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Autore: crimsontriforce    18/10/2008    7 recensioni
Un evocatore senza Eoni non è un evocatore.
Un evocatore senza scopo non è un evocatore.
Yuna è un'evocatrice.
E questo? Questo è un lungo missing moment del filmato finale e un fiero, combattivo What If dell'altro gioco là.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Yuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sesta nella Prima Sfida di Anonima Autori, multifandom, tema "Donne di carattere", mio prompt specifico "Essere in panciolle".
 
Cerco di contenere la logorrea, ma una premessa devo farla: questa one-shot finisce ma non è completa. Un giorno, spero non lontano, apparirà un secondo capitolo che conterrà la parte che per il concorso ho dovuto tagliare (con un limite di 'sole' 6000 parole si fa quel che si può! XD) e chiuderà riproponendo l'attuale finale. Also, più Rikku e più Kimahri. Ho preferito troncare di netto tutta una sezione pittoresca ma accessoria a un lavoro di lima su ogni singolo paragrafo... *si tronca le ditina per evitare un'intro più lunga della fanfiction*
 
Dulcis in fundo, solite note ri-traduttive bla bla, evocatore, luci fatue eccetera. I dialoghi ripresi dal gioco sono ugualmente ritradotti, non per spocchia, semplicemente non saprei dove pescare uno script italiano!
 
(E trattatemi bene i what-if centrali, sono i miei bambini *_* Ci ho messo tanto ammmmoreh, specie quello spezzato <3)
 
 
 



 


 
 
 


Yuna era pronta a dare la vita per sconfiggere Sin, come suo padre prima di lei e infiniti altri evocatori, famosi o oscuri, avevano offerto la loro in mille anni di ciclica tragedia.
Alcuni l'avevano osteggiata nella scelta; altri, seppur grati, non capivano cosa la spingesse verso un viaggio che comprendeva solo rinuncia o morte. Per Yuna (come per suo padre prima di lei e infiniti altri evocatori, famosi o oscuri), il conto era molto semplice: una vita in cambio di mesi di tregua dal mostro. Mesi di vita invece che di sopravvivenza, come le raccontava Braska con voce piena di speranza. Uno scambio più che equo.
Capiva e rispettava chi non aveva la forza di partire, ma seguire le orme paterne era stata una scelta autonoma, per quanto scontata, di cui non si era mai pentita. Dare tutta se stessa per il suo mondo era difficile, crudele, splendido.
Certo era stata felice quando i suoi compagni, più saggi o intraprendenti di lei, avevano trovato un'altra strada per sconfiggere Sin, una che non prevedesse il suo sacrificio. Il suo cuore era poi scoppiato di gioia quando aveva capito che, se avessero avuto successo, la loro vittoria non sarebbe stata una semplice tregua ma il trionfo definitivo, spezzando infine la spirale di morte che regnava da un'era.
 
Sin stava cadendo per sempre e nessun sacrificio era troppo grande. Alla fine dell'interminabile battaglia, però, Yuna comprese che morire assieme a lui sarebbe stato l'epilogo più semplice.
 
 
 

Il sole non tramonta

 (valiantly ever after)
 
 
  Un assunto matematico: X-2=0
 
 
 


 
I primi a cadere: Valefor, Ixion, Ifrit, Shiva. Parti innominate di lei li seguirono, corrotte dall'avversario e poi perse per sempre.
Abbandonando Bahamut, sentì che ogni oncia di saggezza la lasciava. Yojimbo le tolse il coraggio. Anima la svuotò anche del dolore e da principio le fu grata.
Da ultimo, con le sorelle Magus, le sembrò che tutta la magia fosse scomparsa dal mondo.
 
Lasciandosi morire, Auron le tolse l'ultimo legame con suo padre e il passato.
 
Tidus, il futuro.
 
Yuna lo ringraziò sottovoce e non distolse lo sguardo fino a che il suo unico amore non fu scomparso nell'aria della sera.
Restò in piedi, incerta sul da farsi, su cosa il mondo si aspettasse da lei. Sentì la brezza soffiare sulle spalle nude e grazie a quella sentì veramente, per la prima volta in quel giorno, di essere ancora in piedi, unica fra i suoi pari. Così, visto che le gambe la reggevano, fece quello che riteneva giusto: danzò. Si affidò al suo corpo sapendo che la mente rischiava di non reggerla.
 
Danzò a lungo nella notte, sul ponte dell'aeronave, per tutti i morti della sua terra presenti e passati, per tutti i sognatori e i sogni che avevano portato con sé. Si sentiva leggera al limite della non-esistenza e continuò a danzare al ritmo della canzone che tutta Spira stava nuovamente intonando, grata, e che tornava inconsapevolmente ad essere un inno di sfida a Bevelle e a tutte le bugie con cui la capitale aveva regnato per mille anni. Le menzogne sarebbero crollate e lei danzava anche per loro, accompagnandole con fermezza verso l'aldilà. Confortata dai consueti movimenti sacri, dal peso familiare dell'asta con cui fendeva l'aria fresca, riuscì a sopportare il vuoto.
Le sue ultime memorie della giornata si persero in una coltre di stelle.
 
