non riposi un po’? Ne parliamo dopo un bel riposo.»
Ha qualcosa in mano che cerca di nascondere. Conosco Victor e i suoi modi di fare. Questa volta, però, non mi farò cogliere alla sprovvista.
«Credi che sia tu, Victor, ad aver bisogno di riposare!»
 
Cosima e Caesar mi vengono incontro.
«Snow!» – ci abbracciamo, ci salutiamo. I due mi accarezzano. Ho un flash: mi ricordo gli alter-ego dei due fratelli quando Level mi ha avvelenato nell’Arena.
«Hai visto Victor?» – mi chiede Caesar. Cerco di nascondere la mano sporca di sangue nella tasca dei pantaloni.
«No, non so che fine abbia fatto!»
 
Manca poco, davvero poco.
Il mio cuore batte, ma so che questo è solo l’inizio.
Indosso un vestito azzurro creatomi apposta dalla donna che sposerò tra una settimana, Cosima. Mio cognato, Caesar, ha avverato il suo sogno più grande: è entrato a far parte del mondo della tv, grazie a me.
Ora è il momento, invece, che si realizzino i miei di sogni. Sto prendendo la vendetta più grande che ci sia verso il nemico più grande che ci sia. Finora ho distrutto chi ha intralciato il mio cammino e quello dei miei alleati, ma ancora non hanno pagato coloro che hanno portato Livius al suicidio.
Già, io non ho dimenticato che, oltre i tributi e Morse, il nemico fosse anche il distretto 2. Dovrebbero pagare anche gli altri distretti. Dovrebbero pagarla tutti!
Si aprono le tende e mi affaccio al balcone. Alzo le mani al cielo e tutti fanno uno strano rumore. Si aspettavano, forse, di vedere il Presidente Morse? Ops!
«Miei cari cittadini, diamo il benvenuto al vostro caro Presidente.» – mio padre è qui ad annunciarmi. Peccato che, tra poco, perderà quella lingua che si ritrova. Non mi mancherà affatto il tono di rimprovero di quest’uomo.
«Panem, è il momento di risplendere. Una volta sono stato anch’io come voi. Sì, ero lì ad ascoltare le parole di chi mi ha preceduto.» – guardo il mio popolo e penso che, probabilmente, dovrei avere anch’io un ibrido terrificante. Devo pensarci!
«Oggi è un nuovo inizio. Oggi vedrò Giustizia. Una volta chiesi: come faceva la gente a guardarsi allo specchio sapendo che, ogni anno, dodici tributi maschi e dodici tributi femmine diventavano giocatori di un gioco spietato chiamato “Hunger Games”? Come tutti sapete, io sono uscito vivo da lì. Gli Hunger Games mi hanno reso quello che sono ora.»
Anche se ho ordinato a tutti i miei “sudditi” (posso chiamarli così?) di bruciare tutti i nastri della venticinquesima edizione, non posso dimenticare di essere stato un giocatore. Questo, inoltre, mi ha permesso di diventare un qualcuno diverso da quello del distretto 2. Una volta non avrei potuto cambiare il mondo, ora posso! Lo voglio cambiare davvero il mondo, ma loro non meritano questo. Sono tutti macellai e nessuno di loro ha pianto mentre ci vedevano buttati (e buttavano) in un forno.
«Affinché possiate ricordare i caduti dei Giorni Bui e dei Giochi della Fame, lascerò che i Giochi stessi continuino ad esistere. Per questo esistono i Giochi: per non dimenticare. D’altronde non vi siete mai lamentati di questa forma di intrattenimento, o erro in qualcosa?»
Una cittadina di Capitol City dice qualcosa ma, subito, ci pensa un Pacificatore a risolvere quel piccolo problema.
Respiro intensamente e sorrido: questa è la giustizia.
Dopo aver detto questo, mostro a tutti una rosa bianca e, tagliandone con la mano il gambo, la poso nel taschino della mia giacca azzurra. Tutto questo, ora, è per lui.
«Oh, e basta con la luce, la forza e le illusioni in cui ci hanno voluto far credere finora. Si tratterà sempre e solo di fortuna. Quindi… possa la fortuna essere sempre a vostro favore.»
Gli Hunger Games sono, ora, la mia spada e la mia bilancia. Io sono il volto della Giustizia, non quella Level. Il ragazzino a cui hanno detto di uccidersi con una lametta ha regalato a tutti loro una lametta personale.
Io ho vinto!
 
***
 
Allo specchio c’è una donna.
Si sta pettinando i capelli. In questa nuova dimora, c’è qualcosa di stravagante a confortante. La vita, qui, sembra essere diversa. Ha assistito al servizio in diretta dove il Presidente Snow inaugurava la nuova edizione degli Hunger Games.
Come cambiano le cose!
È cambiata anche lei. Ricorda perfettamente quelle notti passate con il suo mentore a bere thè, quando lui le diceva che tutti sono speciali al mondo. Ora lei non ne beve più di thè, non è facile trovare dei veleni.
Ricorda, come se fosse ieri, quando si è svegliata nuda su una bara di acciaio.
Adesso che è nel distretto 13, ha avuto più tempo per pensare a sé e alle possibilità concesse alle persone. Si interroga ancora sul rapporto complicato che ha avuto con gli uomini della sua vita, soprattutto con l’ultimo. Lei ha creduto davvero in lui e lui cosa fa? La uccide con del veleno.
Risvegliarsi, dalla morte, comunque, è qualcosa di eccitante, un nuovo inizio. Arrivare, poi, nel distretto 13 e scoprire che l’Arena dei venticinquesimi Hunger Games fosse realtà è stato destabilizzante. Qui ha trovato i passaggi sotterranei che, proprio perché percorsi nell’Arena, conosceva a memoria.
Non è stato difficile scoprire questo nuovo mondo. Da qui inizia una nuova vita per una nuova persona. Già, lei non è più Level Rose. Level Rose è morta, per sempre.
«Signora…» - un ragazzo entra nella stanza della donna. Lei smette di pettinarsi.
«Oh, non chiamarmi signora.» – dice al riflesso del ragazzo.
«E come devo chiamarla?» – lui arrossisce.
«Oh, chiamami pure Alma, Alma Coin.»
  
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