 
***
 
 
Sentì intorno a sé lenzuola morbide e il ronzio dei motori. Con una calma che da mesi non era abituata a concedersi, non forzò il risveglio e lasciò che i ricordi del giorno precedente si avvicendassero nella sua mente col pacato ritmo tipico del dormiveglia.
Il primo fu la sconfitta di Sin e, strettamente connessa, la commovente consapevolezza che suo padre le stesse sorridendo dall'aldilà. Spira era libera e Yuna si sentì pienamente in diritto di dormire ancora un poco.
Si girò sotto le coperte, scostando con una smorfia un ciuffo di capelli, e lasciò che il tepore e il ronzio costante la riportassero al sonno. Qualcosa, nella fatica di quei semplici gesti, parlava di febbre, ma se Yuna se ne accorse non se ne dispiacque, quasi fosse un motivo in più per abbandonarsi al dolce far nulla cullata dalla certezza di aver compiuto il suo dovere.
 
La verità era anche che non era pronta ad affrontare i dolori che il giorno passato (i giorni...? Quanto aveva dormito? Un occhio a mezz'asta le rivelò una luce prossima al tramonto) aveva portato con sé, sopra ogni altro la morte di Tidus. Si ostinò da allora a chiamarla sempre "morte", come si dice di una persona o di un sogno particolarmente importante: 'scomparsa' era la prospettiva di una vita insieme, 'svanita' la promessa di visitare la sua Zanarkand e sdraiarsi sulla spiaggia a guardare l'orizzonte che s'infiamma, ma lui era 'morto' e nessuno al mondo l'avrebbe reso meno vero di così. Di quel pensiero Yuna aveva fatto una forza, ma le mancava quella di accettare davvero l'accaduto senza rinunciare alla memoria dei pochi mesi passati insieme, così per il momento si limitò a rinchiudere tutta quella parte della sua vita in una scatoletta e lasciarla lì, sapendo che presto l'avrebbe dovuta riaprire. Ma Sin era morto, Spira era libera e tutto il resto sarebbe venuto dopo.
 
 
 
Sir Auron... poteva accettarlo. Con difficoltà e sentendosi come una bambina piccola che per la prima volta cammina lasciando la mani dei genitori, ma poteva accettarlo: la vera vita del guardiano era finita più di dieci anni prima e, in fondo, Yuna aveva guardato a lui più per il suo ruolo che per un legame reale cui l'altro era sempre stato restio ad aprirsi. Se era stata una sua libera scelta lasciarsi morire, Yuna non poteva che ammirare l'onestà della decisione, dispiacersi della saggezza che loro tutti avevano perduto e accettare che per lui era meglio così.
 
 
Gli Eoni si trovavano in uno stato intermedio, un dolore pungente che sapeva di non poter rinchiudere in un'altra scatoletta o di lei sarebbe rimasto molto, molto poco.
 
Si girò su un fianco, gustando il familiare fruscio delle coperte. L'attenzione alle piccole cose era una dote che aveva coltivato quando sapeva che ogni giorno che passava sarebbe stato quasi il suo ultimo e continuare ad esercitarla ora che si vedeva davanti una vita inaspettatamente lunga le dava una gioia pigra e compiaciuta.
 
"La mia bambina!", sentì esclamare suo zio da oltre la parete, con un'enfasi tale che per poco non la svegliò del tutto. Si aggrappò al suo prezioso sonno con le unghie e con i denti. "La mia bambina ce l'ha fatta!"
Il seguente grugnito d'approvazione di Wakka e un clangore lontano di cinghie la rassicurarono sull'amore che ancora la circondava, al di là di ogni perdita. Si cullò in quell'affetto, che sentì improvvisamente vicino e tangibile, e per un po' dormì un sonno profondo e senza sogni. 
Mani caute si avvicendarono nel carezzarle la guancia o nel lanciare magie che le garantissero un riposo sereno, sussurrandole le storie che già circolavano, gloriosamente, pericolosamente, sulla bocca di tutti gli abitanti di Spira, dalla capitale all'estremo Sud.
 
 
Si svegliò di colpo, sudata, con un pensiero scolpito in mente: un evocatore senza Eoni è come un sarto senza stoffa, un guerriero senz'arma, un - Un evocatore senza Eoni non è più un evocatore ed è inutile.
Fuori era notte, l'aeronave ancora in volo, diretta chissà dove. Un vassoio con della carne fredda e un tozzo di pane la attendeva di fianco al letto: si sedette, appoggiandosi allo schienale, e iniziò con l'addentare il pane.
Sin è morto e Spira è libera e nessuno sa cosa farsene di un evocatore vivo, concluse inquieta, primo fra tutti l'evocatore stesso.
 
Era il male più sottile, quello, lasciatole in eredità dagli Eoni con cui si era unita nei mesi passati. Perdere il loro affetto era stato il dolore più evidente, poiché durante l'ultima battaglia era stata veramente sola per la prima volta dalla sua iniziazione e l'umanissima saggezza di quegli spiriti millenari le sarebbe mancata fino al giorno della sua morte, molti anni dopo. Yu Yevon glieli aveva strappati a forza , lacerandole la mente per toglierglieli, possedendoli con la sua Arte sublime ma depravata e mandandoglieli contro, uno dopo l'altro, prime vittime dello scontro, mentre lei faticava a ritrovarsi unita quando pezzi e pezzi del suo essere venivano offerti all'evocazione, fusi nella creazione fisica di ogni Eone e poi gettati nel vuoto senza alcun riguardo.
Faticava ancora.
Le sarebbe piaciuto avere un ultimo ricordo migliore dell'Arte. Ma non c'erano più Fedi su Spira, nessun'anima rimasta cui legarsi ed era un bene per loro, ma un dolore per lei, come spesso era accaduto in quei giorni. Yuna capiva e, lentamente, accettava.
 
Di tutto questo, però, averla lasciata senza una meta era certo il torto maggiore che chiunque potesse fare a una persona che, da quando era bambina, ricordava di aver puntato il dito al bordo estremo di ogni carta geografica e di aver ripetuto con fermezza: "Qui."
 
 
Guardando all'immediato futuro, riusciva a pensare ad un'unica prospettiva, non spiacevole. Infiniti giorni di ozio, a casa sua, nell'amata Besaid. Suonava invitante, carico di placide promesse di mattinate passate in spiaggia, o al telaio, o sul promontorio a guardare le navi passare. C'era un vuoto insidioso ai margini di quel pensiero e l'idea di restare con le mani in mano per il resto della sua vita era talmente aliena da spaventarla, ma le memorie di casa furono sufficienti a tranquillizzarla, facendola scivolare nuovamente verso l'incoscienza.
 
Yuna era lacerata e si affidò al sonno affinché la guarisse.
 
 
***
 
 
Si svegliò nel blu. Un'enorme luna la ammaliava, lontana, protetta da un velo increspato d'onde. Sotto di lei, l'acqua densa e scura di un piccolo lago.
Luci fatue ovunque. Ricordi. Conosceva quel posto e non si stupì che il sonno l'avesse condotta proprio lì, un punto importante nella vasta geografia della sua vita. Si rammaricò unicamente di essere sola: nelle sue memorie non era così e aveva sperato che, almeno in sogno, il passato potesse tornare a sostenerla, ma a consolarla c'erano solo l'acqua, gli alberi, la luna lontana.
Un albero catturò la sua attenzione, solitario al centro della fonte. Massiccio e rigoglioso, i suoi rami offrivano frutti splendenti color arancio, trasparenti e delicati come se fossero intagliati nel cristallo. La chiamavano e lei si scoprì affamata, così, con un certo sforzo, smise di galleggiare sulla schiena e ordinò all'acqua di farle da appoggio per permetterle di raggiungere quelle deliziose promesse. Passo dopo passo vide l'albero crescere, mentre ogni ramo si assottigliava in infinite biforcazioni. Le sue radici erano arrivate a poter cingere il mondo intero, così forti che nemmeno Sin le avrebbe potute spezzare - ma, già, Sin era morto e Spira era libera e avrebbero dovuto cambiare anche i termini di paragone.
 
Ammaliata dalla visione, Yuna perse il dominio sulle luci fatue che le davano presa sull'acqua, lasciandole disciogliere nel loro elemento, e le seguì in mezzo agli spruzzi. Nuotando in silenzio, per non offendere ulteriormente la fonte con maldestre dimostrazioni di perizia magica, ne raggiunse il centro dove l'albero, non più immenso, sembrava darle il benvenuto. Yuna ricambiò l'ospitalità con un rispettoso inchino, unendo le braccia nel cerchio rituale e sperando che il suo ospite ne apprezzasse l'intento anche se l'origine del gesto si era rivelata impura.
 
Accarezzò una radice. Con un gesto ben più agile di quello di cui sarebbe stata normalmente capace, si sedette a cavalcioni di uno dei rami bassi e allungò una mano verso il frutto più vicino, che si rivelò liscio, luminoso e freddo. Luci fatue guizzavano al suo interno.
Yuna lo addentò e il suo sapore era, inaspettatamente, quello di casa, della bella Besaid baciata dal sole. Chiuse gli occhi e appoggiò la schiena al tronco, assaporando ogni morso.
Al secondo, davanti alle sue palpebre si formò l'immagine di una ragazza dell'isola, vestita dei variopinti abiti del clero. Si riconobbe a stento.
Al terzo, le onde consegnarono alla spiaggia uno strano ragazzo biondo che diceva di provenire dal passato. Voleva tornare a casa, ma trovò l'amore nella riverita sacerdotessa di Yevon e si stabilì al villaggio prendendola in sposa. Fu una vita felice e benedetta: la sacerdotessa che era e non era Yuna ringraziò sempre Yevon per averle permesso di vedere due Calme in una sola vita, la prima portata da suo padre, la seconda dal giovane Lord Pacce, qualche anno dopo.
Il loro amore si conservò puro fino alla morte. Fuori dal loro angolo di perfezione, il ciclo continuava.
Il frutto era finito, Yuna piangeva. Sarebbe stata una vita felice.
 
Allungando il braccio poté coglierne un altro, che cresceva poco più in su. Osservò meglio lo sfavillio al suo interno e le sembrò di distinguervi l'albero e la fonte, la luna e due minuscole figure che nuotavano abbracciate.
Luci fatue, comprese. Ricordi, sono ricordi raccolti e registrati.
Non miei, aggiunse con amarezza. Quasi.
Tenne il frutto alto davanti a sé, sul palmo aperto della mano.
"Yuna, non farlo", ricordò con un dolore acutissimo. "Dimenticati di Sin, di essere un'evocatrice. Dimenticati di tutto e vivi una vita normale. Cosa ne dici, Yuna?", le aveva chiesto il suo strano ragazzo biondo che veniva dal passato.
"Zanarkand! Andiamo a Zanarkand. Non quella su Spira, quella da cui vengo io. Possiamo...", continuò nell'altra memoria, dopo il primo morso.
"Sì", rispose quella Yuna fra le lacrime. "Verrò. Non posso morire con te al mio fianco. Gli altri capiranno."
Al secondo morso capirono. Auron versò una lacrima dietro agli occhiali scuri, chiedendo perdono ad amici scomparsi. Lulu annuì. Rikku festeggiò, ma per poco, perché sua cugina sarebbe partita nuovamente verso Zanarkand e lei non l'avrebbe potuta seguire. Si consolò al pensiero che era una Zanarkand di vita, una in cui la sua Yunie sarebbe stata felice. Fece giurare a Tidus che l'avrebbe resa felice. Yuna rise. Iniziarono il viaggio.
Il nono morso li portò alla verità, quando ogni altra strada aveva fallito, e sulla vetta del sacro monte Gagazet pensarono a lungo a come, da svegli, raggiungere un sogno.
"Non un sogno", si corresse Tidus facendo del suo meglio per convincersene lui stesso, "un'evocazione."
"Che anche ora sta venendo evocata", proseguì Yuna pensierosa, "quindi, come un Eone, da qualche parte, in qualche modo, esiste."
Al decimo morso giunsero strane voci alle loro orecchie: l'uscita di Magister Kelk Ronso dai ranghi di Yevon, proprio a ridosso dello scandalo del matrimonio, aveva gettato ombre sui Templi e innescato una catena di scontento dagli esiti ignoti. La loro felicità, però, era totale e passo dopo passo continuarono il loro viaggio verso la città che non dorme mai.
Ormai giunta al torsolo, Yuna si vide veleggiare assieme al suo compagno nelle più remote acque settentrionali.
"Eccola!", gridò lui con quanto fiato aveva in gola. La strinse a sé e le diede un bacio appassionato e pieno di gioia. "Ammira Zanarkand, Zanarkand la grande! La nostra casa."
E Yuna la vide, come immersa in una fitta foschia. Maestosa. Impalpabilmente bella.
 
Si obbligò ad aprire gli occhi e a riporre il frutto, o quel poco che ne era rimasto: prezioso, poteva cercarne altri e tornare in seguito a quell'incanto.
Si leccò le labbra e vi trovò rimasugli di felicità, ma qualcosa l'aveva scossa nella precedente visione e non era, come dapprima aveva pensato, una scatola colma di ricordi che faticava sempre più a rimanere chiusa. Un sapore acido le fece interrompere ogni ragionamento per cercare nuova dolcezza con cui coprirlo. Nascose il prezioso torsolo in una manica e salì ancora.
 
Quando giunse al frutto successivo, parecchi rami più in alto, la fame era intollerabile: lo addentò velocemente con una vaga sensazione di fastidio e subito si trovò a discendere la montagna sacra accompagnata dai suoi guardiani.
Dai suoi cinque guardiani. Tidus mancava. La scelta facile.
"Non ho alternative", si sentì ricordare. "Se anche l'Evocazione Finale è una tradizione menzognera, se anche gli insegnamenti di Yevon si fondano su quella menzogna... io vivo per le genti di Spira e, con me, i guardiani che mi accompagnano. Se anche sono due le vite da sacrificare, la Calma che ne risulta è vera. Sono giunta fino a Zanarkand per portarla e non tornerò indietro."
"Hai scelto la speranza, giovane evocatrice", le aveva fatto eco, compiaciuta, Lady Yunalesca. "Dunque? Chi muterai?"
"Ci ho pensato tanto", si era intromesso Tidus. "Il mio sogno è là, nell'altra Zanarkand. Volevo diventare un campione - guardare il mondo dall'alto, sai. Ma ora so che non esiste una strada che mi può riportare a casa. Non la rivedrò mai più, il mio sogno non si avvererà." Inspirò a fondo. "Fai di me la tua Fede. Combatterò Sin con te, Yuna."
Nell'aria, pesante, una possibilità inespressa.
Al quinto morso, sentirsi morire insieme la scosse di un violento brivido: anche nel sogno di un sogno, la potenza dell'Evocazione Finale la riempì tutta per poi lasciarla svuotata di ogni senso e forza.
Lasciò cadere quel che rimaneva del frutto, che raccontò alla luna riflessa la fine della sua storia: giunse la Calma e quando, qualche tempo dopo, Sin rinacque, la spirale di morte riprese. Senza Templi a diffondere speranza, per quanto falsa: perso Kelk, morti i suoi altri due Magistri, il capo spirituale di tutta Spira aveva ceduto a una disperazione cui era sempre stato incline e si era lasciato scivolare nella morte che lo tentava già da trent'anni. E, con lui, la Chiesa di Yevon come era esistita per un millennio.
 
In preda all'ansia, sbucciandosi un ginocchio per la fretta, Yuna si issò malamente sul punto d'appoggio più vicino e, in precario equilibrio, colse l'ultimo frutto di quei rami, il più acerbo. Eppure il gusto era dolce, e piacevole la visione: infiniti giorni di ozio, a casa sua, nell'amata Besaid con le sue placide promesse di mattinate in spiaggia, o al telaio, o sul promontorio a guardare le navi passare. Senza nessuno al suo fianco, ma viva e in un mondo benedetto da una Calma eterna.
Yuna si rilassò, appagata da un futuro che anche da sveglia poteva sentire a portata di mano, fresco e zuccherino.
Fu colta di sorpresa da un retrogusto così aspro da serrarle la gola: voci spaventose arrivavano alle sue orecchie, attraversando il mare fino a raggiungere il suo idillio isolano. Sin era morto e Yevon con lui e i popoli di Spira non sapevano come imbrigliare le infinite possibilità improvvisamente guadagnate, avendo perso ogni memoria di una vita che non fosse guidata dalla minaccia del mostro né dai paralizzanti dogmi della Chiesa che proprio di Sin si era rivelata strumento. Si erano ritrovati infine liberi ed euforici sotto il cielo aperto, senza osare confidarsi l'un l'altro la segreta speranza che dallo stesso cielo discendesse una nuova guida, che immaginavano più benevola, ma che avrebbe dovuto allo stesso modo indirizzarli tutti verso un destino certo. Speranza vana. Erano invece sorte fazioni che si arrogavano ciascuna quel potere, chiedendo appoggio chi alla pura forza del cambiamento, chi a ciò che di buono era esistito in Yevon al di là delle menzogne, chi invece alla tecnologia che, da eresia qual era stata, stava rientrando di prepotenza nella vita quotidiana di ogni cittadino. Mentre il lontano passato e il futuro prossimo spalancavano le loro porte, entrambe spaventosamente accomunate da spiragli di guerra, la dolce Besaid rimaneva immobile come un gioiello incastonato nei mari del Sud.
 
 
***
 
 
Si svegliò madida di sudore e con la bocca ancora impastata, divincolandosi dalle lenzuola per mettere quanto più spazio possibile fra sé e quel sogno, come se il letto ne avesse una qualche colpa.
Respirò a fondo quando fu finalmente in piedi, coperta solo da una leggera camicia da notte. Si avvicinò a uno dei grandi oblò che davano luce alla stanza e poggiò una mano sul vetro, come cercando di fare suo e comprendere tutto il mondo che scorreva al di sotto, che iniziava a dispiegarsi in tutta la sua splendida e terrificante complessità. Yuna rabbrividì. Vide una trapunta piegata su una sedia e se la gettò sulle spalle, tornando poi a osservare il cielo, pensierosa.
Se Yevon crolla, così farà Spira, aveva detto una volta Auron e in allora l'evocatrice non aveva prestato troppa attenzione alle sue parole, occupata com'era a scrutare il cielo in cerca di segni dell'altro retaggio millenario della loro società. Scusò la se stessa di quei giorni, comprensibilmente poco interessata a quel che sarebbe stato dopo la sconfitta di Sin, tutto considerato che non ne avrebbe fatto parte - fu invece meno tenera con quella delle ore precedenti. Strinse i pugni, spingendo le nocche bianche sul vetro.
 
Eppure...
Nel suo precipitoso ritorno alla realtà aveva scordato un dettaglio, proprio quello che aveva tenuto da parte con tanta cura e, se voleva chiarezza, crearla dentro di sé era necessariamente il primo passo. Doveva accertarsene.
Si sedette a gambe incrociate per terra, appoggiando la schiena alla paratia, e cercò nuovamente quel sogno. Il bosco le si negò, restando un'immagine sfumata sullo sfondo, ma pur rimanendo ancorata alla cabina immaginò di frugare nell'ampia tasca della sua manica destra e vi trovò un torsolo brillante, che sembrava intagliato nel cristallo. Yuna deglutì e diede un piccolo morso.
 
Zanarkand non era più reale di una memoria evocata da luci fatue. Tidus, il cui cuore si sentiva quasi battere sopra lo sciabordio delle onde, aveva accostato la barca - la Mark III, come l'avevano chiamata in memoria della prima volta in cui si erano parlati in confidenza - a una spiaggetta sabbiosa illuminata a festa da decine di lampade, ultime propaggini di una città che anche per quella notte aveva deciso di non dormire, ed era sbarcato, con l'acqua che gli arrivava alle ginocchia, tendendo una mano affinché la sua bella lo seguisse.
Ma per lei era solo mare aperto.
La città torreggiava davanti a loro, più splendida che nei suoi sogni, luminosa e invitante e irraggiungibile. Yuna si voltò, cercando di nascondergli l'attimo più nero del suo sconforto, coprendo il viso con le mani, e quando infine si sentì pronta ad affrontarlo alzò lo sguardo. In quel momento lo vide.
Sin.
Vigile, come un vecchio cane da guardia, emergeva silenzioso dal mare alle loro spalle. Yuna si sporse e prese per mano Tidus, semplicemente. Lui risalì in barca, con una calma che non sentiva sua, e restarono abbracciati fino alla fine.
 
Si risvegliò con l'immagine persistente di una gigantesca onda e un ricordo di salmastro.
 
Non era la soluzione, neanche quella.
Superato uno strascico di tristezza cui non negò qualche lacrima, ne fu doppiamente sollevata. Primo, perché il suo cuore era finalmente sgombro e si sentiva libera di agire con l'onestà che era sempre stata sua. Secondo, osservando razionalmente quelle prime reazioni istintive, per essersi sentita sollevata invece che amareggiata nell'accantonare i frutti e le loro possibilità: Sin era morto e tante cose erano e sarebbero cambiate, ma Yuna era Yuna e Yu Yevon le aveva tolto molto, ma non il cuore. Che iniziava a vedere una strada.
 
Sentì bussare piano alla porta. Stringendosi nella coperta, invitò ad entrare.
Distinse appena un turbine biondo e arancione prima che sua cugina le piantasse fermamente le braccia al collo, con tutta l'irruenza dei suoi quindici anni.
"Yunie!", esclamò. "Stai bene, Yunie, sei sveglia..."
Nulla di meglio per sentirsi di nuovo, inconfondibilmente fra i vivi. Ricambiò l'abbraccio, appoggiando la testa sulla spalla di Rikku, e scoppiò a piangere.
Sentì la stretta della cugina aumentare, per comunicarle tutto l'affetto e la comprensione del mondo anche a costo di incrinarle una costola, poi allentarsi per permetterle di guardarla in faccia. Di fronte a un'espressione così teneramente inquisitrice, Yuna tentò di ricomporsi. Tirò su col naso e accennò un sorriso, per quanto forzato.
"Manca a tutti", sussurrò Rikku quando la vide calma. "Ma noi siamo ancora qui, ti siamo vicini."
Scosse la testa vigorosamente, in diniego. Non era quello, non ancora! Ma sentiva un groppo in gola e sapeva che se avesse parlato avrebbe pianto di nuovo.
La risposta silenziosa colse di sorpresa la giovane Al-Bhed, che contrasse il viso nella più buffa delle smorfie cercando di capire cosa intendesse. Quando Yuna la vide osservarla così perplessa non poté che scoppiare a ridere, questa volta senza forzature.
"Oh, Rikku, non so cosa farei senza di te", le confidò fra le risa.
"Sono pur sempre una tua guardiana, Lady Yunie", rispose lei con finto sussiego. Ridacchiarono entrambe, appoggiandosi l'una sulla spalla dell'altra.
"Grazie", riprese Yuna con maggior serietà. "Davvero, ne avevo un gran bisogno, prima di parlarti di quello che... di parlarvi. Anche gli altri devono sapere", si corresse portandosi una mano alla fronte. "Potresti chiamarli?"
"Certamente", rispose Rikku con un velo d'apprensione.
"Vi raggiungerò davanti al portello esterno."
"Va bene. Yunie? Non è qualcosa di grave, vero?"
"Grave? No, non grave... importante."
 
Forse sua cugina l'avrebbe definito tale, ma non voleva preoccuparla prima del tempo. Quando fu uscita, il sorriso che ancora la illuminava si spense: seguire quello che credeva giusto non la turbava, la sua precedente vita era stata preparazione più che sufficiente. Essere certa che il naturale slancio cui i sogni l'avevano portata fosse la via giusta, però, era tutt'altra cosa, e rischiare tutto per un errore non le apparteneva e la spaventava.
 
 
***
 
 
Riabbracciarli tutti fu commovente.
 
Per un po' poté dimenticarsi di tutto, ma Lulu non ci mise molto ad intuire che qualcosa non andava. Yuna negò, ma cadde il silenzio e prima di rendersene conto aveva appoggiato una mano sul vetro ed era tornata all'espressione decisa che tutti, lì dentro, conoscevano fin troppo bene.
"Non è finita", disse.
"Ma l'abbiamo visto cadere", ribatté debolmente Rikku, più svelta degli altri ad elaborare la strana rivelazione. "Stanno ancora festeggiando ovunque."
"Non potranno festeggiare per altri mille anni. Dove sta andando la nave?", chiese d'improvviso.
"Besaid", rispose Cid con un rozzo sorriso. "Ti riportiamo a casa."
Di nuovo negò con vigore, con gli occhi chiusi e un sorriso lieve, come era solita fare quando il resto del mondo non la capiva. "Portatemi a Zanarkand."
"Yunie, che intendi fare?"
"Quel che devo."
"Tu non devi più nulla, Yunie... per zio, il tuo nome era un omaggio al suo credo, ma zia ti chiamò così pensando alla sera che le piaceva tanto, quella di Sanubia e delle sue stelle..."
Cid guardò con rispetto sua figlia. Non riusciva a capire cosa stesse spingendo Yuna, ma anche se l'avesse intuito sapeva anche, e se ne doleva, di esserle troppo lontano per poterla raggiungere a parole.
"Concediti la sera, Yunie, il tuo giorno è stato lungo e doloroso", concluse Rikku abbassando la testa.
"Non posso... il mio sole non può tramontare, non vedi? Non è ancora finita."
"Yuna forte", disse Kimahri annuendo. "Corno di Yuna alto come montagna sacra."
"Ora lo sono, Kimahri", rispose lei aprendosi in un sorriso. "Il sonno mi ha fatto da guida."
"Non erano brutti sogni...?", chiese Rikku, che così si era spiegata le lacrime di prima - con buona intuizione.
"Anche quelli possono guidare", intervenne Lulu. "Nell'indecisione, scoprire cosa è male non è meno utile del contrario. Dico bene, Yuna?"
Annuì, lieta di avere sempre al suo fianco qualcuno capace di capirla e spiegarla.
"Ma devi essere tu a dirci dove questi sogni hanno portato, piccola mia."
"Solo a capire che non è ancora finita. Posso ancora sbagliare. Aiutatemi."
Fu colta di sorpresa da un abbraccio di Lulu, cui si abbandonò con gioia. Wakka si avvicinò ma, insolitamente quieto, si limitò a strizzarle un occhio per farle sapere che anche lui la sosteneva, sempre.
"Dice bene Kimahri", le disse la maga. "E io mi ripeto. Altri si spezzano di fronte alle avversità, tu invece le sfrutti, facendone la tua forza."
"Yevon sta crollando, non posso permettermi di seguirlo", le spiegò Yuna senza sciogliere l'abbraccio, traendone coraggio. "Ora la gente festeggia. Ma quando finirà di festeggiare? Mika mentiva, Seymour peggio e Yunalesca guidava nell'ombra. Ma io sono cresciuta coi Precetti e così tu Lulu, tu Wakka e..."
Si scontrò con lo sguardo interessato di Rikku e Cid.
"...e buona parte di Spira, ad ogni modo", riprese, rossa per la figuraccia. "In una cosa Yunalesca ha detto il vero: la speranza che Yevon dispensava alla gente ha tenuto insieme Spira per mille anni, ha dato agli evocatori il coraggio di partire... e persone come Shelinda o Padre Zuke certo non condividono le colpe dei Magistri, si sono uniti al clero seguendo il loro buon cuore, come io ho scelto la mia strada e voi la vostra. Potete farne loro una colpa?"
"Yuna è Yuna. Kimahri è Kimahri."
"Grazie, Kimahri. Allo stesso tempo, però, tanto male è stato fatto... temo lo scontento. Rappresaglie, spaccature. Sin, nella sua tragedia, ci ha sempre protetti da tutto questo. Dico il falso?", chiese, affidandosi alla loro saggezza. Sperava di avere torto, ma li vide annuire. "Yevon ci ha protetti da tutto questo, ma ora ci attende il cambiamento, è inevitabile. Spira ha bisogno di una guida, anche solo per imparare a non avere guide. Ci vuole qualcuno che la gente segua, che porti a compimento quel che di buono Mika aveva iniziato, rimediando concretamente a tutto il male. Che mostri le falsità dei precetti, conoscendoli a fondo e avendo visto coi propri occhi la verità, e che lo faccia poco per volta o precipiteremo nel caos. Qualcuno che scavi nei vecchi archivi della capitale e che, con onestà, porti alla luce il nostro passato. Qualcuno che... oh, c'è così tanto da fare! Serve qualcuno che vi dedichi una vita intera."
"Dove vuoi arrivare?", le chiese Rikku preoccupata.
"Non vedi? Devo essere io quella persona. È... giusto che sia così."
Ora che l'aveva detto, si sentì vuota e spossata. Sperava di averli preparati a sufficienza con le sue precedenti parole, ma si aspettava lo stesso di dover fare fronte a una valanga di opposizioni. Con sua sorpresa, fu solo sua cugina a risponderle.
"No!"
"Sì, Rikku. Non dovrei neanche essere viva, non posso restarmene in panciolle mentre il mio mondo va alla rovina. È sempre la mia vita per quella di Spira... la cedo volentieri oggi come quando sono partita."
"Non sarà facile."
"No, lo so. Ma lo scopo di un evocatore è servire, con tutte le sue forze. E cosa sono io se non un'evocatrice? Questo mi hanno insegnato i sogni e sono fiera della mia scelta. Vi chiedo solo di starmi vicino, perché non so che un decimo di quello che dovrei."
"E noi siamo fieri di te", la rassicurò Lulu, evidentemente sollevata. "Non osavo chiedertelo, perché con quello che hai passato non devi niente a nessuno. Pensavamo tutti che desiderassi una vita serena nella nostra vecchia casa e nessuno avrebbe detto nulla... ma le cose stanno come dici. La gente ti vuole, ti chiama a gran voce. Sei la salvatrice del mondo e il tuo ruolo è in mezzo a loro."
"Anch'io pensavo di volerlo. Ma anche allora sentivo che c'era qualcosa di sbagliato, come se stessi tralasciando un particolare importante. Mi sento stupida ad aver pensato così in piccolo."
"È normale, eri stanca."
Negò ancora. "No. Sarebbe stato così ingiusto... Non ho superato Zanarkand per rinunciare qui.", affermò con fierezza.
"Ma perché proprio a Zanarkand?", chiese cocciuto Cid, poco propenso a lasciare che l'unica figlia di sua sorella tornasse a esporsi al pericolo.
"Non è... non volermene, zio. Non posso arrivare su una nave volante, non mi accetteranno mai. Farò quanto in mio potere per aiutare la tua gente, ma i pregiudizi non si superano da un giorno all'altro." Fissò Wakka.
"Dateci almeno qualche mese, ya?", rispose lui imbarazzato, alzando gli occhi al cielo.
"Pensa invece a un pellegrinaggio, la base stessa di Yevon... ma al contrario. L'Alta Evocatrice torna dalla città sacra accompagnata dai suoi guardiani: ha sconfitto la morte. Torna in mezzo alla gente - non al di sopra - e guida Spira verso una nuova era di prosperità."
"Continua a non piacermi, ma devo ammettere che suona bene."
"Se voglio che mi ascoltino, devo parlare la loro lingua."
"Credo in verità che ti ascolterebbero anche se tu iniziassi a ruggire in Ronso, Yuna, mia cara", intervenne Lulu divertita. "Sei l'Alta Evocatrice, ti dobbiamo tutti la vita. Le storie che già raccontano su di te sono incredibili! Apri bocca e Spira sarà ai tuoi piedi, non c'è bisogno che tu arrivi a Bevelle..."
"...Luca." Viso compunto, serio e deciso. Non ci aveva pensato prima di aprire bocca in quell'istante, ma le sembrò la soluzione più logica.
"Luca?"
"Bevelle è la città degli intrighi e dei misteri. Luca è della gente. A Bevelle si prega, a Luca si fa il tifo."
"Ben scelto, Alta Evocatrice", sorrise Wakka.
"Ma mal sviata", riprese Lulu. "Continui a non convincermi, c'è qualcos'altro sotto. Siamo degni di venirne messi al corrente?"
"Ah, Lulu, non potrò mai nasconderti nulla! E quando giri l'occhio, c'è Kimahri a studiarmi... Spira potrà dormire sonni tranquilli, non mi sarà concessa neanche una bugia piccola così!", sorrise.
 
"Voglio rivedere il mondo prima di chiudermi in una torre a Bevelle, voglio ascoltarlo e annusarlo e ricordarmelo tutto in ogni minimo dettaglio." Aprì le braccia e inspirò. "E ho bisogno di pensarci ancora prima di iniziare. A cosa fare, cosa dire, a chi. E voglio farlo ragionando al mio ritmo. E poi voglio... voglio iniziare con l'inaugurazione della stagione del blitz! Ho fatto i conti, arriverei proprio in tempo. Non sarebbe meraviglioso?"
"Per Wakka sì, suppongo. E poi? C'è ancora qualcosa?"
"Sì", rispose Yuna arrossendo un poco. "Non fraintendetemi, credo davvero in tutto quello che ho detto su quello che è il mio dovere e sul volerlo compiere, con tutte le mie forze."
 
"È che, per tre giorni o quanti erano, e ho dormito tutto il tempo, e insomma vorrei... vorrei una vacanza."
 
 
***
 
 
Due mesi, nulla più: tanto durò il suo viaggio, tanto l'ultima Alta Evocatrice volle concedersi prima di accingersi a salvare il mondo per la seconda volta. Sarebbe stato un sacrificio meno vistoso, quello, ma uno che sarebbe durato tutta la sua lunga vita e ogni volta che, guardando fuori dalla sua finestra nella stanza più alta del Tempio di Bevelle, avesse visto un mondo che col suo passo, sotto una guida attenta, stava fiorendo e mettendo radici di libertà sempre più profonde, Yuna avrebbe ringraziato. Avrebbe ringraziato suo padre che le aveva indicato la via; ogni Eone che l'aveva resa possibile, in particolare l'ultimo, campione di fallibilità e in virtù di questo vincitore; la saggezza e il cuore di chi ancora le rimaneva vicino, sostenendola e consigliandola. Soprattutto avrebbe ringraziato Tidus che, ne era certa, più di chiunque altro non l'aveva mai abbandonata, seguendola con amore dal cielo e dal mare di Spira.
Non scordò mai la dolcezza dei frutti di scelte non compiute né l'amaro che avrebbero portato con sé e altresì mai rimpianse di aver rinunciato alla prima se farlo significava risparmiare ad altri il secondo. Era per lei quella, in fondo, l'essenza stessa dell'evocazione e se tale doveva essere già prima di parlare con la prima Fede, quando ancora simili prodigi esistevano al mondo, tale sarebbe rimasta anche dopo aver salutato l'ultima. Dare tutta se stessa per il suo mondo era difficile, crudele, splendido - era la sua strada.
 
Il mattino della sua elezione a Gran Magister, in un lontano giorno d'estate nell'assolata Luca, quel sentiero era ancora incerto sotto i suoi piedi, fresche le decisioni e i dolori. Messa di fronte ad un'impresa che pure poteva essere sua e sua soltanto, Yuna si sentì del tutto inadatta. Piccola. Con diciott'anni e un'inezia di esperienza, poteva a stento guidare se stessa. Si diresse allora verso un molo deserto, chiuse gli occhi, portò due dita alle labbra e fischiò, come lui le aveva insegnato, promettendole che quel richiamo sarebbe stato il loro modo per ritrovarsi sempre.
A orecchie esterne - quelle della sua sorella maggiore, per esempio, che da mezz'ora la cercava invano - poteva sembrare il fischio più triste del mondo, ma l'animo di Yuna era sereno, per quanto possibile. Aveva già assistito a tante meraviglie in vita sua, e al miracolo più importante: non sarebbe stato giusto sperare in un secondo. Ma non aveva altro modo di salutarlo, così fischiava, volendo credere che da qualche parte, in qualche modo, lui la stesse ascoltando.
Col primo fischio richiamò il suo ricordo. Col secondo gli chiese se poteva prestarle un po' della sua energia, perché quella che aveva non bastava per un compito così grande. Col terzo già si sentì rincuorata e lo ringraziò. Col quarto lo salutò, rammaricandosi di dover chiudere anche l'ultimo strascico di quel capitolo della sua vita.
A essere del tutto onesti, una piccola, infantile parte di lei ci aveva sperato, giusto o ingiusto che fosse. Il suo cuore aveva segnato il battito veloce dei momenti di sciocca aspettativa. Ma nulla era accaduto, come ben sapeva che sarebbe stato, perché Sin era morto e Spira era libera e l'era dei prodigi era passata, nel bene e nel male. Poteva però serbarne ricordo, e così fece.
 
"Yuna", la chiamò Lulu con affetto, "è ora."
Lei annuì e la seguì verso lo stadio, lasciando una scatoletta vuota aperta in riva al mare.
 
 
 
Quando infine parlò, la sua voce era dolce e chiara, ancora e per sempre una luce incrollabile di speranza.
 

Ognuno... ognuno ha perso qualcosa di prezioso. Ognuno qui ha perso casa, sogni, amici.
A voi tutti dico...che ora, infine, Sin è morto. Ora, Spira torna ad essere nostra.
Lavorando insieme, possiamo ora porre le basi per nuove case - per nuovi sogni.
So che sarà un cammino difficile, ma non abbiamo fretta: insieme, ricostruiremo Spira.
Questa è la strada che ci attende, imbocchiamola oggi stesso.

Solo un'ultima cosa.
Le persone, gli amici che abbiamo perso -
O i sogni che sono svaniti...

Non dimentichiamoli mai.















 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
***
Chi più in panciolle di un evocatore che si trova d'un tratto vivo, senza Eoni e senza Sin, in fondo? E, soprattutto, un What-if di un What-if è un What-if anch'esso? No perché io all'X-2 ci avrei da dire un paio di cosine sulla caratterizzazione di Yuna e relative conseguenze politiche che... ù_ù
 
   
 
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